Attesa
In cima a una collina, c’era una casa abbandonata e nessuno ci passava più davanti.
Solo una donna, ogni sera, saliva fin lassù. Portava con sé una candela accesa. Si sedeva accanto alla finestra e aspettava.
Non sapeva bene chi dovesse arrivare, ma sentiva nel cuore che qualcuno sarebbe venuto.
Passarono i giorni, poi le settimane, poi l’inverno.
Molti la chiamavano “la donna che aspetta il nulla”.
Una notte, quando il cielo era limpido come il vetro, vide in lontananza una figura che si avvicinava lungo il sentiero.
Camminava lentamente, e intorno a lui sembrava che il buio si facesse chiaro.
Quando arrivò alla casa, la donna sorrise:“Ti stavo aspettando.”
Da quella notte, la collina non fu più buia.
Elphaba, la “strega cattiva”, vive tutta la prima parte della storia in attesa di essere vista per ciò che è davvero.
Attende che il mondo la riconosca non per il suo aspetto, ma per il suo cuore.
Attende che qualcuno le creda, che la accetti, che la ami.
Verso la fine, Elphaba e Glinda si incontrano di nuovo. Dopo aver percorso strade diverse, si rendono conto che la loro attesa reciproca, il bisogno di perdono, di riconciliazione, si è finalmente compiuta.
Qui l’attesa diventa relazione: la luce arriva non come magia, ma come presenza.
Santa Maria, vergine dell'attesa,
donaci un'anima vigiliare.
Ci sentiamo più figli del crepuscolo che profeti dell'avvento!
Sentinella del mattino, ridestaci nel cuore
la passione di giovani annunci
da portare al mondo, che si sente già vecchio.
Portaci arpa e cetra, perché con te mattiniera
possiamo svegliare l'aurora.
Non aver paura dell'attesa. Affida a Maria ciò che attendi.
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