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«Cosa impongono laicità e razionalità»?

Viene applicata questa parte della legge? Sempre? Ovunque? I Consultori familiari si impegnano davvero perché la donna scelga liberamente tra tutte le strade percorribili? Contribuiscono a far superare le cause che potrebbero indurre ad interrompere la gravidanza?


«Cosa impongono laicità e razionalità»?

da Teologo Borèl

del 02 luglio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

«Ripugna alla ragione che la menzogna abbia gli stessi diritti della verità». (Papa Leone XII, Lettera Enciclica Libertas, 1888)

          Bella domanda. A suscitarla è Ludovico Pratolini, che così scrive, oggi, a Corrado Augias.«Caro Augias, da una vita cerco di capire la differenza tra i concetti di laicità e laicismo. La lettera della signora Nicoletta Santi, con relativa sua risposta (“Il diritto all’aborto e l’ideologia dei medici”), mi ha aperto gli occhi. Laicità è capacità di discutere razionalmente, laicismo è pre-convinzione di essere nel giusto. Nessuna discussione possibile: l’aborto è un diritto, il medico che non accetta di praticarlo un oscurantista che offende le donne. E se le dicessi che ho conosciuto, di persona, una donna che ha tranquillamente scelto di abortire 7 (sette) volte? Anche questo è un diritto, a cui nessuno può permettersi di obiettare? La questione è troppo complessa, delicata, seria per liquidarla con poche parole di comodo. Abortire non è di per sé un diritto come votare, o risiedere dove si vuole, o avere la libertà di esprimere il proprio pensiero. E’ qualcosa di enormemente più complicato. Ed è proprio questo che il laicismo, diventando a sua volta “pensiero religioso”, dimentica».

          Eh, già: Freud potrebbe scrivere un libro(ne) sulle “amnesie”, le “rimozioni” e le perifrasi dei laicisti! E infatti, come volevasi dimostrare, Augias si avvale della facoltà di non rispondere. Scrive, divaga e pontifica… d’altro.

          Una ragione usata correttamente, e cioè tenendo conto di tutti i fattori della realtà, apre lo sguardo a 360°. I laicisti e i razionalisti lavorano invece molto bene di… ramazza e, un colpetto qui, un colpetto lì, con nonchalance si sbarazzano di tutto quello che non rientra nei loro (angusti) schemi. Come? Ad esempio così. Anche se alle feste di compleanno (?) per la 194, come abbiamo documentato nel sito, le donne sbandierano cartelli in cui si vantano degli aborti compiuti (e dunque l’«aborto facile, vissuto con superficialità» è purtroppo una triste realtà!); anche se l’interruzione di gravidanza per alcune è considerata alla stregua di un metodo contraccettivo; anche se non è una novità, né l’eccezione, quella di donne che più volte sono ricorse all’interruzione volontaria di gravidanza (l’abbiamo ricordato nel sito, rifacendoci al testo di Irene Villar, “Scritto col mio sangue”), cosa fa Augias di fronte a questi dati oggettivi, riflettere sui quali farebbe inevitabilmente scricchiolare penosamente le sue tesi? Semplice: cassa la realtà ed inizia a sgomberare il campo. «Per discutere razionalmente – esordisce – metterei subito da parte la donna che ha abortito “tranquillamente” sette volte. Si tratta di una patologia (forse mentale) che fa caso a sé». Il giornalista-psichiatra Augias liquida così in quattro e quattr’otto la sconosciuta (che, purtroppo, non è affatto vero che “fa caso a sé”), e a passi lunghi e ben distesi… va oltre, come il problema non esistesse. Bel modo di usare la ragione, complimenti!

          Ma non finisce qui. Per insegnarci (?) cosa significano – secondo lui – laicità e razionalità, parte con la prima filippica. «Laicità (e razionalità) – scrive – impongono di parlare anche di questo (delle informazioni sulla regolazione delle nascite, ndr). Non si può, in base a “principi non negoziabili”, tentare da una parte di impedire l’aborto, anche quando necessario e dall’altra ostacolare la diffusione di mezzi anticoncezionali per esempio ostacolando la vendita di nuovi prodotti».

          «Ostacolando la vendita di nuovi prodotti» è – lo capisce chiunque – una frase sibillina che fa evidentemente riferimento alla Ru486 e alle pillole di nuova generazione: quelle anticoncezionali, ma anche quelle anti «gestazionali», che tutto il fronte pro-choice vorrebbe venissero distribuite come caramelle e delle quali – guarda caso – si pubblicizzano i cosiddetti “vantaggi”, minimizzando sui possibili, seri effetti collaterali per la salute della donna (molti dei quali ancora poco noti) e glissando sul fatto che l’Ru486 non è una “pastiglietta”, ma un farmaco abortivo e dunque omicida. Anche se lo prendi tra le mura domestiche, non vivi il “trauma” dell’ospedale e l’espulsione di tuo figlio è nel bagno di casa.

          Pontificando di qua e anche di là, ma sempre guardandosi bene dal rispondere al lettore, così chiude il dottissimo: «Suvvia, siamo “razionali”».«Suvvia, siamo “razionali”»!

          La puntigliosa non solo prende alla lettera Augias ma, al suo invito, ci aggiunge anche un bel punto esclamativo, perché siccome la vita e la morte di tutti, specie di chi non ha voce, sono argomenti serissimi, vanno affrontati usando (bene) la ragione. E allora cominciamo.“Razionale” è, innanzitutto, leggere attentamente la 194, dall’articolo 1 all’articolo 22.

          Lo sanno, le donne, che la 194: «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza», fin dal titolo è innanzitutto a tutela della maternità? Lo sanno che «lo Stato tutela la vita umana dal suo inizio» e dovrebbe dunque offrire tutti gli aiuti necessari alle donne sia durante la gravidanza, sia dopo il parto?

          “Razionale” è, a questo proposito, soffermarsi sull’articolo 5: «Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto».

          Viene applicata questa parte della legge? Sempre? Ovunque? I Consultori familiari si impegnano davvero perché la donna scelga liberamente tra tutte le strade percorribili? Contribuiscono a far superare le cause che potrebbero indurre ad interrompere la gravidanza?

          Ancora. “Razionale” è impegnarsi affinché si verifichi sempre quanto previsto dall’articolo 14: «Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi».

          “Razionale” è, a questo proposito, nel rispetto della legge (la 194, non un’altra!) che, se la donna deve essere informata, sappia innanzitutto che in grembo ha suo figlio, il suo bambino. Siamo certi, certissimi che questo accada? Che una madre venga invitata a prendere coscienza (“razionalmente”) del concepito che ha in grembo? Che lo veda in faccia?

          Così scrive Antonio Socci nel suo saggio “Il genocidio censurato. Aborto: un miliardo di vittime innocenti”: «Secondo le statistiche un bambino italiano, prima di aver terminato la scuola elementare, vede in media in tv 8.000 omicidi (ottomila!!!) e 100.000 atti di violenza (centomila!!!). Per gli adulti naturalmente lo spettacolo è ancora più pesante. L’unica “immagine” che – a quanto pare – è proibito mostrare e vedere è il volto – sereno e dolce – di una possibile vittima prima della sua eventuale eliminazione. In particolare è proibita l’immagine (per nulla cruenta, anzi tenera e simpatica) di un bambino, vivo e sereno, nel seno della madre, a 15 settimane di gestazione, quantomeno se a quell’immagine si associa un appello a non abortire e un’offerta di aiuto alle donne in condizione di bisogno».

          Lo sanno i lettori che a seguito della legge emanata in Texas, conosciuta come HB-15, che prevede che una donna che ha deciso di interrompere la gravidanza prima si sottoponga ad una ecografia transvaginale, in modo che veda suo figlio, si è scatenata a livello planetario una feroce protesta del fronte pro-choice? Siccome per questo tipo di esame (che non è doloroso e viene effettuato spesso, non necessariamente solo a donne incinte) viene utilizzata una sonda, gli abortisti hanno definito l’esame “invasivo” ed “offensivo” (?) e così, provocatoriamente, si sono espressi: «L’Oms definisce stupro “una penetrazione forzata nella vagina o nell’ano, usando il pene, altre parti del corpo oppure un oggetto”. Qual è la differenza?». Credo che il paragone si commenti da sé e che – ce ne fosse ancora bisogno – sia un’ulteriore conferma che non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere. E’ un atteggiamento “razionale”, questo?

          “Razionale” è, nel rispetto della legge (la 194, non un’altra!) che la donna sappia esattamente come avvengono i “procedimenti abortivi”. Siamo certi che alle donne venga spiegato esattamente come viene praticato un aborto chirurgico o cosa accade al loro corpo e al loro figlio dopo l’assunzione della Ru486? Lo sanno che un aborto non è una passeggiata? Vengono informate su tutte le possibili conseguenze fisiche e psicologiche a cui andranno incontro? «La verità è spesso una ferita, quasi mai un balsamo», scrisse il filosofo e scrittore francese Gustave Thibon. E’ vero, ma “razionale” dovrebbe essere (anzi, è!), innanzitutto, “sapere”. “Razionale” è spiegare alle donne tutte le alternative possibili, ma il Comitato Onu sui Diritti dell’Infanzia ha da poco intrapreso una battaglia contro l’uso dei baby box, versioni moderne delle medievali ruote degli esposti che si stanno di nuovo diffondendo in Europa e che il Comitato ritiene violino il diritto che ogni bambino ha di conoscere i propri genitori. Meglio l’aborto? E’ questa la strada che «impone la razionalità e la laicità»?

          Ho fatto solo degli esempi, ma se davvero sapessimo guardare alla realtà della gravidanza secondo tutti i suoi fattori, “razionale” è ciò che scrisse Norberto Bobbio nel 1981: «Mi stupisco che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere».Vero. Piccolo particolare: Bobbio usava la ragione da laico, non da laicista.

Saro Luisella

http://www.culturacattolica.it

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