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GxG MagazineEducazione sfida del secolo Mordente

Siamo di fronte a un cambiamento tra i più grandi della storia, con una rivoluzione tecnico-scientifica dalla portata impressionante: ricerca e progresso sono in grado di sondare ambiti che vent'anni fa erano impensabili; Internet è diventato lo specchio in cui ricercare un'identità, in relazioni virtuali...


GxG MagazineEducazione sfida del secolo Mordente

da GxG Magazine

del 17 aprile 2012

Evangelizzare ed educare in tempo di crisi

Emergenza: […], particolare condizione di cose, momento critico, che richiede un intervento immediato. (da Dizionario della Lingua Italiana G.T)

          Questa è una delle definizioni del lemma “emergenza” che dà il vocabolario; se parliamo di educazione, non ci può essere significato più adatto di questo.

          Già nei secoli scorsi sono capitati momenti in cui i giovani hanno vissuto in tempi di crisi, che li hanno portati a vivere in condizioni peggiori del passato e a rimboccarsi le maniche per venirne fuori. Tante volte sentiamo anche i racconti dei nostri nonni, che hanno saputo sacrificarsi e lottare per avere un futuro. Oggi la domanda è più che mai pressante: sapremo farlo anche noi, giovani del XXI secolo?

          Siamo di fronte a un cambiamento tra i più grandi della storia, con una rivoluzione tecnico-scientifica dalla portata impressionante: ricerca e progresso sono in grado di sondare ambiti che vent’anni fa erano impensabili; Internet è diventato lo specchio in cui ricercare un’identità, in relazioni virtuali, nell’illusione di un sapere facile e più accessibile, nella sensazione di poter scegliere da padroni cosa leggere, guardare e giudicare.

          La parola stessa “educazione” è stata sostituita dalla più digeribile “formazione”: un termine neutro e utilitaristico, che fa molta meno paura. Educare è un concetto troppo radicale perché mira al cuore stesso dell’uomo, mentre formare lascia maggiore margine di manovra e libertà: senza un maestro che ti insegna e ti guida, puoi autorealizzarti e scegliere da solo che uomo diventare. Questa è un’illusione pericolosissima che quasi sa di delirio di onnipotenza: so io che cosa mi serve e lo voglio subito, miro a crescere per adattarmi e trarre il massimo profitto dalle situazioni invece che a perfezionarmi come persona e puntare al mio essere uomo.

Mission impossible

          Il pericolo più grande in cui possiamo incorrere è lo scoraggiamento. Anche se sembra il meno problematico, non è da sottovalutare. “Anima dell’educazione può essere solo una speranza affidabile” scrive il Papa. Educatori, insegnanti, animatori rischiano di non sperare più di fronte a un disorientamento simile e al bombardamento mediatico e culturale a cui sono sottoposti i ragazzi. Arrendersi è già partire sconfitti, ammettere che non c’è altro da fare: ma la fiducia nella vita è specchio della fiducia in Dio che ci ha chiamati alla vita. Il problema è proprio qui: la crisi educativa parte proprio da una crisi di fiducia, che si manifesta in educatori e insegnanti pieni di dubbi, incertezze e incapaci di una testimonianza personale, nell’attaccamento a un titolo di studio e non alla qualità del sapere.

Ma per fortuna, la speranza c’è. C’è anche chi non solo se ne accorge, ma fa di tutto perché il mondo lo veda e si impegni per questo. A partire da una presa di coscienza realistica di ciò che sta accadendo, si può ancora cambiare, scardinando le false maschere di felicità che la cultura di oggi propone. Quattro sono i punti su cui intervenire:

- gli adulti: verrebbe da dire “ma dove sono?” Spesso non sono i ragazzi a non volere punti di riferimento, sono i punti di riferimento stessi che non ci sono! O non si vedono abbastanza. Servono figure adulte responsabili, che sanno ascoltare e avere occhio, non qualunquiste e disposte a sporcarsi le mani per i giovani, per i figli, per dare loro speranza e aiutarli a costruirsi l’armatura necessaria per affrontare la vita da soli. Adulti che sappiano parlare al cuore!

- giovani forti, di carattere: oggi sono fragili e disorientati. Devono crescere con radici robuste e sane; il consumismo e la confusione, la ricerca dell’effimero e del facile sono forti e sempre più subdolamente presenti nella vita di tutti i giorni. Occorrono per questo giovani capaci di radicalità, verità e portatori di ideali grandi per scelte autentiche, controcorrente.

- il valore del lavoro e della scuola: non basta fare, bisogna insegnare a fare bene, con ordine e disciplina. Il lavoro fa crescere giovani aperti al confronto, con uno scopo, consapevoli di poter sempre migliorare. Giovani senza paura! Che si punti più alla qualità, a partire dall’istruzione stessa: a cosa serve sfornare milioni di diplomati e laureati se poi il titolo e le conoscenze effettive non coincidono?

- la condivisione: diventiamo consapevoli della nostra storia, del patrimonio che abbiamo e che dobbiamo difendere, del compito che ci è stato affidato. Diventiamo solidali e impegnati, non restiamo semplici spettatori!

Un testimone di speranza: l’Oratorio

L’Oratorio in questo contesto, è un vero e proprio rivoluzionario. Davanti alla crisi di valori del nostro tempo è uno dei difensori più attivi di educazione ed evangelizzazione, occupandosi proprio dei quattro punti detti sopra.

Oggi assistiamo a una continua diffusione dei cosiddetti non-luoghi, cioè luoghi senza un significato, uguali in tutte le parti del mondo, destinati al consumismo e al transito di cose e persone. Non servono a dare un’identità all’individuo perché essi stessi non ce l’hanno, né trasmettono dei valori o una cultura, essendo un insieme generalizzato e indistinto di cose ed esperienze tra cui un individuo può scegliere.

L’Oratorio, al contrario, è un luogo che pur realizzandosi in molteplici forme ha una radice e un’identità solide e uniche. Di stampo tutto italiano, è stato capace di resistere per ben cinque secoli a cambiamenti culturali che hanno messo in crisi molte altre attività pastorali, guadagnandosi anche un intero paragrafo dell’ultimo testo della CEI.

L’Oratorio è:

- dinamico: si adatta a tutto quello che interessa la vita di un adolescente e lo guida, senza farlo sbattere di colpo contro la realtà che frantuma e allo stesso tempo senza chiuderlo in una campana di vetro. Passo dopo passo accompagna e poi, al momento giusto, lascia andare.

- legato a un significato e quindi riconoscibile, anche fisicamente. Portici, sale, campi da gioco e spazi aperti…una sorta di vecchia piazza del paese dove ci si ritrovava e si stava insieme.

- popolare, non solo perché conosciuto ma proprio letteralmente: è fatto per le persone, per tutti, a differenza di circoli culturali o sportivi specifici ha le porte sempre aperte.

- comunitario, perché è intreccio di relazioni: qui si condividono storie, vite, esperienze in grado di cambiare la vita.

- incontro tra diverse vocazioni: l’Oratorio non è solo dei preti e delle suore, e neanche solo dei laici. È frutto della collaborazione tra entrambi, dove si riceve e si dona allo stesso tempo.

E si potrebbe aggiungere molto altro: è missionario, è luogo di crescita della fede, è una famiglia. Qui evangelizzazione ed educazione si incontrano e si sposano: si parla di Gesù ma si impara anche a conoscerlo concretamente, per poterlo poi testimoniare e renderlo davvero la Speranza del nostro tempo.

…poiché c’è un avvenire,

e la tua speranza non sarà delusa.(Bibbia, Proverbi 23, 18)

Riflessioni tratte da A. Bozzolo, R. Carelli, “Evangelizzazione e Educazione”, LAS-ROMA

Elisabetta Venturini

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