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Dio prima di tutto!

I Micheliti e le Michelite della Famiglia Salesiana festeggiano il 1Àö centenario della morte del fondatore, il beato Bronislao Markiewicz. «Gli uomini più felici del mondo sono coloro che amano Dio con tutto il cuore e il prossimo come loro stessi, sono coloro che hanno rinnegato loro stessi portando la loro croce».


Dio prima di tutto!

La sua vita è un messaggio concreto, un invito a vivere la propria vocazione nel segno di due frasi: “Chi come Dio?” e “Temperanza e lavoro”. Una proposta attuale anche oggi dopo che sono passati 100 anni dalla sua morte.  

Il modo migliore per capire e comprendere la sua spiritualità, la sua strada per la santità pas-sa attraverso la lettura della sua biografia. Bronislao Markiewicz nacque a Pruchnik, un piccolo centro della Galizia, il 13 luglio 1842, in una famiglia polacca. In questo periodo storico non esisteva lo stato indipendente polacco. La nazione polacca viveva sotto l’occupazione della Russia, dell’Austria e della Prussia. La Galizia apparteneva all’Impero Austro-ungarico.

Bronislao, sesto di undici figli, nacque il 13 luglio 1842 e venne battezzato quattro giorni dopo con il nome di Bronislao Bonaventura. La sua famiglia era modesta, di piccoli borghesi, composta da undici figli, cinque maschi e sei bambine. Nella famiglia si respirava un’atmosfera di profonda religio-sità. Il punto centrale della casa era occupato dal quadro della Madonna Nera di Czestochowa; inoltre sulla trave principale di sostegno al tetto erano state scolpite due frasi significative: “II Verbo si è fatto carne ed abita in mezzo a noi”e “Signore Dio benedite questa casa con i suoi abitanti”. La vita della sua famiglia è stata segnata da momenti di dolore e di sofferenza, per la morte di quattro sorelline. Grazie ai sacrifici e alla laboriosità dei genitori, altri tre fratelli oltre a Bronislao poterono completare gli studi fino alla laurea.

Finite le scuole elementari a Pruchnik, per motivi economici, dovette interrompere gli studi per due anni. Finalmente poté riprendere la sua formazione nel ginnasio a Przemysl. Era appassionato di letteratura, conosceva benissimo latino e greco. Sotto l’influsso degli insegnanti, visse una profonda crisi di fede che superò grazie alla lettura degli scrittori polacchi, permeati di forte spiritualità religiosa.

Quel prete di Torino

Il 1863 fu un anno decisivo nella vita del giovane Bronislao: gli stu-di stavano per finire, nelle terre polacche era scoppiata l’insurrezione sotto l’occupazione russa. Il giovane voleva unirsi agli insorti, ma il 3 maggio 1863 un suo compagno gli raccontò il suo incontro con un giovane ragaz-zo di 16 anni che parlava del futuro, delle guerre, ma anche di un prete che si sarebbe occupato di migliaia di bambini abbandonati. Così Bronislao dopo l’esame di maturità decise di entrare nel seminario di Przemysl dove venne ordinato sacerdote il 15 settembre 1867.

Gli anni 1867-1885 furono segnati dal suo servizio pastorale nelle diverse parrocchie della diocesi di Przemysl. Nella sua attività pastorale dedicava particolare attenzione alle confessioni, al catechismo e alle opere di carità. Fu molto attento anche al sociale, fondò nelle sue parrocchie le associazioni per i tessitori, combatté la piaga dell’alcolismo, assistette spiritualmente anche i malati durante una grave epidemia di colera.

Forse proprio il desiderio di dedicarsi con maggiore impegno all’attività sociale lo spinse nell’autunno del 1885 a lasciare le pur gratificanti occupazioni nell’ambito della Diocesi per recarsi in Italia, alla ricerca di una congregazione religiosa più rispondente ai bisogni del suo spirito. Il 10 novembre 1885, don Markiewicz, con il consenso del Vescovo, lasciò la diocesi e arrivò in Italia pensando di entrare nell’ordine dei padri Teatini, ma a Roma conobbe alcuni sacerdoti salesiani e nel loro stile di vita riscontrò una grande affinità con le sue aspirazioni. Decise di partire per Torino e il 27 dicembre venne accolto nella famiglia salesiana.

A Torino conobbe personalmente san Giovanni Bosco e come novizio a San Benigno Canavese ebbe il privilegio di ascolta-re dalla bocca del Santo gli insegnamenti su “temperanza e lavoro”. L’incontro con san Giovanni Bosco accentuò in padre Markiewicz il desiderio di percorrere la strada della santità:Mi raccomando alla sua preghiera affinché io possa diventare al più presto un santo, poiché c’è dappertutto biso-gno di santi, ma in modo particolare in Polonia. Quando mancano i santi in una nazione, si fa buio nelle teste degli uomini e la gente non vede chiaramente la strada da percorrere”.

Alla conclusione del periodo di formazione emise proprio nelle mani di san Giovanni Bosco i suoi voti perpetui. Rimase in Italia fino al 1892 ricoprendo diversi incarichi nelle case salesiane. Era anche un punto di riferimento per i sacerdoti e i seminaristi provenienti dalla Polonia. Pur-troppo il clima e il tanto lavoro indebolirono la sua salute, così si ammalò di tubercolosi. I superiori decisero di far tornare padre Bronislao in Polonia, così ricevette l’incarico come parroco della parrocchia di Miejsce, un villaggio di 800 anime ai piedi dei Carpazi, nella sua diocesi di Przemysl.

Lavoro e temperanza

La parrocchia era povera, la chiesa e la vecchia canonica avevano bisogno di restauro, era priva delle più elementari comodità. Forte delle precedenti esperienze pastorali, incominciò il suo servizio pastorale con particolare attenzione al catechismo dei bambini, alla vita sacramentale degli adulti e alla lotta contro la piaga dell’alcolismo e dell’usura. I suoi parrocchiani subito notarono che il nuovo parroco era un sacerdote stra-ordinario, che aveva cura premurosa delle funzioni in chiesa, sedeva a lungo nel confessionale e radunava intorno a sé gli orfani. Il desiderio più profondo di padre Markiewicz era radunare gli orfani, dare a loro la formazione spirituale, intellettuale e umana. Subito dopo un mese di perma-nenza a Miejsce accolse nella canonica il primo orfano. Alla fine del primo anno erano già tredici i ragazzi, l’anno successivo trenta, alla fine del 1894 cinquanta.

Padre Bronislao aveva un progetto di vita per i suoi giovani ospiti, che possiamo sintetizzare nel motto caro a don Bosco “Lavoro e temperanza”. Con le sue doti di organizzatore, rapidamente riuscì a trasformare un gruppo di ragazzi sbandati in una vera e propria comunità con le sue regole e i suoi ordinamenti. I ragazzi erano divisi in due gruppi: i “latinisti” che si pre-paravano al sacerdozio e i “professionisti” che nei laboratori dell’Istituto apprendevano le tecniche di un lavoro artigianale.

Un testimone oculare, fra L. Bialoczynski così descrive la vita di questa comunità. “Quando arrivai a Miejsce Piastowe (1894) vi erano tre laboratori: di calzolaio, di sarto, di canestraio, diretti da collaboratori del Servo di Dio, dove i ragazzi imparavano un mestiere. I ragazzi dormivano in soffitte, dove in inverno faceva un gran freddo; il vitto era povero, ma sufficiente; i ragazzi erano in buona salute ed allegri. Volevano un gran bene al Servo di Dio, la cucina era in mano a delle donne pie. Il compito di educatori era affida-to, oltre che al Direttore, al Prefetto, ai maestri artigiani e agli insegnanti, ai cosiddetti assistenti, i quali sorvegliavano i giovani durante il lavoro, le ricreazioni, in dormitorio e durante la preghiera. Se in qualche incarico veniva a mancare l’assistente, si sceglieva un ragazzo più grande, il quale era responsabile di quelli più giovani”.

Tutta la comunità ruotava intorno alla figura carismatica di padre Markiewicz, illuminata dalla fede nella Divina Provvidenza e da una forte carica spirituale. Grande era anche la sua devozione mariana. Nel luogo centrale dell’Istituto vi era la statua della Vergine circondata da particolare venerazione.

Lo strappo

Nella sua attività padre Bronislao non aveva mai cessato di seguire la regola di san Giovanni Bosco. I suoi rapporti con i superiori a Torino erano eccellenti.

Nell’estate del 1897 arrivò un Visitatore salesiano, che rimase favorevolmente impressionato per l’opera di padre Markiewicz. Tuttavia le condizioni di vita spartane dei giovani e la povertà suggerirono al Visitatore di ridimensionare l’istituto riducendo drasticamente il numero dei ragazzi e diede anche l’ordine di migliorare sensibilmente le condizioni di vita dei ragazzi con particolare attenzione ai candidati al sacerdozio.

Padre Bronislao fece presente ai superiori la difficoltà di mettere in pratica i cambiamenti ordinati dal Visitatore. Dopo diversi colloqui con il direttore spirituale e altre personalità ecclesiastiche polacche decise di chiedere al Vescovo di Przemysl di tornare fra le file del clero di questa diocesi, ma continuando ad occuparsi degli orfani nelle strutture della parrocchia di Miejsce. Per assicurare la vita e il futuro all’Istituto, con l’aiuto del fratello Wladyslaw fondò un’associazione laica “Temperanza e Lavoro”, che già nell’aprile del 1898 venne approvata dalle autorità civili. Nello stesso tempo padre Markiewicz chiese il riconoscimento religioso dell’ordine da lui fondato; solo nel 1921, nove anni dopo la sua morte, la Congregazione di San Michele avrebbe ricevuto l’approvazione ecclesiastica.

L’anno 1902 segnò nella storia di padre Bronislao un momento di particolare sofferenza. Vennero poste alcune restrizioni alle due nuove Congregazioni, limitando la loro attività solo all’ospitalità dei ragazzi poveri ed abbandonati. Si deve anche ricordare che oltre alla comunità maschile iniziò a formarsi una comunità di volontarie che in seguito, nel 1928, avrebbe ricevuto l’approvazione ecclesiastica come Congregazione delle Suore di San Michele Arcangelo.

Padre Markiewicz con spirito di obbedienza accettò la volontà del Vescovo. Proseguì il suo instancabile lavoro di educatore nello spirito di temperanza e di lavoro. «Gli uomini più felici del mondo sono coloro che amano Dio con tutto il cuore e il prossimo come loro stessi, sono coloro che hanno rinnegato loro stessi portando la loro croce».

La sua opera crebbe: nel 1903 vicino a Cracovia venne aperta una filiale dell’Istituto. A Miejsce venne costruita una nuova casa in mattoni, che sostituiva la vecchia casa di legno distrutta dall’incendio nel 1904. Nel 1907 vennero aperti i nuovi laboratori. Dal 1900 aprì anche un mensile “Temperanza e lavoro” dove venivano pubblicati diversi articoli di carattere sociale e spirituale. Sul finire del 1911 lo colse la malattia; le sue ultime settimane furono segnate da grande sofferenza fisica.

Alcuni testimoni del suo calvario riportano alcune parole del Beato: “Mi sembra di aver fatto quanto ho potuto fare, quello che Iddio esigeva: posso andarmene. Non posseggo patrimonio di sorta, tutto è proprietà della Società, però state attenti a quanto vi dirò ‘La Chiesa vuol crescere con l’umiltà’ (parole di S. Beda)”.

Il 29 gennaio 1912, alle nove di mattina, santamente così come era vissuto, padre Markiewicz concluse la sua avventura terrena. La sua morte addolorò i ragazzi, gli educatori, i parroc-chiani. Tutti erano convinti che li aveva lasciati un uomo santo.  Questa convinzione ha ricevuto il sigillo della Chiesa il 19 giugno 2005, quando il Venerabile Servo di Dio è stato proclamato Beato.

In tutto il mondo

Attualmente la Congregazione di San Michele Arcangelo è composta di 265 sacerdoti, 3 diaconi, 47 seminaristi, 18 fratelli laici, 14 novizi, per un totale di 347 membri. Le opere si trovano in Polonia, Italia, Svizzera, Germania, Austria, Canada, America Centrale, Argentina, Paraguay, Australia, Papua Nuova Guinea, Ucraina e Bielorussia.

 

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