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I “Pensieri” di Blaise Pascal da Giovani per i Giovani

Il cuore, scrive Pascal, ha le sue ragioni che la ragione stessa non conosce. Blaise Pascal è oggi un filosofo poco letto e studiato a scuola, il suo posto nelle antologie è limitato a qualche pagina, forse perché il confronto con la sua opera richiede anche molto coraggio, lasciando decidere al lettore se scommettere la vita su quel Dio che ama infinitamente.


I “Pensieri” di Blaise Pascal da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 16 marzo 2005

 Esistono due grandi categorie di libri che ognuno può incontrare nella sua esperienza di lettore: i libri che vengono letti per puro divertimento, per il piacere della lettura, e quelli che hanno la funzione di accompagnarci per tutta la vita, che vengono riletti e ripresi, che hanno sempre qualcosa da dire anche nelle circostanza più diverse. I “Pensieri” di Blaise Pascal costituiscono un’opera che appartiene alla seconda categoria.

  Non si tratta qui di una novità editoriale (l’opera è stata pubblicata per la prima volta nel 1670), ma di un libro che è sempre e continuamente nuovo, una sorgente di saggezza alla quale è possibile attingere con inesauribile profondità. Se dobbiamo riferirci al genere letterario di appartenenza, i “Pensieri” vanno catalogati sotto il genere “filosofico” e propriamente costituiscono un’opera di filosofia. Nella realtà, si tratta del romanzo di un’anima in cerca di Dio, desiderosa di un incontro personale con Lui. L’ambito di questa ricerca non è dato da una fredda indagine filosofica condotta con linguaggio astruso e incomprensibile ai non addetti ai lavori. Il terreno della ricerca di Pascal è infatti la realtà umana, l’uomo considerato in tutta la sua magnificenza, ma anche in tutta la sua miseria.

  Chi cercasse nei “Pensieri” un’opera compiuta e sistematica resterebbe deluso. Il libro è costituito (anche graficamente) da una serie di periodi aventi differente lunghezza e numerati in ordine progressivo. Si tratta di un’opera incompiuta a cause della prematura morte dell’autore. E’ per tale motivo che leggendo i pensieri si ha l’impressione di trovarsi di fronte alla rovine di una città magnifica e misteriosa o di uno splendido mosaico al quale spetta al lettore aggiungere le tessere mancanti. Una lettura tutt’altro che noiosa.

  Nei “Pensieri” si respira un senso di Dio e di onesta ricerca che possiamo trovare solo nelle opere più alte dell’intelligenza umana illuminata dalla fede (come nelle “Confessioni” di Agostino). Quale grande conoscitore della realtà umana, Pascal considera l’immagine dell’uomo sospesa tra due grandi infiniti: l’infinitamente grande, presente nello spazio freddo e impersonale che avvolge l’uomo che vive dopo la “rivoluzione scientifica” e l’infinitamente piccolo, ciò che tende al nulla senza che l’uomo vi possa accedere. Parimenti incapace dell’infinito e del nulla, della miseria assoluta come della grandezza senza limite, l’uomo si trova in una situazione intermedia che genera sgomento. La domanda di Pascal sulla natura umana si riferisce allora alla seguente: che cos’è l’uomo nell’infinito? In questo infinito (nulla o essere) l’essere umano diventa una sfera infinita il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessuna parte.  Per risolvere questo difficile enigma bisogna attraversare tutto l’uomo ed arrivare fino a Dio. Questo è il percorso che il filosofo francese compie nella sua opera. Secondo Pascal la risposta all’interrogativo sull’essenza dell’uomo è anche quella che consente di dir qualcosa (non tutto) sulla natura di Dio. Dire chi è l’uomo, comprenderne le sue contraddizioni tra miseria e grandezza, significa arrivare anche al cuore di un Dio che lo ama e che lo cerca facendosi largo tra gli infiniti spazi dell’universo e il tempo. Pascal rifiuta il cosiddetto “Dio dei filosofi”, un Dio che soddisfa solo la ragione e resta chiuso nel fondo dei trattati di filosofia. Egli cerca il “Dio di Gesù Cristo”, un Dio che bussa al cuore di ogni uomo, che gli parla e che gli sussurra dolcemente: “consolati, tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato”. Un simile Dio non è sensibile alla ragione, ma al cuore. Il cuore, secondo Pascal, non è l’opposto della ragione, la lingua dei poeti che parla del sentimento. Il cuore pascaliano è ciò che sente Dio, un ulteriore livello di ricerca e di comunione. Del resto, come egli stesso afferma, la grandezza della ragione consiste proprio nel riconoscere che ci sono infinite le cose che la sorpassano.

Il cuore, scrive Pascal, ha le sue ragioni che la ragione stessa non conosce.

  Blaise Pascal è oggi un filosofo poco letto e studiato a scuola, il suo posto nelle antologie è limitato a qualche pagina, forse perché il confronto con la sua opera richiede anche molto coraggio, lasciando decidere al lettore se scommettere la vita su quel Dio che ama infinitamente.

 

Alessandro Raggiotto

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