Mamma Margherita

Il 25 novembre, in tutta la Famiglia Salesiana, il pensiero corre spontaneamente a una mamma concreta, forte, di poche parole e molte mani sporche di lavoro: la Venerabile Margherita Occhiena, la mamma di don Bosco.

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Il 25 novembre, in tutta la Famiglia Salesiana, il pensiero corre spontaneamente a una mamma concreta, forte, di poche parole e molte mani sporche di lavoro: la Venerabile Margherita Occhiena, la mamma di don Bosco. Morì a Torino il 25 novembre 1856, a 68 anni, circondata dai “suoi” ragazzi di Valdocco che la piansero come si piange una vera madre. Da allora, nella storia salesiana il suo nome è rimasto legato a tre parole semplici e decisive: povertà, fede, educazione.

Un’esistenza nascosta, ma decisiva

Margherita nasce il 1° aprile 1788 a Capriglio, sulle colline astigiane. Da subito la sua vita è segnata dalla semplicità: famiglia contadina, niente scuola, ma tanta preghiera, lavoro nei campi, responsabilità fin da giovane. Non ha la cultura dei libri, ma possiede quella sapienza che viene dal Vangelo vissuto sul serio.

Nel 1812 sposa Francesco Bosco, mezzadro dei Becchi, già vedovo e con un figlio, Antonio. Nascono Giuseppe e poi Giovanni, il nostro Giovannino. L’atmosfera è quella di una casa povera ma serena, dove si lavora duro e si prega con fiducia. Però la pace dura poco: nel 1817 Francesco muore improvvisamente di polmonite. Margherita ha 29 anni, tre ragazzi in casa e una suocera malata. La situazione è segnata dalla miseria e dalla carestia, ci sono debiti e pochi mezzi, ma lei non si lascia schiacciare. Si rimbocca le maniche, lavora nei campi, in stalla, in casa, ed educa.

Una madre dal cuore deciso

Qui si vede la stoffa di “Mamma” Margherita. Non è una mamma sdolcinata, ma nemmeno dura e fredda. È madre e padre insieme, dolce e ferma, affettuosa ed esigente. Sa che educare significa far crescere, non tenere fermi.

Cresce tre figli diversissimi tra loro senza livellarli: Antonio più rustico, Giuseppe più concreto, Giovanni con un cuore e un’intelligenza fuori dal comune. Non fa favoritismi, ma adatta il metodo al carattere di ciascuno. Vigila, corregge, accompagna. Quando è necessario sa dire no e quel no resta no, ma senza umiliare nessuno. Non urla, non picchia, non punisce per sfogo. Sa che il punto di forza non è la paura, ma l’affetto: “far fare il bene per amore e per piacere al Signore”.

Margherita educa a partire dalla fede. Non sapendo leggere, trasmette il catechismo a memoria, insegna le prime preghiere, accompagna i figli ai sacramenti e ripete spesso: “Dio ti vede”. È una donna che legge la vita alla luce di Dio, e questa lettura diventa il clima di famiglia in cui cresce Giovannino. Si può dire che a portare Dio nella vita di don Bosco, per mano, è stata proprio lei.

La libertà di dire: Dio prima di tutto

Quando Giovanni, da giovane, manifesta il desiderio di farsi prete, Margherita non fa calcoli, pur sapendo quanto le costerà in sacrifici. In un colloquio fortissimo, gli dice che per lei conta solo la salvezza della sua anima, non il tornaconto familiare. Dio è prima di tutto. Non cerca di trattenerlo per bisogno o per sicurezza personale. Gli chiede solo di rimanere povero, autentico, non “pre’ di carriera”. È una madre che libera il figlio per la volontà di Dio, non lo trattiene per sé.

Più tardi, quando la tensione in casa con Antonio rende impossibile lo studio di Giovanni, Margherita prende una decisione dolorosa: allontanare il più piccolo per permettergli di studiare e per salvare la pace domestica. Non è una scelta sentimentale, è una scelta di responsabilità. È una donna che sa prendere decisioni scomode per il bene vero dei figli.

Da mamma di famiglia a mamma di un popolo di giovani

Quando don Bosco arriva a Torino e inizia a radunare i ragazzi poveri, sbandati, senza casa, scopre che da solo non ce la fa. Ha bisogno di qualcuno che faccia “casa” attorno a loro, non solo organizzazione. È allora che chiede a sua madre di venire con lui a Valdocco. Margherita, ormai anziana, potrebbe tirarsi indietro. Invece risponde con una frase che vale una vocazione: “Se ti pare che questa sia la volontà del Signore, sono pronta a venire”.

Da quel momento, per dieci anni, la vita di Mamma Margherita si fonde con l’inizio dell’Oratorio di Valdocco. Cucina, lava, rammenda, coltiva l’orto, accoglie uno a uno i ragazzi che arrivano affamati e vestiti di stracci. Vende anche il poco che ha (corredo, gioielli di sposa) per comprare pane e vestiti per loro. Non fa teoria sull’educazione, la vive. Basta vederla per capire che l’oratorio è una casa, non un collegio.

In modo semplice, ma potentissimo, diventa l’anima materna del Sistema Preventivo. Quello che don Bosco scriverà nei suoi testi pedagogici, lui lo ha respirato in lei: bontà dolce e forte, presenza, fiducia, religiosità semplice ma radicale. Per questo la chiamiamo, a buon diritto, “cofondatrice” della Famiglia Salesiana: senza di lei l’Oratorio non avrebbe avuto quel clima di famiglia che ancora oggi consideriamo irrinunciabile.

Una santità feriale, per le nostre case

Mamma Margherita muore nella notte tra il 24 e il 25 novembre 1856, consumata da una polmonite. Gli ultimi gesti sono quelli di una madre che si affida e affida: riceve i sacramenti dalle mani del figlio, ripete le parole della liturgia, consegna ai due figli il suo semplice testamento spirituale: “Vogliatevi sempre bene”. Dietro c’è tutto il suo stile educativo. Come dire: se vi volete bene davvero, secondo Dio, il resto verrà di conseguenza.

La Chiesa, nel 2006, l’ha riconosciuta Venerabile, indicando nella sua vita l’esercizio eroico delle virtù teologali e cardinali. Ma la sua santità, prima che in un decreto, è scritta nella memoria di generazioni di salesiani e di giovani che continuano a chiamarla “Mamma”. È una santità feriale, vissuta tra stalla, cucina, campi, oratorio. Una santità che non ha bisogno di effetti speciali, ma che passa attraverso il quotidiano fatto bene, con Dio al primo posto e con i figli (naturali e spirituali) nel cuore.

Per noi, oggi

Nelle nostre case il profilo di Mamma Margherita è una chiamata molto concreta. Chiede a tutte le mamme e i papà, agli educatori, agli animatori, alle comunità salesiane:
– a educare con affetto che sa anche essere esigente;
– a mettere Dio davvero al primo posto nelle scelte familiari e pastorali;
– a non avere paura dei sacrifici, quando si tratta di far crescere i giovani;
– a fare delle nostre opere non solo servizi, ma case che accolgono.

Dietro un grande santo c’è stata una grande madre. Dietro tante storie di giovani che crescono bene, ancora oggi, ci sono volti nascosti che hanno lo stesso stile di Mamma Margherita. L’anniversario della sua morte non è solo un ricordo, ma un invito: chiedere la grazia di educare come lei, con mani operose, cuore grande e uno sguardo di fede capace di trasformare la fatica quotidiana in cammino di santità.

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