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Capitolo 46

Don Bosco è aspettato a Milano; suoi discorsi famigliari: grazie non ottenute da Maria per infedeltà di promesse, causa l'attacco al danaro - La Marchesa Radicali e il brindisi di Don Bosco a un pranzo diplomatico - Don Bosco a Mirabello; sogna quanto tempo ogni alunno avrà ancora di vita - Esercizii spirituali di giovani esterni dell'Oratorio in preparazione alla Pasqua - Due statue d'angioli in rame dorato collocate sui campanili della nuova Chiesa - Contratto per la costruzione dell'organo: generosità del fabbricante - Don Bosco scrive a Mons. Ricci per la spedizione del Breve delle indulgenze concesse alla Confraternita di Maria Ausiliatrice - Il Breve - Intercessione efficace di Domenico Savio presso il Signore.


Capitolo 46

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 Il Venerabile era appena rientrato nell'Oratorio, e il sig. Giuseppe Guenzati scrivevagli ch'era aspettato a Milano, poichè l'aveva promesso.

Ai chierici rincrescevano le sue assenze continue, poichè, quando lo vedevano in libertà, volentieri gli facevano corona per ascoltare le sue parole. Il 13 marzo, sabato, dopo le confessioni, mentre cenava raccontò come fosse morta una persona, e perchè non fosse stata esaudita la novena colla quale era stata raccomandata alla Madonna:

 - Io andai, diceva, le diedi la benedizione e dissi ai famigliari che facessero una novena a Maria SS. Ausiliatrice.

L'inferma era da più giorni in agonia e quei di casa mi promisero tremila franchi per l'Oratorio. Ed ecco che l'ammalata incominciò subito a star meglio e a mangiar la minestra. Ciò visto i parenti dissero che avrebbero mandato più solamente 500 franchi; ma l'ammalata ritornò come prima in pericolo di morte. Promisero per la seconda volta che avrebbero offerto quei 3000 franchi e l'inferma migliorò con speranza di piena guarigione. Ma i parenti, quando videro compiti i loro desiderii, mandarono a dire a Don Bosco: - Le offriamo le 3000 lire, ma solamente mille per Don Bosco. Le altre due mila vogliamo siano divise fra il danaro di S. Pietro e la tale opera di carità. - E l'inferma peggiorò di nuovo.

 - Ed ora è morta! - soggiunse il cavaliere Oreglia che era presente.

Questa narrazione ricordò un altro fatto avvenuto qualche anno prima.

L'amore al danaro è più radicato nel cuore dei Signori che in quello dei poveri. Una signora di 80 anni, ricchissima, inferma, già confortata coi Sacramenti, piena di spavento nel vedersi vicina la morte, mandò a chiamare Don Bosco, chiedendogli con vive istanze la grazia della guarigione. - Sì, rispose Don Bosco, la Madonna le farà la grazia, purchè lei si disponga a fare una generosa offerta alla Chiesa, che si costruisce in suo onore in Valdocco.

 - E qual somma io debbo offerire?

 - Quella che vuole: veda lei. Io non posso fissarle l'offerta. Dia una somma che, senza suo grave incomodo, sia realmente proporzionata alle sue sostanze, e in modo che possa aver nome di sacrifizio.

 - Mi suggerisca lei.

 - Le ripeto ciò che già le ho detto. Faccia che la Madonna conosca che lei fa un'offerta con amore e con disinteresse. Capisce bene che, in questo stato, non essendoci più nulla da sperare negli uomini, tutto si deve aspettare da Dio. Consideri la gravezza del suo male e la sua età tanto avanzata.

Pensi che essendo sul punto di dover lasciare il tutto e per sempre, per conservare questo tutto, si può sacrificare qualche cosa che abbia un certo valore non dispregevole.

 - Ma io non saprei che cosa fare per la sua Chiesa.

 - Giacchè vuole un consiglio, io le dirò che potrebbe incaricarsi della costruzione di un altare nelle cappelle laterali.

 - E questo altare quanto costerebbe?

 - Non saprei dirglielo con precisione. Dalle sei alle otto mila lire.

 - Otto mila lire? Un po' troppo: io non posso.

 - Io le ho detto ciò che mi pareva, perchè me lo ha chiesto. Io non conosco le sue finanze. Faccia quello che può. Dèsse anche solamente un soldo, se questa offerta è proporzionata alle sue sostanze, la Madonna le farà la grazia.

 - Va bene: ci penserò.

Don Bosco uscì da quella casa nauseato da tanta avarizia. Intanto la malattia della vecchia precipitava verso la fine ed ecco venire due suoi cugini a far visita a Don Bosco. L'inferma non aveva nè figli, nè nipoti, ai quali trasmettere l'eredità. Dopo i primi complimenti costoro vennero a concludere:

 - Perdoni Don Bosco; la somma proposta di 8000 lire è un po' troppo forte.

 - Come sarebbe a dire?

 - Che lo preghiamo, a nome della Signora, a volerle fare la grazia per una somma minore... un po' più onesta.

 - Buona gente! Son io che faccio la grazia, oppure è la Madonna? Io non propongo nulla: nè 8000 nè 100.000. Ho detto solamente una parola così per dire, dopo esserne stato pregato. Ma che cosa sono le otto e le cento mila lire per una ricca di quella sorta? E volete che la Madonna esaudisca un cuore così gretto, accordandole una grazia così portentosa? La Signora faccia come vuole! Io non c'entro più.

 - Ma... ma... volevano ancora replicare gli inviati; e Don Bosco, con dolce fermezza, li congedò.

All'indomani quella Signora moriva per non sapersi risolvere: tanto era attaccata al danaro.

Il 14 marzo era l'anniversario della nascita di Re Vittorio Emanuele. Citiamo questa data perchè Don Bosco in tal giorno, come in altre ricorrenze di feste patriottiche, si recava al pranzo diplomatico, imbandito dal Prefetto di Torino, il Conte Radicati. I commensali eran tutti uomini politici costituiti in dignità. Il Prefetto vi invitava il Servo di Dio per compiacere la piissima consorte, che, per somma disgrazia, era diventata cieca. Essa, delicatissima di coscienza, aggiungeva presso Don Bosco le sue istanze a quelle del marito, desiderosa di averlo a mensa, perchè colla sua presenza impedisse i discorsi contro la religione.

Di questa nobile matrona, da tutti rispettata per la dignità de' modi, per la vasta istruzione e per la grande bontà, accenniamo un fatto che ne dipinge il carattere profondamente cristiano.

Uno di questi grandi conviti doveva imbandirsi di venerdì, e la Contessa non voleva assolutamente che fosse servito di grasso. Il Conte andò a parlarne al sig. Durando prete della Missione, il quale lo consigliò a preparare vivande di grasso e di magro, sicchè ciascuno dei convitati si potesse servire a piacimento. La contessa, appena ebbe notizia di questa risposta, esclamò con energia: - No, non voglio che in mia casa si commettano peccati!

Il Conte venne allora da Don Bosco, e questi gli disse non esservi altro partito che ricorrere al Papa: e, urgendo la cosa, egli stesso telegrafò. Da Roma fu risposto a Don Bosco: Permesso il grasso, purchè si annunzi ai convitati la licenza ottenuta. - La contessa, appena furono tutti intorno alla mensa, disse a un signore che le era vicino: - Legga di grazia, ad alta voce, questo telegramma. - E così fu fatto.

Questa nobildonna, in tali grandi occasioni, voleva adunque Don Bosco, il quale regolavasi da perfetto gentiluomo, ed era ammirabile nel sapere stringere a sè anche le persone di principi contrarii, senza mai dissimulare la verità. Tra gli invitati vi erano personaggi di tutti i partiti e colori; liberali, democratici, razionalisti, ed anche qualche cattolico. Una volta, giunto il pranzo ai brindisi, chi inneggiava all'Unità Italiana, chi alla libertà, chi a Cavour, chi al Re, chi a Garibaldi, ecc.

In ultimo fu invitato anche Don Bosco a parlare, e il Servo di Dio si levò senza scomporsi, e alzando il bicchiere, disse:

 - Porto il mio brindisi e grido: evviva a Sua Maestà Vittorio Emanuele, a Cavour, a Garibaldi, ai Ministri tutti, schierati sotto la bandiera del Papa, affinchè tutti possano salvarsi l'anima!

Uno scoppio di applausi accolse fra la più grande ilarità le sue parole e da molti si ripeteva:

 - Don Bosco non vuol proprio la morte di nessuno!

A metà del mese egli mantenne la sua parola di recarsi a Mirabello. Il giovane Evasio Rabagliati, che era entrato in collegio l'8 gennaio, s'incontrò per la prima volta col Servo di Dio, e alla sera lo udì raccontare questo sogno.

Aveva sognato, nella prima notte del suo arrivo, di trovarsi nella stanza degli esami e si vide venire innanzi due persone. Una, con una canna, teneva una lanterna e l'altra aveva un fascio di carte sotto il braccio. Lo invitarono a salire nelle camerate e ve lo accompagnarono. Si fermavano ai piedi d'ogni letto. L'una abbassava la lanterna perchè Don Bosco conoscesse la fisionomia del giovane dormiente e l'altra toglieva dal fascio un foglio e lo metteva sulla coperta del letto. Su questo foglio era scritto il numero degli anni che a ciascuno rimaneva di vita.

Il racconto di questo sogno fece un'impressione immensa. Anche Rabagliati andò a chiedere a Don Bosco quanto gli rimanesse da vivere. Don Bosco sorrise e gli domandò: - Conosci l'aritmetica? - Sì, e colle dita della mano gli fece contare e sottrarre e sommare una gran quantità di numeri finchè ne uscì fuori il numero 27. Rabagliati tenne bene a memoria questo numero. Quando si compiva questo numero di anni egli era in America missionario Salesiano e in quell'anno fece una lunga malattia mortale a Buenos Aires, sicchè tutti credevano che egli ne dovesse morire. Di notte non poteva mai prender sonno, perchè provava una specie di convulsione continua che andava sempre crescendo, sicchè nell'ultimo mese non poteva più resistere. Don Costamagna, che sapeva questo segreto, invitò le varie case salesiane a pregare per l'infermo, il quale guarì.

Egli avea chiesto già a Don Bosco spiegazione di quel sogno prima di andare missionario, e una volta gli era stato risposto:

 - Non credere alle fandonie.

Altra volta: - Ma che importa? Gli anni possono incominciare a contarsi non solo dall'epoca del sogno, ma anche dal giorno che ti sei fatto salesiano, ovvero hai emesso i voti.

Don Bosco aveva così risposto, vedendolo troppo fisso in quell'idea; ma tutti evidentemente riconobbero avergli le preghiere dei compagni prolungata la vita.

Don Evasio Rabagliati fu l'apostolo e il padre dei lebbrosi in Colombia, e ora è missionario nel Chilì, e con Mons. Costamagna testifica il nostro racconto.

Questi sogni di Don Bosco per le camerate furono varii. Ora vide una spada pendente da un filo su certi letti, ora un cartello in testa ad ogni letto, ove erano scritte le colpe di ogni giovane, ora queste colpe erano accennate con una parola sulla fronte di ciascuno.

Intanto, in Valdocco e nei due altri Oratorii festivi, i catechismi della quaresima volgevano al termine; e Don Bosco mandava un suo stampato ai genitori dei giovani, ai capi fabbrica, ai capi di bottega, modellato su quello diramato nel 1849, per gli Esercizi predicati nella Chiesa della Misericordia in Torino.

 Mentre santificavansi le anime, si andavano compiendo nuovi lavori per la Chiesa di Maria Ausiliatrice. Ciascuno de' due campanili, fiancheggianti la facciata, doveva essere sormontato da un angelo in rame battuto e indorato, dell'altezza di due metri e mezzo. Don Bosco ne aveva dato il disegno, e si vedono ancora. A destra: un angelo, recante colla mano sinistra una bandiera, in cui, a traforo nel metallo e a grossi caratteri, è scritto: “ Lepanto ”. A sinistra un altro, in atto di offrire colla mano destra una corona d'alloro alla Santa Vergine, dominatrice sulla cupola.

In un primo disegno, che noi abbiam visto, anche il secondo angelo sollevava una bandiera sulla quale era, pur a traforo la cifra 19... seguita da due fori. Indicava una nuova data e cioè il mille novecento, ommesse le decine ed unità di anni. Si mise poi, come si è detto, in mano all'angelo una corona: ma noi non abbiam mai dimenticato quella data misteriosa, la quale, a parer nostro, indicava un nuovo trionfo della Madonna. Che questo si affretti e attiri tutte le genti sotto il manto di Maria!

L'esecuzione di questi angeli venne affidata ai fratelli Broggi di Milano per il prezzo di lire 3300; e le statue riuscirono decorose e di bell'effetto.

Don Bosco ne riceveva l'annunzio con questa lettera.

 

 

Milano, 24 marzo 1869.

 

Mo. to Rev. do Sig. D. Gio. Bosco,

 

Da parte dell'indoratore Giuseppe Grassi, le partecipo che il medesimo accetta l'esecuzione del lavoro in trattativa per la somma di L. it. 700, invece delle 800 esposte nel preventivo, colle condizioni tutte accennate nella lettera scrittagli dal signor Cavaliere Oreglia.

Devo pure significarle che Broggi manderà il suo lavorante a Torino martedì o mercoledì prossimo, per aprire la cassa già speditale contenente l'Angelo e si fermerà per eseguire il necessario lavoro di connetterlo come si deve e intanto farà spedire a Milano la cassa vuota per riporvi l'altro Angelo da spedire a Torino, non essendo conveniente di fare un'altra cassa, la quale costa L. 16.

Se V. S. Rev. ma trovasse di cambiare in qualche cosa le suddette disposizioni, favorirà darmene avviso: intanto sempre pronti a' di lei pregiati comandi, ho il bene e l'onore di riverirla con tutta la stima e di vero cuore.

Devot.mo Servo

Gius. GUENZATI di AG.

 

P. S. Passando di qui il Cavaliere Oreglia ritengo faccia capo alla mia casa in tutto quanto le occorrerà, come se fosse V. S. stessa. Ho il bene di nuovo riverirla col sig. Cavaliere.

 

Il sig. Broggi aveva anche mandate due grosse lampade argentate, con fregi indorati, per l'altar maggiore, al prezzo di lire 500.

Altro pensiero di Don Bosco era la costruzione dell'Organo. Era venuto a trattative col Lingiardi di Pavia, e le aveva ormai condotte a termine. Don Francesia scriveva alla Madre Galleffi.

 

... Ieri la Madonna ne fece un'altra che le farà onore. Si trattava di stipulare i patti per la fabbricazione dell'organo, e il prezzo era piuttosto alto pel desiderio che riuscisse bello ed acconcio alla chiesa. La somma si approssimava alle 20 mila lire. Il fabbricante l'aveva già diminuita fino alle 15, e ieri infine, come colpito dalla consolazione di fare un organo nella chiesa di Maria, tolse ancora 3 mila franchi e piangeva proprio dal piacere, di poter concorrere anch'esso al decoro del tempio; dicendo che la sua famiglia avrebbe provato grande diletto, sapendo stretto il patto ed anche il dono concesso. L'organo sarà unico in Torino, e tornerà ad essere una quarta o quinta meraviglia di Valdocco. Di questa settimana si trova in alto sulla cima del campanile un primo angelo, che si è fatto venire da Milano, e presto ascenderà pure il secondo.

 

Mentre provvedeva al compimento delle opere materiali del Santuario, il Servo di Dio non dimenticava quell'ampia schiera di anime che si sarebbero messe, in ogni parte del mondo, sotto il manto di Maria Ausiliatrice; e scriveva a S. E. Mons. Ricci, Maestro di Camera di Sua Santità.

 

 

Eccellenza Rev.ma,

 

il sig. Conte e la signora Contessa Viancino nostri insigni benefattori fanno una gita a Roma per la festa del giorno 11 aprile. Sarà difficile che Essi possano avere l'onore di prendere la benedizione del  Santo Padre; se non possono ottener tanto, veda se può almeno procacciar loro qualche biglietto fra i posti riservati; sono persone agiate e molto caritatevoli.

Ho dovuto partire senza più aver avuto l'onore di poterla ossequiare; rinnovo qui i ringraziamenti per tanti segni di bontà che mi ha usato nel mio soggiorno a Roma. - Ora la pregherei ancor di un favore. L'ultima volta che fui all'udienza del Santo Padre aveva portato meco una domanda per indulgenze per un'associazione in onore di Maria Ausiliatrice, formalità siccome il medesimo Santo Padre mi aveva indicato. Se la ritenne sul tavolo e non ne ho più potuto sapere niente. Potrebbe Ella usarmi questa cortesia e vedere se si può trovare o almeno se si debba rinnovare quella dimanda. L'avrei come (grazia) segnalata se potessi averla presto, perchè ho un fascicolo in corso di stampa, cui è relativa e farebbe parte di quella materia. Se poi non si può, abbia solamente la bontà di farmi scrivere una sola parola dal suo sig. Segretario, cui auguro ogni bene.

Dio benedica Lei e tutta la sua famiglia e mi abbia colla pi√π profonda gratitudine

Di V. E. Rev.ma

 

Torino, 31 marzo 1869,

Sac. Giovanni Bosco.

 

P. S. Don Francesia cogli altri nostri preti La riveriscono, ed il cav. Oreglia Le porterà in persona i comuni saluti pel giorno 11 aprile.

 

E giunse l'atteso decreto a favore dell'Associazione dei Divoti di Maria Ausiliatrice, di cui il Venerabile aveva parlato e per la quale aveva lasciato un'istanza al S. Padre.

 

 

PIO PP. IX.

A FUTURA MEMORIA DEL FATTO.

 

Il diletto Nostro figlio Giovanni Bosco, sacerdote Torinese, Ci espose aver egli in animo, per eccitare ed accrescere la divozione dei fedeli verso la Santa Madre di Dio e l'Augusto Sacramento dell'Eucaristia, d'istituire, colla licenza dell'Ordinario, nella Chiesa dedicata a Maria SS. Ausiliatrice nella città di Torino, una Pia Società col nome di Associazione dei Divoti di Maria Ausiliatrice, i cui Soci abbiano per iscopo principale di Promuovere il culto della Immacolata Madre di Dio e dell'Augusto Sacramento.

Affinchè poi, proponendo loro maggiori aiuti per arrivare alla celeste beatitudine, diano i fedeli con maggiore impegno il nome a questa Associazione, ed attendano a compiere le prescritte opere di pietà, Ci porse umile preghiera, che volessimo a questo fine, per Nostra benignità, aprire i Tesori della Chiesa, la dispensa dei quali a Noi commise l'Altissimo Iddio.

Noi adunque, assai commendando, le salutari e proficue cure del predetto Nostro amato figliuolo, affinchè col divino aiuto vie maggiore incremento di giorno in giorno prenda questa Associazione, appoggiati alla misericordia di Dio ed all'autorità de' Beati Apostoli Pietro e Paolo, a tutti e singoli i fedeli Cristiani dell'uno e dell'altro sesso, che ora e per l'avvenire verranno inscritti nella Pia Società che ha nome di Associazione dei Divoti di Maria Ausiliatrice, canonicamente eretta nella Chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice nella città di Torino, e che veramente pentiti e confessati e comunicati, avranno divotamente visitato questa medesima Chiesa, l'Oratorio o l'Altare della Società, dai primi vespri fino al tramonto del sole, nelle feste della Natività, Circoncisione, Epifania ed Ascensione di N. S. G. C., nella Domenica di Pentecoste, nella Solennità del SS. Corpo del Signore, e similmente nelle sette Principali feste dell'Incarmacolata, Vergine Madre di Dio, e quivi avranno pregato per la concordia dei Principi Cristiani, per l'estirpazione delle eresie, e per l'esaltazione di S. Madre Chiesa, in qualunque dei sopradetti giorni ciò avranno fatto, misericordiosamente concediamo nel Signore Plenaria Indulgenza e remissione di tutti i loro peccati.

Inoltre ai medesimi Soci, i quali, almeno con cuor contrito adempiranno le sopradette opere di pietà in ciascun giorno di novene o tridui, che solennemente in detta Chiesa si sogliono fare in onore della Madre di Dio, concediamo sette anni d'Indulgenza ed altrettante quarantene: ogni qual volta poi interverranno al divoto Esercizio, che con licenza dell'Ordinario ogni mattina si celebra in detta Chiesa, e parimente di cuore pentiti reciteranno le consuete. Preghiere ed altre per la concordia fra i Principi Cristiani, l'estirpazione delle eresie e l'esaltazione di S. Madre Chiesa, concediamo cento giorni d'Indulgenza.

Le quali singole Indulgenze, remissioni di peccati e condoni di pene, misericordiosamente concediamo nel Signore, che per modo di suffragio si possano anche applicare alle anime dei fedeli Cristiani che a Dio congiunte in carità passarono di questa vita.

Valevoli le presenti per dieci anni solamente.

Dato a Roma, presso S. Pietro, sotto l'anello del Pescatore, li 16 marzo 1869, l'anno 23° del Nostro Pontificato.

 

N. Card. PARACCIANI CLARELLI

 

Altra consolazione provava Don Bosco al ricordo dei molti giovani nei quali aveva acceso il più caldo amore verso Maria Santissima e che, già defunti, egli riteneva in paradiso, ad intercedere continuamente per lui, innanzi al trono della celeste Madre. Col suo pensiero egli viveva assai spesso in mezzo a loro, ed esclamava commosso: Benedictus Deus in sanctis suis! Le prove della loro santità egli le aveva nelle grazie che dicevano di aver ottenute coloro che, ora ad uno, ora ad un altro dei suoi giovanetti, erano ricorsi, specialmente a Savio Domenico. Dal 1868 al 1885, di molte di queste grazie se ne fecero relazioni a Don Bosco.

Una si riferisce alla fine di marzo 1869, ed è la seguente:

 

Era l'anno 1869, sul fine di marzo, quando fui sorpreso da dolori acutissimi cagionati dalla rottura di un viscere organico; e per l'eccesso di questi fui costretta ad andarmene a letto. A caso, mentre stava in letto oppressa dai dolori, potei avere la vita del giovane Savio Domenico, la quale io lessi nello spazio di tre giorni. Dopo questi i dolori eransi alquanto mitigati ed io mi alzai da letto per riprendere forza, colla speranza di riposar meglio dopo qualche ora. Ma la cosa andò al contrario, perchè, rimessami in letto, subito mi sorpresero dolori così acerbi per cui non poteva star coricata, ne aver forza di alzarmi. Mentre era così tormentata, per quattro volte mi venne il pensiero di votarmi a Savio Domenico; per tre volte resistetti, ma alla quarta mi risolsi e dissi al santo giovane:

Se è vero che tu sia già in cielo, fa' di mitigare questi miei dolori, se tale è la volontà di Dio.

Ciò detto promisi di fare una novena di tre Pater Ave e Gloria in suo onore: e subito cominciai a recitare i tre Pater. Cosa ammirabile! Terminava appena il terzo Pater, quando m'invase un dolce sopore che come balsamo mitigò i miei dolori e all'istante mi addormentai. Dopo mezz'ora di sonno mi svegliai libera affatto dai dolori.

QUARATI GIOANNA

di Bergamasco d'Alessandria.

 

 

 

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