News 4

Il discorso della luna di Giovanni XXIII

"...Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza..."


Il discorso della luna di Giovanni XXIII

QUELLA CAREZZA CHE RIMASE NELLA STORIA

«Il punto saliente di questo Concilio non è dunque una discussione di un articolo o dell’altro della dottrina fon­damentale della Chiesa [...]. Per questo non occorreva un Concilio. Ma, dalla rin­novata, serena e tranquilla adesione a tutto l’insegna­mento della Chiesa nella sua interezza e precisione [...] lo spirito cristiano, cat­tolico e apostolico del mon­do intero, attende un balzo innanzi verso una penetra­zione dottrinale e una for­mazione delle coscienze, in corrispondenza più perfet­ta alla fedeltà, all’autentica dottrina, anche questa però studiata ed esposta attra­verso le forme dell’indagine e della formulazione lette­raria del pensiero moderno. Altra è la sostanza dell’anti­ca dottrina del depositum fi­dei e altra è la formulazione del suo rivestimento. Al giorno d’oggi tuttavia, la Sposa di Cristo preferisce far uso della medicina della mi­sericordia piuttosto che del­la severità: essa ritiene di ve­nire incontro ai bisogni di oggi mostrando la validità della sua dottrina piuttosto che con la condan­na ». Così Giovanni XXIII la mattina del­l’apertura del Conci­lio, l’11 ottobre 1962, con parole – non da tutti subito compre­se anche perché in latino – che calava­no il Vangelo nella Storia, indicava più che un programma imme­diato, una lunga strada da seguire con fiducia.

E, tuttavia, quella storica giornata non si era ancora conclusa quando altre indi­menticate parole di Angelo Giuseppe Roncalli invasero piazza San Pietro, brulican­te di fiammelle che dise­gnavano una grande croce abbracciata da riflettori che impedivano al buio di scen­dere. Si trattava di una fiac­colata – organizzata dai gio­vani dell’Azione Cattolica e delle Acli – in onore del Pon­tefice e dei Padri conciliari. Giovanni XXIII osservò tut­te quelle luci alzate da 15 mila giovani, attraverso le imposte della sua finestra chiusa. Si lasciò convincere a guardare quello «spetta­colo », dal suo segretario, monsignor Loris Francesco Capovilla – che aveva fatto leva sulla sua curiosità. E non rimase insensibile. Se fino a pochi minuti prima a­veva ribadito di non volersi affacciare, ritenendo con­clusa la sua «giornata pub­blica », decise invece di met­tersi la stola contando però di dare solo la sua benedi­zione alla folla. E invece gli scaturì dal cuore il discorso estemporaneo che tutti co­noscono.

«Cari figliuoli, sento le vo­stre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero: qui di fat­to tutto il mondo è rappre­sentato. Si direbbe che per­sino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettaco­lo. Gli è che noi chiudiamo una grande giornata di pa­ce [...]. La mia persona con­ta niente: è un fratello che parla a voi, diventato padre per la volontà di nostro Si­gnore [...]. Continuiamo dunque a volerci bene [...] guardandoci così nell’in­contro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà [...]. Tornando a casa, trove­rete i bambini, date una ca­rezza ai vostri bambini e di­te: questa è la carezza del Pa­pa. Troverete qualche lacri­ma [...] da asciugare: dite u­na parola buona. Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’a­marezza ». Il «discorso della luna», o della «carezza ai bambini» – dove tuttavia va sottolinea­ta l’esclamazione sulla fra­tellanza e la paternità spiri­tuale e che va considerato un’appendice al più rile­vante testo inaugurale del mattino («Gaudet Mater Ec­clesia») –, pose i fedeli in pie­na simbiosi con il Pontefice. Come se il Papa fosse entrato nelle loro case. A ri­pensarci, un primo inimmaginato esito di comunione, di quel Vaticano II al suo avvio, che dai vescovi si dilatava al­l’orizzonte senza at­tendere l’alba.

«Ringrazio il Signore che mi abbia fatto non indegno dell’onore di aprire in nome suo questo inizio di grandi grazie per la sua Chiesa santa»: queste le parole di Giovanni XXIII sul diario di quel giorno. Dove il Papa così continuava: «E­ro disposto a rinunziare an­che alla gioia di questo ini­zio. Con la stessa calma ri­peto il 'Sia fatta la tua vo­lontà' circa il mantenermi a questo primo posto di ser­vizio per tutto il tempo e per tutte le circostanze della mia umile vita, e a sentirmi ar­restato in qualunque mo­mento perché questo impe­gno di procedere, di conti­nuare e di finire passi al mio successore».

Marco Roncalli

http://www.avvenire.it

Versione app: 3.13.5.5 (0d94227)