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Capitolo 51

Letture Cattoliche - Articolo dell'Armonia per il principio dell'anno quinto di queste pubblicazioni - I Valdesi a Castelnuovo d'Asti - Infermità di Savio Domenico e sua morte preziosa.


Capitolo 51

da Memorie Biografiche

del 28 novembre 2006

Nel 1857 la quaresima durava dal 25 febbraio fino al 12 aprile. D. Bosco, per istruire i fedeli aveva stampato coi tipi di Paravia e destinato pel me se di marzo un opuscolo anonimo per le Letture Cattoliche - La Pasqua Cristiana. Ivi si narrava l'origine di questa festa, si dimostrava l'obbligo grave che hanno i fedeli di accostarsi alla sacra mensa e si davano ammaestramenti ed esortazioni. Qualche settimana dopo l'Armonia insisteva sulla necessità, che fossero maggiormente sostenute e diffuse queste pubblicazioni.

Col mese di marzo cominciava il V anno della pubblicazione delle Letture Cattoliche del Sac. Giovanni Bosco. È  oggimai più che superfluo il raccontare il merito che questa pubblicazione ha grandissimo verso la Chiesa ed il popolo. Si sa con quanta solerzia e zelo sono dettati i libriccini e diffusi, atti ad istruire ed educare il popolo, illuminandolo sopra i suoi doveri di cristiano e di cittadino, e premunendolo contro i pericoli a cui è esposta la sua coscienza dal lato religioso, come dal lato morale.

 Sono più di settecentomila i fascicoli che le Letture Cattoliche seminarono e posero in mano al popolo nei quattro primi anni della loro esistenza!

  Quando si considera l'ardore, anzi la rabbia, con cui i protestanti si danno a spargere nel popolo le Bibbie adulterate, ed i loro libelli contro la religione cattolica, niuno è che non si senta compreso da venerazione e da riconoscenza per lo zelo di quell'egregio sacerdote, che è il Sig. D. Bosco, il quale fidato nei soli aiuti che spera dalla carità cristiana, insieme con tante altre opere eccellenti, mantiene e fa prosperare le Letture Cattoliche. Giova poco il far compianti sulla sempre crescente empietà della stampa' se i buoni, i quali hanno del ben di Dio per venir in aiuto alle opere che servono di antidoto alla stampa cattiva, vanno stretti allo spendere. Ogni qual volta questi buoni in parole entrano a cantar le loro lamentazioni sui mali della stampa, converrebbe che taluno, battendo loro sulla spalla dicesse: - Ehi, amico! voi che inveite come un predicatore contro la cattiva stampa, fate poi qualche cosa contro di essa? Quanto spendete in tutto l'anno per aiutare la stampa buona?

  Quanti dovrebbero arrossire e tacere a quella inchiesta! Le Letture Cattoliche non costano che 36 soldi all'anno e quanto bene potrebbe fare, e quanto male impedire, procurandone i fascicoli al popolo, che o non li conosce o non li può comprare!

  Le domande d'associazione si possono fare o alla Direzione delle Letture Cattoliche, via S. Domenico n. II in Torino, o nelle province presso i Corrispondenti, di cui ci rincresce di non poter qui tessere il catalogo. Ma ognuno potrà facilmente averne contezza, indirizzandosi o al parroco od ai segretari dei Vescovi.

E quanto bene ragionasse l'Armonia, lo dimostrò l'audacia dei Valdesi, i quali tentavano di penetrare nella stessa patria di D. Bosco. Già erano andati a turbare la pace in Settimo Torinese, in Crea e in molti altri luoghi del Piemonte, diffondendo libri pestiferi e tenendo conferenze a scopo di proselitismo. A Chieri il pastore Valdese Amedeo Bert predicava in una sala prestatagli da un ebreo, raccomandandosi però alla forza pubblica, essendo stato accolto malamente dai Chieresi. Gli eretici erano insolenti, perchè i gendarmi avevano istruzione di reprimere le giuste rimostranze di un popolo che non voleva fosse fatto sfregio alla propria fede, e tradimento alle anime semplici. Più d'una sentenza del tribunale era stata emanata in favore dei nemici della Chiesa. Alcuni di questi, appoggiati e sostenuti dal sindaco, uomo forestiere e di poca religione, eransi eziandio recati a Castelnuovo d'Asti e incominciarono a declamare nei caffè e sulle piazze le loro empie massime, rigettate però con orrore da quella buona e cattolica popolazione. Ma di questo non ancor paghi, noleggiarono una vasta camera nell'abitazione di un certo Modini G. B., forestiere, protestante, amico dei settari, che teneva bottega da panieraio; quindi invitarono a venire da Torino un certo Gai, ministro evangelico, per tenere alcune conferenze. La notizia di questo disegno si sparse per tutto il paese; il popolo era indegnato perchè il sindaco permettesse tali cose, e vari maggiorenti della comunità si rivolsero a D. Cinzano, al Viceparroco e a D. Bosco chiedendo consiglio. La risposta fu secondo la loro domanda, ma prudente: -Non far male quelli che in suolo pubblico avessero fatto fracasso, purchè non commettessero violenze contro le persone e la proprietà; ritenessero però che non intendevano, con queste parole, di dar loro una norma come regolarsi.

  Ma a buon intenditor poche parole. La Domenica i marzo, verso le 6 della sera, giungeva alla casa del Modini il ministro Gai; e circa trenta persone vi accorsero per udirlo, più per curiosità o speranza di lucro, che per astio contro la Chiesa. Quand'ecco organizzarsi nel paese un'imponente dimostrazione, una specie di pubblica protesta: una turba di quasi seicento persone, e specialmente di ragazzi, mossi da taluni che non sapevano tollerare un simile scandalo, accorse alla porta dell'adunanza e zuffolando, fischiando, battendo le mani, urlando Abbasso il Protestantesimo! e percuotendo improvvisati strumenti, fecero tanto frastuono da impedire che il sermone si proseguisse. Quella musica durò fino alle ore io, benchè il sindaco con parole ingiuriose alla popolazione avesse cercato d'impedirla. Intanto gli intervenuti alla radunanza Valdese uno dopo l'altro erano fuggiti e l'oratore evangelico, scornato, confuso e costretto a nascondersi per la paura, il dimani per tempo se la svignò colle pive nel sacco.

  Restava ancora il Modini, e contro questo manutengolo dell'empietà, il 4 marzo, si rinnovava una seconda fragorosa, prolungata dimostrazione per costringerlo a sfrattare dal paese; ma chiamati dal sindaco arrivavano in paese trenta carabinieri. Gli emissari dell'errore non si volevano dare per vinti, poichè i loro progetti erano di fare di Castelnuovo un punto di partenza, ed un centro di propaganda per l'Astigiano ed il Monferrato; ed avevano ottenuto che si spiccasse un mandato di cattura contro quattro dei capi di quella dimostrazione. Il motivo del mandato era: Inquisito d'opposizione con minaccia, all'esercizio del diritto di associazione. Avevano eziandio cercato di conoscere se, come e quando i sacerdoti avessero provocati o diretti quei tumulti, ma nulla raccolsero di certo. Anche D. Bosco era stato protetto dal suo Angelo custode.

  Tutto il paese ne fu sossopra. Dei quattro designati, due furono messi in prigione, cioè Savio Giuseppe e Pietro Cafasso, fratello di D. Cafasso: e due riuscirono a nascondersi, rifugiandosi a Borgo Cornalense presso la Duchessa di Montmorency; e furono Turco Giuseppe e Bertagna Matilde, madre di Monsignore. D. Cafasso si mosse allora in soccorso di que' campioni della fede. Sborsando del proprio una cauzione di 4000 lire, ottenne la libertà provvisoria ai quattro incriminati, che egli stesso volle accompagnare a Castelnuovo, e restituirli alle proprie famiglie. Fu accolto dall'intera popolazione come in trionfo, e tenne un discorso rallegrandosi co' suoi compatriotti che tanto avevano meritato della religione; e li animò a star saldi contro nuovi assalti che potessero a caso sopravvenire. Fu questa l'ultima volta che D. Cafasso si recò a Castelnuovo. Ritornato a Torino, mise in moto le alte influenze di cui disponeva pel buon esito del processo, che si svolse in Asti contro i quattro accusati; ed ottenne piena sentenza di assolutoria. Egli aveva voluto sostenere tutte le spese del processo, dicendo agli assolti, che desideravano rimborsarlo: - Voglio anch'io aver parte ai vostri meriti della persecuzione sofferta per la fede. - Intanto il panieraio aveva dovuto trasferire altrove il suo domicilio, poichè nessuno più volle negoziare con lui. Eziandio il sindaco dovette cessare dall'impiego, non venne più eletto consigliere, e, malvisto da tutti, fu costretto ad andarsene da Castelnuovo. E i protestanti non tornarono più a turbare la quiete di quella popolazione cristiana.

         Questa vittoria sui Valdesi, va forse anche attribuita alle preghiere di Savio Domenico, il quale non cessava dal sospirare per il trionfo della religione.

Del Papa infatti parlava come figlio del proprio padre pregava fervorosamente per lui, ed esprimeva un vive, desiderio di poterlo vedere prima di morire, asserendo ripetutamente che aveva cosa di grande importanza da dirgli. Udendolo sovente a parlare così, D. Bosco una volta gli domandò quale fosse quella gran cosa, che avrebbe voluto dire al Papa.

     - Se potessi parlargli, vorrei dirgli che in mezzo alle tribolazioni che lo attendono, non cessi di occuparsi con particolare sollecitudine dell'Inghilterra: Iddio prepara in quel regno un gran trionfo al Cattolicismo.

     - Sopra quali cose appoggi tu queste tue parole?

     - Lo dico, ma non vorrei che ne facesse parola con altri. Se però andrà a Roma, lo riferisca pure a Pio IX. Ecco dunque: Un mattino mentre faceva il ringraziamento della Comunione fui sorpreso da una forte distrazione, e mi parve di vedere una vastissima pianura, piena di gente avvolta in una densa nebbia. Camminavano, ma come uomini che, smarrita la via, non vedono più ove mettono il piede. Questo paese, mi disse uno che mi era vicino, è l'Inghilterra. Mentre voleva dimandare altre cose, vedo il Sommo Pontefice Pio IX, tale quale avevo veduto dipinto in alcuni quadri. Egli maestosamente vestito, portando una luminosissima fiaccola tra le mani, si avanzava verso quella turba immensa di gente. Di mano in mano che si avvicinava, al chiarore di quella fiaccola scompariva la nebbia, e gli uomini restavano nella luce di mezzogiorno. Questa fiaccola, mi disse l'amico, è la Religione Cattolica che deve illuminare gl'Inglesi.

   Così disse l'amabile giovanetto, il quale, come si vede, fu un piccolo ma verace profeta. Imperocchè, chi non conosce il progresso che il Cattolicismo fece nel Regno Unito da quaranta e più anni a questa parte? La gerarchia ecclesiastica ristabilita primieramente nell'Inghilterra e poi nella Scozia; la libertà concessa ai Cattolici di esercitare il loro culto; la facoltà di predicare e d'insegnare; le numerose chiese che s'innalzano nelle città e nelle campagne; le conversioni quotidiane di protestanti, tra cui ministri, deputati, senatori, marchesi, duchi e via dicendo; lo scomparire dei pregiudizi contro il Papa e la Chiesa Cattolica; l'avidità, il trasporto, con cui si cerca di meglio conoscerla, tutti questi ed altri fatti sono una prova evidente che molti anni fa il giovanetto Domenico Savio vide nell'avvenire coll'occhio della mente illuminato da Dio.

  Savio Domenico preannunziava anche la vicina sua morte e talvolta andava dicendo: - Bisogna che io corra, altrimenti la notte mi sorprende per istrada. - I giovani sul principio dell'anno fecero l'esercizio di buona morte, sul terminare del quale si recitò al solito un Pater ed Ave per colui che tra gli astanti sarà il primo a morire. E Savio scherzando ripetè più volte: - In luogo di dire per colui che sarà il primo a morire, dite così: un Pater ed Ave per Savio Domenico che di noi sarà il primo a morire.

  D. Bosco alcun tempo prima avealo già mandato a casa, per provare se l'aria nativa avrebbegli recato giovamento; e Domenico benchè con dispiacere aveva obbedito. In questo viaggio gli accadeva un fatto singolare, raccontato a D. Gamba Giuseppe da sua madre, la quale avevalo appreso dalla stessa genitrice di Savio, unitamente a una certa Marianna Marchisio, che ne faceva testimonianza ancora pochi anni fa.

  Savio Domenico, arrivato in vettura a Castelnuovo, fu costretto a continuare la strada a piedi fino a Mondonio, perchè non era stata recapitata ai suoi una lettera che annunziava loro il suo arrivo. Giunse a casa stanco per la lunga via, e la madre al vederselo innanzi così all'improvviso: - Ma come, gli disse; e sei venuto solo? Non avevi alcuno per compagno?

Sono sceso dalla vettura, rispose il figlio, e ho trovata subito una bella e maestosa signora, la quale ebbe la bontà di accompagnarmi fino alla porta di nostra casa.

     - E perchè non l'hai fatta entrare invitandola a riposarsi?

     - Perchè, come fui qui vicino al paese, ella scomparve e più non la vidi .

   La buona madre uscì allora fuori della porta, osservò attorno, ma inutilmente; e una cara supposizione le restò fissa nell'anima in tutto il tempo della sua vita. Quella Signora era forse Maria Santissima?

  Pochi giorni però fermossi Domenico a Mondonio, e D. Bosco se lo vide ricomparire nell'Oratorio, perchè gli rincresceva interrompere gli studi e le solite sue pratiche di pietà. D. Bosco l'avrebbe tenuto con sè a qualunque costo, ma pure volle seguire il consiglio dei medici; tanto più che da alcuni giorni erasi in lui manifestata una tosse incessante.

   Se ne avvertì adunque il padre e si stabilì la partenza pel primo di marzo 1857

   Si arrese Domenico a tale deliberazione, ma solo per farne un sacrificio a Dio. - Perchè, gli si domandò, vai a casa così di mal animo; mentre dovresti andarvi con gioia per godervi la compagnia de' tuoi amati genitori?

     - Perchè, rispose, desidero di terminare i miei giorni all'Oratorio.

     - Andrai a casa, e, dopo che ti sarai alquanto ristabilito in salute, ritornerai.

     - Oh! questo poi no, no: io me ne vado e non ritornerò più.

   La sera precedente alla partenza, D. Bosco non poteva levarselo d'attorno; sempre aveva cose da dimandare. Fra le altre diceva: - Qual è la cosa migliore che possa fare un ammalato per acquistar merito davanti a Dio?

     - Offrire spesso a Dio quanto egli soffre.

     - Qual altra cosa potrebbe ancor fare?

     - Offrire la sua vita al Signore.

     - Posso essere certo che i miei peccati mi siano stati perdonati?

     - Ti assicuro a nome di Dio che i tuoi peccati ti sono stati tutti perdonati.

      - Posso essere certo di essere salvo?

     - Sì, mediante la divina misericordia, la quale non ti manca, tu sei certo di salvarti.

     - Se il demonio venisse a tentarmi, che cosa gli dovrei rispondere?

     - Gli risponderai che hai venduto l'anima a G. Cristo, e che egli l'ha comperata col prezzo del suo Sangue per liberarla dall'inferno e condurla con lui al paradiso.

     - Dal paradiso potrò vedere i miei compagni dell'Oratorio ed i miei genitori?

     - Sì, dal paradiso vedrai tutte le vicende dell'Oratorio, vedrai i tuoi genitori, le cose che li riguardano ed altre cose mille volte ancor più belle.

     - Potrò venire a fare loro qualche visita?

     - Potrai venire, purchè tal cosa torni a maggior gloria di Dio.

Queste e moltissime dimande andava facendo, e sembrava una persona che avesse già un piede sulle porte del paradiso e che prima d'entrarvi volesse bene informarsi delle cose che entro vi erano.

  Il mattino di sua partenza fece un'altra volta co' suoi compagni l'esercizio della buona morte con grande trasporto di divozione e poi s'intrattenne con essi, ad uno ad uno, dando saggi consigli. Parlò ai confratelli della Società dell'Immacolata Concezione, e colle più animate espressioni li incoraggiava ad essere costanti nell'osservanza delle promesse fatte a Maria SS. ed a riporre in lei la più viva confidenza. Al momento di partire chiamò D. Bosco e gli disse queste precise parole: - Ella adunque non vuole questa mia carcassa ed io sono costretto a portarla a Mondonio. Il disturbo sarebbe di pochi giorni... poi sarebbe tutto finito; tuttavia sia fatta la volontà di Dio. Se va a Roma, si ricordi della commissione dell'Inghilterra presso il Papa; preghi affinchè io possa fare una buona morte, e a rivederci in paradiso.

    Erano giunti alla porta che mette fuori dell'Oratorio, ed egli teneva tuttora stretta la mano di D. Bosco, quando si voltò ai compagni che lo attorniavano e disse: Addio, amati compagni, addio tutti, pregate per me e a rivederci colà dove saremo sempre col Signore. - Chiese ancora a D. Bosco di essere messo nel numero di quelli che potevano partecipare ad alcune indulgenze, plenarie in articolo di morte, che egli aveva ottenuto dal Papa, e gli baciò per l'ultima volta la mano.

    Partiva da Torino il primo marzo alle due pomeridiane in compagnia di suo padre. Giunto a casa e visitato dal medico, questi lo giudicò affetto d'infiammazione, e gli praticò dei salassi. La malattia allora parve rivolgere in meglio: così assicurava il medico, così credevano i parenti; ma non così giudicava Domenico. Guidato dal pensiero che è meglio prevenire che perdere i Sacramenti, egli chiamò suo padre, e: - Papà, gli disse, è bene che facciamo un consulto col medico celeste: io desidero di confessarmi e di ricevere la santa Comunione; - e fu compiaciuto. Ricevette il SS. Viatico col fervore di un serafino; e prima e dopo usciva di tratto in tratto in preghiere così belle ed affettuose, che ti pareva già un beato comprensore in colloquio con Dio. Dopo alcuni giorni, benchè il medico dichiarasse il male essere stato vinto, il giovanetto domandò che gli fosse amministrato il Sacramento dell'Olio Santo; ed i parenti e lo stesso Prevosto, lusingati ed ingannati dalla serenità e giovialità del malato e dalle parole del medico, accondiscesero alla sua richiesta, non già per la necessità che ne scorgessero, ma per non dargli disgusto. Ricevuta l'Estrema Unzione colla pietà di un santo, domandò pure la benedizione papale. Munito di tutti i conforti della Santa Religione, egli provò una gioia così celestiale, che la penna non varrebbe a descrivere.

   Era la sera del 9 marzo. Chi lo udiva soltanto a parlare e lo rimirava in volto, avrebbe in lui ravvisato uno che giace a letto solo per riposo. L'aria allegra, gli sguardi tuttor vivaci, la piena cognizione di se stesso avrebbero da chiunque sgombrata l'idea che egli si trovasse in punto di morte. Un'ora e mezzo prima che spirasse, il Prevosto lo andò a visitare, e lo stette con diletto e con istupor e ascoltando a raccomandarsi l'anima. Egli stringeva in mano e baciava il crocifisso e faceva frequenti giaculatorie, tutte esprimenti il più vivo desiderio di andare presto in Cielo.

   Partito il Parroco colla speranza di rivederlo, il giovanetto si addormentò e prese mezz'ora di riposo. Indi svegliatosi volse uno sguardo a' suoi parenti, e: Papà, disse, ci siamo. - Eccomi, figliuol mio, che ti abbisogna? - Mio caro papà, è tempo; prendete il mio Giovane Provveduto, e leggetemi le preghiere della buona morte.

A queste parole la madre ruppe in pianto e si allontanò dalla camera dell'infermo. Al padre scoppiava il cuore di dolore, e le lacrime gli soffocavano la voce; tuttavia si fece coraggio e prese a leggere quella preghiera. Domenico ripeteva attentamente e distintamente ogni parola; ma in fine di ciascuna parte voleva dire da solo: Misericordioso Gesù, abbiate pietà di me. Giunto alle parole: “ Quando finalmente l'anima mia comparirà davanti a Voi, e vedrà per la prima volta lo solendore immortale della vostra Maestà, non la rigettate dal vostro cospetto, ma degnatevi di ricevermi nel seno amoroso della vostra misericordia, affinchè io canti eternamente le vostre lodi ”; - Oh! sì, soggiunse, questo è appunto quello che io desidero. Sì, sì, caro papà, cantare eternamente le lodi del Signore. - Poscia parve prendere di nuovo un po' di riposo a guisa di chi riflette seriamente a cosa di grande importanza. Dopo alcuni istanti riaprì gli occhi, e sorridente ed a chiara voce: - Addio, caro padre, addio! Ah! che bella cosa io vedo mai .... - Così dicendo e con amabile sorriso, egli spirò colle mani giunte dinanzi al petto in forma di croce. La sera del 9 di marzo 1857 eravi un angelo di meno sulla terra e uno di più in Cielo.

   Tale fu l'esclamazione di D. Bosco quando dal padre ricevette la mesta notizia, tale la voce unanime dei compagni mentre tutti piangendo e pregando si dolevano di quella dipartita, e tale pure l'opinione espressa dal Professor D, Picco nel funebre elogio che fece del suo discepolo alla scolaresca riunita.

   Che il giovane Domenico Savio sia volato al Paradiso puossi piamente dedurre e dalle virtù praticate in vita in grado non comune, e dai celesti carismi, di cui si mostrò adorno, e dalla morte invidiabile che ei fece, e sopratutto da molte grazie e favori sino ad oggi ottenuti per sua intercessione.

   Un fatto singolare raccontò il suo genitore, pronto a confermare le sue asserzioni in qualunque luogo e in presenza di qualunque persona. Egli espose la cosa così:

   “ La perdita di quel mio figliuolo, egli dice, mi fu causa dì profondissima afflizione, che si andava fomentando dal desiderio di sapere che fosse avvenuto di lui nell'altra vita. Dio mi ha voluto consolare. Circa un mese dopo la sua morte, una notte, dopo esser stato lungo tempo senza poter prender sonno, mi parve di vedere spalancarsi il soffitto della camera in cui dormiva, ed ecco in mezzo ad una grande luce comparirmi Domenico col volto ridente e giulivo, ma con aspetto maestoso ed imponente. A quel sorprendente spettacolo io sono rimasto fuori di me. - O Domenico! mi posi ad esclamare: Domenico mio! come va? Dove sei? sei già in paradiso? - Sì, padre, rispose, io sono veramente in paradiso. - Deh! io replicai, se Iddio ti ha fatto tanto favore di poter andar a godere la felicità del cielo, prega pei tuoi fratelli e sorelle, affinchè possano un giorno venir con te. - Sì, sì, padre, rispose, pregherò Dio per loro Affinchè possano un giorno venire con me a godere l'immensa felicità del cielo. - Prega anche per me, replicai, prega per tua madre, affinchè possiamo tutti salvarci e trovarci un giorno insieme in Paradiso. - Sì, sì, pregherò. - Ciò detto disparve, e la camera tornò nell'oscurità come prima ”.

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