del 08 gennaio 2007Un piccolo libro che spalanca l'orizzonte
Nei miei studi stavo commettendo un grave errore. Durante le scuole superiori avevo letto per giorni e per notti le opere dei classici pagani. Ammiravo moltissimo le leggende della mitologia greca e romana, esposte in lingua smagliante.
Le opere degli scrittori cristiani, al confronto, non mi piacevano. Finii per convincermi che la religione cristiana non va d'accordo con la buona lingua e l'alta poesia. Le stesse opere dei grandi Padri della Chiesa mi sembravano composizioni di poco valore. I principi religiosi erano esposti con forza e chiarezza, ma l'arte mi sembrava lontana da quelle pagine.
Fortunatamente la Provvidenza mi aiutò a cambiare parere. All'inizio del secondo anno di studi filosofici, un giorno andai a far visita a Gesù presente nel tabernacolo. Non avevo con me il libro delle preghiere, e lessi alcuni capitoli di un libro che trovai nel banco, l'Imitazione di Cristo. Fui sbalordito dalla profondità del pensiero e dalla esposizione semplicissima e bellissima. Pensai: «L'autore di questo libro era un grande scrittore».
Tornai pi√π volte a leggere quel piccolo, grandissimo libro, e scoprii che in una sua sola riga c'era pi√π sapienza che nei grossi volumi dei classici antichi.
La lettura dell'Imitazione di Cristo segnò per me la fine delle letture profane. Subito dopo lessi la Storia dell'Antico e del Nuovo Testamento del Calmet, Le Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio, Ragionamenti sulla Religione di mons. Marchetti, le opere di Frayssinous, Balmes, Zucconi e molti altri scritti sul Cristianesimo. Mi piacque molto la Storia Ecclesiastica del Fleury (non sapevo che quei venti volumi fossero sconsigliati). Provai un piacere ancora maggiore nel leggere i libri di Cavalca, Passavanti, Segneri, e la Storia della Chiesa di Henrion.
Qualcuno penserà: « Le letture di tutti questi libri non era un ostacolo per gli studi scolastici? » Posso rispondere tranquillamente di no, perché continuavo ad avere una memoria felicissima. Per la scuola mi bastava seguire le lezioni e leggere i libri di testo. Le ore destinate allo studio, io potevo dedicarle alla lettura. I superiori lo sapevano, e mi lasciavano fare.
 
A tu per tu con OmeroUno studio che mi stava molto a cuore era il greco. Avevo cominciato a studiare questa lingua classica nelle scuole superiori. Avevo studiato la grammatica e mi ero impegnato nelle prime traduzioni.
Una buona occasione per approfondire questo studio mi capitò nel 1836. Torino era minacciata dal colèra. I Gesuiti decisero di far uscire dalla città i loro convittori del Collegio del Carmine. Li ospitarono nella casa destinata alla villeggiatura, il Castello di Montaldo Torinese.
Poiché ospitarono contemporaneamente gli alunni interni e quelli esterni, ebbero bisogno di un numero doppio di assistenti e di insegnanti ripetitori. Don Cafasso, al quale i Gesuiti si erano rivolti per la segnalazione di qualche chierico disponibile, fece il mio nome per assistere una camerata e fare il ripetitore di greco.
L'occasione mi spinse a occuparmi seriamente di questa lingua. Io insegnavo i primi elementi, e contemporaneamente approfondivo lo studio. Tra i Gesuiti c'era un certo padre Bini, grecista di grande valore. Mi aiutò in maniera notevole. In quattro mesi mi aiutò a tradurre tutto il Nuovo Testamento, i primi due libri dell'Iliade di Omero, parecchie odi di Pindaro e di Anacreonte. Poiché dimostravo buona volontà, quel degno sacerdote continuò ad aiutarmi. Per quattro anni, ogni settimana, gli mandavo una traduzione dal greco in italiano o dall'italiano in greco. Egli la correggeva puntualmente e me la rispediva con le opportune osservazioni. In questa maniera potei maneggiare la lingua greca con la stessa facilità con cui già maneggiavo la lingua latina.
In quel tempo studiai anche francese, e affrontai i primi elementi dell'ebraico. Dopo l'italiano e il latino, mi fu sempre caro occuparmi di queste tre lingue: greco, ebraico, francese.
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