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La fede in Gesù è un salto di qualità anche nella religione (Mt 11, 11-15) SERIE...

La dimensione religiosa insomma è normale. Tanto più che là dove non si cura la dimensione religiosa, questa irrompe nella vita dell'uomo in molteplici forme anche violente. L'uomo è tendenzialmente religioso. Ha bisogno di rapportarsi con Dio.


La fede in Gesù è un salto di qualità anche nella religione (Mt 11, 11-15) SERIE: Dio non ci abbandona mai

da L'autore

del 21 dicembre 2006

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Abbiamo tutti dei sentimenti religiosi. Quasi tutte le ricerche sociologiche dicono che la domanda di Dio è dentro la vita di ogni uomo, fa quasi parte del suo statuto antropologico, del suo DNA. Dicono infatti molti scrittori e pensatori, molti uomini di scienza che nell’uomo c’è una inquietudine innata dovuta alla ricerca di un punto di riferimento solido, di un trascendente, che è necessario per capire la vita. Ci occorre salire su un albero per allargare gli orizzonti se volgiamo capire chi siamo e questo albero non è il tifo per la squadra del cuore o l’infatuazione per una star, ma la ricerca di un essere trascendente, cui riuscire a scoprire le carte, il volto, meglio.

La dimensione religiosa insomma è normale. Tanto più che là dove non si cura la dimensione religiosa, questa irrompe nella vita dell’uomo in molteplici forme anche violente. L’uomo è tendenzialmente religioso. Ha bisogno di rapportarsi con Dio.

La storia dei popoli della terra è tutta una dimostrazione di questo. Il secolo 21esimo che stiamo vivendo sta caratterizzando di religiosità, talora impazzita, le nostre storie quotidiane. Non avremmo pensato dall’alto del nostro positivismo e materialismo viscerale del secolo scorso che ci sarebbe stata una impennata di religiosità.

Ma la fede in Gesù esige un ulteriore salto di qualità, non è in continuità con i nostri ragionamenti umani, è un fatto del tutto nuovo. Il Dio che la fede in Cristo invoca è un Dio sorprendente, che non sta negli schemi della storia delle religioni. E’ un Dio Crocifisso, è un amore che si inscrive nella debolezza, è un perdono gratuito, non è una riscossione di meriti, ma una agenda di gratuità, di sovrabbondanza di doni.

Per questo quando Gesù parla di Giovanni, che è un campione di religiosità, di esperienza di Dio, lo dice grande, ma non tanto come colui che accetterà il dono di un Dio Crocifisso, la grazia della definitiva offerta di Gesù come senso completo della vita. Il più piccolo del regno dei cieli è più grande di Lui. Da quando Gesù è entrato nella nostra vita la religione ha fatto un salto di qualità. Questo è un altro segno che Dio non ci abbandona mai.

mons. Domenico Sigalini

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