Sono proprio le difficoltà, le cadute e gli ostacoli che innalzano il sentimento, rendendolo eterno e incancellabile. E' questo, paradossalmente, l'amore più duro da vivere, perché combattuto quotidianamente...
La folta chioma ormai rimossa, ridimensionata ad una ordinaria capigliatura; occhiali da sole irrinunciabili, tendenti ad uno stile più casual. Anche l’apparentemente eterno Bono Vox, leader degli U2, deve far conti con l’età che avanza, senza che ciò lo costringa a prescindere dal suo impegno canoro, da sempre affiancato a quello sociale. E i due ultimi singoli usciti, che hanno infranto il prolungato silenzio del gruppo irlandese, ne sono certamente una patente dimostrazione.
Circa tre anni fa le ultime grida avevano riecheggiato dentro gli affollatissimi stadi di mezzo mondo, nella scia dell’internazionale tour 360°. Ormai ben annidato nell’indiscusso materasso del successo planetario (inutile riportare le cifre da capogiro, facilmente reperibili sul web), il gruppo potrebbe rinunciare ad una produzione “innovativa”, tirando acqua dall’inesauribile pozzo della fama acquisita, riducendosi all’esecuzione via via dei vari pezzi di repertorio. Scelta d’altronde abbracciata da molte altre band storiche. Un assetto di saturazione che evidentemente non va a genio a nessuno dei quattro componenti.
Due singoli usciti a breve distanza fendono il ghiaccio del lungo – ma produttivo – nascondimento: “È un modo per dire al mondo che gli U2 esistono in attesa del nuovo album” dichiara lo stesso Bono.
Ordinary love, è il primo singolo uscito a fine Novembre 2013, pensato come colonna sonora del film “Mandela: long walk to freedom”, già insignito di un golden globe e di una nomination all’Oscar, che ha concesso di accarezzare il sogno della dorata sagoma. Sogno purtroppo inghiottito dai gorghi della notte di Las Vegas.
La canzone, diversamente da come possa indurre a pensare la collocazione cinematografica, non ricalca il profilo dell’eroe sud-africano, trascendendone la figura storica e morale, e inquadrando invece una più ampia tematica: l’amore di ogni giorno (ordinary love, appunto). In un sinergico contesto tra uomo e natura, ad essere esaltato è l’amore ordinario, duro, faticoso ma vero, la cui sponda sinuosa è frastagliata da irte rocce…“But time leaves us polished stones” (ma il tempo ci lascia sassi levigati). Sono proprio le difficoltà, le cadute e gli ostacoli che innalzano il sentimento, rendendolo eterno e incancellabile. E’ questo, paradossalmente, l’amore più duro da vivere, perché combattuto quotidianamente.
“Are we tough enough For ordinary love?” (Siamo abbastanza tenaci per l’ amore di ogni giorno?) è infatti la domanda postaci. E non sarà un caso che nel videoclip, proprio in concomitanza di questa interrogazione, scorrano impercettibilmente, impossibili da notare se non provveduti, i versi dell’XI canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante. Colta citazione, certamente non accessibile a chiunque (soprattutto in un contesto internazionale), ma lasciata lì, per chi ne apprezzasse la preziosità. Un inserimento che non ha nulla dell’orpello, ma che ben si innesta nel contesto: essendo l’XI canto, quello in cui viene descritta tutta la struttura dell’inferno e sintetizzata l’essenza del peccato, concepito come male nei confronti di Dio che si riversa su coloro che stanno attorno a noi. Un vero e proprio exemplum negativo dell’ordinary love.
Il secondo singolo “Invisible”, cantato per la prima volta all’interno del planetario palcoscenico del Super bowl, si tinge di tonalità maggiormente adolescenziali, insaporite da una certa volontà di ribellione. Una ribellione – indiscutibilmente positiva- già concretizzatasi nella destinazione dei proventi del singolo: la lotta per l’AIDS, grazie all’associazione RED.
A farla da padrone è la volontà di farsi notare, liberarsi dai vincoli delle apparenze, “I’m more than you know!” (sono più di quello che pensi). Al contempo, ad essere profilato è un sogno, quello di una solidarietà sociale in cui non ci siano “gli altri”, ma solo il “noi”, il “tu” e il “me”. “There is no them… ther’s only us… ther’s only you, ther’s only me” (non ci sono più loro… ci siamo solo noi… ci sei solo tu, ci sono solo io). Un istanza che potrebbe essere scambiata con una stucchevole filantropia universale, ma che si spoglia di queste considerazioni se osservata attraverso il filtro del precedente singolo, che si presenta come suo complementare. L’amore sociale deve essere preceduto da quello ordinary, rivolto alle persone che ci stanno accanto ogni giorno.
Cosa dire? La strada è già stata spianata. Non resta che aspettare il nuovo album (che dovrebbe contenere dodici pezzi inediti); se non addirittura i nuovi due(!), se dobbiamo dar credito alla – forse provocatoria – rivelazione di Bono durante nel corso di una recente intervista. Nel frattempo, non ci resta che godere di questi due ultimi pezzi.
Francesco Iurato
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