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Messa del Papa a Santa Marta. La regola d'oro dell'umiltà.

L'umiltà è «la regola d'oro»: per il cristiano «progredire» vuol dire «abbassarsi». Ed è proprio sulla strada dell'umiltà, scelta da Dio stesso, che passano amore e carità.


Messa del Papa a Santa Marta. La regola d’oro dell’umiltà.

 

L’umiltà è «la regola d’oro»: per il cristiano «progredire» vuol dire «abbassarsi». Ed è proprio sulla strada dell’umiltà, scelta da Dio stesso, che passano amore e carità. Lo ha ricordato Papa Francesco nell’omelia della messa celebrata, la mattina di lunedì 8 aprile, nella cappella della Domus Sanctae Marthae. Tra i concelebranti l’arcivescovo di Los Angeles, José Horacio Gómez, il vescovo di Gozo, Mario Grech e monsignor Dario Edoardo Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano (Ctv). Fra i presenti, Arturo Mari, già fotocronista dell’Osservatore Romano, il personale del Ctv, i componenti del programma brasiliano della Radio Vaticana e alcune religiose, tra cui le suore Figlie della carità che hanno rinnovato la loro professione di fede.

Tutta la storia della fede, ha detto il Pontefice, è fatta di umiltà e «parla a tutti noi di umiltà». È così anche per il fatto storico della nascita di Gesù. Ogni avvenimento «sembra che Dio abbia voluto che si facesse di nascosto, che non fosse reso pubblico», che fosse come «coperto dall’ombra dello Spirito Santo». Ecco perché — ha aggiunto — «tutto si fa sulla strada dell’umiltà. Dio, umile, si abbassa: viene da noi e si abbassa. E continuerà ad abbassarsi fino alla croce».

Al momento dell’annunciazione anche «Maria — ha affermato Papa Francesco — si abbassa: non capisce bene, ma è libera: capisce soltanto l’essenziale. E dice di sì. È umile: “Sia fatta la volontà di Dio”. Lascia la sua anima alla volontà di Dio». E «Giuseppe, il suo fidanzato — ancora non erano sposati — anche lui si abbassa e porta su se stesso questa responsabilità tanto grande». Giuseppe, ha proseguito il Papa, «dice anche sì all’angelo quando, mentre dormiva, gli ha detto quella verità».

Proprio lo stile di Maria e di Giuseppe mostra che «tutto l’amore di Dio, per arrivare a noi, prende la strada dell’umiltà. Dio umile che ha voluto camminare con il suo popolo». Il Pontefice si è riferito al libro del Deuteronomio dicendo: «Io ti ho portato nel deserto come un papà porta suo figlio. Dio, umile e tanto buono. Il Dio paziente. Questo è diverso dall’atteggiamento degli idoli: gli idoli sono forti, si fanno sentire: qui comando io!».

«Il nostro Dio — perché è vero, perché non è un Dio finto, è vero; non è un Dio di legno, fatto dagli uomini, è vero — preferisce andare così, per la strada dell’umiltà» ha proseguito il Santo Padre, spiegando: «Tutto questo amore viene su questa strada dell’umiltà. Essere umili non significa andare per la strada così, con gli occhi bassi: no, no. L’umiltà è quella di Dio che ci insegna, quella di Maria, quella di Giuseppe». E «l’umiltà — ha aggiunto — è quella di Gesù, che finisce sulla croce. E questa è la regola d’oro per un cristiano: progredire, avanzare e abbassarsi. Non si può andare su un’altra strada. Se io non mi abbasso, se tu non ti abbassi, non sei cristiano. “Ma perché devo abbassarmi?”. Per lasciare che tutta la carità di Dio venga su questa strada, che è l’unica che Lui ha scelto — non ne ha scelto un’altra — che finirà sulla croce. E poi, nel trionfo della risurrezione».

«Il trionfo del cristiano — ha concluso — prende questo cammino dell’abbassamento. Credo che si dica così: abbassarsi. Guardiamo Gesù che incomincia ad abbassarsi in questo mistero tanto bello. Guardiamo Maria, guardiamo Giuseppe. E chiediamo la grazia dell’umiltà. Ma di questa umiltà che è la strada per la quale sicuramente passa la carità. Quando Paolo ci dice: “pensate che gli altri siano migliori di voi”, a volte è difficile pensare quello. Ma Paolo pensa a questo mistero, a questa strada, perché lui nel più profondo del suo cuore sa che l’amore soltanto va per questa strada dell’umiltà». Infatti «se non c’è umiltà, l’amore resta bloccato, non può andare. Chiediamo, dunque, la grazia dell’umiltà alla Madonna, a san Giuseppe e a Gesù».

 

 

Osservatore Romano

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