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C'era una volta... Il Servizio Civile in una favola!

Le volontarie del Servizio Civile Nazionale del triveneto Salesiano a conclusione dell'anno (15.12.04 - 14.12.05) si raccontano a mo' di favola: racconti e metafore da immaginare, interpretare, ascoltare col cuore per presentare in un modo diverso la realtà del Servizio Civile Nazionale.


C’era una volta… Il Servizio Civile in una favola!

da Servizio Civile

del 14 dicembre 2005

 

C’erano una volta…

due mani, una bocca e due gambe. Le due gambe erano le più veloci, ma erano anche quelle che si stancavano più di tutti alla fine della giornata, perché dovevano correre, salire e scendere le scale, giocare in continuazione.

Le mani, invece, erano sempre pronte ad accogliere, abbracciare, accompagnare le parole che uscivano dalla bocca, riprendere, acchiappare chi cercava di scappare… insomma, avevano anche loro un gran da fare!

La bocca aveva un ruolo fondamentale, innanzitutto sorrideva per accogliere, consolare, far sentire meglio chi si sentiva “sperduto”. Poi doveva anche sgridare, che era la cosa che le piaceva di meno… Ma c’era bisogno anche di questo, altrimenti chi l’avrebbe fatto?

Una volta una delle mani provò a prendere il suo posto, ma per fortuna la bocca se ne accorse, e riporto tutti al proprio ruolo, evitando una catastrofe…

La bocca, poi, doveva spesso chiedere scusa, magari per colpa di qualche altra parte del corpo, ma questa era una cosa che non le costava troppa fatica; anzi a volte si scusava anche se non ce ne era bisogno…; una cosa che alla bocca piaceva tanto fare era pregare, perché le dava la forza per mandare avanti tutto il resto.

Amava, in particolar modo, lavorare assieme alle mani, sia quando parlava, sia quando loro abbracciavano e lei lasciava dei teneri baci.

Gambe, mani e bocca aveva lo stesso fine: amare i ragazzi e fare in modo che essi stessi si sentissero amati… E ci stanno riuscendo!

 

 

C’era una volta…

tanto tempo fa in un regno incantato chiamato Due Carrare viveva una dolce donzella chiamata Valentina.

Era una ragazza molto solare a cui piaceva fare del bene e stare con le persone. A questa ragazza piaceva molto frequentare il castello del regno, “l’oratorio”, perché questo era pieno di gioia e di allegria. Era il luogo ideale per il regno di Due Carrare, perché lì la gente si trovava per raccontarsi la giornata, per giocare a freccette o a calcetto.

Valentina, che era cresciuta in questo meraviglioso castello, sognava di renderlo più bello… Quando un giorno al suo cospetto arrivò un giullare messaggero, che le diede un messaggio in cui la Regina aveva dato un bando ai giovani del luogo per un progetto, grazie al quale avevano la possibilità di dare una mano, per un periodo, alla gestione del castello.

Valentina accettò, si presentò dalla Regina, la quale accettò la candidatura della ragazza, che così ebbe la possibilità di confrontarsi anche con altri castelli e altre persone speciali come lei, dei regni incantati vicini.

Per un anno la ragazza lavorò duramente all’interno del castello, nei giorni belli e in quelli difficili, a volte con il sorriso, a volte arrabbiate, ma le cui parole risuonavano gioiosamente nelle orecchie dei cortigiani.

Finalmente questa ragazza aveva raggiunto il suo sogno, lasciando un bel ricordo di se nel castello di Due Carrare.

E visse per sempre felice e contenta…

 

 

C’era una volta…

La “signorina voce” che tentava in tutti i modi di trasmettere la sua passione per le lingue straniere e le diverse culture ai ragazzi… parlava diverse lingue (inglese, francese, spagnolo)… Purtroppo non tutti comprendevano sempre gli strani suoni prodotti da questa voce. Per questo motivo la voce aveva bisogno di un modo per attirare la curiosità dei ragazzi… Si fece così aiutare dal signor fumetto”, un amico che proveniva da un paese lontano…

I ragazzi iniziarono a conoscere a poco a poco strane parole pronunciate da questo signore… che in fin dei conti non era poi tanto antipatico. Fu così che la voce riuscì a trasmettere un po’ del suo entusiasmo!

 

 

C’era una volta…

una ragazza che veniva da lontano, che con coraggio e spirito di avventura partì. Arrivò in “un’isola” dove iniziò a riscoprire la sua adolescenza; si scoprì più dinamica e felice di prima.

Certo, in alcuni momenti non è stato facile, ma li ricorda con serenità. Nell’isola ha fatto tante cose e ogni volta la parte di lei che ha usato di più è stato il cervello, perché sempre in movimento, sempre attento a recepire tutti i diversi messaggi da cui veniva colpita ogni giorno.

La sua testa, anche quando non era sull’isola fisicamente, era lì che continuava a pensare e ripensare, cercava di capire e comprendere al meglio tutte le persone con cui veniva a contatto e a tutte le situazioni in cui si era trovata.

Per questa ragazza è stato importante vivere completamente l’esperienza nell’isola… e continuava ad esserlo! Sa bene che non è finita, ma incomincia già a mancargli quest’anno particolare...

Comunque è pronta per iniziare una nuova avventura e la sua testa è in movimento, in fermento…

Grandi momenti e soddisfazioni la attendono, sempre da affrontare con lo stesso spirito gioioso e intraprendente che la caratterizzano.

 

 

C’era una volta…

una ragazza dotata di grande animo e di una spiccata sensibilità, ma ancor di più di una grande voglia di donare, che un giorno durante una delle sue tante giornate dedite allo studio sentì dentro una voglia immensa di tirar fuori tutto ciò che sentiva di poter donare a chi ne avesse bisogno… e così si fece venire in mente una “grande idea”… Quella di essere “volontaria” di se stessa!!

Non ci pensò un attimo, anzi, lo fece subito e tutto fece per riuscirci.

Così iniziata la sua “mission” si accorse subito che ciò che doveva usare per calarsi nella realtà in cui venne a trovarsi, erano prima di tutto gli “occhi” ed il mezzo da utilizzare per contribuire nella realtà scelta era il “suo cuore” da ascoltare e dal quale avrebbe ricevuto i giusti suggerimenti per ciò che aveva visto… Oggi, questa ragazza sente di aver visto quanto più i suoi occhi potevano per poter aiutare chi ne aveva bisogno, ma ha anche visto che dentro se stessa qualcosa è cambiato. Forse… ciò che ha donato è stato anche il modo per ricevere ciò di cui aveva bisogno lei stessa, e del quale non conosceva l’esistenza, ciò che non aveva ancora visto ed esplorato!!!

Forse… ha fatto un altro passo avanti, un passo avanti nella sua crescita come persona, nella sua crescita dal lato umano, quello suo più profondo!!!

 

 

C’era una volta…

Una bellissima e simpaticissima ragazza che riusciva ad attirare con la sua gestualità tutte le persone che incontrava. Utilizzava le mani per abbracciare, toccare, salutare, avvicinarsi agli altri.

Ogni suo gesto era magico… nessuno poteva far a meno di guardarla ed ascoltarla. Le sue mani davano sicurezza, erano un rifugio, erano soffici e morbide come la bambagia.

Non le utilizzava mai per punire, ma per cogliere, cogliere tutto il bene che una persona ha dentro. Le sue mani erano davvero il più grande dono che ciascuno di noi possa desiderare: le mani sono la vicinanza, il legame, l’amore; le mani si intrecciano, si muovono, si battono, indicano, servono a …

Le sue mani serviranno a tutto e per tutti… Conosco il tocco di quella ragazza, ed é un tocco che non avrà mai fine!

 

 

C’ era una volta…

una storia senza parole e senza nome che nessuno sapeva raccontare.

Una storia silenziosa che passava inosservata perché camminava in punta di piedi senza far rumore perché non voleva disturbare…

A questa storia piaceva stare tra i bambini, guardarli giocare, ascoltarli parlare delle loro gioie e dei loro dolori… delle loro fantasie. Stando in mezzo ai bambini trovò la gioia anche se a nessuno la raccontava perché continuavano a mancarle le parole…

Ma ascoltando i bimbi, la storia capì che doveva farli sentire amati questi bambini, allora cominciò a sorridere quando le raccontavano cose allegre, quando mettevano una mano sulla spalla a chi piangeva o abbracciavano chi ne aveva bisogno… E non ci fu più bisogno di parole!

 

 

C’era una volta…

una volontaria di nome Lisa. Lei ha scelto di raccontare se stessa attraverso una parte del suo corpo: “la bocca”.

Lisa usa la sua “bocca” in oratorio per parlare, urlare, cantare e a volte per sgridare. É un gran cambiamento per lei visto che è sempre stata abituata ad ascoltare sia per carattere che per professione. È fiera d’aver imparato a “dire la sua” e a farsi rispettare oltre che conoscere un po’ di più gli altri. Lisa racconta di una volta in cui è stata particolarmente felice di aver fatto valere la propria opinione.

Si è accorta che il servizio civile l’ha fatta crescere da questo punto di vista perché in precedenza in occasione come quella raccontata se ne sarebbe stata zitta e avrebbe tenuto tutto per sé.

Lo stesso le è successo con i ragazzi del suo oratorio. Adesso più che all’inizio riesce a parlare con loro e a vivere serenamente i rapporti che si sono creati.

Auguro a Lisa che quello che ha imparato quest’anno le serva in futuro, e che la sua bocca le serva per sempre per parlare, urlare, cantare, confrontarsi, dare consigli e a volte, magari, anche per sgridare.

 

 

C’era una volta…

una ragazza proveniente da luoghi molto caldi e armoniosi dove chiunque vorrebbe stare. Dal suo cuore scaturisce una gioia infinita e una dedizione verso gli altri molto accentuata.

In particolare si dimostra sensibile e predisposta verso i poveri. Così iniziano le sue esperienze di volontariato in varie città d’Italia e anche all’estero, dove qui fa un’esperienza per lei molto significativa.

Decise così di spendere il suo tempo, oltre che per lo studio, anche in attività a sostegno degli altri. In tutto questo la si vede unita ad un bel “Principe Azzurro” che la sostiene e l’accompagna in questi suoi spostamenti da una località all’altra. Sempre seguita da una valanga di ragazzi più o meno fortunati che senza tante parole, ma solo con tanta gioia, molti sorrisi e infinita semplicità.

Tutto questo fa di lei una persona capace di trasmettere soprattutto attraverso lo sguardo, grandi valori morali, civili e religiosi.

 

 

C’era una volta…

(e c’è tuttora) una persona che faceva “le facce”. Proprio così! Bastava incontrarla per strada e lei aveva sempre una faccia particolare per te. Così le chiesi di parlarmi delle sue facce: non degli occhi, del naso o della bocca, ma di quelle espressioni che tanto mi avevano colpita; mi disse semplicemente che quello era il suo modo di parlare, perché le veniva più facile esprimersi così che a parole.

Le chiesi allora se riusciva a farsi capire (domanda stupida la mia, perché sebbene la conosca da poco le sue facce mi dicono che ci conosciamo più che con altri) e mi disse che non sempre la capivano: molti le facevano difficoltà o fraintendevano; spesso però riusciva a comunicare quello che voleva con molta più efficacia degli altri, perché fare una faccia non richiede il tempo che serve alle parole per spiegarsi. Una faccia allegra comunica allegria molto prima di mille discorsi, fa prima anche di una barzelletta; così una faccia triste, curiosa, stupida o arrabbiata. Così finimmo di parlare, perché bastò guardarsi in faccia per capire che c’eravamo capite!

 

 

C’era una volta…

una ragazza che aveva un “naso” particolare. I ragazzi che ha incontrato e conosciuto durante il doposcuola scherzavano sul suo naso facendo qualsiasi commentino cattivo, ma era lei la prima a prendersi in giro.

Ben presto le venne affidato un ragazzino di prima media che aveva poca voglia di studiar. Non fu un impatto semplice per non parlare dei calci e pestoni che tirava, ma lei continuava a seguirlo.

Conobbe anche la famiglia di questo ragazzino: la madre era troppo permissiva mentre il padre non era molto presente nella vita del figlio.

I mesi passavano in fretta e l’estate si avvicinava e lei decise così di andare in campeggio con i ragazzi della parrocchia per i campi scuola… Fu una bellissima esperienza!

A settembre, con l’inizio della scuola, le venne affidato un altro ragazzino di seconda media, nato nello stesso giorno dell’altro ma molto più gestibile.

 

 

C’era una volta…

una ragazza molto simpatica e gentile che mi ha raccontato della sua esperienza, del suo servizio civile attraverso “simboli”.

Le orecchie, organo uditivo molto utile per sentire cose belle e cose brutte. In questi 12 mesi di servizio le orecchie sono state molto utili per l’ascolto dei ragazzi che cercavano consiglio, o solo il bisogno di essere ascoltati senza essere criticati, con la consapevolezza di esprimere le loro sensazioni ed esperienze in una cassaforte.

La ragazza ha potuto constatare la grande utilità dell’ascolto di cose serie, esperienze varie e anche di parole non molto piacevoli… Ma con il passare dei mesi del servizio molte parolacce si sono trasformate in parole migliori.

C’è stato questo miglioramento del linguaggio dei ragazzi, grazie al suo atteggiamento di disponibilità all’ascolto e al suo insegnamento, non solo dato dalle parole ma anche dal suo atteggiamento.

Il suo secondo “simbolo” è l’immagine di essere sempre di corsa, quindi sempre attiva e disponibile con i ragazzi nel gioco e nell’ascolto; e anche dalle mani dietro la schiena.

Il servizio civile è stato molto positivo… C’è un tocco di malinconia nel dover concludere questa esperienza, perché sia la ragazza che i suoi “piccoli” ragazzi si cercano e stanno bene insieme.

 

 

Tanto tempo…

fa una ragazza mi ha raccontato una storia, la sua storia.

Questa passava il suo tempo in oratorio, dove c’erano ragazzi di diverse età, dalla prima media alla quinta superiore e ogni ragazzo era diverso, aveva problemi, aspettative, carattere, sicurezza, famiglia diversa, unica…

Questa ragazza per poter andar loro incontro, per parlare, per creare o almeno cercare di farlo, utilizza particolarmente due parti del corpo: gli occhi e le mani.

Il “lavoro” che faceva non era facile, anzi… ma ha fatto il possibile per aiutare questi ragazzi, e tutto ciò che faceva, lo faceva con lo sguardo. Utilizzava gli occhi per cercare, inizialmente, di conoscere i problemi, per capire un po’ come erano le persone, per vedere attorno quali erano i problemi, per capire se qualcuno era felice o triste, per cercare lo sguardo dei ragazzi.

E i suoi occhi si illuminavano quando la persona davanti era felice, era contenta, invece si intristivano quando vedevano qualcosa di brutto, quando doveva rimproverare qualcuno.

Poi abbiamo detto, che utilizzava le mani, anche queste sono state essenziali per poter andare avanti: con queste poteva accarezzare, giocare, prendere, pulire, sistemare e a volte servivano anche per far capire qualcosa, a volte anche un solo dito le poteva bastare.

Le mani, per fortuna, le utilizzava solo in modo positivo: non ha mai “picchiato” qualcuno, ma le sfruttava bene per aiutare, per far del bene, per fare scherzi, per scrivere con il cellulare, per cercare di instaurare, e di far crescere questi ragazzi… E ci è riuscita… almeno con qualcuno.

Insomma ha utilizzato bene i doni che il Signore le ha fatto, ma non per se stessa, quanto per aiutare gli altri. E c’è riuscita.

 

 

C’era una volta…

…una volontaria del Servizio Civile.

Un bel giorno ha deciso d’intraprendere e impegnarsi in un progetto educativo presso una scuola che è poco distante da casa sua.

Conosceva già chi la frequentava, ma questo progetto la voleva protagonista, capace di porsi in relazione con coloro che incontrava. La sua presenza pian piano si fece importante in quel luogo; iniziava a comprendere quanto era significante il suo ruolo di animatrice, ma lo comprese pienamente come una scossa elettrica che la coglie all’improvviso in un giorno speciale, in un momento particolare grazie ad un ragazzino.

Quest’ultimo proviene da una famiglia “povera” di sentimenti, disagiata; era scontroso, imbronciato, taciturno, era sempre in un angolo a pensare, sempre chiuso in se stesso; ma la volontaria quel giorno scorse nel suo volto un ardente e necessario desiderio d’affetto.

Un gesto, un semplice gesto (una carezza) lo ha scosso nel suo intimo. Egli alzò gli occhi, e sorrise. Quel sorriso fece capire alla volontaria quanto può fare una mano: una parte del suo corpo poteva donare “amore”.

La volontaria continuò ad usare quella mano, quel braccio con tanti altri ragazzi e scoprì un’altra forma di comunicazione, quella gestuale. Non dimenticherà quel giorno e quella stessa sera, quando, tornando a casa si distese sul divano stanca ma serena; ripensando a ciò che era successo, sa che porterà con sé qualcosa di unico. Guardò la mano e disse: “ Hai fatto una gran cosa oggi, ti userò più spesso!”.

 

 

C’era una volta…

la mano: una parte del corpo decisamente semplice, ma incredibilmente indispensabile per trasmettere ad un’altra persona tutto ciò che in quel momento ti passa per la testa…

Ed è proprio così che un’instancabile volontaria di Pordenone riesce a farsi capire da ogni singola persona che la circonda… un gesto di saluto, un semplice ciao o un cordiale buongiorno al suo arrivo e al momento in cui lascia l’oratorio, un gesto di richiamo, un modo per attirare l’attenzione e il silenzio dei suoi ragazzi. Beh, almeno ci prova…

Una scatenata animatrice ma anche una severa maestrina del doposcuola così la sua mano destra ritorna per lei ad essere un alleato: un gesto d’insegnamento per scrivere, correggere, aiutare senza bisogno di troppe parole perché lasciano il tempo che trovano, ma quel segno resterà sicuramente indelebile… Non solo in questo caso ma ce ne sono tanti altri in cui le parole non servono perché sarà quel gesto della mano che non dimenticherai mai… Una carezza affettuosa, una pacca sulla spalla in segno di conforto, una stretta di mano… Incredibile come qualcosa che fa parte di te da quando sei nato e ti sia sempre servito per 1000 cose, ti possa adesso far scoprire l’importanza che ha quella piccola parte di te per le altre persone che ti circondano.

Un gesto quello della mano che raccoglie anche la tua rabbia quando invece ti serve per sgridare….

 

 

C’era una volta…

una ragazza che sapeva usare le sue mani.

Le usava soprattutto per gli altri, senza timore di sprecarle. Forse non si rendeva conto di quanto quello che faceva fosse importante… o forse sì. Fatto sta che comunque non si risparmiava mai; usava la sua arte per abbellire il suo regno ma non si tirava indietro quando c’erano da fare lavori faticosi. Di sicuro la cosa che più amava fare con le sue mani era seminare preghiere.

Le sporgeva dove più servivano, dove c’era più bisogno di un aiuto: con le sue mani sapeva arrivare lontano.

La sua vita, però, stava prendendo una piega strana: usava ancora le sue mani, sì, e questo la rendeva soddisfatta. Ma non felice. Come si può scegliere di rinunciare a quello che ti più ti allarga il cuore?

La ragazza sta ancora cercando di seguire la strada migliore, di sicuro ha una buona guida e le sue mani, così piene di talenti, appoggiano su una roccia salda.

 

 

C’era una volta…

Una ragazza molto, molto simile a me! Nella vita ha incontrato ostacoli dove io, invece, ho trovato “via libera”.

Quest’esperienze dure l’hanno aiutata a crescere, a maturare in  fretta cercando e cogliendo la vera bellezza nelle cose e nelle persone.

Con grande coraggio ha scelto di mettersi in gioco scegliendo di far la volontaria, nonostante le sue difficoltà nel rapportarsi con il prossimo. L’ammiro.

Io al suo posto forse avrei scelto diversamente, di chiudermi e di compatirmi… forse!

Attraverso la parola ha cercato di comunicare, di trasmettere il suo entusiasmo e la sua vitalità.

La sua voglia di superare i suoi stessi “limiti” è tanto forte e prima o poi raggiungerà il suo traguardo: vincerà i suoi timori e le sue insicurezze.

“Dopo una salita c’è sempre una discesa”.

 

 

C’era una volta…

una ragazza con i capelli biondi e gli occhi azzurri, con grande paio di occhiali rossi.

Il suo entusiasmo di diventare una maestria era talmente grande da voler rischiare di accettare di far servizio presso i salesiani come volontaria.

Si trovò di fronte circa 130 ragazzi e una classe tosta da seguire il pomeriggio. Gli occhi e la voce erano per lei perle preziose per cercar di ridare a quella classe “tosta” l’entusiasmo per giocare in cortile. Giorno dopo giorno lei osservava e riusciva a parlare con quella classe fino a poter guadagnarsi quella fiducia sperata che fece grande beneficio a tutto l’istituto.

Solo la classe se ne era accorta e questo la riempì di gioia.

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