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Gradi di bellezza

La bellezza è la gloria del corpo. Ma vari sono i modi, diversi gli sguardi con cui la si può cogliere. Vi sono dei modi molto superficiali di apprezzare la bellezza di un corpo o di un volto. Ed è una delle grandi ingiustizie della vita che certe persone dal fisico cosiddetto “sgraziato” siano, proprio a causa della superficialità dello sguardo, come ignorate, talora addirittura abbandonate a se stesse. Lo sguardo che parte dal cuore e va verso la persona ‚Äì è, per eccellenza, lo sguardo d'amore ‚Äì sa cogliere la bellezza propria di ciascun corpo, di ciascun volto. Come dice Jean Vanire (che vive quotidianamente con persone portatrici di handicap), “amare qualcuno significa rivelargli la sua bellezza”.Si possono distinguere cinque gradi di bellezza, a seconda che lo sguardo si ferma all'esterno oppure è capace di accedere all'interiorità.


Gradi di bellezza

da Quaderni Cannibali

del 11 marzo 2002

La bellezza plastica. Si tratta della semplice armonia delle forme e dei volumi. Il carattere gradevole di queste forme dipende da certi canoni, che possono variare da una cultura, o da un\' epoca, all\' altra. Così, per esempio, noi apprezziamo la snellezza, mentre altre culture hanno apprezzato o apprezzano la rotondità. Per il volto, sarà la linea del naso, il volume del mento, la curva degli zigomi, la chiarezza della fronte, ecc. Ora, la tale armonia, il tal equilibrio, la tale finezza o forza sono, non v\' è dubbio, del tutto degne di essere apprezzate, e fanno parte degli incanti della vita. Ma bisogna anche saperne percepire i limiti: la bellezza che si apprezza qui non è, in fondo, molto diversa da quella di un oggetto d\' arte. All\' incirca la si potrebbe gustare anche in una statua, in un\' immagine: profilo greco, naso aquilino, silhouette felina, colore degli occhi. Una bellezza quasi anonima, di cui può accontentarsi lo sguardo che scorre la copertina dei rotocalchi.

La grazia sensibile dell\' espressione. Per chi percepisce il corpo a partire dal volto, esso è anzitutto espressione. Vedere un volto significa in primo luogo ricevere. Ebbene,ciò che viene qui ricevuto non è solamente manifestazione: è espressione. La differenza tra queste due nozioni sta nel fatto che la prima può applicarsi a qualsiasi realtà, compresa quella delle cose, mentre la seconda è propria del soggetto. Il volto si esprime, significa, parla di per sé. Un volto inespressivo è meno bello. Ora certi volti sono naturalmente meno espressivi di altri. Altri sono vibranti e raggianti di qualcosa di indefinibile: gioia di vivere, intelligenza, humor, sensibilità, sintesi di debolezza e forza, di leggerezza e gravità, di candore e padronanza. E\' possibile, allora, che ci si fermi al fascino di questa espressione, a ciò che si chiama grazia e che è come un \'dono\' ricevuto e fatto al tempo stesso, un beneficio, un favore di cui beneficiano tanto chi ne è portatore quanto chi lo incontra. Certi volti danno l\' impressione di essere \'benedetti dagli dei\' . Sì, è possibile allora, che ci si fermi a ciò che può avere di variabile una tale attrattiva e che si apprezzino le persone, o i volti,  unicamente in funzione di questo charme sensibile. E\' qualcosa che tenta, indubbiamente, ed è un atteggiamento largamente diffuso, ma dobbiamo rilevare la selezione impietosa che ciò implica nel campo relazionale.

L irradiamento della presenza. Ci sono volti che non sono \'belli\' secondo i criteri della gradevolezza plastica e neppure secondo quelli della grazia sensibile, e tuttavia lo sono per un\' altra dimensione, più profonda rispetto ai criteri precedenti. Dal punto di vista di colui che percepisce, lo sguardo che nonsi limita alle forme o allo charme può cogliere un\' altra modalità della bellezza. I tratti possono essere grossolani, la carne senescente, l\' espressione riservata, inafferrabile o severa, poco importa; ci troviamo qui di fronte a un evento: la manifestazione di una presenza. Un soggetto, una persona è la davanti a noi. Egli (essa) ci parla, con parole o in altro modo. Non più \'egli\' , ma \'tu\' . Questa presenza resta misteriosa, oscura e luminosa allo stesso tempo, forza e debolezza. Certe forme di presenza traducono maggiormente il versante di oscurità o di debolezza, altre maggiormente quello della chiarezza o della forza& Al di là di queste combinazioni molto variabili, è sempre la stupefacente ed emozionante esperienza, attraverso gli occhi essenzialmente, ma non solo, della vita di un soggetto. La paradossale manifestazione di un mistero.

La gloria nascosta. La presenza stessa può diventare velata, difficilmente percepibile o, al contrario, spaventosa. Ci sono volti sfigurati, frantumati dalla vita, passati per l\' inferno, umiliati, o semplicemente sfavoriti dalla vita, al di fuori delle nostre norme e misure. Li si può trovare difformi, ripugnanti, mostruosi, o semplicemente poverini, insignificanti, noiosi. Questo è lo sguardo abituale, quello che è portato dall\'onda delle abitudini sociali e dei criteri comuni, in cui chi vive solo alla superficie di sé, coglie degli altri unicamente la superficie. Ma ci sono momenti in cui chi è animato da una qualche vita spirituale potrà percepire la gloria che si dà in quella miseria. Una gloria segreta, come quella di Dio, alla quale è apparentata e dalla quale proviene. Gloria di un essere unico, assolutamente unico, a immagine di un Dio che a sua volta è stato sfigurato e schernito. Irradiamento ancora più misterioso di quello della presenza e che non può essere percepito, in verità, se non per rivelazione. Rivelazione della gloria nascosta in ogni persona umana, in coloro la cui miseria è evidente, ma anche, ancora più nascosta forse, in coloro in cui la miseria stessa è come velata, occultata dall\' aspetto accattivante e dai paludamenti della conformità alle norme sociali.

Il volto trasfigurato. Accade che la gloria segreta divenga sensibile. Ognuno di noi non ha forse incontrato degli esseri il cui volto appariva come abitato da una luce interiore, trasformato da questa, raggiante di una vita di origine sconosciuta? Nella fede una tale vita è riconosciuta come vita del Padre, del Risorto e dello Spirito. Mosè e Gesù sono così apparsi come trans-figurati, l\' uno al suo popolo, l\' altro ai suoi discepoli. \' Aronne e tutti i figli d\' Israele videro Mosè, ed ecco che la pelle del suo viso era raggiante, ed essi ebbero timore di avvicinarsi a lui\' (Es 34,30). \' E Gesù fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto risplendette come il sole e le sue vesti divennero sfolgoranti come la luce\' (Mt 17,2). Seppure in modo meno straordinario, ogni cristiano, ogni uomo che vive dello Spirito è chiamato a questo:\'E noi tutti che, a viso scoperto, riflettiamo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasfigurati in quella medesima immagine, di gloria in gloria\' (2Cor 3,18). Si deve riconoscere che questa trasformazione è raramente sensibile. Questa luce può semplicemente prendere la forma della gioia e della pace che abbiamo potuto veder irradiare dal volto di un anziano monaco, di un uomo di preghiera, di una persona interamente votata a Dio e agli altri.

Rari sono gli artisti in grado di tradurre tutti questi gradi di bellezza, gli ultimi soprattutto. Tuttavia ci è possibile, attraverso le grandi opere pittoriche che conosciamo, ripercorrere queste varie tappe, che non si escludono a vicenda e tra le quali non abbiamo da operare una scelta, ma che sono da accogliere quando e come ci sono date. Ognuna ha il suo valore; solo avviene che, per chi si fermi per via, le prime facciano schermo alle seguenti. Sì, perché (e questa va detto) la bellezza, che è manifestazione, può essere anche schermo. Il visibile può rinviare all\' invisibile, ma può anche nasconderlo. \'L\' essenziale è invisibile agli occhi; si vede bene solamente con il cuore\' .

(da Xavier Lacroix, Il corpo e lo spirito, Edizioni Qiqajon, pp. 16-21).

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