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Se vuoi amare, fallo controcorrente!

Perché anche il corpo è portatore di valori, di desideri e di aspirazioni...


Se vuoi amare, fallo controcorrente!

 

La società contemporanea è proiettata verso un progresso che sta svuotando l’uomo dei suoi valori intrinsechi, per rimpiazzarli con l’effimera ricerca del benessere, inculcando uno stile di vita che fa perno sul cogliere l’attimo. Chi fa maggiormente le spese di questa cultura da take-away, in cui i rapporti sono affidati alla rapidità di un messaggio, alla liquidità di una società che non interroga, ma che cerca di assolutizzare abitudini, costumi, di annullare le differenze, di appiattire il pensiero, sono i giovani.

 

È una realtà che appare chiara ai nostri occhi. È il consenso e la popolarità a determinare il valore di una persona. E il consenso e la popolarità sono il nuovo metro di valutazione, salvo essere scartati ogni qualvolta si rifiuti l’omologazione. In questo mare di like, che fine fanno i rapporti interpersonali? Quali sono le conseguenze per l’uomo che Aristotele considerava zòon politikón (ζ·ø∑ον πολιτικœåν), cioè intrinsecamente calato nel bisogno naturale di relazionarsi con i suoi simili? Succede che anche le relazioni si svuotano di profondità per divenire una rete di rapporti superficiali, frivoli, effimeri, in cui si ricerca il mero piacere. Una ricerca che travalica il limite perché godere non sazia, anzi, svuota, divenendo una sorta di dipendenza.

 

Appurato che l’uomo non è fatto per essere solo, per essere una monade vagante, bisogna chiedersi che tipo di rapporti può instaurare affinché trovi la sua profonda ragion d’essere.

 

Sicuramente l’esigenza più naturale di tutte è quella di amare ed essere amati.

 

È un invito fatto ai giovani da papa Francesco durante la sua visita a Torino in occasione dell’ostensione della Sindone. Riprendendo alcuni interrogativi dei ragazzi lì presenti ha spiegato che l’amore si fonda su tre azioni fondamentali: donare, comunicare e servire. La bellezza dell’amore si preserva da ogni strumentalizzazione attraverso la castità, ha ricordato il Papa. Francesco non è un ipocrita e ricorda a noi giovani che spesso è una virtù difficile, ma che tenendo viva la necessità di preservare il bene dell’altro, si impara ad amare realmente.

 

La castità non è una sorta di repressione della sessualità, non è paura del sesso, ma è, al contrario, proprio la sua esaltazione. Come?

 

Ogni volta che in un rapporto di coppia si permette che tutto si basi esclusivamente sulla fisicità senza che si assuma un impegno a lunga scadenza, noi squalifichiamo e mortifichiamo la bellezza del donarsi a qualcuno che ci appartiene, intimamente. Non solo, ma viviamo il rapporto d’amore quasi come se fosse un ricatto, un do ut des. Amare è donare se stessi, invece. Amare vuol dire imparare a dialogare, a conoscersi. L’amore deve essere libero da qualsiasi forma di costrizione o da catene, motivo per cui l’amore è un servizio, in cui non si agisce per soddisfare un bisogno fisiologico, ma per fare del bene. A tal proposito il Papa dice:« E da questo ricaviamo una conseguenza: se l’amore è rispetto  so, se l’amore è nelle opere, se l’amore è nel comunicare, l’amore si sacrifica per gli altri.».

 

Ma quali sono i rischi dell’amore?  

 

Come ben diceva Pier Giorgio Frassati, un giovane come noi, sempre citato da papa Francesco, «bisogna vivere, non vivacchiare.»

 

Vivacchiare comporta un primo modo di rapportarsi con l’altro. Vivacchiando, ci si accontenta di concepire l’amore come mezzo per raggiungere un determinato scopo, che è -appunto- il godimento. Ogni qualvolta un’azione compiuta non tenga conto dell’altro e della sua unicità, si incorre in un sistema di uso e consumo. La felicità si raggiunge nel momento in cui con un minimo sforzo si raggiunge il massimo del piacere, o meglio, del profitto. È un modo egoistico di concepire l’amore, non come relazione, ma come atto meccanico fine a se stesso. Vivere, invece, comporta un altro modo di considerare sè e l’altro con cui si instaura una relazione, un rapporto d’amore. È il modo più difficile, a volte anche più impervio, ma è il modo più sincero di rispondere a quel bisogno di amore. Se vivacchiando ci si accontenta di consumare; vivendo, si cerca di costruire le fondamenta per qualcosa che duri oltre il tempo e lo spazio di un momento di godimento.

 

Si tratta di considerare la persona tenendo conto che ha una dignità che gli è propria a partire dal semplice fatto che si tratta di un essere umano, a cui si aggiungono i sentimenti, il carattere e tutto ciò che la rende unica. Vivere vuol dire accogliere l’altro, considerarlo come un dono prezioso, e per tale motivo bisogna rispettarlo. Il rispetto, in un rapporto d’amore, si coltiva ripudiando tutti quegli atteggiamenti che danneggerebbero e minerebbero la crescita umana che non dev’essere condizionata o subordinata alla mercificazione del proprio corpo. Perché anche il corpo è portatore di valori, di desideri e di aspirazioni che non possono sottomettersi alle pretese di questa società che aliena ed annichilisce.

 

Siamo capaci di andare controcorrente per non cedere alla cultura del consumismo?

 

Noi giovani abbiamo il dovere di chiedere qualcosa di più di un rapporto fisico inconsistente, dobbiamo imparare ad amare con pazienza e costanza e lo dobbiamo alla nostra dignità che non è in vendita, o peggio, in svendita. Dobbiamo avere il coraggio di vivere e non vivacchiare, sapendo che l’amore è un cammino di crescita, che si fa in due, in cui la fiducia è la fedeltà sono conquiste quotidiane. Come diceva il filosofo Gustave Thibon: «Tu sogni l’amore eterno, impara dapprima la fedeltà giorno per giorno, sprona la tua anima a lottare contro il fluire universale. È votato all’eternità solo ciò che resiste al tempo.»

 

 

Valentina Ragaglia

http://www.cogitoetvolo.it

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