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Capitolo 33

Il prevosto D. Dassano palesa a Margherita la decisione di Giovanni di farsi Francescano - Generosità della madre cristiana - Privazioni sofferte da Giovanni nell'anno di umanità - Sua riconoscenza verso chi aveagli dato soccorso.


Capitolo 33

da Memorie Biografiche

del 11 ottobre 2006

In questo frattempo D. Dassano aveva giudicato prudente avvertire Margherita della risoluzione presa dal figlio di farsi Francescano. Un dopo pranzo del mese di dicembre pertanto fu a visitarla, e, dopo averle esposta la cosa, le fece osservare come vi fosse molto da fare in Diocesi e che assai più conveniente sarebbe che Giovanni, facendosi sacerdote, si occupasse del sacro ministero in qualche parrocchia: le dimostrò come, avendo egli ricevuto da Dio molti talenti, farebbe certamente una splendida riuscita; quindi concluse: - Cercate di distoglierlo da questa idea: voi non siete ricca: siete avanti negli anni, ben presto non potrete più lavorare: se vostro figlio va in convento, come potrà provvedere alla vostra necessità? È per vostro bene che son venuto ad avvisarvi.

La buona Margherita ringraziò il parroco della confidenza che aveale fatta, ma sull'avviso che le dava non lasciò trapelare qual fosse il suo pensiero. Immediatamente se ne venne a Chieri, e, presentatasi al figlio, col solito sorriso sulle labbra - Il parroco, gli disse, per sua bontà è stato da me e mi ha confidato che tu vuoi farti religioso: è vero?

- Sì, madre, mia. Credo che voi avrete nulla in contrario.

- Io voglio assolutamente che tu esamini il passo che vuoi fare e che poi sèguiti la tua vocazione, senza guardar ad alcuno. La prima cosa è la salute della tua anima. Il parroco voleva che io ti dissuadessi da questa decisione, in vista del bisogno che potrei avere in avvenire del tuo aiuto. Ma io dico: In queste cose non c'entro, perchè Dio è prima di tutto. Non prenderti fastidi per me, Io da te voglio niente: niente aspetto da te. Ritieni bene: sono nata in povertà, sono, vissuta in povertà, voglio morire in povertà. Anzi te lo protesto: se tu ti risolvessi allo stato di prete secolare e per sventura diventassi ricco, io non verrò a farti una sola visita. Ricordalo bene! - D. Bosco, a settanta e più aveva ancora d'innanzi agli occhi l'aspetto imperioso assunto da sua madre nel dirgli queste parole, e nell'orecchio risuonavagli ancora il tono vibrato della sua voce; della quale ripetendo le energiche espressioni veramente cristiane, sentivasi commosso fino alle lagrime.

Ma il Signore che vedeva la sincerità del cuore di Margherita, dispose che ella non fosse divisa dal figlio e che Giovanni avesse in lei una coadiutrice generosa nella fondazione dell'Oratorio di S. Francesco di Sales.

 Frattanto nessuno in Chieri aveva il minimo dubbio su ciò che Giovanni andava divisando. Egli era sempre uguale a se stesso. Tanta tranquillità nell'applicarsi agli studi, tanta generosità ed affabilità continua verso i compagni farebbe supporre e una vita esente da ogni angustia. Eppure non vi fu anno come quello di umanità che, per le incertezze dell'avvenire e la mancanza di mezzi materiali, cagionasse a lui maggiori pensieri e sacrifici. Per vestirsi, procacciarsi la maggior parte del nutrimento e provvedersi quanto occorreva per la scuola, doveva contentarsi delle esigue retribuzioni, colle quali non da tutti i suoi allievi erano corrisposte le sue ripetizioni, e di quel poco che gli recava sua madre. E la buona Margherita, quando trovavasi mancante del necessario pel figliuolo, si raccomandava a persone benefiche per aver qualche imprestito o sussidii in grano o altro. D. Giovanni Turchi ricorda come suo padre talora dicesse di aver anch’egli dato il suo contributo a questa opera di carità. “Ma non sarà contristato il giusto per qualunque cosa gli avvenga”, dice Salomone (1); e Giovanni, rassegnandosi allegramente al volere di Dio, il quale tutto dispone pel bene di chi lo ama, dissimulava le sue privazioni, che lo costringevano a digiuni più stretti di quelli comandati dalla Chiesa.

Un giorno di vacanza aveva pensato di fare una colazione quale forse da tempo non aveva gustata. Colta una certa quantità di fichi, andò a comprarsi un grosso pane da munizione. Mentre tornava a casa, s’imbattè in un crocchio di compagni, che giuocavano alle bocce sulla piazza di S. Antonio, e si fermò a vedere. Intanto, senza accorgersene, incominciò a sbocconcellare quel pane, e distratto dal giuoco e da altri pensieri, finì per consumarlo tutto. Cessato il giuoco, si ricordò che a casa lo aspettavano i fichi; ma voltosi per andare, si meravigliò di non aver più il suo pane. Cerca di qua, cerca di là; ne chiede ai compagni; sospetta che, per fargli una burla, glielo abbiano nascosto. Uno risponde: - Io non ho visto il tuo pane; - l'altro: - Io non l'ho preso; - finalmente salta su un ultimo: - Ma che cosa cerchi? se te lo sei mangiato tutto! ho visto io con questi miei occhi, meravigliato che potessi insaccare una quantità così grossa di pane. - Giovanni allora persuaso si mise a ridere, giacchè nè se n'era accorto mentre mangiava, nè per nulla sentivasi aggravato lo stomaco di quel cibo. Perciò ritornossene a casa colla colezione bell' e fatta. Certamente più giorni di astinenza gli avevano destato un simile appetito.

Era infatti voce comune tra i compagni che Bosco non potesse avere abbastanza nutrimento. Giuseppe Blanchard, fra gli altri, sovente, avendo pane e frutta, gliene dava, dicendo - Prendi, Giovannino, prendi che ti, farà bene.

Suo fratello Leandro si lamentava colla madre come Giuseppe portasse via da tavola le castagne più grosse per darle a Bosco; ma essa, brava donna, venditrice di frutta, più volte toglieva dal piatto una mela scelta fra le più belle e la porgeva al figlio ordinandogli: - Portala a Giovanni: egli è tanto buono e pregherà per noi. - Talora Giovanni supplicava il suo giovine amico a non incomodarsi e a ritenere per sè quelle ghiottonerie; ma Giuseppe insisteva con tanto affetto, che era giuocoforza accettarle. Ebbene, narrava il buon Blanchard nel 1839, D. Bosco non si dimenticò di me, non arrossì di confessare quel poco che io aveva fatto per lui, quando era giovane e stava così a disagio. Io l'aveva perduto di vista, e, se l'avessi incontrato, forse non avrei più osato nè salutarlo, nè avvicinarmi, tenendo per certo che non mi avrebbe più riconosciuto. Quanto m'ingannava! Un dì, mentre io portava in una mano un po' di pietanza e dall'altra una bottiglia di vino, lo incontrai in Chieri, in mezzo a molti preti, venuti per riverirlo, sulla porta della casa Bertinetti, dove era alloggiato. Appena mi vide, lasciò la compagnia e mi venne a salutare: - Oh, Blanchard, e come va?

 - Bene, bene, signor cavaliere; io risposi

 - E perchè tu ora mi chiami cavaliere? Perchè non mi dái del tu? Io sono il povero D. Bosco senza titoli e niente altro!

 - Perdono io credeva che a quest'ora - E intanto io cercava di sbrigarmi, perchè, male in arnese e col mio pranzo sulle braccia, non osava discorrere così alla domestica con D. Bosco, che mi pareva diventato un gran personaggio. Ma D. Bosco mi disse: - Non vuoi più bene ai preti?

 - Oh sì, che voglio sempre bene ai religiosi, ma in questo arnese non oso fermarmi qui. - Allora D. Bosco mi soggiunse - Mio caro, mi ricordo che, quando io era studente, mi hai tolta tante volte la fame, e sei stato nelle mani della divina Provvidenza uno dei primi benefattori del povero D. Bosco. - E qui rivolto a tutti quei preti che lo accompagnavano esclamò additandomi: - Signori! ecco uno dei miei primi benefattori - E dopo che ebbe narrato il fatto, mi disse: - Ci tengo assai che tu lo sappia come io ricordi sempre il bene che mi hai fatto. - E stringendomi la mano mi soggiunse: - Ogni qual volta dovrai venire a Torino, recati a pranzo da me.

Dieci anni dopo all'incirca, nel 1886, Blanchard udite notizie poco liete della sanità di D. Bosco, venne finalmente a Torino e all'Oratorio. Il portinaio, vedendolo entrare, lo fermò, e chiestogli il motivo che lo conduceva, gli rispose: - Oggi non si può parlare con D. Bosco.

- Oh, soggiunse Blanchard: D. Bosco è o non è in casa?

- È in casa ma non dà udienza, perchè infermiccio, replicò il portinaio.

 - Ciò non importa; egli mi ha da ricevere, perchè me lo disse mille volte che venissi! - Sarà, osservò senza scomporsi il portinaio ma oggi non posso lasciar entrare alcuno: l'ordine è per tutti.

- Sì, per tutti, ma coll'eccezione di me, che sono amico suo dall'infanzia. Oh non mi dia questo dispiacere! Tanto più che non istà guari bene: motivo speciale perchè io lo abbia a vedere. A tanta ingenua insistenza, il portinaio avvisò col filo elettrico che un forestiero desiderava vedere D. Bosco, e la risposta fu che entrasse pure. Il buon vecchio, arrivato in anticamera, ebbe nuova questione col segretario, che intendeva presentarlo a D. Rua; quand'ecco si apre una porta e comparve D. Bosco, il quale, avendo riconosciuto alla voce Blanchard, veniva strascinandosi a stento per toglierlo d'imbarazzo. Presolo per mano, lo fece entrare e sedere presso di sè, lo interrogò della sua salute, della sua famiglia, de' suoi affari, e quindi gli disse coll'accento della più viva gratitudine: Sono tanti anni che ci siamo conosciuti, sono vecchio e malaticcio, ma non dimentico mai quel che facesti per me nel tempo della nostra fanciullezza. Pregherò per te e tu non dimenticare il tuo povero D. Bosco. Dopo mezz'ora, vedendolo affaticato, Blanchard si ritirò; ma D. Bosco raccomandò che fosse accompagnato a pranzo, e, non potendo egli in quel giorno discendere, volle che in refettorio l'amico occupasse il suo posto in mezzo ai superiori. Quivi il bravo uomo narrò quanto gli era occorso per giungere fino a D. Bosco e le parole di riconoscenza che questi aveagli ripetute.

 

 

 

 

 

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