C’è una curiosa coincidenza in questo periodo dando uno sguardo al calendario. Dopo aver vissuto il mese salesiano e ricordato la morte di don Bosco, questa settimana la Chiesa ci invita a celebrare la giornata per la vita.
Dalla memoria della morte di colui che ha dato vita al nostro carisma, alla giornata che celebra la vita nascente. Due feste, due occasioni che ci ricordano coloro che fanno sentire la loro presenza nelle nostre case (come lo fu in oratorio a Valdocco) con il loro immancabile sguardo. Il bisogno psicologico fondamentale dell’esser guardati trova nello sguardo di nostra madre, delle persone a cui vogliamo bene e di Dio una risposta promettente. Molti santi hanno saputo cogliere come il vivere alla presenza di Dio fosse un elemento propulsore per la vita spirituale. Proprio in virtù di questa consapevolezza una mamma dei nostri giorni, Maria Cristina Cella Mocellin (clicca qui per saperne di più https://www.mariacristinacellamocellin.it/ ) trova la gioia dell’essere amata: la ricaduta sulla propria condotta di vita ne è la conseguenza ultima più che la radice. La sua fede raggiunge una profondità tale da poter esprimersi con una radicalità e risolutezza capace di vivere quanto sentiva vivo nel proprio cuore e nella propria carne. Se ne accorgono molti suoi coetanei che descrivono questa postura spirituale di Maria Cristina in termini di fermezza e convinzione. Citiamo, a mo’ di esempio, la testimonianza di suor Anna Maria Fighera, suora Salesia che conobbe Maria Cristina a Valstagna come sposa e madre negli anni della malattia (1991-1995):
«la fede di Cristina: fede forte che va oltre i limiti umani perché amare al punto di donare la sua vita: una fede simile alla roccia. Posso dire di non aver percepito momenti di scoraggiamento. Aveva un temperamento deciso. Quello che aveva da dire, diceva. Non so dire se fosse una punta di orgoglio questa. Non aveva mezzi termini. Dentro di lei aveva una certezza soprannaturale. Quando penso che lei diceva a Carlo: “Prima di tutto il nostro amore deve essere un amore condiviso, cioè fondato sull’amore di Dio”, questa è la prova di questa fede!»
La presenza del Crocifisso risorto nella storia o, ancor meglio, nella sua storia non è un modo di dire.
Era percepito con «certezza soprannaturale» citando l’espressione di suor Anna Maria. Molti testimoni la descrivono proprio con questa inconfondibile rocciosità. Non si trattava pertanto di una orgogliosa professione di fede, come di chi pensa di aver “la verità in tasca”, quanto una sorta di gioia irrefrenabile nell’annunciare agli altri quello che si stava sperimentando: la consapevolezza di aver incontrato Dio e di come il suo sguardo potesse dare senso e significato al quotidiano, alle fatiche e alle gioie di ogni giorno, ai dolori e ai sogni della propria vita.
Lo esprime bene un’antifona della liturgia bizantina: «in noi stessi, o figli, c’è un occhio che resta aperto notte e giorno e ci guarda, nel fondo del nostro cuore c’è un orecchio che ci ascolta: è Dio». È la celebre confessione paolina: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20; Fil 1,21; Col 3,3).
Tale consapevolezza di essere costantemente alla presenza di Dio è il frutto più maturo dell’eucarestia ricevuta nella Grazia di Dio. A conferma di ciò riportiamo una commovente preghiera che Maria Cristina annota sul suo diario domenica 1° ottobre 1995 (20 giorni prima di morire all’età di 26 anni). Emerge la maturità mistica del suo rapporto personale con Cristo avvertito come vivo e vero. Un rapporto incarnato al punto che, utilizzando le parole del filosofo cattolico Fabrice Hadjadj, si può dire che per Maria Cristina:
«Accogliere lo Spirito Santo implica andare a Messa in un luogo dove il sacerdozio è passato di mano in mano fin dai tempi degli apostoli a Gerusalemme, e riconoscere che l’atto più mistico è quello di avere la bocca piena, senza più potere dire nulla, per essere salvati da ogni spiritualismo come da ogni fuga dalla storia e dalla geografia».
Con queste parole, dunque, Maria Cristina esprime il suo intimo ringraziamento dopo aver ricevuto una delle sue ultime comunioni:
«Signore, riceverTi è una grande grazia
E Tu me la elargisci ogni giorno.
Fa’ che la Tua presenza nel mio cuore illumini sempre la mia vita.
Che ogni gesto, ogni parola, ogni pensiero sia guidato da Te.
Voglio camminare con Te,
e se mai osassi distaccarmi, portami subito via da questo mondo
perché lontano da Te sarebbe tutto un inferno.
Riempi Signore i nostri cuori.
Vorrei sentirti indispensabile come l’aria che respiro.
Signore, accresci la mia fede!
Con te vicino tutto cambierebbe colore, anche le cose più nere.
Voglio stare con Te!
Fammi sentire sempre la tua presenza d’amore.
Tu solo ci riempi, Signore. Senza di Te c’è il vuoto.
Ti sento Signore,
sei Tu che infiammi i nostri cuori di quel bene vero,
profondo, eterno, che non può venire che da Te.
Grazie per quest’amore che mi avvolge
e che Tu mi doni attraverso mio marito, i miei figli, i miei genitori e parenti tutti».
Articolo da don Marco Mazzorana sdb
Istituto Salesiano E. di Sardagna - Castello di Godego (TV)
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