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Omelia ai giovani del CFP di San Donà di Piave

Don Bosco ha ascoltato l'urlo dei giovani, ha offerto delle strutture preziose, ma che cosa ha detto. La seconda lettura dice “rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto: state allegri!” Ed è quello che don Bosco voleva: sapeva che il giovane per natura vuole essere felice, vuole essere lieto.


Omelia ai giovani del CFP di San Donà di Piave

 

Don Bosco è amico e maestro dei giovani: e naturalmente per capire sia la sua persona sia il dono che lui rappresenta per tutti i giovani del mondo, ma anche per tanti adulti che abbiamo voluto assomigliare a lui, che abbiamo fatto nostro il suo programma di vita, le sue scelte, la sua grande ispirazione, la Parola di Dio viene ad illuminarci.

E abbiamo sentito la prima lettura in cui il profeta che si trova esiliato riceve questa Parola, una Parola contro i pastori di Israele: i pastori erano le autorità del tempo religiose e civili. Perché invece di curare il popolo lo sfruttavano, invece di andare a trovare quelli che si erano smarriti si approfittavano soltanto delle grasse. Perciò il Signore dice “Io stesso sarò il loro pastore”.

Perché vi dico questo?

Perché la prima cosa che ho visto fare a don Bosco è questa: quando lui vide, in piena rivoluzione industriale, che i ragazzi lasciavano i loro villaggi, che si recavano a Torino in cerca di posto di lavoro che cosa ha voluto fare? Proprio stare accanto a loro. Anzi, la prima volta che il suo direttore spirituale gli aveva detto “Vai alle prigioni”, dice don Bosco che quando arrivò alla Generala, la prigione di Torino, rimase proprio inorridito nel vedere la situazione di degrado non soltanto sociale, ma morale in cui si trovavano quei ragazzi. Allora lui dice: se questi ragazzi avessero avuto un buon amico, delle opportunità di sviluppare i loro talenti, non sarebbero qui. E questa prigione invece di aiutare loro fa si che quando escono siano peggio di quando erano entrati. Se vogliamo liberare Torino e le grandi città dalle prigioni facciamo qualcosa: mettiamo su delle strutture che permettano ai giovani di realizzarsi. Lo ha fatto tanto splendidamente che è diventato il modello dell’educatore attento ai ragazzi, ai loro bisogni, alle loro aspirazioni, ai loro diritti.

E voi dite: va bene, questo lo ha fatto don Bosco, questo è stato fatto dal 1841 fino al 1888 quando è morto, ma no: oggi noi siamo in 132 paesi del mondo e avendo come successore di don Bosco la grande opportunità di viaggiare in tutto il mondo vi posso dire che cosa fanno oggi i miei fratelli: quando io vedo che arrivano i miei fratelli in Sierra Leone e in Liberia ai ragazzi mutilati dalle mani perché non si sono schierati con i ribelli, e tranciate le mani – non so se avete visto un film che si chiama “Diamanti di sangue” che rispecchia proprio quello – vedere i miei confratelli che lavorano per i ragazzi a cui hanno tranciato le mani.

Quando io vado nello Sri Lanka e lì si trova tutto quello che si chiama turismo sessuale, e tu vedi che vanno da tante parti dell’Occidente a sfruttare sessualmente i bambini e i ragazzi, e vedere i miei fratelli sulla spiaggia a mezzanotte cercare di liberare quei ragazzi, quando vado nella Colombia e vedo quei piccoli bambini che mettevano nelle miniere per estrarre minerali preziosi come se fossero dei topi, senza nessun rispetto alla loro dignità e alla loro sicurezza, e vi potrei parlare così di cosa si fa in tutto il mondo… Perciò don Bosco cosa si sentì? Come un buon pastore chiamato ad essere attento ai bisogni dei fratelli. E io mi auguro che qui questa presenza a San Donà sia proprio quello: una bella riproduzione di quello che don Bosco ha voluto fare.

Sempre attenti ai bisogni dei giovani, mai contenti con i ragazzi che vengono perché ce ne sono tanti che non vengono: come facciamo per raggiungerli? Perché non vengano sfruttati, perché non cadano in esperienze negative che possono mettere a rischio la loro salute fisica, per esempio con il consumo delle droghe, con il consumo abusivo dell’alcool, in esperienze negative che portino allo smarrimento nel campo sessuale. Che cosa fare? Don Bosco non si perdeva: andava per le strade. Dice: “Senti l’urlo dei ragazzi!” E quella è la prima cosa che fece don Bosco, e che continuò a fare. E una volta che ha scoperto i bisogni dei ragazzi che cosa ha fatto? Avete sentito che cosa ha detto il Vangelo? Dice che pongono questa domanda a Gesù: “Chi è il più importante nel Regno dei cieli?” Alcuni pensavano che avrebbe detto Pietro perché era il primo eletto, perché lo aveva posto a fondamento della sua Chiesa. Forse alcuni altri hanno pensato “sarà Giovanni” perché era il discepolo amato. Che cosa fa Gesù? Un gesto profetico. Dice che andò, prese un bambino, lo collocò al centro: chi è il più grande nel Regno dei Cieli è il bambino, l’adolescente, il giovane. E non fece soltanto questo gesto profetico. Disse: “Se non vi convertirete” cioè se non cambierete il modo di pensare “non entrerete nel Regno dei Cieli”. Vuol dire che per l’età in cui vivono i bambini, gli adolescenti e i ragazzi hanno bisogno di molte più opportunità.

Io mi arrabbio quando dicono “i giovani sono il futuro”: no, no… i giovani sono il presente, non il futuro! Perché se nel presente non ricevono opportunità per poter sviluppare tutti i loro talenti, invece di essere una risorsa umana importante per l’Italia e per l’Europa saranno un problema sociale. Allora i ragazzi non sono il futuro, sono il presente, perciò da porsi al centro. E se sono preoccupato per la situazione attuale, anche dentro la crisi, è proprio per la mancanza di risorse per l’educazione, per la ricerca. Non è possibile che noi stiamo assistendo già a quello che per anni ha fatto l’Italia, che era esportare la ricchezza più grande dell’Italia, le risorse umane. Non le risorse materiali. Non è possibile che le nostre menti vadano fuori perché qui non c’è spazio per loro.

Quando vado in Africa che cosa dico: il futuro dell’Africa deve essere nero, non nel senso negativo del termine. Quando io vedo che sono africani gli ingegneri, i medici, gli avvocati, quelli capaci di creare una società di un benessere sostenibile per tutti. Perché quando io vedo che devono lasciare il proprio Paese, attraversare il Mediterraneo in condizioni di pericolo di vita… che cosa sta facendo l’Africa? Esportando la sua ricchezza, che sono le risorse umane. Perché non trovano spazio. Allora che cosa ha fatto don Bosco? Mettere i giovani al centro. E non c’è dubbio che l’atteggiamento di don Bosco era un po’ scomodo per gli uomini di chiesa e per gli uomini civili del tempo, perché era in fondo un gesto molto profetico. Oggi come allora i salesiani devono far sì che veramente la società civile a cominciare dalle autorità prenda sul serio i giovani proprio perché sono la risorsa più importante. Hanno bisogno di opportunità per sviluppare tutti i loro talenti. Ragazzi… voi siete pieni di talenti! Però quei talenti non servono a niente se non li sfruttate! Guardate Steve Jobs… un ragazzo poverissimo, che lavorava perché la famiglia non poteva mantenerlo. Lo hanno affidato a una famiglia che lo ha adottato. Doveva vendere le lattine di Coca Cola per potersi comprare un panino, che la domenica andava al luogo dove davano un po’ di cibo per sfamarsi. Guardate che cosa ha fatto Steve Jobs! Ha rivoluzionato il mondo del computer. Che cosa vuol dire? Vuol dire che lui ha sviluppato i talenti, che ha sviluppato tutte le energie.

Non c’è bisogno di stare in una condizione privilegiata nel punto di partenza. Importante è sapere dove voglio andare, quali obiettivi raggiungere. Allora don Bosco che cosa dice? I ragazzi al centro. Questa struttura di San Donà non avrebbe senso il giorno che mancassero i ragazzi. Perché tutto è per voi. Don Bosco ha ascoltato l’urlo dei giovani, ha offerto delle strutture preziose, ma che cosa ha detto. La seconda lettura dice “rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto: state allegri!” Ed è quello che don Bosco voleva: sapeva che il giovane per natura vuole essere felice, vuole essere lieto. Don Bosco allora disse: “io ti propongo un programma di felicità” Ma non una felicità fasulla, di quella a buon mercato, ma una felicità che viene dal cuore perché viene da Dio. Però Dio non è una minaccia per la vostra felicità cari giovani.

A volte pensiamo che Dio sia un Dio geloso, che perché noi ci divertiamo Lui è ingelosito. No: al contrario, Dio crea la felicità e il senso di vivere dove non c’è, e lì dove è in pericolo la rafforza. Chi sta parlando sapete chi è? San Paolo dalla prigione, in catene, e dice alla sua comunità “Rallegratevi sempre, vi voglio sempre bene”… è quello che non può sparire: “Vi voglio sempre bene!”. Perché quando uno è fortemente motivato non c’è niente che lo possa scoraggiare. Uno diventa pieno di energia, di entusiasmo.

Ai ragazzi si devono dare “ali” per volare: non stare a tarpare le ali ai ragazzi quando sognano. Guardate perché don Bosco è grande, molto più grande di noi salesiani: perché rappresenta un dono di Dio per questi tre grandi motivi: la capacità di stare in ascolto dei ragazzi, dei loro bisogni e aspirazioni di vita; secondo perché ha capito che devono stare al centro per ricevere le opportunità educative e di sviluppo dei talenti, delle qualità e delle ispirazioni. E terzo perché deve essere una scuola che aiuta a sviluppare l’onesto cittadino e il buon cristiano. A essere felici – diceva don Bosco – sempre: non solo quando siamo qui, quando abbiamo successo nella vita, ma sempre.

C’è un canto spagnolo che mi piace molto che dice così: “senza i giovani il cielo non è cielo per me” dice don Bosco; se non capisco come i giovani possano raggiungere la pienezza di della felicità in Cristo. Bene: tutto questo noi lo vogliamo offrire a voi: che il Signore vi benedica e voi possiate veramente non sciupare i vostri talenti.

Questa è l’età delle grandi scelte che dovete fare e noi siamo al vostro fianco.

Amen. 

San Donà di Piave, 26 gennaio 2013 

 

 

Don Pasqual Chavez

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