Dal dolore santificato nascono grandi cose - Letture Cattoliche CENNI STORICI INTORNO ALLA VITA DELLA BEATA CATERINA DE MATTEI DA RACCONIGI - Elogio dell'Armonia - La novena dell'Immacolata: fioretti dati da D. Bosco Notti paurose di un giovane che non, vuole convertirsi per le questioni scolastiche D. Bosco non può andare a Cumiana - D. Bosco palesa ad alcuni suoi confidenti l'ispirazione avuta di incominciare la costruzione di una Chiesa in onore di Maria SS. Ausiliatrice - La festa dell'Immacolata - Discorso famigliare: l'anno venturo si aprirà il collegio di Mirabello: iscrizione vista in sogno sulla casa di Valdocco: aspre contrarietà sofferte nei primi tempi dell'Oratorio - Una Conferenza di D. Bosco ai Salesiani: sogno: un erto monte da salire: splendide mense preparate sulla vetta: i primi suoi coadiutori stanchi si rifiutano di ascendere: toccheranno quella cima i giovani da lui educati - Sacre ordinazioni.
del 01 dicembre 2006
 Gesu' crocifisso dà solenni insegnamenti a chi è capace di comprenderli: dal solo dolore nascono le grandi cose e sorgono i forti caratteri come i fiori dalle spine. D. Bosco, tenendo gli occhi sempre fissi in alto al suo divino modello, intese e praticò quelli insegnamenti, soffrì e stentò per quasi tutta la sua vita; nei patimenti fortificò il suo carattere, che mai non piegò dalla via che gli era stata indicata e perciò potè compiere grandi e meravigliose imprese. E il dolore ei sopportava con calma imperturbabile e colla pazienza che il dolore converte in merito e in conforto; perchè per esso l'uomo si conforma al volere di Dio.
Della nostra asserzione ne abbiamo anche prova in queste ultime settimane dell'anno 1862, che ad anime deboli avrebbero portato un mortale scoraggiamento.
Primieramente diremo che D. Bosco curava la stampa di un fascicolo delle Letture Cattoliche destinato pei mesi di gennaio e di febbraio del 1863, messo in macchina nell'Oratorio. Il suo titolo era: Cenni storici intorno alla vita della Beata Caterina De - Mattei, da Racconigi dell'Ordine delle penitenti di S. Domenico, per cura del Sacerdote Bosco Giovanni.
È una biografia meravigliosa intrecciata di fatti soprannaturali. D. Bosco in questi termini ne avvertiva il lettore: “ Chi legge troverà certamente cose non comuni nelle vite dei santi. Ma Dio nelle più strepitose opere che compie ne' suoi servi, manifesta in tutte la sua infinita Santità a beneficio del genere umano.
Egli per l'intercessione di questa Beata faccia che si moltiplichino specialmente in questi tempi i suoi favori, affinchè possano aver pace tra loro i principi Cristiani, sia estirpata l'eresia, trionfi la santa cattolica Chiesa di Gesù Cristo, si radunino rispettosi gli uomini di tutto il mondo intorno al Sommo Pontefice, si formi sulla terra un solo ovile ed un solo pastore ”.
D. Bosco raccomandava a' suoi lettori fervorosa preghiera, opere buone, frequenza alla S. Comunione e una tenera divozione a Maria SS. quali mezzi per mantenersi fedeli a Dio, ed osservava: “ La vita dell'uomo è breve; i nostri giorni passano come un'ombra, come un'onda, come un lampo, cose tutte che più non ritornano. Deh, non perdiamo inutilmente que' giorni che Dio ci dà per guadagnarci i beni eterni, facciamo del bene mentre siamo in tempo ”.
D. Bosco nutriva divozione a S. Caterina e si recava a Ca­ramagna per venerarla nelle stanze, ove essa abitò per tanti anni e morì, e dove si conserva in prezioso reliquiario un suo braccio. Di questo fascicolo faceva l'elogio l'Armonia il 28 gennaio 1863.
Nel frattempo era incominciata la novena che precedeva la festa dell'Immacolata Concezione di Maria Vergine SS.; e D. Bosco, mentre esortava i suoi alunni a celebrarla con molta pietà, scriveva i fioretti da praticarsi in que' giorni. Ogni sera ne veniva proposto e spiegato uno, ora da lui stesso, ora, essendo egli impedito, da D. Rua Michele.
Ecco il manoscritto di D. Bosco.
 
NOVE CUSTODI DELLA SANTA VIRTU' DELLA PURITÀ .
 
I°) Fuga dell'ozio.
2°) Fuga dei cattivi compagni.
3°) Frequenza dei buoni compagni.
4°) Frequente confessione.
5°) Frequente comunione.
6°) Frequente ricorso a Maria.
7°) Udir bene la Santa Messa.
8°) Rivista su' difetti delle confessioni passate.
9°) Piccole ma frequenti mortificazioni in onor di Maria. Il massimo e più potente custode della purità è il pensiero della presenza di Dio.
 
La Madonna gradiva le preghiere ed i fioretti dei buoni figliuoli ed in varii modi allontanava in tutte le sue novene dall'Oratorio, chi non meritava la sua protezione. Ciò accadde anche in questo tempo ad un infelice, il quale colla fantasia accesa dai rimorsi, pure non voleva risolversi a fare bene. Don Belmonte Domenico ci narrò, che essendo egli ancora studente, un giovane della sua classe di nome Ton.... di condotta pessima non aveva mai voluto andarsi a confessare. Fuggiva sempre D. Bosco e invano i buoni compagni cercavano di avvicinarlo al Superiore. Una sera egli fece a Belmonte una confidenza: - Senti: debbo palesarti in segreto un fatto che mi succede da varie notti. Ad una certa ora mi sembra che una mano afferri le mie coperte e le tiri verso i piedi del letto. Io svegliandomi tento invano di rimetterle a posto. Esse mi vengono di bel nuovo tolte di dosso lentamente. Ho una paura che non posso spiegare.
 - Sarà un sogno, un'immaginazione, rispose Belmonte.
 - Un sogno? Io sono svegliato come adesso. Vedi! Non solo colle mani ho tentato di fare resistenza, ma afferrai eziandio, coi denti il lembo della coperta. Tutto invano. E la coperta vicino all'orlo è stracciata per la violenza della lotta.
Belmonte andò a verificare e trovò che realmente la coperta era stracciata in quel modo.
E Ton.... gli disse: - Domanda tu a D. Bosco la causa di questo fenomeno.
 - Chiedila tu stesso a D. Bosco, rispose Belmonte: sai quanto egli desidera che tu gli parli.
 - Domandargliela io! Mai?……Ma che cosa sarà?
   - Oh bella? Il diavolo!
   - E che cosa debbo fare io?
 - Una buona confessione! replicò Belmonte.
E il giovane se ne andò dall'Oratorio.
Si era al quarto giorno della novena, mentre tutto congiurava per costringere D. Bosco a chiudere il suo ginnasio. Egli aveva promesso al Conte Zaverio Provana di Collegno di recarsi il giorno dopo a Cumiana, festa dell'Apostolo delle Indie, ma non potendo in circostanze così critiche allontanarsi da Torino, gli scriveva una lettera. Da questa traspare la tranquillità del suo animo.
 
Car.mo Sig. Cavaliere,
 
Il cav. Oreglia mio fortunato rappresentante, dirà i varii motivi che m'impediscono di potermi recare a Cumiana per godere della bella giornata di S. Francesco Zaverio. Pazienza: spero di potermi poi rifare quando Ella sarà colla famiglia a Torino.
Tuttavia non voglio che la mia permanenza all'Oratorio Le torni inutile; i nostri giovani hanno eziandio molta divozione a questo santo, onde stasera e domani mattina vi saranno molte confessioni. Le comunioni poi che avranno luogo domani, e la messa che coll'aiuto del Signore io spero di celebrare, sarà tutto offerto a Dio secondo la santa di Lei intenzione. Questo è l'umile bocchetto che io ed i giovani di questa casa offriremo a Lei per onorare il bell'onomastico di Lei giorno.
Le unisco qui alcune immaginette che Ella potrà distribuire come meglio crederà. - Voglia sig. cavaliere, gradire questi piccoli segni della mia affezione e gratitudine verso di Lei e di tutta la sua famiglia, , ed augurando a tutti ogni celeste benedizione, ho l'onore di professarmi con pienezza di stima
Di V. S. Car.ma
 
Aff.mo Servitore, Amico
                     Sac. Bosco Giovanni.
 
Ma calmatasi la tempesta scolastica, la Vergine benedetta, compiva la sua grazia con nuova ispirazione di opera immortale. Così ci riferiva D. Albera Paolo. Un sabato del mese di dicembre, forse il giorno 6, D. Bosco avendo finito di confessare i giovani verso le II di notte, scese a cena nel refettorio vicino alla cucina. D. Bosco era soprapensiero. Il chierico Albera era solo con lui, quando D. Bosco a un tratto prese a dirgli. - Io ho confessato tanto e per verità quasi non so che cosa abbia detto o fatto, tanto mi preoccupava un'idea, che distraendomi mi traeva irresistibilmente fuori di me. Io pensavo: La nostra chiesa è troppo piccola; non capisce tutti i giovani o pure vi stanno addossati l'uno all'altro. Quindi ne fabbricheremo un'altra più bella, più grande, che sia magnifica. Le daremo il titolo: Chiesa di Maria SS. Ausiliatrice. Io non ho un soldo, non so dove prenderò il denaro, ma ciò non importa. Se Dio la vuole si farà. Io tenterò la prova e se non si farà, che la vergogna dell'insuccesso sia tutta per Don Bosco. Dica pure la gente: Caepit aedificare et non potuit consummare.
Il Ch. Albera tenne la confidenza per sè, ma dopo breve tempo, nel 1863, D. Alasonatti, al quale esso faceva da segretario, gli disse: - Sai ! D. Bosco mi ha confidato che vuote edificare una gran chiesa. Adesso ha già cominciato a lavorare in proposito. Qui c'è una domanda di sussidio al gran Magistrato dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro per questo fine. Fammi il piacere di copiarla.
Manifestava questo suo disegno anche a D. Cagliero Giovanni, il quale così asseriva: “ Nel 1862 D. Bosco mi disse, che meditava l'erezione di una chiesa grandiosa e degna della Vergine SS. - Sinora, soggiungeva, abbiamo celebrato con solennità e pompa la festa dell'Immacolata, ed in questo giorno sonosi incominciate le prime nostre opere degli oratorii festivi. Ma la Madonna vuole che la onoriamo sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: i tempi corrono così tristi che abbiamo proprio bisogno che la Vergine SS. ci aiuti a conservare e difendere la fede cristiana. E sai tu un altro perchè?
” - Credo, risposi io, che sarà la Chiesa Madre della nostra futura Congregazione, ed il centro dal quale emaneranno tutte le altre opere nostre a favore della gioventù.
” - Hai indovinato, mi disse: Maria SS. è la fondatrice e sarà la sostenitrice delle nostre opere ”.
La festa dell'Immacolata si celebrò nell'Oratorio con grande gioia specialmente perchè la questione per le scuole quest'anno era appianata. “ Nella sera di questo giorno, notò D. Bonetti nella cronaca, trovandosi D. Bosco con alcuni suoi giovani e chierici, venne a discorrere di più cose riguardanti l'Oratorio. Si noti che fin dal principio della sua fondazione
D. Bosco il giorno dell'Immacolata tenne sempre tutti gli anni una speciale conferenza a' suoi collaboratori. Essendo caduto il discorso sul Collegio che dovrassi per l'anno venturo aprire in Mirabello, si Deus dederit, il Chierico Provera gli domandò se non vedesse già qualche persona, esterna e di merito la quale dovesse aggiungersi ai suoi coadiutori e alla Congregazione. D. Bosco rispose che il Signore avrebbe operato tutto per mezzo dei giovani stati allievi nell'Oratorio e intanto ci raccontò (e noi ampiamente abbiamo già descritto a suo tempo) come egli, essendo ancora al Rifugio, aveva veduta una casa fabbricata sulla stessa foggia della presente, e sopra di essa scritto a caratteri cubitali. - Hic nomen incum. Hinc inde exibit gloria mea.
” Avendogli noi domandato di chi fossero tali parole, ci rispose essere del Signore, e che egli le avrebbe già fatte scrivere su questa casa, se non fosse per non porgere occasione a qualcuno di darci la taccia di superbi. Da queste parole essere proceduta quella sua costanza, che egli chiama testardaggine, per cui sebbene da tutti, persino dà più intimi amici, abbandonato e messo in canzone, non mai cedette. Finalmente avergli il Signore concessa quella casa prevista, che è la presente.
” Ci raccontò pure le guerre sostenute; come quei medesimi che un dì erano suoi coadiutori nel radunare i giovani, dopo facessero il loro possibile per allontanarli da lui; come vi fossero riusciti, poichè di 500 e più giovani che aveva nei giorni festivi non gliene rimasero più di sette od otto; queste guerre esser incominciate nel 1848, allorquando D. Bosco non volle ad ogni costo prendere parte co' suoi giovani a certe feste dette nazionali.
” In quei tempi alcuno dei suoi cooperatori avendo condotti a tali feste i giovani dell'Oratorio di Porta Nuova, D. Bosco fecegli sentire come voleva che la cosa avesse un sol principio; che si stesse ai suoi ordini, e che non aveva più bisogno del suo aiuto avendoli egli in tal modo trasgrediti. Di qui le guerre, di qui le calunnie, di qui ogni sorta di villanie sopra la sua condotta, la più mite delle quali fu che D. Bosco era mezzo pazzo ”.
D. Bosco pi√π volte andava ripetendo che il Signore avrebbe operato tutto, per mezzo di giovani stati allevati nell'Oratorio.
Egli, aveva continuate le sue conferenze ai confratelli della Pia Società. D. Albera Paolo ne ricorda una di que' tempi, la quale produsse immenso effetto nei congregati. Narrò di aver fatto un sogno nel quale gli parve che stessero intorno a lui giovani e preti. Avendo egli fatto loro la proposta di mettersi in cammino e di salire un'alta montagna poco distante, tutti accondiscesero. Sulla vetta di quella erano preparate le mense per un magnifico convito, che doveva essere rallegrato da musiche e da splendide feste. Si misero adunque tutti in viaggio. La salita era ripida e faticosa, si incontrarono ostacoli di vario genere, talora difficili a superarsi e talora noiosi per chi era già stanco, sicchè a un certo punto tutti sedettero. D. Bosco pure si assise e dopo aver esortati i suoi compagni a farsi coraggio e a continuare l'ascesa, si alzò e si rimise in cammino andando con passo affrettato. Ma ad un certo punto, voltosi per osservare i suoi seguaci, vide che tutti erano tornati indietro, ed egli rimasto solo. Discese tosto il monte e andò a cercarsi altri compagni; li trovò, li guidò per quelle alture talvolta dirupate e di bel nuovo tutti scomparvero.
 - Allora, continuò D. Bosco, io pensai: ma pure io debbo giungere lassù e non già solo, ma accompagnato da altri molti.
 È  quella la mia meta è questa la mia missione. E come farò a compierla?  Intendo! I primi furono seguaci raccogliticci, virtuosi, con buona volontà, ma non provati e del mio spirito, non assuefatti a superare gli ardui sentieri, non stretti fra loro e con me da vincoli speciali….. Ed è per questo che mi abbandonarono.Ma io rimedierò allo sconcio.
Fu troppo amaro il mio disinganno. Vedo quello che debbo fare. Io non posso far conto se non sopra quelli che avrò formati io stesso.... Perciò ritornerò alle falde del monte, ra­dunerò molti fanciulli, mi farò amare da essi, li addestrerò a sostenere coraggiosamente prove e sacrifizii, mi obbedi­ranno volentieri, saliremo insieme il monte del Signore. -
E volgendosi all'improvviso ai radunati, diceva aver egli in essi riposte le sue speranze; e per lunga ora con voce affocata li incoraggiava ad essere fedeli alla loro vocazione, in vista delle grazie senza numero che la Madonna avrebbe fatto, loro e del premio immancabile che il Signore aveva loro preparato.
Fra quei molti che avevano risposto e da tempo con sacro entusiasmo all'appello di D. Bosco vi era il diacono Bongiovanni Giuseppe, il promotore della Compagnia dell'Immacolata, il fondatore e capo della Compagnia del SS. Sacramento e del piccolo Clero, che doveva essere ordinato sacerdote nelle prossime tempora, il 20 dicembre. In quest'anno per D. Bongiovanni e per altri chierici vi era stato un ritardo da parte del Ministero de' Culti riguardo alla concessione del Regio Placet, e D. Bosco ne scriveva al Can. Vogliotti.
 
Illustrissimo Signore,
 
Sono andato questa mattina al Ministero di Grazia e di Giustizia per sapere se avvi già deliberazione intorno ai rescritti pontifici degli ordinandi; mi si rimandò la risposta a questa sera.
Ora mi è detto che non avvi difficoltà per nessuno e non essendosi ancora potuto compiere il relativo decreto reale, dimani (Venerdì) si farà d'uffizio una lettera complessiva a Mons. Vicario Gen.
Questo Le significo per sua norma, mentre con pienezza di stima e di gratitudine ho l'onore di professarmi
Di V. S. Ill.ma
 
Torino, II Dicembre sera 1862.
 
Obbl.mo Servitore
Sac. Giovanni Bosco.
 
 
 
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