Giovani cattolici che parlano di politica: sale o miele?

Hai mai pregato... per le scelte culturali, sociali e politiche degli italiani? Sei ore in due settimane a parlare di politica: da parte mia, non era mai successo. Ma anche ad attingere sapienza dal Papa. Per finire a interrogarci sulla speranza cristiana.

Giovani cattolici che parlano di politica: sale o miele?

 

           Ho passato gli ultimi due venerdì sera (l’altro ieri fin dopo mezzanotte e i gruppetti di discussione che si erano creati non volevano andarsene via) a parlare con universitari, che fanno volontariato in realtà cattoliche, a riguardo di etica cristiana e impegno politico.

          Sia all’inizio che alla fine, ho ringraziato tantissimo quei ragazzi, per l’idea che hanno avuto a propormi un simile tema, parecchio inusuale, almeno nel Movimento Giovanile Salesiano del Triveneto: sono prete da più di 10 anni ed è la prima volta in assoluto che mi viene proposta un’iniziativa del genere. Anche se, di elezioni, in mezzo ce ne sono state parecchie. Bazzico negli ambienti salesiani dal 1985, ma una riflessione e uno scambio appassionato da parte di giovani su quel tema e con quella passione, non li avevo mai visti.

          Ho proposto di muoverci dalla varietà delle loro posizioni, dubbi, perplessità, proposte… all’ascolto del Papa Benedetto XVI, specialmente nella seconda parte della Deus caritas est. Se ci siamo detti che la politica, per il cristiano, è una forma di carità; anzi una delle più alte espressioni dell’amore a Dio e ai fratelli, assodato questo rimane comunque il dubbio sul presente: come realizzare questa carità in un modo che non sia solo intimistico, sentimentale, ma poco tangibile? Bernanos diceva che il cristiano non è chiamato ad essere miele, ma il Maestro parla di sale… forse in certi tempi parlerebbe di pepe per indicare lo stile della presenza cristiana che Lui si aspetta da noi.

          Il Papa ci ha proposto quattro valori, principi, scelte, che non possono essere svendute: appunto, non negoziabili. Si trovano fuori dal negozio. Magari sono sì in vetrina, ma non per essere presi a proprio uso e consumo. Piuttosto, sono da contemplare e mantenere come riferimento da cui non si può scappare.

Sono:

1. Il rispetto e la sacralità della vita, dal suo concepimento, al termine naturale

2. La famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna (quindi “no” alla filosofia gender e a tutto ciò che ci sta dietro e accanto)

3. La solidarietà (quindi “no” al liberismo economico esasperato)

4. La sussidiarietà (quindi “no” a tutte le statalizzazioni indebite, specie di radice marxista, in tutte le loro forme, che indeboliscono o annullano la famiglia e le società più piccole dello stato)

          Il nostro Rettor maggiore ha ripetuto che la crisi attuale ha portato delle conseguenze terribili a livello economico, ma il momento è decisivo prima di tutto sotto l’aspetto culturale, cioè in riferimento alle scelte che coinvolgono l’integralità dell’uomo. Don Pasqual ha anche consegnato le seguenti parole nel dono spirituale alla Famiglia salesiana di quest’anno 2013:

          “Se da una parte comprendiamo la scelta di Don Bosco di non fare se non ‘la politica del Padre Nostro’, dall’altra dobbiamo anche chiederci quanto la sua iniziale scelta di un’educazione intesa in senso stretto, e la conseguente prassi dei suoi educatori di escludere dalla propria vita la ‘politica’, non abbiano condizionato e limitato l’importante dimensione socio-politica nella formazione degli educandi. Oltre alle obiettive difficoltà create da differenti regimi politici con i quali Don Bosco ha dovuto convivere, non vi hanno per caso contribuito anche degli educatori propensi al conformismo, all’isolazionismo, con un’insufficiente cultura ed una scarsa conoscenza del contesto storico-sociale?

          Dovremo quindi procedere nella direzione di una riconferma aggiornata della ‘scelta socio-politica-educativa’ di Don Bosco. Questo significa non promuovere un attivismo ideologico, legato a particolari scelte politiche di partito, ma formare ad una sensibilità sociale e politica, che porta comunque a investire la propria vita come missione per il bene della comunità sociale, con un riferimento costante agli inalienabili valori umani e cristiani. Si tratta quindi di operare all’insegna di una più coerente attuazione pratica nel settore specifico. Detto in altri termini, la riconsiderazione della qualità sociale dell'educazione – già immanente, anche se imperfettamente realizzata, nell'opzione giovanile fondamentale, anche dal punto di vista delle enunciazioni e delle formule – dovrebbe incentivare la creazione di esplicite esperienze di impegno sociale nel senso più ampio. Ma ciò suppone anche uno specifico impegno teorico e vitale, ispirato ad una più ampia visione dell'educazione stessa insieme a realismo e concretezza. Non bastano proclami e manifesti. Occorrono anche concetti teorici e progetti operativi concreti da tradurre in programmi ben definiti e articolati.

Chi è veramente preoccupato della dimensione educativa cerca di influire attraverso gli strumenti politici, perché essa sia presa in considerazione in tutti gli ambiti: dall'urbanizzazione e dal turismo fino allo sport e al sistema radiotelevisivo, realtà in cui sovente si privilegiano i criteri di mercato”.

Qui la discussione si è accesa, riferendosi ad alcune domande aperte:

1. Il cristiano, può scendere a compromessi con se stesso, magari di fronte a qualcuno che gli prometta qualche forma di vantaggio?

2. La fede cristiana, che specialmente alcuni di noi vivono con tanta intensità, tocca in qualche modo la scelta del 24-25 febbraio?

3. Ancora più nel concreto: guardando ai principali candidati premier e ai loro partiti, c’è qualcuno che si merita la mia e la nostra fiducia, che non mi impone di abbracciare – insieme a degli indiscutibili vantaggi – delle scelte che non fanno parte di me?

4. Abbiamo fatto la fatica di leggerci vari programmi elettorali. Ma perché gran parte di questi (specialmente quelli che si presentano come più forti) sono proprio contradditori, dicono tutto e il contrario di tutto?

5. Nel dopoguerra, quando Montanelli suggeriva di votare per un certo partito, pur “turandosi il naso”… eravamo messi meglio o peggio di oggi?

Ci siamo lasciati con due impegni: continuare a riflettere, ad approfondire, a non accontentarsi dei commenti giornalistici, ma andare a leggere, irrobustirsi la spina dorsale fino ad arrivare ad una scelta personale con coscienza retta.

E soprattutto di pregare: guardare all’Italia con gli occhi di Dio. Dedicare tempo, energie alla preghiera, che ci sintonizzi sulla Sua lunghezza d’onda.  

C’è qualcuno che ci aiuta…?

 

 

Don Paolo Mojoli

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