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Capitolo 34

Giovanni si presenta all'esame per essere accettato tra i Francescani - Sogno ed incertezze - Interesse che di lui si prendono alcuni Castelnovesi - Consiglio di D. Cafasso - Continua gli studi a Chieri.


Capitolo 34

da Memorie Biografiche

del 11 ottobre 2006

Nelle memorie di D. Bosco troviamo come egli si, presentasse a subire gli esami per l'ammissione tra i novizi francescani. “Approssimandosi la festa di Pasqua, così egli, che in questo anno 1834 cadeva il 30 di marzo, feci domanda per essere accettato tra i Riformati. Mentre attendeva la risposta e a nessuno avevo palesato i miei intendimenti, ecco un bel giorno, presentarsi a me un compagno di nome Eugenio Nicco, col quale avea poca famigliarità e interrogarmi: - Dunque hai deciso di farti Francescano? - Lo guardai con meraviglia: - E chi ti ha detto questo? - E l'altro mostrandomi una lettera: - Mi vien scritto di avvisarti che sei atteso in Torino a prendere l'esame con me, perchè io pure ho deciso di abbracciare lo stato religioso in quest'Ordine. - Andai adunque al convento di S. Maria degli Angioli in Torino, subii l'esame, fui accettato alla metà di aprile, e tutto era preparato per entrare nel convento della Pace in Chieri. Però pochi giorni prima del tempo stabilito per la mia entrata ebbi un sogno de' più strani. Mi parve di vedere una moltitudine di quei religiosi colle vesti sdruscite indosso e correre in senso opposto uno all'altro. Uno di loro mi venne a dire: - Tu cerchi la pace e qui la pace non la troverai. Vedi l'atteggiamento de' tuoi fratelli. Altro luogo, altra messe Dio ti prepara. - Volevo fare qualche domanda a quel religioso, ma un rumore mi svegliò e non vidi più cosa alcuna. Esposi tutto al mio direttore, che non volle udire parlare nè di sogno, nè di frati: - In questo affare, rispondevami, bisogna che ciascuno segua le sue propensioni e non i consigli altrui”. Questa risposta del suo direttore ed il sogno avuto dovevano render senza dubbio perplesso il nostro caro Giovanni; ma non vedendo un motivo sufficiente per recedere dalla presa determinazione, pensò forse che nell'anno di noviziato avrebbe potuto fare esperienza, se convenivagli o no quel sodalizio. D'altra parte Dio gli aveva messa nel cuore la propensione allo stato religioso, e questa egli sentiva farsi giorno per giorno più imperiosa, come vedremo nel corso del racconto. Pertanto, persuaso che Dio avrebbe guidato gli avvenimenti in modo da condurlo sopra la via, per la quale voleva procedesse, andò a Castelnuovo per chiedere la benedizione alla madre prima di indossare l'abito francescano. Margherita nulla aveva da opporre e come donna forte lo licenziò senza commuoversi.

Giovanni si recò pure alla casa parrocchiale. D. Dassano fin dai primi di gennaio, per una seria questione col sindaco locale relativamente al suono della campana maggiore, aveva rinunciato alla parrocchia di Castelnuovo e Mons. Fransoni poco dopo lo aveva nominato a reggere quella di Cavour. A Castelnuovo era stato inviato dalla Curia di Torino come amministratore il teologo D. Antonio Cinzano, il quale in quel mattino era assente. Evasio Savio, fabbro ferraio, che da gran tempo amava Giovanni e ne ammirava l'ingegno e la costanza nella pietà e nello studio, vedendolo sulla porta della canonica con un involto di lingerie sotto il braccio, gli chiese: - Perchè hai lasciato Chieri? Vuoi forse con quell'involto ritornare a servire in qualche masseria?

 - No, rispose Giovanni; vengo dall'economo a farmi rilasciare il certificato di buona condotta; e poi vado a farmi frate francescano.

 - E per quale motivo? - Come potrebbe mia madre ancora aiutarmi a proseguire oltre negli studi? Andando coi frati spero riuscirò! - Hai già pranzato?  - Non ancora.

 - Vieni adunque in casa mia, mangerai e dopo pranzo parlerò io coll’economo  Savio -, considerando il bene che Giovanni avrebbe potuto fare ne' suoi paesi e dispiacente della perdita che avrebbe patito Castelnuovo, avutolo a pranzo, cercò di persuaderlo a rinunciare a quel progetto che non gli sembrava ben maturato; e pare lo esortasse a chiedere consiglio a D. Giuseppe Cafasso. Era l'ottima delle proposte. Benchè Giovanni non avesse ancora famigliarità col giovane e santo prete studente di morale in Torino, questi era pur l'unico, al quale poteva rivolgersi con sicurezza.

Di D. Cafasso si poteva affermare: Nel cuore dell'uomo prudente abita la sapienza ed egli illuminerà qualunque ignorante”. Quindi Savio si recò a far visita a D. Cinzano, nel quale aveva gran confidenza, per interessarlo in favore di Giovanni, dicendo che era tempo di mettersi tutti d'accordo nell'aiutarlo a finire gli studi e che cagionavagli viva pena vederlo entrare in convento. L'economo, il quale conosce giovane per la fama che aveva di virtuoso e studioso e per una lettera di raccomandazione, che aveva ricevuta dal teologo Arnaud di Chieri, gli rispose, che volontieri avrebbe sostenuto parte della spesa, ma che intanto si rivolgesse al Sig. Cav. Giovanni Pescarmona, allora sindaco di Casteluovo, perchè anch'egli volesse fare la sua buona parte. Ciò detto, si separarono; e Savio mandò a casa Giovanni dicendogli che tornasse con sua madre dopo tre o quattro giorni e che sperasse nel Signore. Intanto egli si recò dal Cav. Pescarmona, signore larghissimo verso Castelnuovo in opere di beneficenza, quali sono la fondazione dell'Asilo, sei doti all'anno di 300 lire l'una a sei figlie povere del paese e varie altre istituzioni, e gli espose la condizione del giovane Bosco e lo invitò a voler concorrere in quella spesa. Quel signore accettò volentieri la dimanda e suggerì a Savio di parlare eziandio col signor Sartoris, tanto benemerito dei poveri. Sartoris pure accondiscese di buon grado; e si venne alla conclusione che D. Antonio Cinzano economo, il Cav. G. Pescarmona ed il Sig. Sartoris avrebbero pagato lire 7 mensili caduno fino al termine di quell'anno. Recatasi Margherita Bosco col figlio a Castelnuovo, accolse colle lacrime agli occhi e con viva riconoscenza la bella notizia e ritornossene ai Becchi ringraziando Iddio. Tale è la sostanza della relazione che fece Giovanni Turco fu Domenico al sacerdote salesiano D. Secondo Marchisio, asserendo d'aver tutto ciò udito a raccontare dallo stesso suo suocero Evasio Savio, morto il 14 maggio 1868, asserzione confermata pure dal fratello Giuseppe Turco.

D. Cafasso intanto aveva già pensato di agevolar a Giovanni in ogni modo la via al sacerdozio. Giovanni, ritornato a Chieri, appena gli fu possibile si recò a Torino al Convitto di S. Francesco d'Assisi, e a lui presentandosi, gli manifestò il suo stato e la sua decisione, chiedendogliene consiglio. D. Cafasso lo dissuase dall'aggregarsi ai Francescani, dicendogli. - Andate avanti tranquillamente negli studi, entrate in seminario e secondate ciò che la divina Provvidenza vi sta preparando.- D. Cafasso aveva conosciuto in un colpo d'occhio tutta la missione che era destinata a Giovanni.

Come Margherita seppe l'ultima determinazione del figlio, si mostrò egualmente contenta. - Purchè, essa diceva, si faccia la volontà di Dio. - E infatti parve che questa divina volontà confermasse i suoi disegni, in questo stesso anno, con un altro sogno, che D. Bosco narrò confidenzialmente a D. Giulio Barberis verso il 1870. Nel suo manoscritto aveva notato: “Il sogno di Morialdo si ripetè nel mio 19° anno di età e altre volte in seguito”. Gli era parso di vedere un maestoso personaggio, vestito di bianco, raggiante di luce splendentissima, in atto di guidare una turba innumerabile di giovanetti. Rivoltosi a lui aveagli detto - Vieni qua: mettiti alla testa di questi fanciulli e guidali tu stesso. Ma io non son capace di dirigere ed istruire tante migliaia di fanciulli rispondeva - Giovanni. Quell'augusto personaggio insistette imperiosamente, finchè Giovanni si pose a capo di  quella moltitudine di ragazzi e incominciò a guidarli, secondo il comando che eragli stato fatto.

Giovanni adunque per tutte queste ragioni depose l'idea di entrare tra i Francescani; ma, tenendo però sempre in cuore un desiderio inesplicabile di farsi comecchessia religioso, continuò i suoi studi, che non aveva in questo tempo interrotti.

Ma qui verrà desiderio di sapere chi era questo Evasio Savio, che ebbe tanta influenza nelle sorti di Giovanni. Risponderà per me un carissimo nostro confratello, ora defunto, D. Domenico Ruffino. “Savio era un bravo operaio, un fiore di galantuomo e di buon cristiano, che si mantenne sempre molto amico di D. Bosco. Nell'anno 1862 incontratolo per Torino, dopo di avergli parlato di D. Cafasso e di altre persone che non mettevano limiti alla loro carità, il discorso passò sopra certuni, che secondo lui avrebbero dovuto fare miglior uso delle ricchezze. D. Bosco gli disse: - Chi sa che, se avendole voi, ne fareste miglior uso - Egli è questo il motivo, rispose Evasio, per cui non desidero ricchezze: il mio più gran fastidio sa qual è? - Sarà di vivere e morire in grazia di Dio! - No: alla morte io non ci penso: guardo solo ad essere preparato. Il mio maggior fastidio si è questo: io lavoro da fabbro ferraio, e mi è una pena immensa, quando, terminato il lavoro comandatomi, debbo notare il prezzo sul libro. Allora io penso tra me: Chi sa se la cifra che io noto qui, sarà anche notata allo stesso modo dal Signore? Se notando qualche cosa di più, non sarà questa una cifra per la mia condanna? Egli è perciò che io do quasi sempre la roba al 20 per 100 di meno di quel che si dà nelle altre officine. - La sua amicizia D. Bosco lo accendeva di zelo nel coadiuvarlo per quanto poteva nelle opere sue e sovente veniva a visitarlo all'Oratorio. Nei primi tempi non sarebbero state conosciute a Castelnuovo le Letture Cattoliche, se si fossero adoperati nel distribuirle solo coloro che erano di ciò incaricati. Ma Savio, semplice artiere, possessore di una sola giornata e mezzo di terreno, costretto a guadagnarsi il vitto col proprio lavoro, fornito di così poca istruzione da poter notare appena i propri conti, riceveva le Letture Cattoliche, le portava di qua e di là anche in altri paesi, non badando a viaggi, a fatiche, e tante volte anche a spese”.

 Fin qui D. Ruffino. Egli è pur sempre vero, che gli strumenti più generosi nelle mani di Dio per promuovere la sua gloria, sono i poveri di spirito, le anime semplici ed i cuori retti.

 

 

 

 

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