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Padre, Maestro e Amico

Dentro all'amore al fratello si gioca la nostra risposta, la nostra adesione alla volontà di Dio. La tenerezza di don Bosco è una tenerezza paterna, forte. Vuol così bene che tende in alto, vuole il meglio per i suoi figli e non ha paura di perdere qualcuno, forse perché ha tanta fiducia nei “suoi” ragazzi e sa che se punta in alto nell'amore solo qualcuno si perderà.


Padre, Maestro e Amico

da Don Bosco

del 25 gennaio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

Premessa

           Ci poniamo davanti a questo enorme tema dell’amore al fratello, che potrebbe portarci a mille riflessioni, scegliendo una sola angolatura, sperando di non impoverire il discorso. E l’angolatura doverosa per noi è quella del discernimento vocazionale. Cioè, noi tutti sappiamo che l’amore al fratello è un comando per noi, sappiamo che il fratello per noi è Gesù, ma dentro a questo amore al fratello si gioca la nostra risposta, la nostra adesione alla volontà di Dio. Allora alcuni punti su cui riflettere:

1.     L’amore al fratello è un luogo privilegiato in cui ci chiama. Se Dio qui ci chiama vuol dire che qui, nell’amore verso l’altro si definisce la mia identità, chi sono io e chi sono chiamato ad essere.

2.     Noi non siamo solo ciò che siamo, ma ciò che vogliamo diventare.

3.     La verità e l’autenticità delle nostre relazioni, quindi della nostra identità, si misurano dalla verità e dall'autenticità del rapporto con Dio. Così come noi facciamo esperienza di Dio (padre, amico, fratello…) così instaureremo le relazioni con gli altri. Francesco fa esperienza di un Dio povero? Lui diventa povero. Don Bosco fa esp di un Dio che è padre? Lui diventa Padre….

4.     Per imparare ad amare dobbiamo unificare la nostra vita attorno ad un centro verso cui convergono scelte, affetti, pensieri, orientamenti di vita.           Allora ci chiediamo qual è il modo salesiano di amare, quale esperienza  folgorante di Dio ha fatto don Bosco che poi ha donato ai suoi figli. Partiamo da un dato interessante…

Analisi grafologica della scrittura di don Bosco

          'È certamente fondato sulla scaltrezza che può sfociare nel bene, ma che può sfociare anche in un gran male a seconda della moralità di cui il soggetto è informato. E non è cosa facile che egli sia morale, poiché per questo ha bisogno di sottoporsi a parecchie rinunce alle quali si ribellano le sue tendenze innate. (...) .'Insomma il carattere del soggetto tende ad essere dominato da una insincerità così bene architettata da rovinare un'intera generazione ed essere così uno di quegli individui che sarebbe meglio non avessero mai aperto gli occhi alla luce. Si deve aggiungere che il soggetto ha molta facilità all'intenerimento sessuale una spinta all'affettività di languore per cui, col complesso delle qualità descritte, metterebbe in azione ogni sforzo per colpire la vulnerabilità delle anime e piegarle a suoi intendimenti morbosi'           Nel leggere un’analisi di questo tipo ci sarebbe da inorridire, è proprio il contrario di quanto è stato don Bosco, o meglio è ciò che avrebbe potuto diventare se avesse seguito solo il suo impulso, la natura, senza alcun orientamento morale e di fede. Tutto ciò a noi dice che ognuno parte nella vita con una natura che è davvero informe, ha dentro di sé tutto quanto per diventare un capolavoro ma anche per diventare un orrore. Dipende dalle scelte, dagli incontri, dalla disponibilità e docilità, dall’orientamento che decidiamo di dare alla nostra vita… sottoponendoci a parecchie rinunce.  Ed ecco cosa dice G.P.II nel centenario della morte di d.B

           Giovannino, orfano di padre in tenera età, educato con profondo intuito umano e cristiano dalla mamma, viene dotato dalla provvidenza di doni, che lo fanno fin dai primi anni l'amico generoso e diligente dei suoi coetanei. E, veramente, per essi egli svolge un'impressionante attività con le parole, gli scritti, le istituzioni, i viaggi, gli incontri con personalità civili e religiose; per essi, soprattutto, manifesta un'attenzione premurosa, rivolta alle loro persone, perché nel suo amore di padre i giovani possano cogliere il segno di un amore più alto. Il dinamismo del suo amore si fa universale e lo spinge ad accogliere il richiamo di nazioni lontane, fino alle missioni di oltre oceano, per un'evangelizzazione che non è mai disgiunta da un'autentica opera di promozione umana. Tanto spirito d'iniziativa è frutto di una profonda interiorità è, in modo eccelso l'esemplare di un amore preferenziale per i giovani, specialmente per i più bisognosi, al bene della chiesa e della società; è maestro di un'efficace e geniale prassi pedagogica, lasciata come dono prezioso da custodire e sviluppare. (G.P.II in occasione del centenario della morte di don Bosco)           E’ vero allora che noi non siamo fatti in un modo e basta! Non si può cambiare, si è così per sempre. Noi scegliamo come possiamo diventare e lo facciamo quando ci viene proposta davanti l’esperienza del bello, del buono, della speranza. DB è diventato padre, maestro e amico (a discapito della sua natura) perché l’incontro fatto con Dio è stato così bello, vero e buono, che ha riorientato tutto di lui. Nessuno di noi nasce buono e capace di amare i fratelli. Lo si impara da un amore ricevuto e riconosciuto come “più grande di noi”.AMICOL’AMICIZIA: ESPERIENZA DI DIO

           «Sentite quel che dice il Signore: “Chi cammina col virtuoso sarà anch’egli virtuoso. L’amico degli stolti diventerà simile a loro. Insomma se camminerete coi buoni io vi assicuro che andrete con loro in Paradiso. Al contrario, frequentando compagni perversi, vi pervertirete ancora voi, con pericolo di perdere irreparabilmente l’anima vostra» (da Il Giovane Provveduto). Giovanni Bosco e Luigi Comollo

           La stima: Da quel momento l'ho sempre avuto come intimo amico. Posso dire che da lui ho imparato a vivere da vero cristiano. Ci siamo capiti e stimati immediatamente. Avevamo bisogno l'uno dell'altro: io di aiuto spirituale, lui di aiuto materiale. Il fatto è che Luigi, timidissimo, non osava nemmeno tentare di difendersi contro gli insulti e le malvagità. Io invece, per il coraggio e la forza gagliarda, ero rispettato da tutti, anche da chi aveva più anni e più forza di me.(MO)La prima grande e vera amicizia di don Bosco, quella che porterà come esempio sempre, anche in oratorio. Un’amicizia che parte da una forte diversità di fondo ma da una tensione comune: servire il Signore. Ma proprio perché sono tanto diversi ciò che li avvicina è prima di tutto al stima, “gareggiate nello stimarvi a vicenda” dice s. Paolo. E la stima nella vita cristiana non consiste affatto nel valutare le capacità degli altri; quante volte noi ci stimiamo a vicenda perché sappiamo fare delle cose, perché siamo bravi, perché ci sappiamo fare con i ragazzi…tutte cose belle e buone. ma non sono ancora la verità. E si rischiar davvero di valere solo per il prodotto che mettiamo in circolazione. Ma l’altro vale perché è tempio di Dio, perché Dio lo ama, ha dato la vita per lui. Anche se è brutto, antipatico e peccatore! Qui sta anche la radice del DMA: vedere nel profondo dell’altro, cogliere nell’altro Dio che chiama! Giovanni e Luigi, così diversi eppure così bisognosi l’uno dell’altro e senza vergogna di ciò. L’amicizia colma i nostri bisogni, Dio ci pone accanto gli amici che a loro modo dissetano la nostra anima, ma nello stesso tempo acuiscono il nostro essere bisognosi che solo Lui può colmareLa correzione fraterna

          Ma una lezione me la diede Luigi, appena poté parlarmi a tu per tu.- Giovanni - mi disse - la tua forza mi spaventa. Dio non te l'ha data per far del male ai tuoi compagni. Egli vuole che perdoniamo, che ci vogliamo bene, che facciamo del bene a quelli che ci fanno del male.Aveva una bontà veramente incredibile. Finii per arrendermi alle sue parole e per lasciarmi guidare da lui.Luigi Comollo, Guglielmo Garigliano ed io andavamo sovente insieme alla confessione e alla Comunione, a far meditazione e lettura spirituale, a servire la santa Messa e a far visita a Gesù Sacramentato. Luigi sapeva invitarci con tale bontà e cortesia, che non era possibile dirgli di no.Un giorno, mentre parlavo con un amico passai davanti a una chiesa senza togliermi il berretto. In modo molto cortese, Luigi mi disse:- Sei così occupato a discorrere con gli uomini, Giovanni, che non ti accorgi nemmeno di passare davanti alla casa del Signore (MO)Della correzione fraterna se ne parla in continuazione, è quanto si desidera in tutte le nostre comunità, ce ne riempiamo sempre la bocca ma poi quando ci viene fatta…ci arrabbiamo. Una particolarità della correzione fraterna di Luigi è che viene accompagnata da una “bontà incredibile”. Questo ricorda un tratto del sistema preventivo che chissà, forse don Bosco ha preso anche da qui. Farsi prima di tutto amare perché i ragazzi amino ciò che amiamo noi! Comollo nel suo modo di fare è irresistibile, convince con i fatti, ecco perché corregge. Perché lo fa prima con un esempio di vita che appare agli occhi di Giovanni molto convincente. Forse la nostra correzione fraterna dovrebbe più partire da una bontà irresistibile che attrae al bene i nostri amici più che da lezioncine fatte dal pulpito.           Aiuto reciproco nel discernimento: Proprio in questo tempo capitò un fatto che mi mise nell'impossibilità di entrare subito tra i Francescani. Credevo fosse una difficoltà passeggera, invece arrivarono altri ostacoli ancora più grandi.Decisi allora di confidarmi con il mio amico Luigi Comollo. Ecco il suo consiglio: fare una novena e scrivere una lettera a suo zio parroco.L'ultimo giorno della novena, in sua compagnia ho fatto la confessione e la Comunione. Poi, nel duomo, ascoltammo una Messa e ne servimmo un'altra all'altare della Madonna delle Grazie. Tornati a casa, trovammo una lettera con la risposta di don Comollo (MO)Brano che conosciamo già, ma su cui ci fa bene soffermarci perché questi due amici, così giovani, ci danno un esempio di aiuto reciproco nel discernimento. Giovanni non ha paura di aprire il proprio cuore, sa che l’amico cerca nella sua stessa direzione, e per don Bosco deve essere stato comunque un grande sforzo perché era tutt’altro che un carattere aperto. Ma cerca il bene, e l’amico con lui. Dall’altra parte l’azione di Comollo è mirabile. Nessuno consiglio da “lettera aperta”, nessuna interpretazione personale. Preghiera insieme e consiglio di un esperto. L’amico Comollo si mette sempre in seconda posizione, è proprio un esempio di umiltà semplice.PADREAMOREVOLEZZA: FORMA DELL’AMORE SALESIANO           L’amore che don Bosco vive ha la forma dell’amorevolezza educativa che nasce prima di tutto e ha le sue radici nel rapporto con Dio. Poiché lui fa esperienza di un Dio che è padre, che è amorevole, che è Provvidenza…allora ama così i suoi ragazzi. La qualità del nostro amore per il fratello dipende dalla qualità del nostro rapporto con Dio che a sua volta si è manifestato attraverso i fratelli. DB “impara” Dio attraverso sua madre, dCalosso…impara ad amarlo attraverso di loro. E’ un circolo: conosco Dio attraverso i fratelli e amando Dio imparo ad amare i fratelli.Attorno a questa esperienza di Dio come amico, Padre provvidente e premuroso, si concentra tutta la sua vita. L’esperienza che lui fa di Dio gli dà un’identità ben chiara: Sempre prete, tutto prete e nient’altro.. Don Bosco è tutto CONSACRATO ai suoi giovani, tutto reso sacro per loro. Questo rende sempre retta la sua intenzione: l’avere il cuore tutto concentrato attorno ad un nucleo “infuocato”, da cui trae energia per amare, ed è il suo rapporto con GesùAgli artigiani dell’Oratorio

           “Carissimi, che io vi porti molta affezione non occorra che ve lo dica, ve ne ho date chiare prove. Che voi poi mi vogliate bene non ho bisogno che me lo diciate, perché me lo avete costantemente dimostrato. Ma questa reciproca nostra affezione su cosa si fonda?… dunque la mia affezione è fondate sul desiderio che ho di salvare le vostre anime, che furono tutte redente dal sangue prezioso di G.C. e voi mi amate perché cerco di condurvi per la strada della salvezza eterna. Dunque il bene delle anime nostre è il fondamento della nostra affezione”

Ai suoi figli di Lanzo

           “Miei cari amici, lasciate che ve lo dica e nessuno si offenda, voi siete tutti ladri; lo dico e lo ripeto, mi avete preso tutto….nulla più mi è rimasto, se non un vivo desiderio di amarvi nel Signore, di farvi del bene, salvare l’anima di tutti. Verrò di nuovo a farvi visita, in quell’occasione voglio proprio che stiamo allegri insieme di anima e corpo e che facciamo vedere al mondo quanto si possa stare allegri di anima e di corpo senza offendere il Signore”           Don Bosco si lascia rubare tutto il cuore dai ragazzi, non solo un pezzettino, riservando altri pezzi per sé. Perché l’amore non ha riserve. “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore…”se è tutto, vuol dire che non c’è tornaconto personale, gratificazione, risultato che tenga. L’amore è puro quando è TUTTO per…, non sfilacciato, compromesso, a metà, interessato!            Una paternità esigente: all’inizio di un anno scolastico…'Il numero vostro è ancora cresciuto. Oggi si incominciarono tutte le cose regolarmente. Dicono così che un uomo avvertito ne vale cento. Dunque ora che siamo a tempo, bisogna che io vi avvisi di alcune cose. E prima di tutto tenete bene a mente che si incomincia subito ora e si continua tutto l’ anno a dare i voti di studio, di scuola, di dormitorio, refettorio e simili. Chi non si regolasse bene, riceverebbe un voto scadente e si sentirebbe nominare in pubblico, in faccia a tutti gli altri, con sua gran vergogna; chi non si sente nominare, è segno che sul conto suo le cose vanno bene. Quelli poi che prendono voti scadenti, bisogna anche che sappiano, come saranno tollerati per un po’ di tempo: ma poi non più. Mi rincresce, ma bisogna che tutti gli anni così si faccia con qualcuno, costretti a consegnarlo alla porta e dirgli: - Là, guarda, tu non fai più per l’ Oratorio. –            E’ un discorso esigente, autorevole; noi parliamo sempre dell’amorevolezza di dB nelle sue forme più “delicate” ed è vero, però l’amorevolezza si traduce anche in esigenza. E’ una tenerezza PATERNA la sua, forte, che vuol così bene che tende in alto, vuole il meglio per i suoi figli e non ha paura di perdere qualcuno, forse perché ha tanta fiducia nei “suoi” ragazzi e sa che se punta in alto nell’amore solo qualcuno si perderà. Nella relazione educativa ci deve essere una scommessa di fondo. Dio è tanto esigente con il suo popolo, lo richiama quando pecca, si arrabbia quando si allontana. DB assume i tratti di questa paternità, ma non nel senso della durezza bensì del desiderio di bene nei confronti dell’altro. DB Scommette su questi ragazzi su cui nessuno scommetterebbe mai, perché anche su di lui è stato fatto così. E’ un amore il suo che costruisce futuro, che dà strumenti affinché ciascuno diventi autonomo; è un amore che chiede perché una relazione si fonda sempre su un patto. DB si spende tutto perché i ragazzi si costruiscano tutti interi e rispondano alla loro chiamata con tutto di se stessi. Allora ama in modo salesiano chi fa prima di tutto esperienza della paternità di Dio, del suo essere esigente nei nostri confronti, del suo stabilire un patto con ciascuno di noi. Una paternità che costruisce famiglia: Fare insieme un esercizio pratico di carità

           “La sera del 26 gennaio 1854 ci radunammo nella stanza del sig. Don Bosco; lo stesso Don Bosco, Macchietti, Artiglia, Cagliero e Rua; e ci venne proposto di fare con l’aiuto del Signore e di san Francesco di Sales una prova di esercizio pratico della carità verso il prossimo, per venire poi ad una promessa, e quindi se parrà possibile e conveniente di farne un voto al Signore. Da talora fu posto il nome di salesiani a coloro che si proposero e si proporranno tale esercizio.”Fu il primo passo! Negli anni successivi Don Bosco iniziò a seguire con particolare attenzione alcuni giovani in cui vedeva chiara la vocazione di Dio invitandoli a restare con lui. Molti glielo promettevano, non pochi poi ci ripensavano. La sera dell’8 dicembre 1859, al termine della festa di Maria Immacolata, Don Bosco annunciò durante la buonanotte agli interni che il giorno dopo avrebbe avuto luogo nella sua camera una riunione importante. Così avvenne. La sera di venerdì, 9 dicembre 1859, 19 persone si ritrovarono nella camera di Don BoscoCarissimi, sapete come negli ultimi tempi io abbia a lungo parlato di quanto sia buono e meritevole far parte di una congregazione religiosa. Chi si consacra tutto a Dio può facilmente salvare la sua anima accumulando meriti con l’obbedienza. L’opera del nostro oratorio è cresciuta negli ultimi anni e, penso che sia arrivato il momento di dare forma ad una nostra congregazione. Molti mi hanno suggerito di farlo e lo stesso Santo Pontefice mi ha incoraggiato. Alcuni di voi si sono impegnati a fare un esercizio di carità verso il prossimo… è arrivato il momento di fare un passo in avanti. Continueremo a chiamarci Salesiani e tutti coloro che non vorranno aderirvi non sono più tenuti a seguire queste mie conferenze. Vi lascio una settimana per pensarci.”           Questa parola è una delle prime che troviamo nel suo vocabolario: 'Prima di partire - scrive al suo primo collaboratore nell’Oratorio, il teol. Borel - abbiamo avuto poco tempo a parlarci, ma faccia da buon padre di famiglia per la sua e per la mia casa'. 'Dammi molte e minute notizie de’ miei cari figli; e di’ loro che in tutte le chiese che visito fo sempre qualche preghiera per loro ed essi preghino eziandio pel loro Don Bosco'. 'Sebbene qui in Roma io non mi occupi unicamente della casa e de’ nostri giovani, tuttavia il mio pensiero vola sempre dove ho il mio tesoro in Gesù Cristo, i miei cari figli dell’Oratorio. Più volte al giorno vo loro a far visita'. Dopo la malattia di Varazze annunciava: 'Giovedì prossimo a Dio piacendo sarò a Torino. Mi sento un bisogno grave di andarvi. Io vivo qui col corpo, ma il mio cuore, i miei pensieri e fin le mie parole sono sempre all’Oratorio, in mezzo a voi. È questa una debolezza, ma non la posso vincere (...). Mentre darai queste notizie ai nostri cari figli, dirai loro che li ringrazio tutti, ma di cuore, delle preghiere fatte per me, ringrazio tutti quelli che mi hanno scritto, e particolarmente coloro che fecero a Dio offerta della loro vita in vece mia. Ne so i nomi e non li dimenticherò' 'Voi siete partiti, ma mi avete veramente straziato il cuore. Mi son fatto coraggio, ma ho sofferto e non mi fu possibile prendere sonno tutta la notte. Oggi sono più calmo. Dio sia benedetto'.           Don Bosco fa esperienza di un Dio che non è solitario, fa esperienza di un Dio Trinità, in cui circola un amore che genera vita. Per questo non farà mai nulla da solo (inizia con Borel, si aggiungono altri collaboratori, poi…i suoi figli). L’amorevolezza salesiana è un’esperienza familiare, di amore reciproco dato, condiviso, un esercizio pratico, sul campo che è comune. Chi è bravo, eccellente nelle intuizioni educative, chi ha mille idee e grande creatività, chi sa affascinare e incantare i ragazzi e attirarli a sé…ma fa tutto da solo, celebra solo se stesso, non costruisce comunione; non è salesiano. Chi non sa spartire l’amore dei giovani con tanti altri fratelli, non è salesiano. Quante comunità animatori super efficienti, che organizzano esperienze forti, che parlano di Dio ma che in realtà non vivono la comunione tra loro, non si vogliono bene nel Signore. E volersi bene in Dio vuol dire che ogni giorno si ricomincia, ci si perdona, si progetta insieme ascoltando ciascuno, obbedendo però anche insieme alla volontà di Dio, azzardando scelte impegnative che perseguono un sogno. MAESTROTESTIMONE CHE PAGA PER PRIMO

           Il Da mihi animas è l’unico motore che muove l’intera sua vita. Ma quando pensa alle anime don Bosco in realtà pensa a tutta intera la vita dei suoi ragazzi, vita che è costata il sangue e Gesù e quindi non può costare di meno a lui. Pensa ai suoi ragazzi come al tesoro già redento da Cristo, conosce il prezzo per cui sono stati riscattati, per questo è insaziabile nella ricerca, nel desiderare la salvezza di tutti. Quando parla del Da mihi animas dB non parla tanto di uno zelo pastorale per cui si desidera che tutti i giovani siano felici e conoscano Gesù. Parla di uno scambio di vita: io do la mia vita in riscatto della tua.

Pago per te, muoio io per te.

          E DB accetta di morire, di pagare di persona per salvare i suoi ragazzi perché così ha fatto Gesù, perché lui per primo ha sperimentato la dolcezza della misericordia e la verità della passione di Cristo. Di DB conosciamo alcune delle fatiche, delle amarezze che ha dovuto e accettato di sopportare per il bene dei suoi giovani. Dice d. Ceria: “ Per DB non c’erano che anime; il resto, buon nome, riputazione, interessi contingenti, non contavan nulla. Per dieci anni dB subì vessazioni da parte dell’arcivescovo Gastaldi, sofferenze che lo minarono anche nella sua stessa identità: il sacerdozio. Fu “il crogiuolo che purificò l’oro della sua virtù da ogni scoria mondana, rendendolo eminente soprattutto nello spirito di fede e nell’unione con Dio”           La sospensione dal confessare Scrive don Rua al Papa: Prima di tutto Vi domando perdono, o SS. Padre, se colla presente io aggiungo amarezza al Vostro già cotanto amareggiato animo; perdono, che io spero e dal Vostro bel cuore ed anche perchè sono quel figlio che nel colmo delle sue pene viene a cercare conforto dal migliore dei Padri, dal Supremo Moderatore della Salesiana Congregazione, a cui ho il bene di appartenere.Vi sarà pur troppo nota, o Santità, la persecuzione, a cui da parecchi anni è fatto bersaglio l'ottimo mio Superiore D. Giovanni Bosco per parte del Rev.mo Arcivescovo di Torino, Mons. Lorenzo Gastaldi Ben so, e Ve ne ringrazio dal fondo del cuore, che Voi avete già cercato di por fine a questo disordine incaricando in proposito ragguardevolissimi personaggi; ma con vivissimo dolore l'esito non corrispose alle concepite speranze. Anzi pare che l'ira del detto Prelato vada di giorno in giorno disfogandosi più tremenda, ed ultimamente giunse perfino a fargli prendere l'inqualificabile risoluzione di sospendere questo degnissimo sacerdote dall'udire le confessioni nell'Archidiocesi Torinese. Vostra Santità che conosce appieno la virtù del mio Superiore, può bene immaginare se egli sia capace di commettere un delitto, da meritare una pena quale si infligge solamente ai Sacerdoti più scandalosi.

           Il povero D. Bosco soffre con pazienza e pur con calma; ma il suo fisico non può non risentirsene, e i suoi diletti figli vedono con sommo cordoglio prostrarsi ogni dì più la sua salute e consumarsi la sua esistenza cotanto preziosa. (MB, XI)Allo stesso modo don Bosco patì umiliazioni (il continuo chiedere l’elemosina girando l’Europa intera), incomprensioni da parte delle autorità cittadine oltre che ecclesiastiche, patimenti fisici. Come dice s. Paolo, “ha completato sulla sua carne ciò che manca ai patimenti di Cristo”. Solo perché sapeva che contribuiva alla redenzione delle anime dB non ebbe davanti alle proprie infermità “mai un lamento, mai un minimo di impazienza; anzi, lavorare al tavolino, confessare a lungo, predicare, viaggiare, come chi gode di perfetta salute; più ancora sempre di buon umore, sempre giulivo nell’aspetto e incoraggiante nel parlare”. Ma questi sforzi eroici non dipendevano da volontarismo, dal non volersi dimostrare debole! Non c’è orgoglio in tutto ciò, ma certezza che anche attraverso la nostra carne offerta insieme a quella di Gesù passa la salvezza eternaConclusione: se il fratello è luogo di incontro con Dio, è anche luogo di discernimento vocazionale.Le esperienze di amicizia che sto vivendo mi conducono a Gesù?

Mi stanno parlando di lui? I miei amici sono un aiuto nel mio discernimento? Gesù è mio amico…I fratelli, per noi soprattutto i ragazzi, sono il luogo in cui possiamo vedere Dio in modo più limpido, e dove veniamo maggiormente interpellati a rispondere, ognuno a suo modo, ognuno partendo dall’esperienza profonda che fa di Cristo.

Voglio dare TUTTO il cuore ai ragazzi…perché vorrei che il mio cuore fosse TUTTO consegnato a Gesù? Perché solo consegnando tutto di me comprendo dove e come posso esprimere meglio questo amore.

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