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Che senso ha vivere?

La cultura secolare e materialista è incapace di portare vera realizzazione e gioia.'Così Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenire superfluo ed estraneo. In stretto rapporto con tutto questo, ha luogo una radicale riduzione dell'uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale... La Sua risurrezione è stata dunque come un'esplosione di luce, un'esplosione dell'amore che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé' [Benedetto XVI a Verona, 19 ottobre 2006].


Che senso ha vivere?

da Quaderni Cannibali

del 06 novembre 2006

Con il suo magistero Benedetto XVI aiuta tutti a riconoscere l'incapacità della cultura secolare e materialista nel portare vera realizzazione e gioia. E invita ad essere coraggiosi nella pastorale testimoniando la bellezza, la bontà che deriva dall'incontro con il Risorto nel mondo, per il mondo e non del mondo, e dal vivere secondo i suoi comandamenti cogliendo tutto il senso della vita. Per lasciarci assimilare, amare da Cristo risorto è fatto originariamente il nostro cuore, il nostro io, il cuore, l'io di ogni uomo, comunque ridotto, e non trova riposo se non riposa in Lui.

Occorre anche vigilare nella necessità e nella modalità di parlare apertamente dei mali che rendono difficile cogliere il senso della vita per non avvallare l'immagine, purtroppo molto diffusa, che il cattolicesimo sia una raccolta di divieti e la Chiesa come qualcosa di retrogrado e di negativo, mentre invece il messaggio del Vangelo dona la vita, il senso della vita, lo dona in abbondanza (Gv 10,10). Perché questo annuncio possa essere colto concretamente in un vissuto concreto di comunione ecclesiale e quindi comprensibile, credibile, occorrono vissuti di amicizia ecclesiale che lo testimonino.

Occorre anche un'intelligenza di un simile vissuto di fede cioè una catechesi conforme al 'Catechismo della Chiesa cattolica come sul nuovo Compendio. La superficiale presentazione dell'insegnamento cattolico deve essere evitata, poiché solo la pienezza della fede può comunicare la potenza liberatrice del Vangelo. Esercitando il controllo sulla qualità dei programmi e sui libri di testo utilizzati, e proclamando la dottrina della Chiesa nella sua interezza, mantenete la vostra responsabilità di 'annunziare la parola…in ogni occasione opportuna e non opportuna…ed esortare con ogni magnanimità e dottrina' (2Tim 4,2).' (Messaggio di Benedetto XVI ai presuli d'Irlanda, 28 ottobre 2006).

Così è stata la catechesi fatta ai giovani del Vicariato di Galliera il 26 ottobre 2006 dal card. Carlo Caffarra su 'Che senso ha vivere?'

Se l'uomo è trattato come un animale allora la risposta al senso della vita, espressa con maggior forza nei tempi moderni, è quella di Shakespeare: 'La vita non è che un'ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita, sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla' (Macbeth, Atto V, Scena V).

Davanti ai giovani il Cardinale ha chiesto: 'Provate in questo momento a chiedere a voi stessi, ciascuno a se stesso come fosse solo: mi trovo in questa definizione della vita? Veramente essa è 'una favola raccontata da un idiota… che non significa nulla'? e quindi, ciascuno di noi è 'un povero commediante che si pavoneggia e si agita, sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più'? Teniamo dentro questa radicale contestazione al senso della vita, senza affrontarla di petto, per il momento. Desidero ora… portarvi altrove'.

E si è rifatto a due vite, veramente sensate: l'apostolo Pietro e san Francesco d'Assisi.

Quanto a Pietro si è rifatto all'episodio del quarto Vangelo (6,67-68) quando Gesù, dopo un lungo e difficile discorso da capire e da accettare, ha visto cinquemila persone presenti ed entusiaste lasciarlo solo con i dodici. 'Forse anche voi volete andarvene?' Gli rispose Simon Pietro: Signore, da chi andremo? Nella mia vita ho incontrato te; mi hai proposto di vivere con te: questo incontro che è diventato condivisione concreta di vita e io ho cominciato a vivere veramente; non ti lascio più.

Di san Francesco ha fatto rivivere il dialogo col suo amico fra Leone nel quale si chiede: 'qual è, in che cosa consiste la perfetta letizia?' La risposta di san Francesco: 'se durante una notte di inverno chiedo la carità di essere ospitato presso i miei frati, e questi mi scacciano costringendomi a passare fuori la notte, dicendomi: 'vattene, tu sei un semplice e un idiota', in questo è perfetta letizia'. Non si tratta di un pazzo. Quale coscienza, quale certezza fa vivere a Francesco un'esperienza, come quella descritta, di sofferenza e di umiliazione, come un'esperienza di 'perfetta letizia'? E' certo che l'uomo può vivere anche le esperienze più assurde senza smarrire la certezza che la vita che sta vivendo in quel momento ha un senso cioè anche in quelle situazioni tu 'senti' che è comunque meglio vivere, che la vita, propria e altrui, non perde mai la sua bontà intrinseca, per quante siano le gocce di veleno iniettate nel cuore, il cuore resta di Cristo, capace di cogliere il male, di riconoscerlo, di convertirsi, di lasciarsi ricreare fino al momento terminale della vita. Come percepire questo? Francesco vive continuamente la memoria dell'incontro con la presenza di Cristo risorto che l'ha convertito: anch'egli è stato oppresso ed umiliato; è la memoria di una persona viva, presente colla quale Francesco vive continuamente: la 'perfetta letizia' è di essere con Lui, come Lui, è di stare con Lui vivendo in amicizia con frate Leone, perché questa è la vita vera e non 'un'ombra che passa'.

Certo ciò che è accaduto a Pietro, a Francesco devo coglierlo accadere oggi attraverso qualche volto concreto, accadere anche a me incontrando un Pietro, un Francesco e attraverso loro incontrando Gesù risorto non del mondo, ma nel mondo, per il mondo, speranza nel mondo, per il mondo senza essere del mondo e allora la vita non è più un semplice prodotto della natura, senza libertà e non può essere trattata come ogni altro animale, cessa di essere 'un'ombra che cammina'.

Pietro ha incontrato fisicamente Gesù, prima di morire e risorgere, dopo la risurrezione e Francesco come, dove ha potuto incontrarlo? E qui il Cardinale Caffarra ha ricordato una delle pagine più intense della letteratura di ogni tempo: l'incontro dell'Innominato col Card. Borromeo. Ad un certo punto l'Innominato chiede: 'Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov'è questo Dio?'. Anche noi vogliamo vedere Dio dal volto umano nella presenza qui e ora di Gesù risorto. Il Cardinale risponde: 'Non lo sentite in cuore?...v'attira, vi fa presente una speranza di quiete, di consolazione. D'una consolazione che sarà piena, immensa'. E l'Innominato si arrende nell'abbraccio col suo Vescovo. Qui è detto tutto dell'avvenimento di quell'incontro che fa sentire di essere amati e di poter amare con un amore vero, di vedere giusti comportamenti in ogni ambito o santità. 'Ebbene, questa attrazione - ha concluso il Card. Caffarra - che sentite nel vostro cuore è Gesù che la esercita su di voi perché andiate a Lui. Dove lo potete abbracciare? Nella sua Chiesa (in un vissuto fraterno di comunione ecclesiale autorevolmente guidata). La Chiesa è il luogo in cui può accadere l'incontro con Gesù; la dimora del senso. E ciò è vero da almeno due punti di vista fondamentali.

Primo (a livello oggettivo). La possibilità di incontrare Gesù nella Chiesa si concretizza con gesti oggettivi della vita che nella Chiesa impariamo a vivere: la preghiera e la lettura della Sacra Scrittura, i santi Sacramenti, la vita in comune con chi vive la stessa fede, la devozione alla Madre di Dio, i sacerdoti che vi educano e vi guidano.

Secondo (a livello soggettivo). Per facilitare al massimo l'incontro con Lui, Gesù si manifesta e ci attira più potentemente attraverso quei volti, quelle persone concrete nelle quali noi percepiamo più intensamente il senso di una vita vera. Può esser il volto di quella donna, di quell'uomo, con cui hai iniziato a vivere una storia di vero amore. Può essere il volto di un povero, di un oppresso in cui hai visto il bisogno smisurato di amore ed allora hai cominciato a sentire che Gesù ti chiede di seguirlo nel sacerdozio o nella verginità consacrata'.

A livello di evangelizzazione e di educazione alla fede e alla morale cattolica, a livello pastorale occorre veramente un connubio fra oggettivo e soggettivo, un connubio che il pastore, l'educatore vive e propone con entusiasmo certo che Gesù dona la possibilità di godere subito cento volte tanto e la vita eterna. Questo è il senso del vivere. 

don Gino Oliosi

http://www.culturacattolica.it

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