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Capitolo 45

Parlata di Don Bosco ai giovani: Narra ciò che ha fatto a Roma: efficacia delle loro preghiere; stima che il Papa ha di loro: compra di una casa in Roma: benedizioni del Santo Padre, crocifissi indulgenziati e altre indulgenze. - Il Capitolo accetta nuovi socii. - Le prime dimissorie - Conferenza di Don Bosco ai Salesiani: Si osservi con esattezza il regolamento: questo segni in Congregazione unità di corpo, di spirito, di volere, e di obbedienza; non rompere mai questa unità: la visita quotidiana al SS. Sacramento.


Capitolo 45

da Memorie Biografiche

del 05 dicembre 2006

Pratica costante di Don Bosco fu di interessare i suoi alunni per tutto ciò che si riferiva all'Oratorio. Egli desiderava che lo considerassero come casa propria; e perciò li teneva informati di quanto lo riguardava e credeva conveniente che essi conoscessero. Costituita la Pia Società di S. Francesco di Sales, continuò a fare altrettanto: egli voleva che per molti alunni divenisse l'ideale della vita cristiana, lo scopo dei loro studii, il porto sicuro della loro vocazione, la partecipazione alle opere e ai gloriosi destini promessi dalla Madonna.

Pertanto l'8 di marzo, lunedì, dopo le orazioni della sera egli si recò a parlare a tutti i giovani della casa, studenti ed artigiani, raccolti nello studio ed espose il motivo per cui era andato a Roma, dicendo che l'Oratorio non è sostenuto dall'aria, ma che esiste una Congregazione la quale ne è il sostegno.

 

E proseguì:

 

Andai a Roma contro il parere di tutti. Di qui mi dicevano che era inutile andare, che avrei fatto niente: di là si ripeteva che avrei fatto il viaggio, rimanendo a mani vuote. Ma io mi sentiva stimolato ad andarvi, desiderando vivamente l'approvazione della nostra Pia Società; e quei medesimi che mi sconsigliavano da quell'andata, furono quelli che mi aiutarono, acciocchè fosse definitivamente approvata. Ora dunque la nostra Società è definitivamente approvata dal Papa. Le vostre preghiere furono esaudite, il Signore mutò in un momento il cuore di tutti e dispose di più che quei tali avessero bisogno di Don Bosco. D. Francesia vi racconterà domani a sera il fatto. Si ottenne insomma dalla Madonna, per mezzo della preghiera, ciò che si desiderava.

La Congregazione fu approvata colle dimissorie: cioè a dire che un giovane il quale voglia appartenere a questa Congregazione, purchè sia entrato nelle nostre case prima dei quattordici anni, può farsi prete anche senza patrimonio.

Il Santo Padre crede che siate tanti S. Luigi, sì buona è l'opinione che ha di voi. Io gli rispondeva di sì, che eravate tutti altrettanti San Luigi, ma sotto il mantello colle dita facevo le cornette. Egli però non vedeva.

 - Io spero di vederne qualcheduno dei vostri figliuoli, mi diceva il Santo Padre, e, se non potrò vederli in questo mondo, li vedrò poi in paradiso, dove da qui a poco tempo spero di andare.

Ed io a lui: - Santo Padre, abbiamo ancora tante cose da fare prima di andare in paradiso!

Altra cosa che debbo dirvi si è che subito dopo l'approvazione della nostra Società, il Santo Padre mi suggerì di comperare una casa in Roma, ed io che voleva appunto esporgli questo disegno, gli dissi:

 - Non sa che mi ha cavato la parola di bocca?

 - Ebbene si vede che il Signore ci ha ispirati. Andate subito a vedere nel tal sito.

Andai, si parlò, si contrattò, si conchiuse, la casa è nostra e si può dire pagata. E volete che ve lo dica? Sono venuto a casa non senza quattrini: se ieri abbiamo fatto una bella festa, sono i quattrini che ho portato, i quali vi hanno contribuito.

Il Santo Padre mi lasciò di dirvi queste parole: - Dominus vos benedicat et dirigat vos in semitis suis. - Concesse poi trecento giorni d'indulgenza ogni volta che si dice: - Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis.

Ho portato in giù un pacchetto di croci per distribuirne una caduno ed hanno i medesimi privilegi dell'altra volta, cioè quattrocento giorni d'indulgenza ogni volta che si baciano o si danno a baciare; ed uno che la baci tutti i giorni acquista alla fine del mese l'indulgenza plenaria; similmente dandola a baciare in articulo mortis. Il Papa inoltre concesse indulgenze per i divoti di Maria Ausiliatrice che vedrete poi, ed altre che saprete man mano che arriveranno.

Intanto continuate a pregare per me, che io pregherò anche per voi. Sono contento che, in generale, durante questa mia assenza vi siete regolati bene.

So che si è pregato molto, non solo qui, ma in tutte le case nostre, a Lanzo, a Mirabello; e si continua ancora. Ringraziamo il Signore dal quale si ottennero tanti benefizii. È stato questo veramente un miracolo, e questo portento lo hanno ottenuto le vostre preghiere. Il Signore, che è così buono, non ha potuto resistere alle vostre suppliche. Ringraziamolo adunque con tenerezza figliale, perchè Egli è che ci concesse tutto.

Là a Roma metteremo uno studentato con preti, e chierici; e sotto la loro direzione anche giovani che vogliano diventar dotti. Manderemo i migliori per condotta e studio.

Ancora una cosa.

Il Santo Padre mi consigliò di dirvi che chiunque ha sostanze, faccia presto testamento, per non aver poi più da pensarvi e disturbarsi in punto di morte (risa generati). Buona notte!

L'8 e il 9 marzo Don Bosco radunò il Capitolo per esaminare la nota dei membri della Società e vedere se vi fossero altri da proporre per la medesima; e infatti parecchi furono accettati alla prova. Il giorno 8 fu memorabile, perchè Don Bosco spedì la prima dimissoria pel ch. Giuseppe Monateri del Collegio di Mirabello.

L'11 marzo, giovedì, il Venerabile dopo le orazioni della sera radunò nel refettorio dei chierici tutti i membri della Società, professi e aspiranti, ai quali - come rileviamo dalle nostre memorie - così parlò.

Domenica sera abbiamo veduto quale sia stato l'esito del viaggio a Roma e come sia stata definitivamente approvata dalla Chiesa la nostra Società col privilegio delle dimissorie.

Ora mi gode l'animo di annunziarvi che due dei nostri confratelli potranno ben presto approfittarsi dei favori a noi concessi dalla Santa Sede, e si presenteranno alle Ordinazioni senza altro titolo che di appartenere alla Società di S. Francesco di Sales. Sono Monateri Giuseppe e Croserio Augusto. Ringraziamo il Signore che si voglia servire di noi, come di strumenti per procurare la sua gloria e la salute delle anime. E certamente un segno della sua speciale dilezione l'abbiamo in questo, che mai nessuno dei nostri chierici ha dovuto interrompere i suoi studi, differire la vestizione chiericale o le Sacre Ordinazioni per mancanza di mezzi materiali. La Provvidenza si è sempre mostrata in ciò in modo meraviglioso. Questo ci è un pegno che vie maggiormente ci assisterà ora che veramente ci siamo offerti anima e corpo a Lui.

Perciò ora è bene che veniamo a poco a poco spiegando le cose necessarie a farsi ed a sistemarle con regole.

Come ognuno di voi 'sa, finora la nostra società non aveva Regole ben determinate. Andavamo avanti, senza aver bene precisati i nostri obblighi. Non essendovi ancora approvazione da parte della Chiesa, la Società era come in aria e poteva da un giorno all'altro rovinare; stavamo in forse, se questa nostra casa fosse per seguitare nel suo scopo, o potesse esser chiusa senza più, e quindi non potendosi stabilire nulla di certo, era inevitabile un po' di rilassatezza. Miei cari, in questo momento la cosa non è più così. La nostra Congregazione è approvata: siamo vincolati gli uni cogli altri. Io sono legato a voi, voi siete legati a me, e tutti insieme siamo legati a Dio. La Chiesa ha parlato, Dio ha accettato i nostri servigi, noi siamo tenuti ad osservare le nostre promesse. Non siamo più persone private, ma formiamo, una Società, un corpo visibile; godiamo dei privilegi: tutto il mondo ci osserva e la Chiesa ha diritto all'opera nostra. Bisogna dunque che d'ora innanzi ogni parte del nostro regolamento sia eseguita puntualmente. Non voglio già che tutto ad un tratto cambiamo faccia all'Oratorio; questo produrrebbe disordini e dall'altra parte sarebbe impossibile. Una cosa dopo l'altra, procureremo di fare tutto. Son molte cose da stabilire e da rifare, perciò ho bisogno di parlarvi più di frequente per venirvele spiegando. Questa sera vi dico poche cose, ma da ritenersi, perchè sono come le basi della nostra Società. Noi siamo quelli che dobbiamo fondare questi principi su ferme basi, affinchè quei che verranno dopo, non abbiano che a seguirci. Ricordiamoci sempre che noi abbiamo eletto di vivere in Società. O quam bonum et quam jucundum habitare fratres in unum, esclamava il santo Profeta David, divinamente inspirato, parlando delle Congregazioni religiose. Oh come è bello e dolce cosa il vivere come fratelli in società. È bello il vivere uniti col vincolo di un amore fratellevole, confortandosi a vicenda nella prosperità e nelle strettezze, nel contento e nelle afflizioni, prestandosi mutuo soccorso di opere e di consiglio; è bello vivere liberi da ogni terreno impaccio, camminando diritto verso il cielo sotto la guida del Superiore. Ma se vogliamo che questi beni ci derivino dalla nostra Società, è d'uopo che ad essa abbiamo sempre rivolto il nostro sguardo, perchè viva e prosperi. O quam jucundum... E perchè sia cosa dolce questo abitare insieme, bisogna togliere ogni invidia, ogni gelosia: bisogna amarci come fratelli, sopportarci gli uni gli altri, aiutarci, soccorrerci, stimarci, compatirci. Ciascuno deve guardarsi attentamente dal dir male della Congregazione, anzi deve procurare di farla stimare da tutti. Noi abbiamo scelto di abitare in unum. Che cosa vuol dire questo abitare in unum? Vuol dire in unum locum, in unum spiritum, in unum agendi finem. Eccolo in poche parole.

Dobbiamo prima di tutto, ed è questa la prima condizione di una Società religiosa, abitare in unum di corpo.

Una congregazione religiosa deve, come un corpo umano constare del capo e delle membra, le une subordinate alle altre, tutte poi subordinate al capo. Supponete che si esponga un capo spiccato dal busto; è vero che questo capo sarà bello e artistico; ma da sè senza il busto è una cosa mostruosa. Così io non posso fare senza di voi che forniate il corpo. Così le membra non possono stare senza il capo. Un sol capo si richiede, poichè essendo come un corpo, se a questo corpo si sovrappongono due o più teste, egli diventa un mostro e non vi è più uniformità. Adunque un sol capo colle sue membra corrispondenti. Le membra poi subalterne al capo, le une devono avere un officio proprio differente da quello delle altre, ciascuno compiere diverse funzioni secondo la diversa sua condizione. Così per es. se le braccia dicessero: - Noi vogliamo fare da noi: vogliamo fare quello che piace a noi; vogliamo fare da testa: - farebbero ridere. Così se lo stomaco dicesse; - Io voglio camminare: - Ma no, gli si risponderebbe; tu per mezzo della bocca devi ricevere il cibo che ti porgono le mani. - Così le gambe: - Noi vogliamo mangiare! - Ma no; voi dovete portare il corpo da un luogo all'altro. - Perchè una Società come la nostra prosperi è necessario che sia bene organizzata; vi sia cioè chi comandi e chi obbedisca, chi faccia una cosa e chi ne faccia un'altra secondo la propria capacità. Nè chi ubbidisce deve invidiare la sorte di chi comanda; nè chi lavora, la sorte di chi studia, o simili; perchè tanto gli uni come gli altri sono necessarii, ed ove tutti studiassero, tutti comandassero, non vi potrebbe più esistere varietà. Supponete che nel corpo vi fosse tutto occhio, o tutto orecchie, o tutto mani ecc. vi sarebbe ancora un corpo vivente? No, ma un mostro, Se tutto il corpo fosse piedi, chi gli servirebbe di guida? Siccome adunque ogni membro deve avere il suo ufficio che gli è proprio, così ciascheduno individuo della Congregazione deve fare quel che gli vien comandato e non altro.

Quindi nella nostra Società vi deve essere chi predica, chi confessa, chi studia, chi insegna, chi provvede ai bisogni materiali e chi ai morali. Ciò posto, si richiede obbedienza al Capo, che metterà uno ad un officio e l'altro ad un altro. E questo è come il perno su cui si regge tutta la nostra Società, perchè se manca l'obbedienza, tutto sarà disordine. Se invece regna l'obbedienza, allora si formerà un corpo solo e un'anima sola per amare e servire il Signore.

Quindi ciascuno sia obbediente; nessuno pensi di fare questo, di fare quello. Nessuno dica: - Io vorrei aver questo o quell'altro impiego; ma stia pronto a compiere qualunque parte gli sia affidata, stia, dove il Superiore lo colloca, ad attendere esattamente al suo officio; ognuno di voi badi bene di avvezzarsi a vedere nella volontà del Superiore la volontà di Dio. Ciascuno si occupi e lavori quanto lo permette la sanità propria e capacità. Uno riuscirà un buon predicatore, e costui faccia bene e con zelo il suo uffizio; un altro buon professore o maestro, e costui faccia scuola e insegni. Un altro buon spenditore, e costui spenda: per contrario un altro potrà fare il buon cuoco, ebbene si eserciti nella sua professione: un altro lo scopatore, ed anche egli compia il suo dovere. Alcuno talvolta dirà di perdere il suo tempo ad esercitare quell'ufficio, di non esser quella la sua inclinazione, di sentirsi di far più bene altrove. No; ciascuno si assoggetti a ciò che gli si affida, disimpegni quell'affare, e poi vada avanti tranquillo. E il frutto? Il frutto, ecco la grande utilità del vivere in comune, il frutto è sempre eguale per tutti, tanto per uno che esercita un uffizio alto, come per colui che esercita il più umile: cosicchè tanto avrà di merito colui che predica, colui che confessa, che insegna, che studia, come colui che lavora in cucina, lava i piatti, o che scopa. Nella Società il bene di uno resta diviso fra tutti, come anche il male in certo qual modo resta male di tutti. Perciò qualunque impiego uno abbia, lo adempia. Ciascuno avanti a Dio avrà eguale il merito per l'obbedienza. Ma notate: se si fa il bene, si ha il merito eguale innanzi a Dio; se si fa il male, tutta la Congregazione ne perde. Si lavora in comune e si gode in comune. Dunque vi sia unità di corpo.

In secondo luogo vi deve essere unità di spirito e di volere. Qual è lo spirito che deve animare questo corpo? Miei cari, è la carità. Vi sia carità nel tollerarci e correggerci gli uni gli altri; mai lagnarci l'uno dell'altro; carità nel sostenerci: carità specialmente nel mai sparlare dei membri del corpo. Questa è una cosa essenzialissima alla nostra Società; perchè se vogliamo fare del bene nel mondo è d'uopo che siamo uniti fra noi e godiamo l'altrui riputazione. Questo sarebbe il più gran male che possa essere nella Società. Quindi mai più si vedano di quei crocchi di chierici e di altre persone che tagliano i panni addosso a questo o a quello; tanto più poi quando questo si faccia contro qualche superiore. Difendiamoci a vicenda: crediamo nostro l'onore ed il bene della Società: ed abbiamo per fermo che non è un buon membro quello che non è disposto a sacrificare se stesso per salvare il corpo.

Ciascuno sia sempre pronto a dividere il suo piacere col piacere degli altri, ed anche sia disposto ad assumersi la parte di dolore di un altro; di maniera che se uno ricevesse un gran favore, e questo sia anche di contento per i suoi confratelli. Sarà uno afflitto? Studino i suoi confratelli di alleviargli le pene. Quando poi alcuno venisse a trascorrere in qualche mancanza, costui si corregga, si compatisca, ma non si disprezzi mai alcuno per difetti, o fisici, o morali. Amiamoci sempre come veri fratelli, perocchè fratres dice Davidde.

Finalmente vi deve essere unità di ubbidienza. In ogni corpo vi deve essere una mente che regga i suoi movimenti, e tanto più attivo ed operoso sarà il corpo, quanto più le membra sono pronte ad ogni suo cenno. Così nella nostra Società sarà necessario che alcuno comandi e tutti gli altri ubbidiscano. Accadrà talvolta che chi comanda sia il meno degno: si dovrà perciò negargli ubbidienza? So, perchè così facendo il corpo resta disorganizzato, e però inatto ad ogni operazione. Si abbia sempre presente che il Superiore è il rappresentante di Dio, e chi ubbidisce a Lui, ubbidisce a Dio medesimo. Che importa ch'egli sia in molte cose inferiore a me? Sarà più meritoria la mia sommissione. D'altra parte si pensi che il comandare è un peso enorme, e quel povero superiore ben volentieri se ne sgraverebbe, qualora non l'obbligasse a ritenerlo il vostro bene medesimo. Per la qual cosa procurate d'alleggerirglielo col mostrarvi pronti all'ubbidienza e sopratutto accettate di buon animo qualunque suo comando ed ammonizione, perchè egli fa uno sforzo per comandarvi: e quando vedesse che le sue parole vi sdegnano e vi inquietano, forse non oserebbe ammonirvi altre volte, e allora il male sarebbe vostro e suo. Se noi, considerandoci come membri di questo corpo, che è la nostra Società, ci acconceremo a qualunque funzione ci tocchi fare, se questo corpo sarà animato dallo spirito di carità, e guidato dall'ubbidienza, avrà in sè il principio della propria sussistenza, e l'energia a operare grandi cose a gloria di Dio, al bene del prossimo, ed a salute dei suoi membri.

Non vuolsi però con ciò intendere che uno sia obbligato ad indossare pesi che non possa portare. Ciascheduno, quando non si sentisse di fare quel tale uffizio che gli è stato affidato, ne parli e gli sarà tolto. Quello solo che si richiede si è che ognuno sia disposto a fare ciò che può quando gli venisse imposto, dimodochè se anche un prete fosse in necessità di lavare i piatti, lo faccia, tanto più che abbiamo qui l'esempio di parecchi che lasciarono di fare scuola per lavorare in cucina.

Dobbiamo eziandio avere sempre di mira lo scopo della Società, che è l'educazione morale e scientifica dei poveri giovani abbandonati, con quei mezzi che la Divina Provvidenza ci manda.

Inoltre, ricordando il paragone del corpo, se il capo deve dirigere tutte le membra, vi sono alcune membra che subordinatamente al capo presiedono, e dirigono i movimenti e gli uffizi di altre membra. Qui intendo di dire come questa Società consti di un Capitolo Superiore, i cui membri tengono le veci di Don Bosco, e ai quali si deve obbedire come allo stesso Don Bosco.

E, affinchè ognuno sappia come regolarsi, è necessario che si conosca anche chi sono coloro a cui egli deve obbedire. Prefetto s'intende che è Don Rua: Direttore Spirituale dei chierici Don Cagliero, Direttore per le cose scientifiche Don Francesia e così gli altri che già si conoscono. In questo modo si viene a formare l'unum.

Ora che prende piede la nostra Congregazione, è necessario che sovente ci raduniamo per spiegare le cose più essenziali, e poi le altre di mano in mano che avremo tempo. I privilegi poi concessi alla nostra Congregazione possono già fin d'ora giovarci, e fra pochi giorni manderemo due degli addetti a prendere gli ordini con nessun altro titolo, se non quello di membri della Società di S. Francesco di Sales.

Questo in generale; in particolare vi do due consigli. Si guardi bene dal rompere questa unità. Ho già osservato una cosa che non mi fa troppo piacere. Questa cosa è il vedere come vi siano sempre quei due, tre, quattro, o cinque confratelli là riuniti insieme, sempre gli stessi e quasi sempre separati dagli altri. Non so che cosa facciano; non voglio dubitar male, col dire che parlino meno bene, s'intende secondo il nostro scopo. Che cosa è questo far corpo a parte? Aver forse interessi diversi da quelli dei compagni? Dunque desidero, e voi procurate di tenervi sempre in mezzo ai giovani in tempo di ricreazione, discorrere, divertirvi con loro, dar dei buoni consigli. Vigilanza. Quando non potete intrattenervi nei loro divertimenti, almeno assisteteli, girate le parti più remote della casa e procurate di impedire il male. Non potete credere il bene che si può fare col salire una scala, passare per un corridoio, fare un giro di qua e di là per il cortile.

In secondo luogo si abbia cura di far sempre tutti i giorni quella visita al SS. Sacramento, che è prescritta dalle nostre regole. Così, santificando prima noi stessi, procureremo di santificare gli altri. Quante grazie riceverete per voi, per quelli che sono affidati alle vostre cure.

Del resto sappiate che, d'ora in avanti, quando si avrà da mandare qualche chierico a prendere le ordinazioni, il Superiore è obbligato in coscienza a giudicare se l'individuo ha la pietà e la scienza voluta.

In ultimo vi dirò essere necessario che confidiamo nella Divina Provvidenza. Se pel passato si andò avanti e non ci mancò niente, dalle prove del passato dobbiamo sperar bene per l'avvenire.

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