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CAPO XI

La cosa che gli cagionava grande orrore e che recava non piccolo danno alla sua sanità, era la bestemmia, o l'udir nominare il santo nome di Dio invano. Se mai nelle vie della città o altrove gli fosse accaduto di udire alcuna di somiglianti parole, egli tosto abbassava dolente il capo, e diceva con cuor divoto: sia lodato Gesù Cristo.


CAPO XI

da Spiritualità Salesiana

del 05 maggio 2009

Suo zelo per la salute delle anime.

La prima cosa che gli venne consigliata per farsi santo fu di adoperarsi per guada­gnar anime a Dio; perciocché non avvii cosa più santa al mondo che cooperare al bene delle anime, per la cui salvezza Gesù Cristo sparse fin l’ultima goccia del prezioso suo sangue. Conobbe Domenico l’importanza di tale pratica, e fu più volte udito a dire: Se io potessi guadagnare a Dio tutti i miei compagni, quanto sarei felice! Intanto non lasciava sfuggire alcuna occasione per dare buoni consigli, avvisar chi avesse detto o fatto cosa contraria alla santa legge di Dio.

La cosa che gli cagionava grande orrore e che recava non piccolo danno alla sua sanità, era la bestemmia, o l’udir nominare il santo nome di Dio invano. Se mai nelle vie della città o altrove gli fosse accaduto di udire alcuna di somiglianti parole, egli tosto abbassava dolente il capo, e diceva con cuor divoto: sia lodato Gesù Cristo.

Passando un giorno per mezzo ad una piazza della città, un compagno lo vide a togliersi il cappello e proferire sotto voce alcune parole, Che fai? gli disse, che dici? Non hai udito? Domenico rispose: quel car­rettiere nominò il santo nome di Dio invano. Se avessi creduto utile sarei corso ad avvi­sarlo di non farlo mai più: ma temendo di fargli dire cose peggiori, mi limito a togliermi il cappello e dire: sia lodato Gesù Cristo. E questo con animo di riparare qualche poco l’ingiuria fatta al santo nome del Signore. -

Il compagno ammirò la condotta ed il coraggio di Domenico, e va tuttora con piacere raccontando tale episodio ad onore dell’amico e ad edificazione dei compagni.

Nel ritornare dalla scuola una volta udì un cotale di età alquanto avanzata che pro­ferì un’orribile bestemmia. Il nostro Do­menico tremò all’udirla; lodò Dio in cuor suo, dipoi fece una cosa certamente ammi­rabile. Con aria la più rispettosa corse verso l’incauto bestemmiatore e gli dimandò se sapeva indicargli la casa dell’Oratorio di S. Francesco di Sales. A quell’aria di pa­radiso l’altro depose quella specie di fero­cia, e non so, caro ragazzino, mi rincresce.

Oh! se non sapete questo, voi potreste farmi un altro piacere.

Dimmelo pure volentieri. –

Domenico gli si avvicinò quanto poté al­l’orecchio, e piano che altri non capisse, voi, soggiunse, mi farete un gran piacere se nella vostra collera direte altre parole senza bestemmiare il santo nome di Dio. -

Bravo, disse l’altro, pieno di stupore e di ammirazione; bene, hai ragione: è que­sto un vizio maledetto che voglio vincere a qualunque costo.

Un giorno avvenne che un fanciullo di forse nove anni si pose, ad altercare con un compagno in vicinanza della porta della casa, e nella rissa proferì l’adorabile nome di Gesù Cristo. Domenico a tale parola, sebbene sentisse un giusto sdegno in cuor suo, tuttavia con animo pacato s’intromise tra i due contendenti e li acquetò; poi disse a chi aveva nominato il nome di Dio invano: vieni meco e sarai contento. I suoi bei modi indussero il fanciullo ad accondi­scendere. Lo prese per mano, lo condusse in chiesa avanti all’altare, di poi lo fece inginocchiare vicino a lui dicendogli: di­manda al Signore perdono dell’offesa che gli hai fatta col nominarlo invano. E poiché il ragazzo non sapeva l’atto di contrizione, lo recitò egli seco lui. Dopo soggiunse: Dì con me queste parole per riparare l'in­giuria fatta a Gesù Cristo: Sia lodato Gesù Cristo, e il suo santo e adorabile nome sia sempre lodato.

Leggeva di preferenza la vita di quei santi che avevano lavorato in modo speciale per la salute delle anime. Parlava volentieri dei missionari, che faticano tanto in lontani paesi pel bene delle anime, e non potendo mandar loro soccorsi materiali, offeriva ogni giorno al Signore qualche preghiera, e al­meno una volta alla settimana faceva per loro la santa comunione.

Più volte l’ho udito esclamare: Quante anime aspettano il nostro ajuto nell’Inghil­terra; oh se avessi forza e virtù vorrei an­darvi sul momento, e colle prediche e col buon esempio vorrei guadagnarle tutte al Signore. Si lagnava spesso con se medesimo, e spesso ne parlava ai compagni del poco zelo che molti hanno per istruire i fanciulli nelle verità della fede. Appena sarà chierico, diceva, voglio andare a Mondonio, e voglio radunare tutti i fanciulli sotto di una tettoia e voglio far loro il catechismo, raccontare tanti esempi e farli tutti santi. Quanti poveri fanciulli forse andranno alla perdizione per. mancanza di chi li istruisca nella fede! Ciò che diceva con parole lo confermava coi fatti, poiché per quanto comportava la sua età ed istruzione faceva con piacere il catechismo nella chiesa del­l’Oratorio, e se qualcheduno ne avesse avuto bisogno, gli faceva scuola e lo am­maestrava nel catechismo a qualunque ora del giorno ed in qualunque giorno della settimana, ad unico scopo di poter parlare di cose spirituali e far loro conoscere l’im­portanza di salvar l’anima.

Un giorno un compagno indiscreto voleva interromperlo mentre raccontava un esem­pio in tempo di ricreazione. Che te ne fa di queste cose? gli disse. Che me ne fa? rispose; me ne fa perché l’anima de’ miei compagni è redenta col sangue di Gesù Cristo; me ne fa perché siamo tutti fratelli, e come tali dobbiamo amare vicendevol­mente l’anima nostra; me ne fa perché Id­dio raccomanda di aiutarci l’un l’altro a salvarci; me ne fa perché se riesco a sal­vare un’anima, metterà anche in sicuro la salvezza della mia.

Né questa sollecitudine pel bene delle anime in Domenico si rallentava nel breve tempo di vacanza, che passava nella casa paterna. Ogni immagine, medaglia, croci­fisso, libretto od altro oggetto che egli si fosse guadagnato nella scuola o nel cate­chismo mettevalo da parte per servirsene quando fosse in vacanza. Anzi prima di par­tire dall'Oratorio soleva fare speciale di­manda a’ suoi superiori, che gli volessero dare simili oggetti per far stare allegri, cime egli diceva, i suoi amici di ricrea­zione.

Giunto appena in patria, vedevasi tosto circondato da fanciulli suoi pari, più pic­coli, ed anche più grandi, che provavano un vero piacere trattenendosi con lui. Egli poi distribuendo i suoi regali a tempo op­portuno, eccitavali a star attenti alle di­mande, che loro faceva ora sul catechismo, ora sui loro doveri.

Con questi bei modi riusciva a condurne parecchi con lui al catechismo, alla pre­ghiera, alla messa e ad altre pratiche di pietà.

Sono assicurato che egli impiegò non poco tempo per istruire un compagno. Se giun­gerai, dicevagli, a far bene il segno della santa croce, ti fo dono d’una medaglia, di poi ti raccomanderò ad un prete che ti doni un bel libro. Ma vorrei che fosse ben fatto, e che dicendo le parole colla bocca, la, mano destra partisse dalla fronte, si por­tasse al petto, indi andasse a toccar bene la spalla sinistra, poscia la destra e terminasse col giungere veramente le mani di­cendo: Così sia. Egli desiderava ardentemente che questo segno di nostra redenzione fosse ben fatto, ed egli stesso facevalo più volte alla loro presenza, invitando gli altri a fare altrettanto.

Oltre l’esattezza nell’adempimento d’ogni più minuto suo dovere, egli prendevasi poi cura, di due fratellini, cui insegnava a leg­gere, scrivere, recitare il catechismo e li assisteva nella preghiera del mattino e della sera. Li conduceva in chiesa, porgeva loro l’acqua benedetta, mostrava loro il vero modo di far il segno della santa croce. Il medesimo tempo che avrebbe passato qua e là trastullandosi, egli lo passava raccon­tando esempi ai parenti, o ad altri com­pagni che l'avessero voluto ascoltare. An­che in patria era solito a fare ogni giorno una visita al Santissimo Sacramento; ed era per lui un vero guadagno quando poteva indurre qualche compagno ad andargli a tenere compagnia. Onde si pub dire che non presentavasi a lui occasione di far o­pera buona, di dare un buon consiglio, che tendesse al bene dell' anima, che egli la lasciasse sfuggire.

 

san Giovanni Bosco

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