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Noi vahasà al Fy... (esperienza missionaria in Madagascar a Manazary)

Al mattino prestavamo il nostro servizio alla comunità, non prima di aver affidato la giornata ed ogni nostra azione al Signore. Ho apprezzato moltissimo la testimonianza di fede delle suore che si svegliavano ogni mattina prima dell'alba, meditavano e poi percorrevano ben 12 km per poter partecipare alla messa.


Noi vahasà al Fy... (esperienza missionaria in Madagascar a Manazary)

da Iniziative in tour

del 01 gennaio 2002

Madagascar - Manazary

“Si avvisano i signori viaggiatori di allacciare bene le cinture di sicurezza perchè stiamo per decollare!”. Ecco che una voce ci ricorda cosa stiamo per fare! “Eccoci arrivati! Come sono passate in fretta… queste 10 ore di viaggio!”

In aereoporto ci attendevano masera ( = suora) Antonia e masera Krystyna, pronte per accompagnarci a Manazary, non prima di aver visitato la casa ispettoriale di Ivato, salutato le suore della comunità e conosciuto Haingo, la novizia che trascorrerà con noi il suo mese apostolico.

Si parte! Eravamo troppo entusiasti di essere arrivati nella “Terra Rossa” che siamo rimasti affascinati da ogni cosa: strade, case, persone, paesaggi... Per alcuni di noi era un sogno poter andare in Madagascar per vivere una esperienza di missione.

La comunità di FMA, formata da masera Krystyna, masera Marica e masera Saveria, ci ha accolto calorosamente e, già da subito, ci siamo sentiti proprio in famiglia. Anche con i bambini ci siamo sentiti presto a nostro agio: sono sempre molto accoglienti e sorridenti. Nella loro semplicità ci hanno amato ed accettato con tutti i nostri difetti e le nostre difficoltà. Non sapere la lingua è stato un grosso limite, ma così ci siamo resi conto di essere poveri e siamo stati demoliti delle nostre sicurezze.

Al mattino prestavamo il nostro servizio alla comunità, non prima di aver affidato la giornata ed ogni nostra azione al Signore. Ho apprezzato moltissimo la testimonianza di fede delle suore che si svegliavano ogni mattina prima dell'alba, meditavano e poi percorrevano ben 12 km per poter partecipare alla messa.

Ciascuno di noi trovava il suo ruolo nelle varie attività proposteci... non è facile trovare una sistemazione per 7 persone! Masera Marica mi ha insegnato a tagliare grembiulini per i bambini della scuola. Inizialmente la trovavo un'attività un po' strana da fare in missione, ma subito sono andata alla radice delle mie motivazioni: tra queste vi è quella di condividere vivendo le attività della comunità. Allora tutto prendeva significato: mentre tagliavo pensavo ai piccoli che avrebbero indossato il grembiulino e sarebbero andati a scuola. Don Bosco ricordava spesso ai suoi confratelli che bisogna molto lavorare per i giovani; di questo ho potuto fare esperienza diretta, grazie alla comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice. E poi ancora: mi è sempre stato detto che il Signore parla attraverso i piccoli gesti nel quotidiano...finalmente me ne sono accorta e ne ho fatto esperienza.

Nel pomeriggio andavamo in oratorio per il Fy (Proposta Estate): alcuni bans, la canzone dell'estate, una breve preghiera e poi tutti nei vari laboratori. C'era chi cuciva una gonna e chi un maglione, c'era chi lavorava il legno e chi l'argilla, c'era chi costruiva un braccialetto e chi una croce, e molti altri che si ingegnavano con diversi materiali. Al Fy trovavano posto anche i più piccoli: prima disegnando e poi giocando. Un momento di catechesi ci attendeva proprio tutti: grandi, piccoli e anche noi vahasà ( = stranieri) che non capiamo nulla...

Mi permetto di fare un paragone... I nostri giovani dell'oratorio non riescono a prestare nessuna attenzione se non vengono creati degli effetti speciali in ogni occasione. I ragazzi malgasci, nella loro semplicità, seguivano attentamente ogni attività proposta dai loro animatori... abbiamo molto da imparare! Come in ogni Fy, anche a Manazary c'era il momento del gioco in cui ciascuno partecipava non come singolo, ma come appartenente ad una squadra, dando il meglio di sé. Il tempo con i ragazzi terminava con una preghiera e poi ciascuno tornava nella propria dimora. Di tanto in tanto noi vahasà ci riunivamo per condividere l'andamento dell'esperienza e della convivenza. Altre volte ci fermavamo a giocare con qualche animatore, comunque ognuno era libero di gestire il proprio tempo come meglio credeva. Personalmente preferivo stare ancora in oratorio (finché non scendeva il sole) perché sento che questo è proprio il luogo dell'incontro: incontravo bambini da amare, animatori da conoscere, il Signore a cui ritornare per non sprecare l'esperienza, Haingo con cui riuscivo anche a condividere un po', Adeline mentre sorvegliava l'intera struttura, le ragazze della “menager” ( = laboratorio)... E poi, l'oratorio è un ambiente aperto, dove non ci si sente rinchiusi e dove ognuno porta quello che è. Solo ora capisco perché don Bosco puntasse molto sull'oratorio. Ho sempre frequentato questo tipo di ambiente, ma dovevo andare in Madagascar per cogliere la sua vera importanza! Sempre don Bosco ci insegna che dobbiamo pregare la nostra mamma per eccellenza, Maria, e come farlo se non con il Rosario? A Manazary lo si recitava sempre in varie lingue, e questo sottolinea l'universalità dell'Amore di Dio.

Vespri e cena con la comunità e poi un momento di gioco tutti insieme: alcuni di noi hanno imparato a barare! La super-direttrice ci dava la “buona notte” e poi tutti a nanna.

Se dovessi riassumere l'esperienza in poche parole, userei:

· maternità: della comunità perché, fin da subito, mi sono sentita amata per quello che sono; di Dio perché mi ha accompagnata in ogni azione e relazione; dei bambini che portavano sempre con sé i loro fratellini più piccoli;

· semplicità: della gente molto accogliente; dei bambini che si divertono davvero con poco e sono felici; dei giochi e delle attività proposte; della comunità che ci ha accolti e amati; del Signore che si manifestava nelle piccole cose.

Ringrazio il Signore per questa esperienza cha mi ha donato e per tutte le persone che ho incontrato. Affido a Lui la comunità di FMA e Haingo, gli animatori e le loro scelte per il futuro, i bambini ed i loro genitori e mi impegno a ricordarli nella mia povera preghiera (questa ci tiene davvero uniti).

Martina Trevisin

Martina Trevisin

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