Sinodo dei Giovani

Cosa ci lascia il Sinodo?

Rimettere i giovani al centro potrebbe davvero essere un segno rivoluzionario, portatore di futuro. Sarebbe l'eredità migliore che il Sinodo potrebbe lasciarci...


Cosa ci lascia il Sinodo?

del 14 novembre 2018

Rimettere i giovani al centro potrebbe davvero essere un segno rivoluzionario, portatore di futuro. Sarebbe l’eredità migliore che il Sinodo potrebbe lasciarci...

 

Ci sarà tempo per cogliere i significati del Sinodo sui giovani. A marzo, pare, il Papa renderà pubblicò il documento post sinodale, a partire da quello approvato in Assemblea. In attesa di questo testo, a 15 giorni dalla fine di questo evento possiamo, intanto, chiederci cosa resta di questa esperienza, di questi 25 giorni intensi e per molti aspetti innovativi che hanno visto anche una quarantina di giovani da tutto il mondo come uditori.
La prima parola chiave da segnalare, prima ancora di “ascolto” che forse ha rappresentato la cifra di tutta l’esperienza, è “processo”. Con questa Assemblea sinodale Bergoglio ha, infatti, avviato un altro processo. È questa sicuramente una delle caratteristiche di questo papato preoccupato non tanto e non solo di dare risposte, quanto piuttosto di avviare processi animati dallo Spirito che possano portare una riforma della Chiesa tale da renderla sempre più essere fedele alla chiamata del Signore. La Chiesa, con il Sinodo sui giovani, ha confermato la volontà di crescere nel cammino insieme e la consapevolezza che non può esserci comunità ecclesiale di oggi e di domani capace di rinnovarsi, senza i giovani.
La Chiesa ha bisogno dei giovani. È stato questo una delle affermazioni che hanno riassunto i lavori, una frase però non strumentale, ma che esprime una coscienza esistenziale profonda. In tale prospettiva quello che si è concluso non appare tanto un Sinodo tematico: più che un Sinodo “sui” giovani, è stato un Sinodo “con” i giovani. È evidente che tale stile sinodale di essere Chiesa vale in questa situazione, ma anche per qualsiasi altro ambito.
L’altra parola chiave è stata “ascolto”, espresso nella capacità di riconoscere che fino ad ora ce n’è stato poco. Ascolto è una categoria spirituale, chiede un atteggiamento di disponibilità reale nei confronti dell’altro, di accettare il rischio di farsi mettere in discussione, di sentirsi dire anche cose scomode, che non si vorrebbe sentire. In questo la Chiesa ha saputo dare un grande segno di speranza al mondo: non c’è altra realtà che oggi abbia avuto il coraggio di mettere al centro i giovani, le loro parole, le loro storie, i loro sogni. Nella prospettiva dell’ascolto è emersa tutta l’importanza dell’esperienza dell’accompagnamento (altra parola chiave) fondamentale per qualsiasi cammino di fede. Una delle ipotesi per continuare è di dare la parola alle singole Chiesa. La cosa potrebbe essere particolarmente significativa e dirompente per un paese come l’Italia dove i giovani cominciano ad essere “un bene che scarseggia”. Rimetterli al centro potrebbe davvero essere un segno rivoluzionario, portatore di futuro. Sarebbe l’eredità migliore che il Sinodo potrebbe lasciarci.

 

Lauro Paoletto

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