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Caro Papa ancora per poco

Hai dato sostanza alle parole di san Paolo: «Quando sono debole, allora sono forte, perché sei Tu la mia forza». Che sensazione strana, santo padre, saperti lì ancora per pochi giorni, avere un limite inesorabile oltre il quale non sarai più... così come sei.


Caro Papa ancora per poco

 

         Che sensazione strana, santo padre, saperti lì ancora per pochi giorni, avere un limite inesorabile oltre il quale non sarai più... così come sei. Che strano saperti a tempo, come se poi non fosse sempre stato così, come se la vita stessa non fosse a tempo, per tutti noi.

         Che cosa così particolare iniziare con te questa quaresima nell'Anno della fede e sapere che la termineremo nel triduo con il tuo successore. Il tutto evocando su questo momento di passaggio categorie, fatti, gesti che da sempre per noi prendono forma quando arriva la morte. Ma questa non è la tua morte, tu sei qui con noi, continui a pregare con e per noi, in un presente che guardandoti non riusciremo mai a spogliare del tuo passato: tu sei stato papa, ma sei ancora qui con noi.

         Chi sarai, il vescovo emerito di Roma? Mons. Ratzinger? O chissà, forse semplicemente don Josef, quel giovane don Josef che ha coltivato instancabilmente la vigna del Signore, crescendo senza misura nella fede e mantenendo intatta la passione per la Chiesa. Già, la stessa passione che ti ha fatto rinunciare.

         Così ti fai da parte, e ci mostri la grandezza della vita in Dio, che va oltre le missioni, le nomine e le elezioni, scorre continuamente cara ai Suoi occhi, al di là della forma contingente e del passato. E rimetti ancora una volta davanti a tutto il bene della Chiesa. Mi chiedo che cos'hai provato in questi mesi e che cosa stai provando ora. Mi sembra perfino che continuare sarebbe stato più facile per te, perché aprire nuove vie, fare la rivoluzione, è comunque sempre più faticoso che seguire un solco già tracciato, ma così, avrai forse pensato, avresti imposto la tua presenza, più debole, e molti avrebbero creduto che ti volessi arrampicare sulle vette di Giovanni Paolo. No, quella non era la tua via, la via giusta per una Chiesa di cui tu hai indicato tutte le sporcizie e le debolezze.

         "Quando sono debole, allora sono forte perché sei Tu la mia forza". Hai dato sostanza a queste parole di san Paolo, santo padre, hai rimesso ancora una volta la Chiesa di fronte alla debolezza che le è congenita, poiché fa parte dell'uomo, e hai composto un inno alla stessa vita umana, degna creatura, e hai raggiunto vette alte quanto quelle dell'"amato predecessore".

         Che strano saperti lì, in quelle stanze da cui presto traslocherai, tra i tuoi libri e i rosari, mentre fuori il mondo parla della tua rivoluzione e vorrebbe farti mille mille domande: perché, quando hai deciso, con chi ne hai parlato... e chissà, forse anche come stai...

         È così strano sapere che tra poco la tua vita cambierà, che tornerai a vedere in tv il papa affacciarsi da quel balcone, e che cosa gli dirai quando lo incrocerai nei viali dei giardini  vaticani? Scomparirai, lo sento. Non farai mai nulla che possa sollevare il dubbio che tu voglia ancora influire sulla vita della Chiesa. Ma è così rassicurante saperti tra noi, nella tua dimensione, come se in quell'appartamento che fu un monastero ti fossi accostato alla strada e ora ci guardassi continuare quel cammino che finora abbiamo fatto dietro a te, per essere e fare Chiesa. Ogni giorno.  

 

 

Luca Bortoli

 

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