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Edith Stein: dalla filosofia al martirio

Dalla scienza filosofica giunse alla scienza della croce...


Edith Stein: dalla filosofia al martirio

 

Nel 1989 il filosofo italiano Cornelio Fabro fu chiamato all’arduo compito di valutare per conto della Santa Sede l’ortodossia degli scritti nonché le qualità morali di una delle pensatrici più importanti del Novecento: Edith Stein. 

Da qui nasce un piccolo, ma prezioso documento su una delle figure più importanti del secolo scorso sia per quanto concerne l’ambito filosofico sia per quanto riguarda l’ambito teologico-spirituale. Il lavoro di Fabro, riproposto al pubblico dalla Casa Editrice Leonardo da Vinci (per ulteriori informazioni clicca qui), ci permette di apprezzare lo spessore teoretico e, allo stesso tempo, l’importanza attuale della Stein il cui pensiero – afferma Fabro in un altro contributo – «rappresenta lo sviluppo compiuto di un’aspirazione unica, profonda, radicale, da cui fu posseduta l’anima sua ancora fanciulla, e che per un segreto impulso elaborava le circostanze esteriori in stimoli di un sempre più intimo avvicinamento alla verità» (Cornelio Fabro, Edith Stein, dalla filosofia al martirio, in Profili di santi, Editrice del Verbo incarnato, Segni 2008, pp. 19-23, p. 20).

 

Edith Stein, filosofa tedesca di origine ebraica, nacque a Breslavia nel 1891 e frequentò la scuola di Edmund Husserl a Gottinga dal 1912 al 1916. Si convertì al cattolicesimo e ricevette il battesimo nel 1922; nel 1933 decise di diventare carmelitana ed entrò nel monastero di Colonia. Per sfuggire alle persecuzioni razziali naziste si rifugiò nel Carmelo di Echt, in Olanda; poco dopo fu prelevata dalla polizia nazista e internata nel campo di concentramento di Auschwitz, dove morì nel 1942.

Come si può notare, da questo breve cenno biografico, la vita della Stein è stato un itinerario intenso che – per citare ancora Fabro – dalla «filosofia giunge al martirio», dalla scienza filosofica giunge alla scienza della croce. Citata anche da S. Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et ratio, Edith Stein è un esempio per tutti coloro che cercano la verità senza per questo rinunciare alla fede. Un riferimento, quello di Giovanni Paolo II, che non intende, ovviamente, «avallare ogni aspetto del pensiero, ma solo proporre esempi significativi di ricerca filosofica che ha tratto considerevoli vantaggi dal confronto con i dati della fede» (Fides et ratio, n. 74) e che può anche aiutare a comprendere il nostro mondo.

 

Le riflessioni della Stein, che spaziano dalla metafisica alla politica, dalla pedagogia alla mistica, alla politica, sono di grande attualità proprio perché incarnate nella realtà e non mere manifestazioni di erudizione. «In effetti – come nota Antonio Livi – se Edith Stein è una figura importante per quanto riguarda la storia del pensiero filosofico del Novecento, ancora di più lo è per quanto riguarda la storia della civiltà europea e la storia della Chiesa. Sono certo che la personalità e la vicenda biografica di Edith Stein vadano oggi ripresentate all’attenzione dell’opinione pubblica italiana perché in esse è possibile intravedere la risposta giusta ai tanti problemi etici, politici e religiosi che agitano le coscienze di noi tutti e che inducono molti a pensare che non esistano persone o istituzioni capaci di farci uscire da quella che ormai da qualche anno viene chiamata “la crisi” per antonomasia, e che è economica, sociale e culturale allo stesso tempo: una crisi che è italiana solo perché è di tutto l’Occidente (un Occidente che produce con incosciente sicumera i processi di globalizzazione e ne subisce smarrito le inevitabili conseguenze in campo politico, soprattutto quanto alla perdita di controllo democratico sui centri di potere effettivi) e che non risparmia in tutto l’Occidente la Chiesa stessa, tanto che Benedetto XVI arrivò a parlare significativamente di “dittatura del relativismo”» (Antonio Livi, postfazione a: Cornelio Fabro, Edith Stein. Tra Husserl e Tommaso d’Aquino, Leonardo da Vinci, Roma 2016).

 

Alcune considerazioni finali: per quanto concerne Cornelio Fabro, questo testo ha dato ancora una volta prova della sua grande erudizione, della profondità speculativa nonché della sensibilità, propria dei grandi uomini, che ha mostrato delineando la fisionomia intellettuale e, soprattutto, spirituale di Edith Stein. Su quest’ultima possiamo anche avere qualche riserva sulla sua opera filosofica che si trova tra la fenomenologia e la filosofia cristiana, ma quando guardiamo la sua vita davvero c’è poco da aggiungere: dinanzi ad alcune persone l’elogio della parola non sembra bastare. E questo è il caso di santa Teresa Benedetta della Croce. Questa donna capì l’importanza di un seria ricerca della verità, ne visse profondamente il dramma dello smarrimento e la gioia del ritrovamento, nonostante le difficoltà affrontate al principio della sua conversione e, in modo particolare, al termine. Comprese, dopo la lettura dell’Autobiografia di santa Teresa d’Avila, che la verità, tanto desiderata, la si poteva trovare solo nella persona di Cristo, vero Dio e vero uomo, e questa scoperta la condusse ad abbracciare la fede cattolica e a divenire, poi, testimone privilegiata di questa medesima fede con la grande prova martirio. Credo, a questo punto, che il modo migliore per concludere sia riportare le parole che S. Giovanni Paolo II pronunciò il giorno della canonizzazione della martire tedesca: 

  «L’amore di Cristo fu il fuoco che incendiò la vita di Teresa Benedetta della Croce. Prima ancora di rendersene conto, essa ne fu completamente catturata. All’inizio il suo ideale fu la libertà. Per lungo tempo Edith Stein visse l’esperienza della ricerca. La sua mente non si stancò di investigare ed il suo cuore di sperare. Percorse il cammino arduo della filosofia con ardore appassionato ed alla fine fu premiata: conquistò la verità, anzi ne fu conquistata. Scoprì, infatti, che la verità aveva un nome: Gesù Cristo, e da quel momento il Verbo incarnato fu tutto per lei» (Omelia del Santo Padre Giovanni Paolo II durante la santa Messa per la Canonizzazione di Edith Stein, 11 ottobre 1998).

 

 

Giovanni Covino

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