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Settanta volte sette

Ci vuole coraggio e umiltà a chiedere scusa e altrettanta forza per guardare con amore chi ci ha deluso. Un convegno riflette sulla capacità di saper ricominciare negli affetti più cari...


Settanta volte sette

da Teologo Borèl

del 21 aprile 2006

C'è una figlia che perdona il padre, colpevole di aver abbandonato la moglie gravemente malata, anzi di averne accelerato la fine con il suo comportamento indifferente ed egoista. C'è una madre che chiede perdono al figlio per averlo sommerso di regali inutili. Ci sono due sposi che cercano di riconciliarsi con la loro comunità per la rabbia provata nel sentirsi esclusi, quasi esiliati, a causa, paradossalmente, della loro grande voglia di fare in un ambiente spesso dominato dalla routine. C'è il racconto struggente di un padre che, dopo aver abbandonato la moglie e i figli piccoli alla ricerca di nuove avventure dall'altra parte dell'oceano, si accorge dell'errore commesso, torna a casa e, dopo mille incertezze, scopre che la moglie non ha mai smesso di tenere la porta aperta.

Accanto alle storie, le poesie. E poi i disegni dei bambini, i percorsi multimediali, le riflessioni. Addirittura i testi di una veglia di preghiera sulla riconciliazione. Tanti spunti per la fantasia sconfinata del perdono, quel bene gratuito, libero e coraggioso che riesce immediatamente a farci sintonizzare sulla logica di Dio. Con questo obiettivo l'Ufficio Cei per la pastorale della famiglia presenta stasera a Nocera Umbra, nell'ambito della IX Settimana nazionale di studi sulla spiritualità coniugale e familiare, «Il perdono è come un dono», primo dossier sul tema. Iniziativa controcorrente finalizzata non soltanto a rilanciare il ruolo insostituibile di questo atteggiamento mentale nelle dinamiche familiari, ma anche, come spiega don Sergio Nicolli, direttore nazionale dell'Ufficio Cei per la famiglia, «dare nuovo impulso a quella cultura del perdono che potrebbe risultare così importante nella nostra società lacerata da individualismo, da conflitti, da grandi solitudini».

Al tema del perdono era già stata dedicata la «Settimana» dello scorso anno. Nella stessa occasione era stato lanciato una sorta di forum, per accogliere spunti, testimonianze e quant'altro fosse capace d i raccontare, dopo le riflessioni degli specialisti, la quotidianità dell'esperienza di riconciliazione. Al forum, sul sito dell'Ufficio famiglia ( www.chiesacattolica.it ) sono arrivate migliaia di contributi da ogni parte d'Italia, anche da parte di persone che solitamente non frequentano i percorsi della pastorale familiare. Ma l'idea di farsi raccontare le proprie esperienze di perdono e, perché no, anche di stimolarne di nuove, era di quelle vincenti. Così il distillato di quell'immenso materiale oggi fa parte del dossier. Un centinaio di pagine articolate in varie aree tematiche. Sono le testimonianze, soprattutto, che segnano nel testo un originale pellegrinaggio del cuore e permettono di lanciare uno sguardo positivo sui piccoli mondi delle nostre case. Padri e madri, figli e nipoti compongono con il loro dolore, le loro attese, la loro voglia di riscatto, la loro fiducia nella forza della riconciliazione, un affresco insolito e sorprendente. Nel «dossier» si raccontano vicende apparentemente normali, come quella di una famiglia di Napoli che dopo una serie di contrasti anche legati all'esperienza della malattia, trova la forza di guardare la vita con occhi diversi e scopre che «il perdono sincero guarisce ogni forma di incomprensione». Ma non mancano le storie estreme, quelle in cui il perdono si intreccia alla rinascita interiore e allo stesso tempo, quasi paradossalmente, alla morte. Va in questa direzione quella raccontata da una donna di Reggio Emilia che assistendo la madre, malata terminale, compie un lungo e sofferto percorso. Il perdono in questo caso è fatica che, uscendo dal cuore, lacera la carne e l'anima perché soltanto dando sfogo al dolore, accettando le debolezze proprie e quelle di chi ci sta vicino, si riesce davvero a perdonare e a perdonarsi, con quell'apertura del cuore che diventa partecipazione alla creatività stessa di Dio.

Luciano Moia

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