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Le parole più fatali al mondo. "It's a girl"

Un film choc arriva a Bruxelles. In India, in Cina e molte altre parti del mondo oggi le bambine vengono uccise, abortite e abbandonate semplicemente perché sono femmine. Questo film documentario racconta le storie di ragazze abbandonate e vittime di traffici, di donne che soffrono di estrema violenza legata alla dote, di madri coraggiose...


Le parole più fatali al mondo. "It's a girl"

da Quaderni Cannibali

 

"It's a girl", la più forte denuncia sulla scomparsa delle bambine in Cina e India.

Presenti il regista del film, Evan Grae Davis, il produttore Andrew Brown e numerosi attivisti che da anni si battono contro la piaga dell'aborto di genere e dell'infanticidio, fra cui Reggie Littlejohn, esperta di politica del figlio unico in Cina. Il film è stato promosso anche da quotidiani di sinistra come l'inglese Independent, con un trailer terrificante: "E' semplice. Si prende un pezzo di stoffa, bisogna piegarlo. Così, vede? E poi lo si stringe sul viso della neonata. E lei smette di respirare". Parla una donna indiana: "Certo che ho ucciso delle bambine, ne ho uccise otto. Le ho strangolate, e poi ho incendiato i loro corpi, là dietro". Nel film non si denunciano infatti solo gli aborti selettivi, ma anche strangolamenti e annegamenti. Con lo slogan "Le tre parole più fatali al mondo" il film analizza, tramite interviste e riprese sul campo, la "mancanza" di duecento milioni di donne in India e Cina. Il documentario arriva in Europa nei giorni in cui il Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite (in cui figura anche l'Italia eletta per un triennio) ha approvato una risoluzione mediante la quale entrerebbe in scena a livello internazionale un nuovo "diritto all'aborto", seppure con modalità subdole. In sostanza, viene affermato l'obbligo per gli stati membri di dotarsi di normative che favoriscano l'accesso delle donne che chiedano l'aborto.

Il film americano sfata il mito per cui a pagare siano le bambine delle famiglie povere e analfabete, quelle in cui vige il detto che "allevare una bambina è come irrigare il campo del vicino". "E' la classe media benestante e urbana, che usa gli strumenti di analisi prenatale, ad avere accesso alle cliniche e a potersi permettere gli aborti", nel caso in cui si scopra che il bambino atteso è del sesso "sbagliato".

In sostanza, più sono emancipate più utilizzano l'aborto selettivo. E se in Cina un'ideologia mostruosa i figli li vuole "unici, maschi e sani", in India, paese pioniere del capitalismo democratico, il genocidio di genere è lasciato alla discrezione delle famiglie, con la complicità di autorità e corporation che forniscono gli strumenti per l'aborto selettivo.

Il film viene proiettato in un momento drammatico per le cifre che arrivano dall'Asia. A sollevare l'emergenza è stato il censimento indiano del 2011, da cui è uscito che l'equilibrio fra maschi e femmine è sceso a 1.000 contro 914 (nel 1981 le bambine erano 962, nel 1991 sono scese a 945 e nel 2001 a 927). La media mondiale è di 103-106 maschi ogni 100 femmine. L'India è diventata la nazione al mondo con la percentuale più bassa di donne.

Nel 1985 la studiosa americana Mary Anne Warren fu la prima a intravedere i rischi dello sterminio volontario di genere nel saggio "Gendercide: The Implications of Sex Selection" (poi è uscito il saggio di Mara Hvistendahl dal titolo "Unnatural Selection"). Oggi l'aborto selettivo sta svuotando l'Asia, con Cina e India in testa, delle sue bambine. Un fenomeno così drammatico e dalle proporzioni epidemiche da minacciare l'equilibrio demografico mondiale. Alcuni giorni fa l'emittente americana Cnn ha diffuso un altro documentario, dal titolo: "Il problema principale della Cina? Che ci sono troppi uomini". Trenta milioni in più, dopo decenni di aborto selettivo delle bambine. Sarà anche per questo che nei giorni scorsi per la prima volta un ente governativo di Pechino, il China Development Research Foundation, ha chiesto al governo di rivedere la politica del figlio unico.

Nel presentare il film nei giorni scorsi al Parlamento inglese, Lord David Alton ha detto: "Le Nazioni Unite stimano che il 'gendercide' (lo sterminio di genere) abbia causato la morte di duecento milioni di bambine in trent'anni. La politica cinese del figlio unico causa più violenza sulle donne di qualunque altra cosa sulla terra. Non fatevi illusioni: questa è una guerra". Il famoso dissidente dei laogai cinesi, Harry Wu, l'ha chiamata in un bel libro "La strage di innocenti". Per questo "It's a girl" andrebbe portato anche in Italia.

Guarda il Trailer del film 

 

Giulio Meotti

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