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Credo nell'assistenza Salesiana

L'assistenza salesiana è un modo meraviglioso per conoscere i giovani così come sono; è solo stando con loro che possiamo aiutarli ad essere “buoni cristiani e onesti cittadini”. Assistere vuol dire accompagnare i giovani, essere con loro, apprezzare quello che apprezzano loro, ascoltare quello che ascoltano...


Credo nell’assistenza Salesiana

da Teologo Borèl

del 30 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 

Credo nell’assistenza Salesiana

          È la carta vincente dell’educazione salesiana. Negli anni della formazione iniziale ho appreso il vero significato della presenza salesiana. Essere presente con tutto il proprio essere è una sfida. I giovani di cui ci prendiamo cura non sono agnelli docili; certo sono amichevoli ed obbedienti, ma a volte è come se alzassero un muro tra noi e loro. Gli anni della mia formazione sono stati molto importanti per me, perché mi hanno aiutato a capire quello che nella vita salesiana è tutto. Noi, come FMA siamo chiamate ad essere ‘assistenti’, ad essere ‘presenti’ tra i giovani tutta la vita. Questo è l’unico modo legittimo di vivere la vita salesiana. Ovviamente è necessario verificare e vigilare sulla qualità della mia ‘presenza’ nella vita dei giovani.  

Credo nell’assistenza salesiana

          Perché come FMA abbiamo l’impegno di essere persone che non hanno paura di condurre i giovani ad una vita di pienezza, di essere ferme e di esigere soprattutto quando sono tentati di prendere l’esistenza con leggerezza, di avere la determinazione di far loro conoscere che “Gesù è venuto per dare Vita in abbondanza”. Ho sperimentato l’importanza di essere tra i giovani amica, sorella, madre e guida. Capace di prendermi cura di loro con amorevolezza, generosità e gentilezza. Don Bosco ci ha insegnato ad “amare ciò che amano i giovani” in modo che possano giungere, loro stessi, ad amare ciò che noi amiamo: Dio e il suo Regno. Questa è la convinzione che mi ha sostenuta nei momenti di difficoltà. L’assistenza salesiana è un modo meraviglioso per conoscere i giovani così come sono; è solo stando con loro che possiamo aiutarli ad essere “buoni cristiani e onesti cittadini”. Nel mondo salesiano questa parola “assistere” ha una risonanza fortissima. Assistere vuol dire accompagnare i giovani, essere con loro, apprezzare quello che apprezzano loro, ascoltare quello che ascoltano aiutandoli così a crescere in tutte le dimensioni del loro essere persona. Don Bosco ha dato molta importanza all’assistenza soprattutto nel cortile; per lui è vero amore, viva partecipazione al mondo dei giovani, dimostrazione di un forte e personale interesse per ciascuno. Essa è il frutto dell’amore, di una presenza educativa, di una valutazione realistica delle possibilità e dei limiti dello sviluppo della ragazza, del ragazzo che abbiamo di fronte.  

Credo nell’assistenza salesiana

          Perché ho sperimentato la bellezza di entrare in comunicazione profonda con i giovani, di avere una relazione empatica con loro, di educarli alla responsabilità nella vita quotidiana, di cercare nuovi modi di essere sempre presente. Con l’assistenza possiamo aiutare chi cresce a staccarsi da fragili sicurezze, ad alzare le mani per invocare Gesù, ad avere fiducia in Lui che è il Signore della nostra vita.

          Se dovessi rispondere alla domanda: che cos’è l’assistenza salesiana? Direi in sintesi: la presenza in mezzo ai ragazzi, sempre in qualsiasi posto, in qualsiasi circostanza; una presenza amabile, attenta, gradita. Necessaria. Le educatrici e gli educatori sono chiamati a stare sempre in mezzo ai ragazzi anche quando questa presenza è resa difficile dagli impegni che si sono moltiplicati e si sono intricati, con il complicarsi stesso della vita quotidiana. Già Don Bosco metteva in guardia i Salesiani nel 1884, scrivendo loro da Roma una famosa lettera, in cui ricordava che senza la presenza, senza l’assistenza vigile e attenta tra i ragazzi l’opera della educazione è monca, se non addirittura svuotata di sostanza. 

          Non bastano sacrifici, anche impegnativi. Non è sufficiente logorarsi. Occorre sintonizzare con i giovani, trovare il linguaggio che ci renda comprensibili. Fare in modo che percepiscano la nostra vicinanza. L’amore - dice l’exallievo Buzzetti a don Bosco nel famoso testo della Lettera da Roma - era quello che ci serviva di regola. Siamo in presenza di una realtà preziosa - l’amore come presenza che accompagna -, eppure questa presenza educativa e amorevole è uno degli aspetti più delicati e fragili del Sistema preventivo. Già don Bosco, ai suoi tempi, doveva lamentare che gli educatori, oppressi dall’attività “martiri dello studio e del lavoro” avevano perso il contatto personale con i giovani! Per riuscire a educare occorre conquistare la fiducia dei giovani. È possibile se essi non ne hanno, se non si avvicinano? Don Bosco risponde: «Togliendo ogni causa che li allontani da noi; avvicinandoci noi a loro, adattandoci ai loro gusti, facendoci quasi uguali a loro».

Yvonne Reungoat, Superiora generale, 10 gennaio 2012

Mara Borsi

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