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Lo stadio di Kiev dove si svolse la partita che ispirò il film "Fuga per la vitt...

L'eroica sfida della formazione ucraina contro i nazisti: ultimo atto di libertà di una squadra che pagò quell'affronto con la fucilazione (ecco la storia vera).


Lo stadio di Kiev dove si svolse la partita che ispirò il film 'Fuga per la vittoria'

da Attualità

del 29 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 

           Entrando all'Olimpiyskiy Stadium di Kiev, il sontuoso e moderno impianto - sede oggi di Italia-Inghilterra e l'1 luglio della finale di Euro 2012 - non si può che pensare, con dolore, che qui avrebbero tanto meritato di esibirsi i ragazzi della mitica Start. Una squadra leggendaria, vittima a turno dei due totalitarismi, quello nazista prima, quello comunista sovietico poi.

           Kiev affamata e assediata dal nemico tedesco, il 22 giugno 1941, giorno in cui la Dinamo Kiev doveva inaugurare il nuovo Stadio della Repubblica, l'odierno Olimpiiyskiy, venne bombardata e in settembre le truppe della Wehrmacht occuparono la capitale ucraina. Per ristabilire uno scampolo di normalità apparente, fu deciso dagli ufficiali tedeschi di organizzare un mini-campionato di calcio. Sul fronte ucraino, le risorse tecniche erano ridotte a zero, per via della 'diaspora' del blocco della Dinamo, praticamente disperso. Il caso però, volle che il panettiere di origine ceca, ma di lingua tedesca - quindi non inviso alle SS - il moravo Josif Kordik, incontrasse per la strada il portiere della Dinamo, il 'carismatico' Trusevich.

           Diviso da moglie e figlia, rifugiate a Odessa, dopo che lo avevano rinchiuso nel campo di prigionia di Darnica, Trusevich vagava da giorni alla ricerca di cibo e per scampare alla deportazione sicura nei lager tedeschi. Come l'ebreo Schindler di Cracovia, il buon fornaio Kordik follemente innamorato del calcio, decise, insieme a Trusevich, di stilare una lista, per rintracciare tutti gli altri giocatori della Dinamo nascosti negli scantinati della città. Uno dopo l'altro, si presentarono alla panetteria che divenne la nuova sede della 'squadra dei clandestini'.

           All'appello rispose subito il calciatore-allenatore, il vecchio Svyridovski che trascinò con sé l'ex socio della difesa Tjutcev e il rapido e piccolo Klimenko. Venne rintracciato anche Korotich, una vita da mediano. Con gli assist di Honcarenko, sarebbe stato un gioco da ragazzi mandare in gol lo smaliziato tandem Kuzmenko-Mahynia , che dovevano affiancare il redivivo ex capocannoniere del '39, Komarov. Per completare la rosa, e lasciando da parte la storica rivalità, si unirono agli assi della Dinamo anche i tre calciatori della Lokomotiv: Balakhin, Sukharev e Melnik. 'Patron' Kordik portò le sue stelle ritrovate nel magazzino del panificio e mostrò loro le casacche rosse e la maglia nera per il portiere Trusevich, battezzando ufficialmente la nuova squadra: la FC Start. Un nuovo inizio davvero, con la Start chiamata a difendersi dalle altre cinque compagini nemiche: 4 formate dalle truppe tedesche e i loro alleati ungheresi e romeni e poi la formazione dei collaborazionisti ucraini, la Ruch. Quest'ultima, al debutto subì la prima lezione di calcio dalla Start: 7-2 per la squadra dei sogni che gli avversari schernivano chiamandola 'dei panettieri' e tentarono subito di boicottarla. I collaborazionisti fecero in modo che non giocasse più nello stadio della Repubblica, così Kordik chiese ed ottenne di poter usufruire di un impianto più piccolo, lo Zenit, l'attuale stadio Start. In quella tana, uno dopo l'altro caddero tutti gli avversari, con punteggi da cappotto, fino all'11-0 rifilato alla squadra dei romeni.

           Tutta Kiev ormai trepidava per le imprese eroiche di questa formazione che mise in forte crisi la propaganda degli invasori. L'unica risposta possibile dei tedeschi, fu appellarsi alla famigerata Flakelf, l'11 composto dai migliori calciatori di Germania, soldati di stanza in Ucraina. Il 6 agosto la prima sfida che doveva riportare la supremazia tedesca, anche in campo, si chiuse con una passeggiata della Start, 5-1. L'ennesimo oltraggioso affronto andava sanato con una rivincita immediata. Il 9 agosto del '42 si rigiocò così quella che è passata alla storia come la 'partita della morte'.

           La ricostruzione hollywoodiana di John Huston con il suo 'Fuga per la vittoria' ispirata a questa partita, è assai distante dal vero match disputato dai martiri del calcio ucraino. L'arbitro, un tedesco, prima del fischio d'inizio entrò negli spogliatoi della Start e raccomandò: «Quando arriverete a metà campo, ricordatevi di gridare con tutto il fiato che avete in gola, Heil Hitler». I ragazzi della Start, poco dopo risposero con un reazionario: «Fitzcult Hurà!».

           Sull'andamento di quel match esistono almeno una decina di versioni, e tutte diverse. Ciò che è certo, è che il Flakelf passò in vantaggio e fece di tutto per piegare la Start che alla fine si impose ancora, 5-3. I nazisti andarono su tutte le furie, specie per il 6° gol mai segnato. Quello di Klimenko che dopo aver dribblato anche il portiere si fermò sulla riga di porta, osservò, sprezzante, la tribuna degli alti ufficiali tedeschi e invece di buttarla in rete spazzò il pallone il più lontano possibile. Fu l'ultimo atto di libertà di una squadra che da lì a pochi giorni venne completamente rastrellata e la maggior parte dei suoi giocatori finirono fucilati e nelle fosse comuni. Solo tre di loro, Goncharenko, Tyutchev e il vecchio Sviridosvski, si misero in salvo, scappando dal campo di lavoro vicino Kiev. Ma della mitica Start per anni non fecero parola, perché dopo il boia nazista anche lo stalinismo era ancora disposto a perseguitarli, con l'accusa di diserzione.

           Per il popolo, e non solo per i tifosi ucraini, quella squadra resta un esempio di resistenza civile, la cui memoria rivive nei libri celebrativi e in quel monumento dedicato ai caduti del pallone, allo stadio Lobanovskyj, la casa della Dinamo Kiev.

Massimiliano Castellani

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