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Un regolamento capestro

Un Regolamento da cancellare o almeno da emendare profondamente. Per la parte che riguarda le scuole paritarie senza finalità di lucro si tratta di un Decreto ingiusto, discriminatorio, politicamente miope, in aperta contraddizione con tutte le manovre di saggia politica economica e fiscale.


Un regolamento capestro

da Attualità

         

Quanto si temeva, nonostante qualche barlume di speranza alla vigilia, è puntualmente sopraggiunto. A pochi giorni dal secondo Parere del Consiglio di Stato il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha emanato il 19 novembre 2012 il Decreto n. 200 che regolamenta “le modalità e le procedure per l’applicazione proporzionale, a decorrere dal 1° gennaio 2013, dell’esenzione dell’IMU per le unità immobiliari destinate allo svolgimento delle attività istituzionali con modalità non commerciali”. 

Dopo aver precisato nell’art. 3 quali sono i requisiti generali perché una attività possa considerarsi non commerciale nell’articolo successivo elenca ulteriori requisiti particolarmente restrittivi per quelle attività che si definiscono didattiche.

Queste, secondo quanto affermato nell’art.4. comma 3, a,b,c, devono essere “paritarie” , non devono essere “discriminatorie nell’accettazione degli alunni”; hanno l’obbligo di “accogliere gli alunni portatori di handicap”, devono applicare la “contrattazione collettiva al personale docente e non docente”, devono garantire “l’adeguatezza delle strutture agli standard previsti”, devono dare “pubblicità del loro bilancio”.

Ma non è tutto, e qui si tocca veramente il paradosso. Le attività didattiche devono essere svolte a “titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto conto dell’assenza di relazione con lo stesso”.

Mentre i primi requisiti sono la riproposizione di quanto già stabilito dalla Legge 62/2000 per ottenere il riconoscimento di parità, questi ultimi sono aggiunti da questo Regolamento e costituiscono la definitiva sentenza di morte delle scuole paritarie.  

E’ infatti inimmaginabile che una scuola paritaria che debba ottemperare le norme di legge relative alla contrattazione collettiva dei suoi dipendenti, all’adeguatezza funzionale degli edifici, alla modernizzazione delle strumentazioni didattiche, al sostegno degli studenti portatori di handicap, per citare alcuni dei tanti capitoli di spesa del suo bilancio, per riuscire ad essere esentata dall’IMU possa, senza avere alcun finanziamento pubblico, offrire il suo servizio scolastico ed educativo a titolo gratuito o dietro un corrispettivo simbolico. 

Il richiamo in premessa di questo Decreto a titolo giustificativo alla necessità di adeguarsi ai “parametri di conformità a quelli previsti dal diritto dell’Unione europea” non tiene conto di un particolare assai importante che le scuole non statali, nei diversi Paesi europei godono, anche se in maniera diversificata da un Paese all’altro, di un finanziamento pubblico e, quindi, si trovano nella oggettiva fortunata situazione di non praticare alcuna retta, oppure di praticare semplicemente una retta simbolica ad integrazione del contributo statale. Ma in Italia la musica è diversa. Il finanziamento pubblico della scuola paritaria è irrisorio e, per di più, si arresta alle scuole materne e primarie convenzionate. Tutte le altre non hanno alcun finanziamento. 

Quanto detto risulta ancor più paradossale alla luce di una Risoluzione del Parlamento europeo, approvata a Strasburgo appena il 4 ottobre 2012, che ribadisce quanto aveva già solennemente proclamato in una altra Risoluzione del 14 marzo 1984 che la libertà di scelta educativa è un diritto fondamentale umano che va garantito, sostenuto e promosso dagli Stati membri, che questa libertà di scelta educativa si esercita anche nelle scuole paritarie e che quindi nei confronti di queste scuole non va praticata alcuna sorta di discriminazione rispetto a quanto stabilito per le altre scuole statali. 

Ora, questo Regolamento per i vincoli ai quali sottopone le scuole paritarie per essere esenti dall’imposizione IMU è palesemente discriminatorio. Costituisce un ulteriore atto legislativo che le penalizza, le emargina, le costringe a cessare la loro attività. Mette in evidenza come in Italia ancora alcuni diritti fondamentali, come appunto quello della libertà di scelta educativa, sono dei miraggi lontani e irraggiungibili; che il pluralismo scolastico che esiste in qualsiasi democrazia compiuta in Italia si rende impossibile per il predominio di una visione statalista egemone della scuola; che l’Italia è ancora lontana dall’Europa dei diritti civili. 

Questo Regolamento è una sorta di accanimento vessatorio nei confronti di quelle istituzioni che si propongono senza finalità di lucro come un servizio al Paese; è un dispositivo normativo che per rispettare un certo formalismo giuridico di “conformità ai parametri europei”, estrapolati tuttavia da un contesto più generale in cui possono trovare anche una loro qualche giustificazione, uccide la sostanza del diritto: la libertà dell’individuo di scegliere la propria istruzione ed educazione senza discriminazioni rispetto agli altri soggetti, suoi concittadini, che legittimamente optano per la scuola statale, e che non sono sottoposti affatto a pagare una retta comprensiva anche del carico IMU. 

Questo Regolamento affossando le scuole paritarie, che per il bilancio dello Stato (MIUR, Ministero della Sanità, Ministero dei Trasporti, Ministero dei Beni culturali, Province, Regioni, fondi europei) costituiscono un risparmio nell’ordine di una diecina di miliardi, contraddice la filosofia della spending review  tanto declamata del Governo e dalle forze che lo sostengono e andrà ad appesantirlo ulteriormente costringendo indistintamente tutti, compresi coloro che sono ostili alla scuola paritaria, a subire altre imposizioni fiscali per raggiungere il suo pareggio. 

Concludendo. Per la parte che riguarda le scuole paritarie senza finalità di lucro si tratta di un Decreto ingiusto, discriminatorio, politicamente miope, in aperta contraddizione con tutte le manovre di saggia politica economica e fiscale e con le più volte dichiarate affermazioni delle più alte autorità istituzionali che la scuola è una priorità strategica per lo sviluppo economico e sociale del Paese. E’ un Regolamento da cancellare o almeno da emendare profondamente. 

Roma 26 novembre 2012

La Presidenza nazionale

Presidenza Nazionale Fidae

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