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Le “colonne dell'edificio educativo” di don Bosco da Giovani per i Giovani

Siamo oramai giunti al quarto numero del “Giovani per i Giovani” e il nostro cammino alla scoperta dei cinque punti della Spiritualità Giovanile Salesiana... sta avviandosi verso la fine. Questa volta: «Spiritualità ecclesiale e sacramentale. Le “colonne dell'edificio educativo” di don Bosco».


Le “colonne dell’edificio educativo” di don Bosco da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 01 gennaio 2002Le “colonne dell’edificio educativo” di don Bosco

Spiritualità ecclesiale e sacramentale

La chiesa

La Chiesa è l’ambiente naturale per la crescita della fede. Don Bosco fu un uomo di comunione. Insegnò ai giovani a vivere il mistero della Chiesa che racchiude, nella debolezza dell’umano, la grazia invisibile della presenza di Dio. É dall’amore per Gesù Cristo che nasce inseparabilmente l’amore per la sua Chiesa, popolo di Dio, centro di unità e di comunione di tutte le forze che lavorano per il Regno di Dio. Mosso dalla testimonianza viva della comunità cristiana o di qualche credente, il giovane matura sempre più consapevolmente, all’interno e in comunione con la Chiesa, la propria fede.

Eucaristia e riconciliazione

L’incontro e la relazione con Cristo all’interno della Chiesa si vivono in maniera particolare nella celebrazione dei sacramenti. Don Bosco ci ricorda: “Dicasi pure quanto si vuole intorno ai vari sistemi di educazione, ma io non trovo alcuna base sicura se non nella frequenza della confessione e della comunione; e credo di non dir troppo asserendo che, omessi questi due elementi, la moralità resta bandita”.

Il sacramento dell’Eucaristia e della Riconciliazione sono le due colonne dell’edificio educativo del sistema salesiano: dall’Eucaristia il giovane impara a riorganizzare la sua vita alla luce del mistero di Cristo che si dona per amore e il sacramento della Riconciliazione celebra l’amore di Dio, che è più forte del peccato.

La preghiera e le realtà ultime

La preghiera poi esprime la coscienza di essere immersi nella paternità di Dio e guarda, più che alle parole, ai gesti dell’amore di chi cerca di piacere in tutto al Signore.

L’idea dei Novissimi (delle realtà ultime: morte, giudizio, inferno, paradiso ...) attraversa l’intera attività di don Bosco per i ragazzi. Il santo dei giovani ripeteva sovente: “Il giovane ama che si entri a parlargli dei suoi interessi eterni, e capisce da ciò chi gli vuole e chi non gli vuole veramente bene. Fatevi dunque vedere interessati per la sua eterna salvezza”.

Il riferimento ai Novissimi è sempre un invito al massimo impegno nel tempo per l’eternità: “Nell’ora della morte ti rincrescerà di aver perduto tanto tempo, senza alcun vantaggio dell’umanità”, è uno dei tanti messaggi inviati da don Bosco ai giovani.

Maria

Nella Chiesa troviamo Maria, prima credente, che precede, accompagna e guida. Maria è colei che infonde speranza e suggerisce alcuni atteggiamenti tipicamente evangelici: l’ascolto, la fedeltà, la purezza, la donazione, il servizio. E don Bosco ancora: “Oh! Se io potessi un poco mettere in voi questo grande amore a Maria e a Gesù nell’Eucaristia, quanto sarei fortunato. Vedete, dirò uno sproposito, ma importa niente: sarei disposto per ottenere questo a strisciare con la lingua per terra di qui fino a Superga. E’ uno sproposito, ma io sarei disposto a farlo; la mia lingua andrebbe in pezzi, ma importa niente: io allora avrei tanti giovani santi”.

Il papa

Tra le componenti della SGS ci sono l’amore esplicito al Papa e l’adesione convinta al suo Magistero. La persona del Papa, garanzia della genuinità e dell’autenticità della fede, è segno visibile di unità per tutta la Chiesa ed è una presenza provvidenziale per il servizio che svolge, nel nome di Cristo Signore a favore di tutta l’umanità.

Tutta questa vita ecclesiale e sacramentale porta il giovane alla serenità interiore e alla gioia di stare alla presenza di Dio.

La parola al Papa…

«Il termine, “religione”, indica che la pedagogia di don Bosco è costitutivamente trascendente, in quanto l’obiettivo educativo ultimo che egli si propone è la formazione del credente. Per lui l’uomo formato e maturo è il cittadino che ha fede, che mette al centro della sua vita l’ideale dell’uomo nuovo proclamato da Gesù Cristo e che è coraggioso testimone delle proprie convinzioni religiose.

Non si tratta - come si vede - di una religione speculativa e astratta, ma di una fede viva, radicata nella realtà, fatta di presenza e di comunione, di ascolto e di docilità alla grazia. Come egli amava dire, “colonne dell’edificio educativo” sono l’eucaristia, la penitenza, la devozione alla Madonna, l’amore alla chiesa e ai suoi pastori. La sua educazione è un “itinerario” di preghiera, di liturgia, di vita sacramentale, di direzione spirituale; per alcuni, risposta alla vocazione di speciale consacrazione (quanti sacerdoti e religiosi si formarono nelle case del santo!); per tutti, la prospettiva è il conseguimento della santità.

Don Bosco è il prete zelante che riferisce sempre al fondamento rivelato tutto ciò che riceve, vive e dona. Questo aspetto della “trascendenza religiosa”, caposaldo del metodo pedagogico di don Bosco, non solo è applicabile a tutte le culture, ma è adattabile con frutto anche alle religioni non cristiane».

(Dalla Lettera di Giovanni Paolo II, “Padre e Maestro dei giovani – Iuvenum Patris. Nel centenario della morte di san Giovanni Bosco”)

Michele Zecchin

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