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Capitolo 65

Le scuole elementari diurne, le serali, le festive e quelle di canto nell'Oratorio - Il mese di maggio - D. Bosco parla in pubblico e chiede se tutti i giovani in questo mese onorino la Madonna - In conferenza generale manifesta ai socii la missione celeste a lui affidata - Annunzia quali siano i giovani che non si meritano di stare nell'Oratorio - Accoglie nella Casa un orlano raccomandato dal Conto Cibrario - La Commedia latina - D. Bosco narra di un fanciullo guarito dalla Madonna di Spoleto - Ordinazioni Sacerdotali - Testimonianza di grazia concessa da Maria SS. Ausiliatrice per le benedizioni di D. Bosco - Parlata di D. Bosco: Un giovane causa della morte della propria madre: un alunno il quale prepara una simile sorte al padre suo. Il Municipio di Torino promoveva a tutto suo potere l'istruzione popolare e amava constatarne i progressi anche colle statistiche degli istituti privati della città. Quindi dall'Assessore Municipale Baricco, venivano chieste a D. Bosco notizie delle scuole inferiori dell'Oratorio.


Capitolo 65

da Memorie Biografiche

del 01 dicembre 2006

Ill.mo Signore,

 

Desiderando di formare con esattezza la statistica delle scuole dell'anno corrente, mi volgo alla cortesia della S. V. Ill.ma per avere le seguenti indicazioni

I° Nomi, cognomi, patria ed età degli insegnanti nelle scuole elementari ivi stabilite, delle classi serali e delle scuole festive.

2° Numero massimo degli alunni e numero delle classi.

Non fa d'uopo che gli insegnanti nelle scuole serali e festive abbiano le patenti: queste sole si richiederebbero nelle scuole elementari, diurne; anzi a me basta che vi sia un solo.

La ringrazio anticipatamente e mi dico, Della S. V.

 

Torino, 10 aprile 1864.  

 

Dev.mo Servo

Ass. BARICCO.

 

La risposta di D. Bosco, in data del 2o aprile, ci dà un'altra idea particolareggiata dell'Oratorio e del suo ordinamento. Anche di tutte le scuole inferiori era Direttore Don Ruffino Domenico di Giaveno, essendo egli pure maestro Elementare Superiore. Le scuole serali elementari, divise in tre classi, coi proprii maestri contavano 105 scolari. Le scuole festive con quattro classi, ognuna corrispondente ad un progressivo periodo d'istruzione, accoglievano 185 giovani. La scuola elementare, unica, diurna, si divideva in due sezioni con 90 alunni, in una delle quali insegnava Miglietti Giacomo di Occhieppo.

Le scuole serali di musica vocale, dirette dal Maestro Don Cagliero Giovanni di Castelnuovo d'Asti, erano quattro e gli allievi 83 Quelle di canto Gregoriano sei, e 161 i cantori.

Quella di musica istrumentale avea 30 allievi, dei quali era maestro Massa Francesco di Torino, membro della musica della Guardia Nazionale, e direttore Buzzetti Giuseppe di Carron Ghiringhello.

D. Bosco, dopo aver contentato colla solita cortesia l'assessore municipale, ne' primi giorni di maggio aveva dovuto per breve tempo allontanarsi da Torino, mentre nell'Oratorio colla lettura del solito libretto, coi fioretti e colle giaculatorie giornaliere, si dava principio al mese della Madonna. Il Santo Rosario continuava a dirsi al mattino; e alla sera alle ore 7 si andava in chiesa per la benedizione.

Così leggiamo nella Cronaca, la quale prosegue nella narrazione di ciò che accadde nel mese di maggio. “ Appena ritornato a casa, D. Bosco prese a parlare ai giovani alla sera, quando le occupazioni glielo permettevano. Ecco uno di questi discorsetti.

Chi sa se tutti i giovani facciano bene il mese di Maria? Se Maria SS. parlasse da quella statua direbbe che molti lo fanno bene, sono infervorati ed il numero di questi è grandissimo e di molto superiore a tutti gli altri meno amanti di questa buona Madre. Altri fanno qualche cosa per onorarla, ma poco: un giorno saranno tutto fervore e un altro tutto ghiaccio: ora fanno un fioretto, ora trasgrediscono i loro doveri, ora pregano, ora parlano e disturbano in chiesa: vorreb­bero servire a due padroni. Altri poi fanno niente di bene: non bestem­miano perchè nessuno li fa andare in collera, non rissano perchè non sanno con chi, non disturbano in chiesa ma neppure pregano. Altri finalmente vanno più avanti; non solo fanno poco, o fanno niente, ma fanno male. Se possono sfuggire dalle pratiche di pietà, lo fanno volentieri; se possono avere un compagno della loro risma, non man­cano di mettersi subito a censurare i superiori, le regole ed ogni cosa che loro non vada nel genio. Se si tratta di disobbedire non patiscono scrupoli di coscienza. Ora Maria ai primi fa coraggio e promette un gran bel premio. Ai secondi dice: Lavorate: temete forse che io non sia per pagarvi abbondantemente? Ai terzi dice quasi lo stesso che ai secondi: Non stancatevi, perseverate e sarete contenti. Agli ultimi poi dice nulla, ma volta la faccia indietro, guarda il suo Divin figlio e piange e lo supplica ad usar loro misericordia.

 La Domenica 8 maggio D. Bosco tenne la conferenza generale di tutti i membri della Società di S. Francesco di Sales. Fu una seduta che segna epoca, avendo D. Bosco palesato ciò che prima d'ora non aveva mai detto: - Vi radunai stasera per dirvi alcune cose che riguardano l'origine della nostra società: quello cioè che le diede l'occasione e l'impulso. Premetto per altro che intendo obbligare ciascheduno di voi a non parlarne con altri fuori di quelli della Società. - Quindi prese a dire come fanciullo e poi chierico incominciasse a prendersi cura dei giovanetti, avendo conosciuto fin d'allora il bisogno che avevano di essere coltivati, e la facilità colla quale si lasciano piegare, allorchè vedono che si desidera il loro bene. Descrisse il principio degli Oratorii festivi a S. Francesco d'Assisi, il suo passaggio al Refugio, e poi il suo licenziamento, i sogni  (che chiamò visite) i quali mostravangli casa Pinardi, le trasmigrazioni ai Molini di città, a S. Pietro in Vincoli, a casa Moretta, al prato Filippi: le tende piantate stabilmente in casa Pinardi. Narrò come la mano di Dio avesse colpiti tutti coloro che si erano opposti alla sua impresa. Palesò i due sogni nei quali aveva visto i preti, i chierici, i giovani che la Provvidenza avrebbe posto sotto la sua direzione: il primo sogno colla chiesa portante scritto sul frontone, Haec est domus mea: inde exibit gloria mea: il secondo sogno del viale e pergolato di rose. Enumerò tutte le difficoltà sorte in sul principio, ma vinte coll'aiuto di Dio; disse come prima l'Arcivescovo Fransoni chiamatolo presso di lui lo esortasse a perpetuare l'opera degli Oratorii e come Pio IX nel 1858 gli avesse dato esso stesso la base della nostra Società. Concludeva: - Narrai al Papa tutte le cose che ora paleso a voi. Nessun altro mai le seppe. Ma taluno potrà dire: queste cose tornano a gloria di D. Bosco! Niente affatto: a me tocca solo di rendere un conto tremendo intorno a quello che avrò fatto nell'adempiere la volontà divina. Con questo disegno manifestatoci dal Signore io sono sempre andato avanti e questo fu l'unico scopo di quanto fin'ora operai. Questo è il motivo per cui nelle avversità, nelle persecuzioni, in mezzo ai più grandi ostacoli, non mi sono mai lasciato intimorire ed il Signore fu sempre con noi.

“ Non si può descrivere, continua la cronaca, la profonda impressione che fece e l'entusiasmo che destò simile rivelazione ”.

“ Il giorno dopo D. Bosco dava agli alunni un importante avviso perchè gli spensierati facessero giudizio.

Abbiamo più solamente un terzo dell'anno scolastico da passare ed io desidero che lo passiamo bene. Per questo motivo credo sia opportuno il dirvi ciò che faremo in questo tempo, affinchè non vi accada nulla che vi tomi nuovo e siate informati di tutto; eziandio perchè desidero che voi diciate tutto a me, così io dico tutto a voi.

Vi dirò adunque che in questo mese nell'Oratorio vi è l'usanza che i professori, gli assistenti, e gli altri superiori, eccettuato D. Bosco, si radunino per un affare particolare. E qual è questo affare particolare? domanderete voi. Si radunano per dare il loro giudizio e il loro voto sii quei giovani che non fanno per la casa e che quindi non saranno più accettati nell'Oratorio per l'anno venturo. Io spero tuttavia, che fra i nostri giovani non ci sarà alcuno il quale si meriti questo brutto regalo. - E chi sono coloro, voi domanderete ancora, che possono essere messi nel numero di quelli che non fanno più per la casa? Vi dirò. I° Tutti coloro i quali ne avessero fatta qualcheduna grossa o per insubordinazione, o per furto, o per altro. Sembra talora che certuni siano tollerati un po' troppo, che si chiuda un occhio, che non si vada a rigor di giustizia. Date tempo al tempo e il sabato viene per tutti. Talora certi riguardi dovuti ai parenti, ai benefattori, alla condizione eziandio del giovane, portano che i superiori agiscano con longanimità.

2° Quelli che fossero di scandalo agli altri o colle parole o colle opere.

3° Quelli che dimostrano di non avere più volontà di stare all'Ora­torio. E chi sono coloro che vogliono starsene alle case loro? che qui stanno li tal volentieri? Si giudica che stiano mal volentieri quelli che hanno sempre da criticare qualche cosa, ora una disposizione dei su­periori, ora un articolo delle regole; ora si lamentano del cibo, ora dell'Oratorio; quelli che cercano sottrarsi alla presenza dei superiori, o che nella scuola non vogliono assolutamente studiare, ovvero re­cano guasti qua e là nella casa. Tutti costoro si mettono nel numero di quelli che non fanno più per L'Oratorio e da non più accettarsi per l'anno venturo. Il motivo della nostra decisione è questo: noi andiamo avanti con questa regola; noti vogliamo tenere nessuno per forza.

Chi vuole state stia volentieri: e non basta star volentieri col cuore, bisogna dimostrarlo anche all'esterno, col farsi vedere soddisfatti di tutto ciò che i superiori vanno disponendo. Se D. Bosco stesse qui per guadagnar danaro si potrebbe capire perchè tenga anche giovani brontoloni e cattivi. Ma siccome noi noti lavoriamo per interesse, così vogliamo che i giovani siano tutti buoni, o almeno dimostrino la buona volontà di farsi tali; e siano contenti. Ma, come io diceva, spero che noti ci sarà nessuno il quale andando a casa per le vacanze si veda poi arrivare dietro una lettera diretta ai genitori coll'invito di collocare altrove il loro figliuolo, non essendoci qui più posto per lui. A tutti i modi io non intendo con queste mie parole di gettare in voi lo sgomento. Voglio solo che siate avvisati. Coloro ai quali la coscienza rimproverasse di meritarsi un simile voto, non potrebbero mettersi a tutt'uomo sulla buona strada e cangiar totalmente di condotta? Facciano la prova, si raccomandino alla Madonna. E chi sa che al fin dell'anno noti possano schivare una così brutta figura.

Il giorno io un giovane si presentava a D. Bosco consegnandogli un biglietto di raccomandazione.

“ Il Conte Cibrario raccomanda vivamente al Cav. Sac. Bosco la supplica del presente, la cui preghiera è degna di tutti i riguardi che suole usare nei casi di vero bisogno l'illuminata pietà dell'egregio Sacerdote prelodato. - 10 Maggio. Cibrario ”.

Il Conte trattava D. Bosco con un'amicizia confidente, che non temeva ripulse. Infatti D. Bosco accettò quel giovanetto, poichè nulla poteva negare a quel suo benefattore che in tante occasioni lo aveva soccorso, e presso il Re e presso le altre autorità faceva buoni uffizi in suo favore.

“ Giovedì 12 Maggio i giovanetti delle scuole dell'Oratorio di S. Francesco di Sales dell'ottimo D. Bosco rappresentarono una commedia latina scritta da Monsignor Rosini che fu Vescovo di Pozzuoli. La Commedia ha per titolo Phasmatonices ossia il vincitor delle fantasime e venne Corretta, massime per la parte metrica, dall'egregio filologo latino il Padre Palombo della Compagnia di Gesù. Onorarono lo spettacolo colla loro presenza varii cospicui personaggi fra cui Monsignor Balma vescovo di Tolemaide. Tutti restarono meravigliati nell'udire limpida e schietta la parola dalle labbra di quelli intelligenti giovanetti. Pareva che parlassero nella loro natia favella, tanta era la naturalezza e la disinvoltura con cui erano condotti quei dialoghi. Sappiamo che gran parte del merito vuolsi attribuire al giovane sacerdote Francesia, cultore assiduo delle lettere latine, che preparò i giovanetti attori a quella rappresentazione. In tanto deperimento degli studi classici non possiamo che congratularci col Signor D. Bosco, il quale con tanto zelo li promuove tra i giovani del suo Oratorio ”. Così l'Unità Cattolica 14 Maggio 1864.

La sera seguente, narra la cronaca, D. Bosco raccontava:

In una grossa terra dei Bolognese un fanciullo di assai agiata famiglia, di poco oltre ai nove anni in sul cominciare della primavera dell'anno scorso 1863, venne colto da sì violenta febbre sinocale che in pochi giorni lo condusse a termini di morte. L'arte dei medici a nulla più valeva e per la gravità del morbo e perchè non v'era modo di far inghiottire al fanciullo che si fosse. Le cose erano venute a tale punto che ai medici stessi pareva non dovessero rimanere al giovanetto che poche ore di vita. I genitori che niente altro avevano al mondo a cui volessero meglio che a questo figlio, disperando di salvarlo si abbandonavano ad inconsolabile pianto. Quand'ecco alla madre balenare in niente un pensiero certamente ispiratogli da Maria SS.. Donna di religione e pietà singolare aveva letto la narrazione dei prodigi dell'immagine di Maria nelle vicinanze di Spoleto, scritta da quell'illustre Arcivescovo che da più di otto mesi è chiuso in carcere in odio alla religione. Ella tosto pensò che solo la Vergine SS., avrebbe potuto serbare in vita l'amato figliuolo e piena di fede si avvicina all'inferno e dice: - Prometti alla Madonna di Spoleto: che se Ella si degna di risanarti, tu, andrai a visitarla nella sua piccola cappella.

Aveva appena il fanciullo finito di proferire a stento le parole sugge­ritegli dalla madre che l'aggravarglisi del male e l'uscire di sentimento fu là medesima cosa. Ma nel suo vaneggiare continuo, egli non parlava d'altro che di questo viaggio. Ora ” voleva i panni per la par­tenza, ora si credeva di essere già in cammino, ora di veder l'altare e venerarne l'immagine santa. Ma ad un tratto tacque e rimase immobile sicchè pareva morto. Cosi tutti avevano creduto; ed ecco come se si scuotesse da un profondo letargo, sorridere agli astanti, muovere gli occhi pieni di vita e riaversi così rapidamente, che in meno di due giorni i medici con loro stupore lo videro guarito. E, fu quindi condotto dai genitori ebbri di gioia a sciogliere il voto. Maria Auxilium Christianorum ora Pro nobis.

“ Il 21 maggio in Torino, nella Chiesa de' Lazzaristi, venivano ordinati sacerdoti da, Mons. Balma, D. Carlo Ghivarello, D. Giovanni Boggero, D. Giovanni Bonetti e D. Giovanni B. Anfossi. Nello stesso giorno D. Celestino Durando a Mondovì riceveva l'ordine del presbiterato da Monsignor Ghilardi.

Frattanto continuavano i lavori nelle fondamenta della Chiesa e la Madonna Ausiliatrice continuava a concedere grazie ai suoi divoti. La Contessa Cravosio Anfossi così scriveva a D. Rua nel 1891

Nell'anno 1864 in seguito a varii dispiaceri ho sofferto una fortissima emorragia di sangue al naso: questa si rinnovò più volte, ma la seconda volta pareva che si fosse rotta qualche vena. Non volendo cessare quella perdita di sangue, mi confessai al letto. A forza di rimedi il male cessò, ma al menomo cangiamento di atsmofera o al più piccolo disordine si rinnovava l'emorragia, che mi cagionava un male estremo tanto fisico che morale. Andai a trovare D. Bosco pregandolo di darmi la benedizione della Madonna. D. Bosco mi disse: Ma se cessando quello sfogo succedesse poi altro malanno? - D. Bosco, gli ho risposto, si aggiusti lei con la Madonna, perchè se mi fa la grazia, come spero, la farà completa. - Allora D. Bosco accese due candele; io mi posi in ginocchio, sentiva che il Venerabil Servo di Dio diceva delle orazioni in latino, pregava affinchè Maria SS. liti ottenesse la liberazione da tutti i pericoli del sangue. Piena di fiducia nella bontà della Madre di Dio e nelle preghiere del suo prediletto D. Bosco, era sicura di ottenere la grazia. Di fatti non ebbi mai più a soffrire emorragie di sangue al naso di tanto in tanto nei cangiamenti delle stagioni mi sentiva a cadere due o tre goccioloni di sangue, poi cessare all'istante senz'altro seguito, nè danno della mia salute.

Quante volte ho sentito a narrare delle guarigioni veramente miracolose da persone autorevoli e degne di fede. La Chiesa di Maria Ausiliatrice è stata edificata a forza di grazie straordinarie, ottenute dalla Madonna per intercessione del nostro Venerato Padre D. Bosco.

Possa quest'umile esposizione fatta con tutta sincerità e coscienza contribuire ad ottenere ciò che tanti desiderano di cuore, cioè di vedere, quanto prima il Servo di Dio Don Giovanni Bosco venerato su gli altari ed onorato con il culto dei Santi.

CRAVOSIO ANFOSSI.

 

In questo mese un alunno aveva commessa una grave mancanza, ed era fuggito dall'Oratorio. Il padre lo aveva ricondotto, ma non essendo riaccettato, per mezzo del parroco riusciva poi ad indurre i superiori ad usare clemenza. A in questa occasione che D. Bosco tenne ai giovani un di quei suoi rari discorsi che giustificavano la condotta dei superiori in quel caso, infliggevano il dovuto biasimo al colpevole, e infondevano negli altri alunni un aborrimento salutare a tutto ciò che disonora un giovanetto cristiano.

Son dodici anni fa che un giovane educato in buoni principi da sua madre, partiva dalla casa paterna per portarsi alla capitale a farvi i suoi studii. Oh quanto alla buona madre stringevasi il cuore per questa partenza. Ella era in grave timore che suo figlio venisse sviato dai retti sentieri della pietà e della religione. Il giovane tentò di rassicurarla e promise che non avrebbe mai dimenticati gli ammonimenti materni. Andò, stette qualche tempo, poi fece ritorno a casa. Il primo incontro colla madre fu tutto di amplessi, di baci, di dimostrazioni di affetto da una parte e dall'altra. Ma il figlio non era più quel di prima: i compagni cattivi e le cattive letture, avevano corrotto l'inesperto giovane. La madre non stette molto ad accorgersene. Non era più obbediente, non voleva più star ritirato, non più accostarsi ai Sacramenti. Desolata la povera madre tentò di correggerlo, ma inutilmente. Ritornò agli studii ed ai primieri amici. La madre si affliggeva, piangeva, spesso gli mandava avvisi i più affettuosi, ma tutto era inutile. La madre finì col logorarsi tanto dal dolore che cadde ammalata. Questa notizia scosse un poco il giovane, ma poi ritornò a divagarsi e alle sue dissipazioni. Tornato a casa si lusingò che la madre sarebbe guarita, ma una notte mentre dormiva sente aprir l'uscio della sua camera e sua sorella gridargli: - Presto, presto, se vuoi vedere ancora una volta la tua madre, prima che muoia. - Si alza in fretta si veste, corre al letto della madre e la vede presso all'agonia fuori dei sensi. Il suo cuore allora si commuove: il pensiero di averle dato tanti disgusti, di essere egli forse la cagione della sua morte lo assale e s'impossessa più e più di lui: guarda la mamma cogli occhi lagrimosi, la chiama le stringe la mano e grida: - Mamma, mamma, mi perdonate le mie mancanze? Ditemi ancora una parola, ditemi che mi perdonate: Poi la guardava, poi si voltava agli astanti e chiedeva con viva ansietà: - Ha detto qualche cosa? Ha detto qualche parola? - Ma nessuno parlava, perchè la madre non aveva risposto che col rantolo dell'agonia. Egli allora supplicando ancora di più con voce straziante: - Mamma! pronunciate questa sola parola: ti perdono! - Ma la madre in quell'istante spirava. Il meschino allora si sente cadere addosso un ferreo peso. Il pensiero di aver accelerata la morte di sua madre lo accompagna dovunque, cerca di distrarsi, intraprende viaggi, si dà a divertimenti, ma il mesto aspetto di sua madre moribonda gli sta sempre innanzi e sono sei anni che continua a ripetere di non poterlo dimenticare.

Anche noi ne abbiamo uno di questi giovani che sarà certamente la cagione della morte di suo padre. Povero padre! Bisognava vederlo stamattina a chiedere pietà pel suo figlio, il quale doveva ritornare a casa non essendo più qui possibile la sua permanenza. Venne in mia camera, voleva quasi gettarsi in ginocchio, con tanto cuore chiedeva che il figlio fosse perdonato e riaccettato. Il figlio, chè avealo menato seco, stava insensibile, non curante, come non si trattasse di lui. Io che vedeva tanto cruccio dipinto sulla faccia del padre e niente su quella del figlio, considerava come lo scandalo dato fosse tale da non doversi perdonare. Mi sentiva però le lagrime agli occhi e dovetti mandarlo al sig. Prefetto. Quel povero padre si raccomandava a tutti, ai maestri, agli assistenti, perfino al portinaio.

Figliuoli, ricordatevi che è una gran disgrazia esser cagione di dolore ai proprii parenti. Dio maledice chi li fa piangere.

Finalmente il povero padre tornato al paese pregò tanto il suo Vicario parrocchiale che lo indusse ad interporre la sua mediazione, e il giovane si riaccettò a patto che riparasse allo scandalo con una penitenza, e col cambiare condotta. Ma adesso sarà convertito? Se il Signore non gli muta il cuore, appena abbia un'occasione, tornerà a fuggire. Le lagrime del padre commossero tutti; lui solo non ne fa commosso; e così finirà coll'essere cagione della morte di suo padre e col perdere se stesso. Povero giovane! fa compassione. Preghiamo per lui perchè il Signore gli tocchi il cuore. Il suo male sta tutto qui; ebbe la disgrazia di frequentate compagni cattivi che gli insegnarono la strada della perdizione. Solo una grazia del Signore potrà cambiare quella testa! Domani perciò e dopo domani qualcuno di voi faccia la santa Comunione per questo compagno traviato e chi sa che il Signore non abbia riguardo alla vostra carità e lo converta. Sarebbe questo per voi un bel guadagno.

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