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Referendum di Bologna: un boomerang ideologico.

La libertà di educazione è irrinunciabile. Questo ribadiamo di fronte all'inutile e dannoso referendum di Bologna del 26 maggio contro le convenzioni comunali con le scuole paritarie. Oggi molti piccoli comuni se si dovessero trovare nella situazione di costruire e gestire economicamente asili e scuole materne comunali non sarebbero in grado di farlo...


Referendum di Bologna: un boomerang ideologico.

 

La libertà di educazione è irrinunciabile. Questo ribadiamo di fronte all'inutile e dannoso referendum di Bologna del 26 maggio contro le convenzioni comunali con le scuole paritarie.

 

La libertà di educazione è un tema che sempre deve interrogarci, e rimane uno dei punti fondamentali di un sistema educativo pubblico. Giustamente il Cardinale A. Scola in occasione della manifestazione "Andemm al Domm", “Non vogliamo l’egemonia, non chiediamo privilegi, ma crescere in armonia con la scuola di Stato. Vogliamo cooperare alla fisionomia di una scuola libera e pubblica. Pubblico non è solo ciò che è dello Stato, ma tutto quello che nasce per il popolo”. Questo è il punto di partenza per ogni discussione, altrimenti inficiata dal pregiudizio e dall’ideologia. Non si possono poi dimenticare i dati; riportiamo due casi: quello della Lombardia dove quasi un terzo (334 mila) degli studenti frequentano le scuole cattoliche. I costi che devono sostenere le famiglie variano tra i 1.500 euro all’anno per le scuole materne e i 3mila euro per le scuole medie superiori. Ancora più interessanti sono i dati sulle scuole paritarie di Bologna dove i cittadini il prossimo 26 maggio saranno chiamati ad esprimersi in un referendum per eliminare le convenzioni comunali con le scuole paritarie di ogni ordine e grado. I dati presentati su Il Foglio da Giuliano Cazzola mostrano l’assurdità della proposta sia in termini ideologici ma anche e forse soprattutto dal punto di vista economico.

 

Oggi molti piccoli comuni se si dovessero trovare nella situazione di costruire e gestire economicamente asili e scuole materne comunali non sarebbero in grado di farlo; quelli che sostengono i referendum a Bologna spesso sono gli stessi che poi attaccano le istituzioni perchè le liste di attesa negli asili sono lunghe o non ci sono posti per tutti, ma se si leggono i dati di Bologna non si capisce allora perchè attaccare il sistema delle scuole paritarie cattoliche. “Il sistema – programmato, controllato e vigilato dal Comune – assicura, con standard di qualità, adeguati ed uniformi, l’accoglienza per quasi novemila bambine e bambini in età compresa tra i 3 e i 6 anni (oltre il 98 per cento dei richiedenti). L’onere a carico dell’amministrazione comunale è di circa 37 milioni all’anno, così suddivisi: 35,5 milioni per la scuola statale comunale che accoglie 5.137 bambini (61 per cento); 1,1 milioni per la scuola paritaria che accoglie 1.459 bambini (18 per cento) ed 1,05 milioni per la scuola paritaria convenzionata che accoglie 1.736 bambini (21 per cento)”.

 

Come ha ricordato il Cardinale Bagnasco su Bologna: «I promotori della consultazione si appellano, come sovente accade, all'articolo 33 della Costituzione, secondo il quale il diritto di istituire scuole e istituti di educazione da parte di enti e privati deve avvenire "senza oneri per lo Stato". A questa presa di posizione si deve replicare, come stanno facendo importanti esponenti e associazioni, che nel caso delle scuole paritarie non si tratta di un onere nei confronti dello Stato, in quanto, sebbene esso contribuisca economicamente al loro sostentamento, è ben di più quanto esse fanno risparmiare alla collettività rispetto a quanto ricevono da essa». «La Chiesa - ha assicurato Bagnasco - è per la scuola, perché interessata ad una formazione integrale e armonica dell'individuo». 

 

Ma non dobbiamo pensare che questa soluzione ragionevole e laica proposta dalla Chiesa cattolica sia un caso italiano; in tutto il mondo gli Stati riconoscono la libertà di educazione sostenendo anche le scuole private, e anzi ovunque le scuole cattoliche rappresentano un modello e degli standard difesi e sostenuti anche in paesi non cattolici. La laicissima Francia per esempio fin dagli anni ’60 ha trovato un equilibrio tra la libertà pedagogica nelle scuole e la libertà di scelta della famiglie sulla base del principio della parità, riconoscendo uguaglianza a livello finanziario. Lo Stato francese versa alle scuole cattoliche una quota equivalente del costo di ogni studente. Non deve sorprendere l’astio in Italia verso questo tipo di soluzioni, perché sempre c’è stato il tentativo da parte dello Stato fin dai suoi inizi dopo l’unificazione di controllare il sistema educativo, tanto che se si andassero a leggere le date di fondazione degli asili parrocchiali o delle scuole fondate da religiose si vedrebbe che iniziano a sorgere proprio dopo l’Unità d’Italia, anche come risposta all’esclusione della religione cattolica dalle scuole pubbliche. 

 

Nel dopoguerra la mancanza di lungimiranza dei governi cattolici e col passare degli anni la svolta ideologica ancora oggi presente nella parte sostenitrice del referendum di Bologna hanno prevalso sul buon governo delle istituzioni scolastiche. Al centro dovrebbe esserci il bene dei ragazzi: purtroppo non accade.

 

 

Tanduo Luca e Paolo

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