Le riflessioni educative ci farebbero affermare che il padre è troppo buono, che il minore se ne è approfittato, che il maggiore non ha mai percepito l'amore del genitore, che ci sono disparità in famiglia e che si sente proprio l'assenza della madre...
del 10 aprile 2019
Le riflessioni educative ci farebbero affermare che il padre è troppo buono, che il minore se ne è approfittato, che il maggiore non ha mai percepito l'amore del genitore, che ci sono disparità in famiglia e che si sente proprio l’assenza della madre...
Vi è mai capitato di non ricordare il giorno dopo il contenuto del Vangelo della domenica? Non dico la prima o la seconda Lettura, che a volte si dimenticano appena fuori dalla chiesa, bensì il Vangelo su cui il sacerdote magari ha dedicato 20 minuti pieni! E dunque, a brucia pelo, qual è stato? Non dovrebbe essere difficile, poiché è tra le pagine più note, tra le parabole più ascoltate, quella del “Figliol prodigo” o del “Padre misericordioso”. Ma non finisce qui, fin troppo facile e persino suggerito; un’altra domanda: come si conclude questa parabola? Non si può rispondere ‘bene’ o ‘male’, infatti il bene è per il figlio che si era allontanato e che poi è tornato, ma certamente il male è per l'altro figlio che non ha gradito la festa organizzata dal padre.
E allora, qual è la conclusione? Semplice, non c'è! Gesù lascia in sospeso, turba il lieto fine possibile con l'atteggiamento negativo del figlio maggiore, e quella bellissima storia di riconciliazione ha quasi dell’amaro in bocca.
Le riflessioni educative ci farebbero affermare che il padre è troppo buono, che il minore se ne è approfittato, che il maggiore non ha mai percepito l'amore del genitore, che ci sono disparità in famiglia e che si sente proprio l’assenza della madre. Se invece puntiamo sulla psicologia, andiamo a cercare il problema all'origine e non ci sbagliamo ad affermare che i figli persi erano entrambi all'inizio della storia, il piccolo all'esterno e il grande all'interno. Il primo si è allontanato in piena libertà e con poca responsabilità, ha perduto tutto e si è sperduto, mentre il secondo forse non è mai stato libero e ha confuso “il dovere per il dovere” con la responsabilità. Se c'è una figura stabile e coerente è proprio quella del padre che dall'inizio alla fine rispetta la libertà di entrambi, si fa vicino ai figli, abbraccia il prodigo fisicamente e l'altro con le parole che indicano condivisione. Se appare sproporzionato è perché l'amore lo è; se sembra non avere polso, in realtà ce ne vuole tantissimo per accogliere le due richieste del secondogenito e gestire la relazione con il primogenito; se si mostra da solo, senza la moglie, è proprio il suo sbilanciato equilibrio, la sua attesa costante e la corsa, la premura perché non manchi niente per la festa, la voglia di chiarire e mettere pace, che in lui fa trasparire anche lei.
Due sono allora le conclusioni rimaste in sospeso, affidate a ciascuno di noi, cioè le scelte di entrambi i figli dopo le parole e i gesti del padre, e quindi le nostre dopo ogni Santa Messa e quel Vangelo a rischio dimenticanza; ma anche due verbi che hanno la forza delle grandi rivoluzioni, cioè perdonare e rallegrarsi.
Marco Pappalardo
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