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Capitolo 59

Avviso ai giovani di non prendersi per mano - Cooperatori di D. Bosco nello scrivere e tradurre libri - Letture Cattoliche: BIOGRAFIA DEL SACERDOTE GIUSEPPE CAFASSO ESPOSTA IN DUE RAGIONAMENTI FUNEBRI - Studio della geografia dei paesi infedeli per zelo di convertirli - Rappresentazione drammatica - D. Bosco va a Saluggia: predica e confessa - Predizione e avveramento della morte di un chierico e di un giovanetto - Apparizione di un'anima del Purgatorio ad un principe incredulo - Lettera di un buon chierico da Giaveno - Fioretti per la novena del Santo Natale - Parlata di D. Bosco: intercessione di Savio Domenico: due alunni moriranno fra qualche mese: un nostro defunto ha bisogno di preghiere - Mons. Ghilardi predica nell'Oratorio - Stima dei Vescovi per D. Bosco Strenne di D. Bosco ai chierici: chiede ai giovani che ciascuno dia a lui per strenna una Comunione - Augurii ai benefattori - Risultati dell'educazione ricevuta dai giovani nell'Oratorio di Valdocco.


Capitolo 59

da Memorie Biografiche

del 30 novembre 2006

Don Ruffino nella cronaca continuava ad esporre ciò che accadeva di più notevole.

“ Il 4 dicembre alla sera dopo le orazioni Don Bosco proibì ai giovani di toccarsi la mano, eccettuato il caso di una lunga assenza. Questa proibizione l'aveva già fatta due altre volte.

” In questi giorni Turchi lavora per rispondere al programma scolastico: nozioni di antichità Romane. D. Rua si occupa per la Storia, D. Savio per la geografia ”.

Eziandio le persone estranee alla casa, ma conoscenti e d'ingegno che si avvicinavano a D. Bosco, erano da lui incaricate di qualche lavoro a gloria di Dio. Signori e signore lo coadiuvarono nella traduzione di opere sue o di altri in varie lingue. Ciò risulta pure dalla presente.

Molto Reverendo Signore,

Finalmente Le invio il libro che V. S. R. mi aveva lasciato da tradurre. Molto prima d'ora avrei voluto compiere il mio dovere, ma le tante disgrazie che mi hanno colpita in quest'anno mi hanno impedito d'occuparmene; spero ch'Ella conoscendo le mie circostanze, mi avrà perdonato questo prolungato ritardo.

Se mi crederà capace di servirla in qualche altra cosa, mi comandi, chè mi reputerò sempre assai fortunata di servirla.

Intanto preghi il buon Dio per me e mi creda sempre

Della S. V. R.

4 Dicembre 1860.

Um.ma e Dev.ma serva

CAROLINA GLORIA.

 

Anche il venerando e dotto sacerdote Frassinetti Giuseppe, esimio suo collaboratore per le Letture Cattoliche, preparava l'edizione di due preziose operette: La gemma delle fanciulle cristiane, ossia la santa verginità, e: La missione delle fanciulle, racconti contemporanei.

D. Bosco alla sua volta aveva ristampato il fascicolo, del suo elogio funebre di D. Cafasso letto nella chiesa dell'Oratorio; aggiungendovi quello da lui esposto nella chiesa di San Francesco d'Assisi. Era destinato per le Letture Cattoliche di novembre e dicembre e portava il titolo: Biografia del Sacerdote Giuseppe Cafasso esposta in due ragionamenti funebri dal Sacerdote Bosco Giovanni. Gli argomenti della seconda orazione erano così divisi: - Principii del Sacerdote Cafasso. - Il Convitto ecclesiastico di S. Francesco. - Sue fatiche apostoliche nelle carceri. - Cose meravigliose di Don Cafasso. - Segreti di D. Cafasso per far molto bene. - Sua preziosa morte.

In questi lavori, oltre la continua corrispondenza, non badava a stanchezza fisica o mentale. Una sera, afferma la Cronaca, dopo aver finito di scrivere, ad ora tardissima, si alzò dalla sedia, in preda ad una specie d'illusione, cagionata dal sangue alla testa. Alzati gli occhi sembrogli di vedere un chierico nell'angolo della stanza: - Chi sei? gli intimò. Nessuna risposta. - Parla, rispondi? - sempre silenzio.

Egli allora si avanza e lo afferra….. Era il porta mantello col cappello sopra.

Un altro studio avealo seriamente preoccupato in quest’anno. Col soccorso della storia delle missioni cattoliche, egli andava considerando le regioni che vivevano ancora nell'idolatria, e un giorno era uscito col Ch. Bonetti in queste parole: - Mi piacerebbe molto aver de' sacerdoti da mandare a portar la luce della fede a tanta povera gente tuttora barbara e selvaggia. - E questa brama egli manifestava soventissimo, fin dai primordi della sua Congregazione; e se avesse avuti dei mezzi avrebbe tosto iniziate quelle sacre Missioni.

Riprendiamo la Cronaca.

“ Il 6 dicembre giovedì all'Oratorio ci fu teatro. Si recitò la commedia: Baldini. Vi assistette D. Bosco col Professore D. Picco Matteo ”.

A quando a quando D. Bosco rallegrava e distraeva i suoi alunni colle rappresentazioni drammatiche. D. Carlo Gilardi Rosminiano, che aveva sempre amato il nostro Oratorio, lasciava scritte per esso due belle commedie: Il Passatore e il Gianetto, e la seconda fu recitata moltissime volte, perchè meritamente preferita dai giovani spettatori.

Due giorni dopo, la festa dell'Immacolata Concezione riempiva di gioia l'Oratorio, e D. Bosco, sentendo alquanto ristorate le sue forze, decise di recarsi a Saluggia, ove con nuove istanze invitavalo il buon Prevosto. Vi giungeva poco prima che avesse termine quella missione. D. Cerruti Francesco che ve lo accompagnò così scrisse:

“ Nel dicembre del 1860 essendosi recato D. Bosco per due giorni a Saluggia in tempo che si dettavano gli esercizii spirituali, fu accolto con tanto giubilo dal popolo, che ancor molto tempo dopo ragionandosi di quegli esercizii, non potevasi non parlare di D. Bosco e del suo modo di predicare. - Rapiva chiunque, dicevasi, la grande amabilità e dolcezza colla quale confessava, accostando il capo del penitente al proprio petto, con singolare amorevolezza. Noi, attestano alcuni, facevamo il possibile per sbrigarci dai nostri affari, per correre al paese ad osservare in lui quell'aria di paradiso, che innamorava e la somma affabilità di modi, colla quale trattava chiunque gli si avvicinasse. Basti il dire che nei due soli giorni che egli passò in Saluggia, non fece quasi altro che confessare mattino e sera; tanti andavan da lui come tratti da una forza irresistibile; e molti vi furono che da varii anni non si erano più confessati ”.

In quel tempo due avvenimenti straordinarii avevano commosso gli alunni dell'Oratorio, che non dimenticavano le parole di D. Bosco.

Abbiamo già sopra raccontato come nel mese di aprile D. Bosco annunciasse decisa l'andata in paradiso del chierico Luigi Castellano; e come nel luglio mentre questi era infermo e disperato dai medici si recasse a benedirlo e lo guarisse. Ora il Ch. Ruffino narra nella sua cronaca del mese di Novembre: “ In questi giorni morì in casa sua in Torino il Chierico Luigi Castellano ”. E aggiunge: “ Il 25 novembre D. Bosco annunzia che tra breve tempo deve morire un giovane. E poi: “ Il 13 dicembre muore nell'Oratorio il giovane Racca Giovanni da Marene in età di anni 12, dopo otto giorni di letto e di malattia. Si era coricato per un semplice raffreddore.

Ben di raro D. Bosco faceva notare ai giovani l'avveramento di tali predizioni, ma si contentava di raccomandare alle preghiere della Comunità le anime di que' cari defunti, provando quanto siano accette al Signore. In questa occasione ebbe a raccontare un bel fatto, che aveagli scritto in lingua francese la Duchessa di Laval-Montmorency, che noi riportiamo tradotto.

 

“ A Roma in un salone ove si radunavano a conversazione signori stranieri, i discorsi vennero ad aggirarsi sopra fenomeni di ordine spirituale: la doppia vista, i sogni profetici, le apparizioni dei defunti ecc.

Ciascuno aveva la sua storia da raccontare; e la più interessante fu senza dubbio quella della contessa R.... polacca. Eccola tale e quale la raccontò.

Sul principio del secolo XVII viveva in Polonia un Principe Lubomirski dell'antica ed illustre famiglia di questo nome. Gran signore, possessore di un'immensa fortuna, con paggi e una nobile corte per lui solo, la sua influenza estendevasi molto lungi e il suo nome era sulla bocca di tutti. Disgraziatamente gli mancava la fede. Tutti i suoi studii erano stati diretti contro la religione de' suoi padri, e all'epoca nella quale accadde il fatto che io racconterò, negava l'immortalità dell'anima con uno scritto destinato per la stampa. Questo formava la sua occupazione prediletta, impiegandovi tutte le sottigliezze dei sofismi più studiati per sostenere il suo paradosso, tutte le forze del suo genio per distruggere una verità, che è la gloria e la consolazione dell'umana natura.

Una bella sera d'estate stanco del suo lavoro, volle respirare aria libera. Due paggi lo seguivano. Ad una certa distanza dal suo castello, fece loro segno di aspettarlo e colmato s'inoltrò nella campagna. Nello svolto di un sentiero s'imbattè in una donna che piangeva, camminando dietro ad un piccolo carro tirato da un cavallo.

- Mia buona donna, le disse, qual male v'incolse che piangete così desolatamente?

- Signore, gli rispose quella, ho ben motivo di piangere. Questo carro porta alla sepoltura il mio povero marito, il quale era il mio solo appoggio e tutta la mia consolazione in questo mondo.

Tocco da compassione il principe, mise le mano nella sua saccoccia e ne tirò fuori in copia monete d'oro, che regalò alla povera vedova: - Prendete, buona donna, prendete queste; e usando una frase comune che gli venne in bocca, aggiunse senza riflettere: - fate dire delle messe per il defunto.

Qualche giorno dopo, essendo egli alla sera nel suo gabinetto di lavoro, alza gli occhi e vede innanzi a sè un uomo; non si era accorto che fosse entrato: -Olà! - gridò. Accorsero i servi dalla stanza vicina. - Perchè avete introdotto qui un uomo senza annunziarlo?

- Chi mai, o Principe? Non è entrato alcuno; voi siete solo. - Infatti quell'uomo era scomparso.

- Sarà, soggiunse Lubomirski, un'illusione de' miei occhi. I servi si ritirarono; ma un istante dopo lo stesso individuo è di bel nuovo davanti a lui. -Olà! - replicò il principe per la seconda volta. Ma scomparsa immediata dell'uomo; sbalordimento dei servitori che non sanno darsi ragione dell'allucinazione del padrone, se non attribuendola ad un riscaldamento di cervello cagionato dall'eccesso del lavoro. Quello spirito forte non credeva di essere un visionario e aveva rossore di sembrar tale.

Mentre rifletteva a quella inesplicabile apparizione, questa si presentò a lui per la terza volta e siccome egli faceva atto di chiamar gente, - Non chiamare alcuno, gli disse il personaggio misterioso: ciò che ti ho da dire, non deve essere inteso che da te solo: io sono il marito di quella povera vedova, alla quale tu hai donato il mezzo con che far dire delle messe per il riposo dell'anima mia. Grazie a questo soccorso io sono in paradiso, e in ricompensa della tua carità, ottenni dal Signore, di venirti a dire da parte sua che l'anima è immortale.

A queste parole il principe preso il suo manoscritto lo stracciò in due parti, e sinceramente convertito, divenne un ardente difensore della fede, un luminare della Polonia per le sue virtù e per i dotti suoi scritti, fino a meritarsi il soprannome di Salomone del nord. Il manoscritto blasfemo stracciato per metà è conservato gelosamente dalla famiglia Lubomirski ”.

 

Il giorno 16 D. Bosco riceveva una lettera da Giaveno che gli faceva conoscere da quale spirito fosse animato uno dei chierici da lui posti a lavorare nel piccolo Seminario.

 

M.to Rev.do Signore. - Padre in Cristo Carissimo,

 

Vivere e morire tutto per Gesù e Maria. Ecco l'unico mio desiderio, e fine per cui sono dirette tutte le mie azioni e preghiere. Vivere e morire nel servizio del Signore, provvedendo così all'eterna mia salute, ed ove il possa a quella de' miei fratelli, senza alcun risparmio di fatica e lavoro. Se per lo passato ebbi bisogno di conoscere e fare la volontà del Signore, mi è ora e mi sarà sempre di stretta necessità; e questa direzione che sempre e solo in lei trovai, con vive istanze la supplico a continuarmela.

Nella novella Società di S. Francesco di Sales esistente in questa casa dell'Oratorio sembra che trovi pace e riposo il mio cuore. Ne ho già lette e meditate le regole ed a tutte mi sottometto, e spero di osservarle coll'aiuto del Signore. Ecco le suppliche di un figlio affezionato, che implora di essere ammesso ed annoverato tra i fratelli di detta Società se Ella crede bene, e se pure son degno di tanto favore. Degno pe' miei meriti nol sono certamente, e tale mi conosco, ma posso esserlo per sua grande bontà e carità. Non ricusi adunque di esaudire le preghiere di chi fa un sacrifizio al Signore di tutto se stesso, offrendolo per mezzo suo nell'atto che consegna la sua volontà nelle sue mani.

Debbo dunque sperare che fra non molto la Società di San Francesco di Sales avrà un nuovo confratello, zelante per la propria e per l'altrui salute, il servo dei servi? Comandi, o padre, e sarò pronto a' suoi cenni. Mi dica che cosa io debba fare e come io abbia a regolarmi, che già fin d'ora tutto io dipendo da Lei.

Colla fiducia che sarà esaudita la mia dimanda, umilmente Le porgo i miei rispetti, e nell'atto che Le bacio la mano, con sensi della più alta stima ad affetto mi professo

Giaveno, li 15 Dicembre 1860.

Suo Ubb.mo figlio in G. C.

BOGGERO GIOVANNI.

 

Questa lettera e molte altre simili che sul finire dell'anno gli scrivevano gli amati suoi chierici, consolavano D. Bosco mentre egli, con fioretto da lui dato per ogni giorno della novena, disponeva i suoi figli alla commovente solennità del Santo Natale.

 

“ 1° Ubbidienza pronta in ogni cosa, piacevole o non piacevole.

2° Umiltà: negli abiti, nei capelli, nel discorrere, nell'ubbidire, nelle cose spiacevoli.

3° Carità: sopportare i difetti altrui e procurare di non offendere alcuno.

4° Carità: consolare gli afflitti, prestar servizio e far del bene a chi si può; del male a nessuno.

5° Carità: avvisare i negligenti, correggere con bontà. chi dicesse o proponesse cose cattive.

6° Carità: perdonare ai nemici e dar loro buoni consigli, se si presenta l'occasione.

7° Fuga di chi parla male.

8° Fuga dell'ozio e diligenza nell'adempimento dei proprii doveri.

9° Confessione come se fosse l'ultima della vita.

Giorno della festa - Devota Comunione con promessa di frequentarla”.

 

Scrive D. Ruffino: “ La vigilia del Santo Natale, Don Bosco narrava ai giovani il seguente fatto. La nipote del parroco di Saluggia testificò che da molti anni era tormentata da grave male di denti, i quali le erano caduti, rimanendo le gengive sempre aperte. Si raccomandò a Savio Domenico ed in breve si stagnò il sangue che usciva dalle gengive e cessò ogni dolore. - Quindi disse cosa di grave importanza: - Vi sono tra di noi alunni, che fra pochi mesi non vi saranno più... Ve n'è uno... e costui non ci pensa. Noi procureremo di fargli un po' di fardello prima che se ne vada. Vi dirò ancora che Castellano è in paradiso, ma Racca ha molto bisogno delle nostre preghiere ”.

Abbiamo osservato nelle tavole necrologiche dell'Oratorio e trovammo che nel mese di aprile 1861 morirono due giovani, ed uno di questi quasi repentinamente.

Come si festeggiasse la nascita di Ges√π bambino lo scrisse D. Bosco alla Contessa di Camburzano che svernava a Nizza di mare.

 

Benemerita Signora,

 

Ho ricevuto la venerata di Lei lettera piena di cristiani sentimenti, che per me servono ad infondere fede e coraggio nel povero animo mio ed in quello de' miei giovanetti.

Ho pregato e ho fatto pregare secondo la intenzione del signor Marchese Massoni. La sua deliberazione è buona in sè; ma accompagnata da spinosissime circostanze. Faccia così: esamini se egli conosce in ciò il bene dell'anima, e la gloria di Dio. Se gli pare di sì, compia il divisamento; se di no, ne sospenda l'esecuzione.

Noi abbiamo fatto la nostra festa di Natale con grande consolazione. A mezzanotte furono celebrate tre messe, la prima cantata da un centinaio dei nostri giovanetti. Fu pure fatta la santa Comunione dei giovani interni ed esterni in numero di oltre seicento. La funzione compievasi alle due.

Ges√π ricco di grazie ricolmi de' suoi doni Lei e il Sig. Conte Vittorio e tutta la famiglia ed amici, mentre con pienezza di stima mi professo

Di V. S. B.

Torino, 26 Dicembre 1860.

Obb.mo Servitore

Sac. GIOVANNI BOSCO.

 

“ Il 28 dicembre, dice la cronaca, dopo pranzo venne inaspettato all'Oratorio Mons. Ghilardi, Vescovo di Mondovì. Si offerse a predicare e a dare la benedizione. La sua predica si aggirò sull'utilità e sulla preziosità della fede. Dedusse la preziosità dalla rarità, considerando gli ottocento milioni di uomini che non l'hanno, in confronto dei soli duecento milioni che la posseggono fra i quali abbiamo la fortuna di essere annoverati. Promise di venire giovedì a dirci la Santa Messa ”.

Sovente venivano Vescovi o Prelati nell'Oratorio a celebrare la messa della Comunità invitati da D. Bosco. Oltre a quelli che abbiamo già nominati nel corso delle nostre Memorie, D. Garino Giovanni ricorda il Teologo Ighina Andrea Canonico nella Cattedrale di Mondovì, Mons. Oreglia di S. Stefano, ora Cardinale, di passaggio in Torino mentre andava internunzio all'Aia in Olanda, e Mons. Sola Giovanni Pietro Vescovo di Nizza Marittima. Avevano in gran concetto le virtù del Servo di Dio. Testificò il Can. Anfossi: “ Io ancora chierico fui mandato da D. Bosco per missioni particolari da parecchi Vescovi. In quelle occasioni io stesso rimaneva meravigliato delle espressioni di grande stima che udiva, riguardanti la santità e le opere del servo di Dio. Ricordo Mons. d'Angermes Arcivescovo di Vercelli, che mi accolse con particolari dimostrazioni d'affetto, non rifinendo di parlare di D. Bosco alla presenza di parecchi Canonici, per il gran bene che faceva alla gioventù e principalmente nel moltiplicare le vocazioni ecclesiastiche. Monsignor Losanna Vescovo di Biella, mio insigne benefattore, aveva incominciato a stimare grandemente D. Bosco fino dai primordi della sua Istituzione e conosceva a fondo il bene che egli faceva alla gioventù abbandonata cogli oratorii festivi. Ed ogni qualvolta Monsignore veniva a Torino, o invitava D. Bosco presso di sè, od egli stesso veniva all'Oratorio ad intrattenersi con lui. Tralascio di riferire altre testimonianze di venerazione che furono date a D. Bosco da molti altri Vescovi di cui io sono stato testimonio ”.

Riprendiamo la Cronaca. D. Bosco sul finir dell'anno dava a voce o in scritto le sue strenne al chierici e a qualche giovane de' pi√π adulti. Ci fu dato di ritrovarne alcune in lingua latina:

Pone finem in voluntate peccandi et invenies Mariam. - Frustra quaerit qui cum Maria invenire non quaerit. - Plus Maria desiderat facere tibi bonum, et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas. - Scire et cognoscere le Virgo Dei Para est via immortalitatis: narrare virtutes tuas est via salutis. “ D. Bosco, scrisse D. Ruffino, diede a me questa strenna il 29 dicembre: Adiuva me in lucro animarum; ed io diedi a lui tutta la chiave del mio cuore con aria totale confidenza in lui.

” Il 30 dicembre D. Bosco domandò a tutti i giovani che dessero a lui per strenna una comunione ciascuno, fatta secondo la sua intenzione ”.

Nè si dimenticava degli augurii pel buon capo d'anno ai benefattori, nello scrivere ai quali lavorava per un mese intero. Ci resta una di tali lettere indirizzata al Signor Conte Pio Galleani d'Agliano.

 

Ill.mo Signore,

 

I Sacerdoti, Chierici e giovani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales augurano all'insigne loro benefattore il Sig. Conte Pio d'Agliano buon fine e buon capo d'anno e pregano il Signore a voler spandere copiose celesti benedizioni sopra di lui e sopra tutta la venerata famiglia.

Con sentimenti della pi√π sincera gratitudine a nome di tutti si professa rispettosamente

Torino, ultimo del 1860.

Obbl. Servitore

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Il 31 dicembre il numero dei giovani esistenti nella casa ascendeva a circa 470. Il campo di D. Bosco si estendeva biondeggiando sempre di nuove spighe; ed egli, non facendo menzione di quelli che intraprendevano la carriera ecclesiastica, colle parole seguenti notava i risultati ottenuti da lui fra i giovani nei primi anni, fino al 1860.

“ Per riconoscere i risultati ottenuti da queste scuole, oratorii o da questo ricovero bisogna dividere in tre classi gli allievi: discoli, dissipati, buoni. I buoni si conservano e progrediscono nel bene in modo meraviglioso. I dissipati, cioè quelli abituati già a girovagare e a lavorar poco, si riducono anche a buona riuscita coll'arte, coll'assistenza e coll'occupazione. I discoli poi danno molto da fare. Se si può ad essi far prendere un po' di gusto al lavoro per lo più sono guadagnati. Coi mezzi accennati si ottennero alcuni risultati che si possono esprimere così:

1° Che non diventano peggiori.

2° Molti si riducono a far senno, quindi a guadagnarsi il pane onestamente.

3° Quelli stessi che sotto la vigilanza si manifestano insensibili, col tempo lasciano che i buoni principii acquistati giungano più tardi a produrre il loro effetto.

” Per la qual cosa in ogni anno si è riusciti di collocare più centinaia di giovanetti presso a buoni padroni da cui appresero un mestiere. Molti si restituirono alle loro famiglie da cui erano fuggiti, ed ora si mostrano più docili ed ubbidienti. Non pochi poi furono collocati a servire in oneste famiglie.

” L'uscita e l'entrata dei giovani nella casa di quest'Oratorio è circa di 300 all'anno. Parecchi di essi sono accolti nella musica della guardia nazionale, o nella musica militare; altri continuano il mestiere appreso nello stabilimento: in numero anche ragguardevole si danno all'insegnamento, e subiti i loro regolari esami rimangono qui in casa o vanno in qualità di maestri nei paesi dove sono richiesti ”.

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