I Salesiani: diamo risposte per evitare la dispersione. Forte preoccupazione per il futuro della scuola professionale dopo lo stop alla riforma. Dagli istituti della Cnos-fap appello al ministro della Pubblica Istruzione perché non si penalizzi questa realtà.
del 03 novembre 2006
«In un momento nel quale si parla tanto di lotta all'abbandono scolastico, lasciare la formazione professionale in ansia per il proprio futuro appare una grossa contraddizione». Non nasconde la propria perplessità sulla questione, don Pascual Chavez, rettore maggiore dei Salesiani, congregazione religiosa da sempre impegnata nell'educazione dei giovani e promotrice di moltissimi centri di formazione professionale. Centri che spesso accolgono proprio coloro che abbandonano il tradizionale percorso di studi, ma che non rifiutano la possibilità di una formazione. «Non tutti sono chiamati agli studi classici o commerciali - ricorda il rettor maggiore, facendo riferimento all'idea del fondatore dei Salesiani, san Giovanni Bosco -, qualcuno ha bisogno di itinerari educativi studiati appositamente». Un approccio educativo che ha portato, ad esempio, i centri salesiani ad aderire, nelle Regioni che li hanno attuati, ai percorsi triennali sperimentali di formazione professionale iniziale. Percorsi rimessi ora in discussione con l'introduzione del biennio unitario che porterà l'obbligo scolastico a 16 anni. «Come Salesiani d'Italia - ha detto con forza il rettor maggiore - chiediamo al ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni e alle Regioni di mantenere queste esperienze formative». Un appello che don Chavez avrebbe voluto rivolgere personalmente al ministro Fioroni in occasione di un convegno svoltosi qualche giorno fa ad Arese, alle porte di Milano, nel centro salesiano «san Domenico Savio». Un incontro saltato all'ultimo momento per improvvisi impegni del ministro, ma che ha visto l'intervento, tra gli altri del presidente della Bocconi Mario Monti, dello psichiatra Gustavo Charmet e dell'ex segretario nazionale Cisl, Savino Pezzotta.
Un appello che nasconde anche una fase di ansia per l'intero mondo della formazione professionale. Infatti se al lavoro dei centri viene riconosciuto un certo successo formativo, nel contempo in sede legislativa non arriv ano analoghe attenzioni. «Prendiamo positivamente atto che, nell'innalzamento dell'obbligo ai 16 anni, si parla ora di biennio unitario e non più unico - sottolinea Michele Colasanto, presidente di Forma, l'associazione nazionale degli enti di formazione professionale -. Questo biennio unitario, ovviamente, ci interessa se sarà davvero indicatore di un'offerta formativa differenziata». Insomma un biennio da non spendere solamente nella scuola, ma che veda protagonista la formazione professionale per creare percorsi che permettano di assolvere l'obbligo (nei primi due anni) e nel contempo permettano di giungere a una qualifica professionale (con un terzo anno). Uno scenario che in parte potrebbe diminuire l'ansia che sta vivendo questo segmento della formazione.
Per ora tutto resta legato alla Finanziaria, nel cui articolo 68 è stata introdotta la norma sull'obbligo a 16 anni e il biennio unitario affidando a una delega attuativa la definizione operativa. Passaggi quanto mai delicati, come hanno sottolineato i relatori al convegno di Arese. La speranza è che, in fase di delega, si tenga in considerazione il ruolo educativo compiuto dalla formazione professionale. «Ho constatato personalmente come in Europa sia data sempre più importanza alla formazione professionale e soprattutto a quella iniziale - ha rammentato Mario Monti -. In Italia si rincorre da anni una riforma che dovrebbe portare a bloccare la dispersione di tanti talenti». «Occorre dare un futuro ai ragazzi che abbandonano la scuola - aggiunge Gustavo Charmet -. Occorre riorganizzare loro la speranza». Ma soprattutto una vera valorizzazione della formazione professionale, «passa attraverso tre parole chiave - sottolinea Michele Colasanto -: quantità, intesa come lotta alla dispersione scolastica; qualità, offrendo una formazione in linea con il mercato e capace di dare autonomia alla persona; equità, offrendo opportunità a tutti anche oltre la qualifica professionale». Un esempio? Lo offre don Vittorio C hiari, direttore del centro di Arese. «A giugno di quest'anno 19 nostri ragazzi hanno dato la maturità tecnica. Giovani che sembravano 'persi' per il percorso scolastico tradizionale, ma che nella formazione professionale hanno ritrovato motivazioni ed entusiasmo». Un esempio offerto al ministro e al Parlamento.
Enrico Lenzi
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