Il messaggio universale di Etty Hillesum

«Etty ha capito che il compito più difficile per un credente è quello di non far travolgere la memoria di Dio nel male e “di aiutarlo a sopravvivere alla tragedia della disumanizzazione...». Ricorre oggi il sessantesimo anniversario della morte di Etty Hillesum, uccisa ad Auschwitz.

Presentare l'interpretazione di Fratel MichaelDavide sul messaggio di Etty Hillesum è tutt'altro che facile, in quanto è uno straordinario conoscitore del pensiero di tale personaggio. Ha letto e studiato a fondo tutti i suoi scritti, ne ha colto a perfezione il loro senso e per di più si trova in grande sintonia con esso. Il suo precedente libro Etty Hillesum. Dio matura è già in terza edizione (Meridiana, Molfetta 2013), e questo lo completa.
Io dirò, dunque, ciò che questo libro (Etty Hillesum: umanità radicata in Dio, Paoline 2013) scritto in modo splendido, ha suggerito a me, uomo di pensiero.

1) Innanzitutto va detto che Fratel MichaelDavide individua a perfezione gli assi portanti del pensiero della Hillesum nei due seguenti punti:
- il compito fondamentale dell'uomo è quello di cercare di radicarsi in Dio;
- se l'uomo fa questo, riesce a portare ricchi frutti di umanità in ogni situazione della vita in cui ci si può trovare, anche nelle più difficili, più drammatiche e addirittura disumane. 
Questi due punti sono verissimi, ma sono generali, e i modi in cui potrebbero realizzarsi possono essere fra loro differenti, e non di poco.
Vediamo allora come Etty Hillesum li invera nella sua vita e nel suo pensiero.

2) Etty si è radicata in Dio innalzando intorno a sé il saldo muro della preghiera, e quindi raccogliendosi e concentrandosi in sé: “Questo ritirarmi nella chiusa cella della preghiera diventa per me una realtà sempre più grande, e anche un fatto sempre più oggettivo. La concentrazione interna costruisce alti muri fra cui trovo me stessa e la mia unità, lontana da tutte le distrazioni”.
Dunque, bisogna ritornare a se stessi, alla sorgente della vita. A proposito Etty fa una affermazione particolarmente forte: “La sorgente di ogni cosa ha da essere la vita stessa, mai un'altra persona. Molti invece - soprattutto le donne - attingono le proprie forze da altri: è l'uomo la loro sorgente, non la vita. Mi sembra un atteggiamento quanto mai distorto e innaturale”.
E ancora. “Ascoltarsi dentro. Non lasciarsi più guidare da quello che si avvicina da fuori, ma da quello che si innalza dentro”.
Verrebbe in mente, a questo riguardo, il grande pensiero di Agostino: noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas (non andare fuori, rientra in te stesso, nell'intimo dell'uomo risiede la verità).
Ma Fratel MichaelDavide fa un richiamo, più raffinato e pertinente, ai patriarchi come modelli di fede, sulla base di una omelia di Origene, i quali amavano i pozzi come sorgenti di acque vive, simboli di quelle sorgenti di acque vive che sono le parole di Dio che si trovano nei testi sacri, e anche di quelle sorgenti che sono in noi, e da cui derivano fiumi d'acqua, se siamo capaci di rimuovere dall'anima la terra che occlude le sorgenti. E fa un commento molto fine: “Per Etty Hillesum l'impegno e il cammino consistono, appunto, in un vero pellegrinaggio verso le sorgenti interiori in cui [...] si trova tutto ciò che è necessario per vivere in modo pieno, tanto da raggiungere la piena somiglianza con il Creatore di cui siamo immagine”.

3) A questo concetto se ne connette un altro molto profondo.
La vita va vista in due differenti modi. C'è la vita che abbiamo ricevuto in modo naturale, e c'è quella che possiamo ricevere in altro modo, ma che dobbiamo guadagnarci con fatica: “Tra la vita che abbiamo ricevuto e la vita che dobbiamo ricevere, oscilla la nostra vita, quella che, al momento, viviamo oppure non viviamo”.
La vita nel secondo senso è quella che costruiamo facendo zampillare dentro di noi quell'acqua viva, ossia giungendo alle radici e trovando Dio.
Mi ha colpito, in modo particolare, un pensiero di Etty, al quale Fratel MichaelDavide fa richiamo commentando una di quelle che egli chiama “parole perle”, ossia la parola tuttavia:
“E tuttavia: siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli”.
In effetti, ciascuno di noi riceve quanto basta per essere se medesimo e svolgere i compiti che, in quanto tale, gli competono, in qualunque situazione si possa trovare.
Ed è proprio questo che Etty ha saputo fare.
Fratel MichaelDavide commenta con perspicacia: “Per Etty Hillesum è necessario prendere coscienza di questo tuttavia che può cambiare in modo talmente profondo la percezione degli avvenimenti, da essere capaci di cambiare radicalmente l'essenza stessa delle cose che si vivono. Tuttavia, il cielo non ci potrà mai mancare, neanche su quell'unico pezzetto che la vita ci dona di vivere”.

4) Come è noto, il dramma dell'olocausto degli ebrei è stato interpretato da alcuni come una prova della non esistenza di Dio, o comunque come una tragedia inspiegabile ammettendo Dio.
Etty Hillesum, anche dopo aver compreso che i nazisti miravano alla totale eliminazione degli ebrei e i modi in cui cercavano di mettere in atto il loro disegno, ha interpretato tutto questo come uno dei momenti in cui il male si manifesta e continuerà a manifestarsi nella storia degli uomini. Inoltre ha precisato che, per quanto grande, nessun male elimina totalmente il bene, e non può dominare per intero su di esso. Fratel MichaelDavide, a questo proposito, precisa assai bene: “In questo Etty Hillesum è maestra di lucidità totale: capacità di dare un nome preciso a quello che di negativo può verificarsi, senza dimenticare che, proprio mentre qualcosa di terribilmente negativo sta accadendo, continua a crescere il bene che è da sempre e che è futuro, mentre il male non ha futuro, anche quando sembra essere così tremendo da attirare tutta l'attenzione. In questo senso non è raro che Etty Hillesum prenda le distanze dai suoi compagni di sofferenza sia quando questi cedono all'illusione di negare la realtà, sia quando identificano la totalità del reale con quanto di penoso e di duro si sta terribilmente vivendo”.
In questo senso Etty ha capito che il compito più difficile per un credente è quello di non far travolgere la memoria di Dio nel male e “di aiutarlo a sopravvivere alla tragedia della disumanizzazione”.

5) Uno dei pensieri più profondi e più belli di Etty è quello che riguarda il dolore e la sofferenza, che proprio gli uomini di oggi dimostrano, in varie forme, di non saper più comprendere e accettare.
Le sofferenze umane, infatti, allontanano molti dal divino. Nietzsche diceva che sappiamo bene che soffriamo, ma non sappiamo in alcun modo perché soffriamo. Il dolore sarebbe un dato di fatto che sarebbe destinato a rimanere sempre senza spiegazione.
E in effetti, per gli atei, il dolore e la morte rimangono problemi insolubili.
Etty spiega, invece, come proprio il dolore possa ampliare gli orizzonti di conoscenza dell'uomo, e fargli comprendere cose che in altro modo non si capiscono, e di conseguenza sia una via che porta a Dio: “Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile”.
Gli antichi avevano capito questo molto bene. Eschilo nell'Agamennone diceva che Zeus:

Valida legge ha fissato
Conoscenza attraverso il dolore [...]
Verso coloro che hanno sofferto, Dike inclina conoscenza.

A una domanda che ho fatto a Hans-Georg Gadamer sul senso del dolore, in riferimento a belle pagine da lui scritte sulla sofferenza nel suo capolavoro Verità e metodo, mi ha risposto: “La sua domanda è attualissima. È molto vero, occorre trovare il senso del dolore e della sofferenza nell'educazione di oggi. Manca la resistenza. È una tentazione e una minaccia di prim'ordine. Nei giovani questa mancanza porta a cercare rifugio nella droga...”.
Etty Hillesum fa affermazioni analoghe: “L'uomo occidentale non accetta il dolore come parte di questa vita: per questo non riesce mai a cavarne fuori forze positive”.
Solo ritrovando i suoi legami con Dio, però, l'uomo può comprendere il dolore e trarne vantaggi.
Etty dice che proprio questo ella chiede a Dio per gli altri, ossia che riescano a “sopportare le difficoltà della vita”; “che trovino forza di sopportare ogni cosa”.
In questo modo si può addirittura “essere felici dentro [...] senza voltare le spalle a tutta la sofferenza”, così che Etty può dire, in senso veritativo, sia che “la vita è dura, e quanto”, sia che “la vita è bella”.

6) Concludo con un pensiero di Etty che ho trovato particolarmente toccante e profondo e che Fratel MichaelDavide ha giustamente messo in rilievo: l'uomo, di per sé tanto piccolo, può diventare grande, assai grande, addirittura “colmo di vastità”, se si unisce a Dio e diventa colmo di lui, che è vastità infinita.
“L'unica sicurezza su come tu ti debba comportare ti può venire dalle sorgenti che zampillano nel profondo di te stessa. [...] Dio mio ti ringrazio perché mi hai creata così come sono. Ti ringrazio perché talvolta posso essere così colma di vastità, quella vastità che non è poi nient'altro che il mio essere ricolma di te”.


di Giovanni Reale

Tratto da notedipastoralegiovanile.it

 

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