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"Rifugiati non sono animali da macello". Una volontaria contro The mission

Lo sdegno contro il prossimo reality di Rai Uno nella lettera aperta di una giovane impegnata in un progetto in Ciad. “Non serve esibire la sofferenza di queste persone per capire che è reale. Basterebbe comunicarla in maniera diversa”.


"Rifugiati non sono animali da macello". Una volontaria contro The mission

 

“Siamo arrivati ad un punto in cui tutto (ma proprio tutto) fa spettacolo, ed è amaro constatare come per molti la realtà sia diventata ciò che vediamo in tv. Quasi che un fatto, una persona, un fenomeno per essere reale debba prima passare in tv perché il mondo ne sia consapevole...Va "esibito" altrimenti non è reale...Vi assicuro che non è necessario esibire la sofferenza di queste persone per capire che è reale. Basterebbe comunicarla in maniera diversa, non come se fossero animali da macello". Così Claudia Mocci, 26 anni, volontaria che lavora in Ciad, in una lettera indirizzata a Volontari per lo sviluppo commenta con sdegno la notizia della messa in onda da parte della Rai di “The mission”, il reality show “umanitario”, che porterà i volti noti dello spettacolo tra i rifugiati.

La ragazza, originaria di Cagliari, che si occupa di cartografia open source nelle zone di crisi umanitaria (in particolare nei campi rifugiati al sud del Ciad) sottolinea nella lettera tutta la sua indignazione e preoccupazione per “il primo reality umanitario che vedrà impegnati un manipolo di vip nostrani a regalare qualche giorno di spensieratezza alle popolazioni locali". Parole dure che stanno riaprendo il dibattito su questo progetto di Rai, Unchr e Intersos, già molto discusso. “Non riesco a trovare delle informazioni sul sito della Rai che confermino il tutto ma le dichiarazioni di alcuni di questi volti autorevoli della cultura italiana fanno supporre che questo scempio andrà in onda –scrive -. Non riesco a descrivere l'enorme spaccatura interiore e quel forte senso di vergogna che ho provato leggendo questo articolo, mentre leggevo ho ripensato a tutte le persone incontrate nei vari campi rifugiati di Goré, ho pensato alla richiesta di tutti di non fare foto poiché i rifugiati molto spesso rivivono il trauma di quando venivano filmati, fotografati, schedati dalla polizia una volta arrivati nella nuova terra. Dignità e rispetto.”

Mocci si rivolge poi all’associazione Volontari per lo sviluppo chiedendo un aiuto per fermare la messa in onda. “Vi prego, se fosse possibile, di dare risalto a questa notizia,nella speranza che qualcuno con una voce un po’ più grossa della mia dia uno scossone in merito”. Intanto alcuni dei personaggi dello spettacolo che parteciperanno al reality hanno già espresso la loro soddisfazione per l’iniziativa, come Emanuele Filiberto che su Twitter alla domanda se il reality era proprio necessario risponde: "Sì, il progetto è bellissimo!”. (ec)

 

 

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