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IL DISCEPOLO CHE GES√ô AMAVA DISSE: 'È IL SIGNORE'.

Noi sperimentiamo la risurrezione solo quando abbiamo successo? Con il suo racconto di risurrezione Giovanni vuol fare coraggio proprio a coloro che si lamentano dell'inutilità e nei quali si è ormai fatto notte. Anche per loro la risurrezione è possibile.


IL DISCEPOLO CHE GESÙ AMAVA DISSE: 'È IL SIGNORE'.

da L'autore

del 01 gennaio 2002

Ai discepoli con le loro frustrazioni Gesù dà un ordine: «Gettate le reti dalla parte destra della barca e troverete» (Gv 21,6). In molte religioni la parte destra significa la parte migliore e più fortunata. Poiché nel mondo antico con la mano destra si impugnava l’arma, il lato destro era figura di forza e successo. Nella psicologia la parte destra significa l’ambito del conscio, mentre quella sinistra è associata con l’inconscio. A questi pescatori esperti sicuramente Gesù non sta dando un consiglio di come possano pescare più pesci con una tecnica migliore. Gesù mostra piuttosto come la vita possa davvero riuscire. I discepoli non devono aver fiducia solamente nella propria esperienza. Devono prestare ascolto a colui che dalla riva viene loro incontro, colui che da un mondo altro parla a loro. La voce di Gesù risuona nei loro cuori negli impulsi leggeri che tuttavia mostrano loro la strada in modo più sicuro che non i metodi soliti. Chi ascolta la propria voce interiore percepisce la voce di Gesù, che dalla riva lo raggiunge nella notte della sua incoscienza. Spesso noi non sappiamo come procedere e non conosciamo le strade che ci conducono alla vera vita.

I discepoli devono fare in modo consapevole quanto stanno facendo. Devono diventare consapevoli di quanto fanno. Agire in modo consapevole significa anche prestare attenzione, essere totalmente presente a quanto si sta facendo. Se non si hanno fini secondari – co­me, per esempio, guadagnare denaro quanto più possibile, oppure finire il più in fretta possibile, oppure superare gli altri – ma semplicemente ci si mette in quanto si sta facendo, allora ciò porterà frutto. Agire in modo inconsapevole significa lasciarsi semplicemente spingere, fare quello che si è sempre fatto. Agire in modo consapevole richiede una decisione. Io mi decido per quanto faccio. E me ne assumo la responsabilità. Io, allora, sono responsabile anche per l’atteggiamento con il quale inizio il mio lavoro. Non posso rendere responsabili della mia rassegnazione o della mia frustrazione altre persone o circostanze. Io mi coinvolgo in modo consapevole in quanto faccio.

Anche se i discepoli hanno certamente sufficiente esperienza della pesca, sulla parola di Gesù gettano ancora una volta la rete. Ed effettivamente possono a stento recuperarla, tanto era piena di pesci: «Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: ‘È il Signore!’» (Gv 21,7). Poiché sulla parola di Gesù la pesca aveva dato frutti, il discepolo amato riconosce che è proprio il Signore che si trova sulla riva e ha parlato loro. Ma noi sperimentiamo la risurrezione solamente dove abbiamo successo? Chi non ha successo è dunque escluso dalle esperienze di risurrezione? Con il suo racconto di risurrezione Giovanni vuol fare coraggio proprio a coloro che si lamentano dell’inutilità e nei quali si è ormai fatto notte. Anche per loro la risurrezione è possibile. Anche per loro un bel giorno la rete sarà colma. Allora, insieme con il discepolo amato, riconosceranno: «È il Signore».

Tuttavia, non solamente quando la mia vita riesce posso fare mia la professione di fede del discepolo amato. Per me Pasqua è dirmi: «È il Signore», proprio quando sto alla mia scrivania e non so come risolvere i problemi del mio mondo lavorativo, quando sono in riunioni dalle quali non viene fuori niente. Se introduco questa frase concretamente in tutte le situazioni della mia vita, allora per me si rischiara il triste mattino. Allora il velo dell’inutilità, che si è posato su tutto, viene tolto via. Avviene per me la risurrezione. Se io credo che il Risorto è proprio dove io sono, dove io mi do da fare, spesso senza troppo successo, il mio cuore si apre. Io sento che anche nel mio insuccesso e nella mia inutilità diventa possibile la risurrezione.

Oggi, in tutto quanto fai e in quanto ti capita, puoi tentare di dirti interiormente: «È il Signore». Se fai una passeggiata, di’ a te stesso: «È il Signore». Se sei al lavoro e hai problemi con i tuoi colleghi, tieni presente questa frase! Forse anche per te si rischiara il grigiore disperato della tua vita. E tu riconosci che sulla riva della tua vita si trova il Signore che da un mondo altro entra nella tua vita, per cambiarIa. Vedrai la tua vita con altri occhi e in tutto percepirai la presenza del Risorto. Questo guarirà la tua divisione e la tua disperazione, la tua inutilità e la tua rassegnazione.

Anselm Grün, Gustare la gioia pasquale, Queriniana.

Anselm Grün

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