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"Non capisco", dice la testa. "Guarda e vivi", dice la parabola.

Perché Gesù parla in parabole? È una domanda seria non solo perché la pongono i discepoli nel Vangelo di oggi ma perché forse ciascuno di noi dovrebbe porsi questa domanda per cercare di entrare nella mentalità di Gesù...


"Non capisco", dice la testa. "Guarda e vivi", dice la parabola.

del 27 luglio 2018

Perché Gesù parla in parabole? È una domanda seria non solo perché la pongono i discepoli nel Vangelo di oggi ma perché forse ciascuno di noi dovrebbe porsi questa domanda per cercare di entrare nella mentalità di Gesù...

 

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?». 
Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 
Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 
Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. 
E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. 
Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani. 
Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. 
In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono!». (Mt 13,10-17)

Perché Gesù parla in parabole? È una domanda seria non solo perché la pongono i discepoli nel Vangelo di oggi ma perché forse ciascuno di noi dovrebbe porsi questa domanda per cercare di entrare nella mentalità di Gesù. La parabola è una storia raccontata appositamente per far comprendere una verità. È un ragionamento fatto con la vita stessa. Infatti ci è più facile capire le cose quando le si vede in azione, e non magari quando fluttuano semplicemente nei ragionamenti.

I fatti sono più convincenti delle idee. E così Gesù usa i fatti per introdurci nella mentalità della buona novella del Vangelo. Ma Gesù aggiunge una spiegazione non di poco conto: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono”. Non è una contraddizione. Gesù vuole dire che c’è un momento nella nostra vita in cui le cose non le comprendiamo e possiamo solo farne esperienza. A chi vive senza comprendere Gesù può aprire gli occhi. Ma c’è un momento, attraverso il dono della fede, in cui la semplice esperienza viene illuminata anche dalla comprensione, e così da quel momento in poi diventiamo anche infinitamente responsabili: “Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono!”. Vivere senza comprendere il senso ci rende davanti a Dio infinitamente bisognosi della Sua misericordia che arriva nella nostra vita non per condannarci ma per guarirci. Vivere comprendendo il senso ci rende invece infinitamente responsabili, perché la fede è la prima forma di misericordia. È la misericordia degli occhi aperti sulla vita. Ma da quel momento in poi dobbiamo anche renderne conto.

 

Luigi Maria Epicoco

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