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Capitolo 32

Le sante industrie - Movente e scopo: l'eternità e la salvezza delle anime - Cooperazione di Dio - Il ragionamento non vale contro i fatti - D. Bosco legge nelle coscienze - Testimonianze universali de' giovani - Cose ammirabili al tribunale di penitenza - Segrete ansietà spirituali calmate - Increduli vinti dall'evidenza di fatti Personali - Gli ipocriti scoperti - Altre prove che D. Bosco legge in fronte i segreti dei cuori - Gli immodesti - Chi non ha la coscienza in ordine cerca star lontano da D. Bosco - Premure di D. Bosco nel richiamarlo a Dio - Avvisi misteriosi per iscritto - Una testimonianza di D. Rua - D. Bosco sorprende nelle menti altre specie di pensieri - Vede meglio quando non guarda.


Capitolo 32

da Memorie Biografiche

del 30 novembre 2006

 Tutte le industrie sovradescritte, benedette dal Signore, avevano per unico scopo la salvezza delle anime. D. Bosco teneva fisso nella mente la spaventevole ed incomprensibile eternità dei dannati; la giustizia di Dio che mai non muterà e non addolcirà mai la sentenza già data; il fuoco onde ardono che mai non si estingue, il verme che li rode e che mai non muore; la morte che i miseri invocano e che non verrà mai a porre un termine ai loro tormenti. Nello stesso tempo rimirava il divin Redentore sulla croce, tutto bagnato di sangue che muore per la salvezza dei peccatori: e frutto della sua passione il Sacramento della penitenza, industria ritrovata dalla sua misericordia infinita per facilitare la conversione di quelli che altrimenti andrebbero perduti. Osservava eziandio che i peccatori più grandi son quelli su cui Iddio maggiormente diffonde le sue grazie, qualora non resistano volontariamente, come avvenne a S. Agostino e a tanti altri.

Egli tutto compenetrato da questi pensieri tremava per la sorte disgraziata che avrebbero forse incontrata tanti giovanetti; prevedeva le loro battaglie spirituali causa non di raro di luttuose sconfitte; sentiva in sè la potenza ineffabile di rimettere i peccati; era certo che solo per suo mezzo non pochi sarebbero giunti al porto dell'eterna salvezza. E poi amava appassionatamente le anime per guadagnarle a Gesù Cristo. Sono queste le ragioni per le quali D. Bosco, senza far caso talora di certi riguardi umani, opportunamente od importunatamente invitava molti al lavacro salutare della confessione.

I nostri lettori abbiano sempre innanzi agli occhi il movente di D. Bosco in questi inviti e troveranno la spiegazione di moltissimi fatti che dovremo esporre nei nostri volumi. Nello stesso tempo si persuaderanno che non solo Iddio approvava il procedere di D. Bosco alla salvezza delle anime, ma cooperava all'ardente suo zelo in modo meraviglioso. Affermasi nei Proverbi al Capo XXVII: “ Come nelle acque risplendono le faccie di quelli che vi si mirano, così i cuori degli uomini sono manifesti ai sapienti ”. Ma la pazienza di D. Bosco andava più in là, poichè avendo dinanzi agli occhi il passato e l'avvenire di tanti giovani, ei se ne serviva per dirigerli o per ammonirli dei pericoli ai quali sarebbero andati incontro.

Passiamo a nuove testimonianze e prima quella lasciata per iscritto nel 1861 dal professore in belle Lettere Don Giovanni Turchi, uomo guardingo nel credere, critico severo.

“ Ciò che son per dire, egli così incomincia, può sembrar roba da superstizioso e da fanatico, e chi per avventura leggesse questo mio foglio, darebbemi per lo meno la taccia di leggero e troppo credulo. Perdono a tale sentenza, giacchè io pure non so rendermi ragione, nè qual giudizio fare di certe cose che veggo in D. Bosco. Tuttavia che vale il ragionamento contro i fatti? Il fatto perde nulla del suo valore, ancorchè ad alcuno piaccia ragionarvi contro. Quando si tratta di fatti, non si deve fare altro che esaminarne, per mezzo di sicure e indubitate testimonianze, la verità, la quale se intrinsecamente non si può penetrare hassene ad incolpare l'insufficenza nostra, tenendo che non è mai assurdo quello che è avvenuto. Ciò premesso, narro:

” Da dieci anni che io sono all'Oratorio sentii le mille volte a dire da D. Bosco: - Datemi un giovane che io non l'abbia mai conosciuto in modo veruno ed io guardatolo in fronte gli rivelo i suoi peccati incominciando ad enumerare quelli della sua prima età.

” Talora soggiungeva: - Molte volte confessando vedo le coscienze dei giovani aperte dinanzi a me come un libro nel quale posso leggere. Ciò accade specialmente nelle occasioni solenni di feste e di esercizi spirituali. Fortunati coloro che si approfittano allora de' miei avvisi, in ispecie nel Sacramento della Penitenza. Altre volte però vedo nulla. Questo fenomeno succede ad intervalli più o meno lungamente. - Cioè tutte le volte che lo richiedeva la salute delle anime.

” Ma in generale D. Bosco attenuava l'impressione che potevano fare le sue parole, sviando l'idea di un dono soprannaturale e diceva sorridendo: - Quando confesso, bramo se è di notte che il lume sia posto in modo che io possa vedere i giovani in fronte; e se è di giorno preferisco che mi vengano dinanzi perchè così li confesso più speditamente.

” Egli vedeva adunque la coscienza dei suoi giovanetti appieno svelata come in uno specchio e che questo sia vero ne sono più che certo ed ho visto cento e cento volte ripetersi questo fatto.

” Ecco ciò che gli alunni appellarono: Il leggere in fronte.

” Io non voglio pronunziare giudizio di sorta. Mi basta narrare le cose come le so io e con me tutti i giovani dell'Oratorio ”.

In loro era tanto radicata la credenza che D. Bosco leggesse nelle coscienze non solo i peccati esterni, ma anche i pensieri più reconditi, che la massima parte di essi confessavasi più volentieri da lui che non da altri sacerdoti, dicendo: - Andando da lui siamo più sicuri di fare delle buone confessioni e comunioni; e se per caso noi ci dimenticassimo qualche peccato, egli certamente ce lo ricorderà. Ed era una moltitudine quella che circondava il suo confessionale.

Una persona religiosa molto zelante e prudente un giorno vista quell'affluenza, disse a D. Bosco come egli avrebbe dovuto astenersi dal confessare i suoi giovani, poichè era facile che per timore o vergogna tacessero i peccati. - Sta a vedere, le rispose ingenuamente D. Bosco, se io li lascio tacere! - Ed era questa la convinzione comune a tutti gli alunni che cento volte si udirono esclamare: - È inutile tacere o nascondere peccati a D. Bosco; perchè li conosce ugualmente.

Infatti senza numero sono coloro che anche oggigiorno affermano esser loro accaduto più volte di sentirsi scoprire da lui in confessione ed enumerare le colpe in modo così chiaro e ad una ad una, come se le avesse sotto i suoi occhi scritte in un quaderno. Scopriva ai penitenti i peccati che avevano dimenticato o che non osavano confessare. Soleva dire: - E di questo peccato non ti accusi? Di quest'altro non ti ricordi più? - Ma il più mirabile si è che D. Bosco nel palesare ad un giovane il suo peccato, aggiungeva talora, quasi per confermarlo nella persuasione che tutto egli già sapesse: - Tu nel tale anno di tua età, nella tale occasione, in quel tal luogo, dopo le tali circostanze, hai fatto questo e questo; - e precisando con esattezza il numero delle colpe. E non sbagliava, come a noi stessi attestarono varii dei nostri amici e come eziandio confidarono a Mons. Cagliero molti dei suoi compagni, stupiti nel veder svelati i più reconditi segreti della loro anima.

Ma qui non si fermano le meraviglie. D. Turchi continua ad asserire: - Ho conosciuto tanti giovani che mi dissero: - Andai a confessarmi da D. Bosco il quale mi interrogò: - Vuoi dir tu o vuoi che dica io? E lasciando che dicesse lui, ci mi recitò nè più nè meno, i peccati da me commessi. Io non aveva che a rispondere sì, sì: anzi certe cose sfuggite alla mia mente, egli me le ricordò senza mai sbagliare. - Questo metodo di confessare non è a dirsi quanto consolasse quei piccoli penitenti, che volevano fare la confessione generale ed erano imbrogliati a trovare il bandolo della loro matassa arruffata. Andavano da Don Bosco e incominciavano con questa parola: - Dica lei! E D. Bosco svelava brevemente, con ordine e tutto a puntino, la loro storia segreta; non avevano che da rispondere affermativamente per far l'accusa.

 Quindi combattuti da qualche tentazione, od agitati da qualsivoglia pena di spirito, non essendo contenti di sè, dopo le orazioni, andavano senza parlare innanzi a Don Bosco e lo guardavano in volto in modo di attirarne l'attenzione, sicchè potesse fissarle. Se nulla diceva, sicuri che avesse letto nei loro cuori non essersi annidato il male, andavano tranquilli al riposo.

Sovente, anche lungo il giorno, D. Bosco se li vedeva comparire innanzi, ed egli con un cenno della mano, con uno sguardo con una parola, senza che quelli avessero aperto bocca, li rassicurava. E i giovani sentivano dileguarsi la pena interna e se prima erano melanconici, si vedevano andar via tranquilli e ridenti in volto, come quando il sole con la sua luce fuga le ombre.

Un chierico era tormentato dagli scrupoli, sempre indeciso se andare sì o no alla Comunione; da una parte gli sembrava di poter accostarsi alla sacra mensa, dall'altra temeva di fare un sacrilegio. Attendeva una sera la sua volta per confessarsi da D.Bosco nel coro della chiesa di S. Francesco di Sales. Questa rischiarata solo dalla lampada, era avvolta in una semioscurità, che certo non poteva far distinguere a D.Bosco anche a breve distanza alcuno fra i tanti giovanetti, che gli stavano inginocchiati d'attorno. Il chierico angosciato dalle sue pene interne non poteva più reggere pensando la sua confessione quando tutto ad un tratto gli balena un'idea: - Se D. Bosco mi leggesse nel cuore, se avanti ch'io mi confessi mi chiamasse, mi dicesse di stare tranquillo e mi comandasse di andare domattina alla santa comunione senza confessarmi, come mi farebbe piacere! Sarebbe segno non dubbio che le cose dell'anima mia vanno bene! Ed io non darei più alcun caso alle mie inquietudini e sarei guarito.

Egli stava inginocchiato innanzi al confessionale e non veniva per anco il suo turno; ma appena ebbe finito questo interno soliloquio, sentì una mano che lo toccava leggermente sulla spalla, e alzatosi, la voce soave di D. Bosco gli disse all'orecchio, quasi rispondendo al suo pensiero: - Va pure domani mattina alla S. Comunione senza confessarti e sta tranquillo.

Il chierico obbedì e da quel giorno non andò mai più soggetto a scrupoli.

Ma non solo nel 1861 accaddero maraviglie simili a questo Ne fu intrecciata tutta la vita di D. Bosco e D. Berto Gioachino scrisse la seguente pagina.

“ Più volte vidi giovani che stavano attendendo da più ore per confessarsi dal Servo di Dio, ai quali pareva avere imbrogliatissima la coscienza: ma egli tratto tratto con un cenno chiamava a sè or l'uno or l'altro, dicendo a ciascuno in particolare all'orecchio: Va pure a fare la Santa Comunione. - Siccome noi sapevamo già per esperienza chè egli aveva dei lumi soprannaturali, così ad un cenno suo e ad una sola parola obbedivano ciecamente. In questo modo egli riusciva pure a liberare molti giovanetti dagli scrupoli. Lungo il giorno poi incontrando alcuno del suddetti, per maggiormente tranquilizzarli diceva loro in un orecchio: - Questa mattina ti ho mandato alla Comunione senza confessarti, perchè ho veduto che la tua coscienza era pulita. - Oppure: Quelle cose che tu volevi confessare non erano peccati.

” Di questi fatti ne sono io stesso testimonio personale, perchè li ho provati più volte e li udii a raccontare da varii miei compagni, di cui per convenienza taccio il nome ”.

Giunti a questo punto più d'uno potrebbe chiederci se nell'Oratorio fossero tutti persuasi di tale virtù di D. Bosco, e se non sorsero mai dubbi intorno alla veracità della cosa.

Osserveremo: i sospettosi, i propensi a tirare al peggio ogni detto o fatto altrui certamente non mancarono in una casa tanto numerosa, ove ogni anno una parte degli alunni era nuova, molti toccavano i sedici e altri i vent'anni, e che sul principio conoscevano D. Bosco solo di nome. Ma il Professore D. Turchi nel citato manoscritto, risponde: “Son molti che hanno riso del leggere in fronte, ma so ancora che costoro si diedero per vinti all'eloquenza dei fatti. Accennerò per brevità solo ad alcuni casi. Nei primi anni dell'Oratorio un giovane Biellese di nome Ro.... giunto in Torino andò a confessarsi nella chiesa della Consolata e quindi scese all'Ospizio di S. Francesco ove era accettato come studente. Il Prefetto lo accolse con bontà e dopo il pranzo presentollo a D. Bosco, il quale non lo conosceva affatto, poichè era la prima volta che incontravalo. D. Bosco parlava coi giovani che lo circondavano della scrutazione dei cuori, e quelli rammentavano qualche sorprendente rivelazione da lui fatta di certi segreti. Il nuovo alunno ascoltava quei ragionamenti, e ad un tratto saltò su a dire arditamente: - D. Bosco! Io la sfido a leggere i miei peccati; anzi la invito a dirli ad alta voce che tutti ascoltino!

” D. Bosco gli rispose: - Vieni qua - e come l'ebbe vicino lo guardò in fronte e poi gli disse qualche parola nell'orecchio. Il giovane divenne rosso in faccia come bragia. D. Bosco tornò a guardarlo in fronte e di nuovo gli disse in segreto qualche altra parola che forse precisava in modo particolareggiato la sua vita passata. Infatti il giovane incominciò a piangere e gridò: - È dunque lei che stamane mi confessò nella Chiesa della Consolata! Non è questo il modo di fare!

” - Ma che! Ma che! lo interruppero i compagni: Don Bosco stamane non è ancora uscito di casa, e non poteva neppur sapere che ti fossi confessato. Sei ben lontano dal vero perchè non conosci ancora chi sia D. Bosco. È la cosa di tutti i giorni!

” A queste ragioni evidenti il buon giovane si tranquillò e da quell'istante in poi ripose in D. Bosco tutta la sua confidenza. Io era presente a questo fatto; e anche D. Rua ne fa testimonianza.

” Una simile sorpresa accadde ad un giovanetto delle parti di Buttigliera. Un giorno dell'anno scolastico già incominciato, io mi trovava con altri alunni, fra i quali Cerruti Francesco, D. Rua e il ch. Cagliero intorno a D. Bosco. Gli domandavamo qualche avviso che ci servisse di regola per il progresso nella virtù, e sovrattutto che ci ammonisce più direttamente riguardo ai bisogni dell'anima di ciascuno di noi in particolare. Intanto un giovane sui tredici anni, nella casa del quale D. Bosco erasi più di una volta intrattenuto, di nome Cesare B...., avendo sentito ripetersi dai compagni che D. Bosco conosceva i peccati nascosti nelle coscienze, si presentò a lui, e con certa franchezza gli disse: - Lei non conoscerà mai il mio interno! -Allora Don Bosco che era seduto, in presenza di tutti lo trasse a se, e gli parlò per qualche tempo all'orecchio. Quando ebbe finito il giovane rialzò il capo e rivoltosi a tutti noi presenti, profondamente commosso, ci disse con mirabile ingenuità: - Don Bosco ha indovinato. È una cosa che non ho mai detto a nessuno e neppure in confessione! - Quindi si allontanò da lui promettendo di andare presto a confessarsi.

” Un altro giorno mentre D. Bosco era nel refettorio dopo la colazione, e parecchi di noi come al solito standogli intorno, egli ci guardava sorridendo amorevolmente, dicendo di conoscere l'interno del nostro cuore. Uno studente, del quale credo dover tacere il nome, e che abitando in città veniva spesso nell'Oratorio, quasi sprezzando ciò che egli giudicava impossibile, lo interruppe dicendogli: - Ebbene; mi dica i miei pensieri! - D. Bosco fattoselo accostare gli parlò sotto voce. Ciò che gli disse non lo abbiamo saputo, ma fatto sta che quegli rimase imbrogliato e confuso, e non osò più replicar verbo. Io era presente.

” Un mio compagno studente di teologia andò or sono due anni in villeggiatura per alcuni giorni con un signore onesto e religioso in paese, distante non so ben se dieci o più miglia da Torino. Come fu di ritorno andò a confessarsi da D. Bosco e quindi mi confidò: - Devo dirtene una bella. Prima di venire a Torino avevo sulla coscienza un peccato e vergognandomi di accusarlo poi a D. Bosco, mi confessai dal parroco del paese dove io era. Ora, pochi giorni sono trascorsi, andai a confessarmi da D. Bosco, ed egli dopo la confessione, dissemi: - Guarda, io lo so bene che tu hai fatto così e così (e mi disse il peccato qual era). - Io, seguitò questo mio compagno, sono fuor di me dallo stupore, ed ho imparato a mie spese che quando uno fa qualche grossa scappata non val la spesa confessarsi da altri, chè Don Bosco il sa lo stesso ”.

Fin qui D. Turchi che non fu solo a rendere tale testimonianze a D. Bosco.

D. Giovanni Prof. Garino ci consegnò la seguente relazione.

“ Era l'anno 1858, o 1859 ed un mattino d'inverno ci trovavamo in buon numero intorno a D. Bosco che stava prendendo un po' di caffè. Eravamo tutti stretti intorno a lui, chi dinanzi seduto sopra la lunga tavola in capo alla quale ei sedeva, chi ai fianchi, chi dietro alle spalle.

Tutti ridevano, faceziando con molta confidenza, ma con rispetto, come è costume di buoni figliuoli affezionati al padre. Fra le altre cose alcuno incominciò a dire come D. Bosco vedesse il futuro, sapesse quando alcuno deve morire, e via via. In quello stesso mattino e nello stesso luogo mi ricordo come D. Bosco dicesse nell'orecchio a questo e a quello certi loro segreti, di che tutti fortemente stupivano. Sopra una piccola panca il giovane C.... Evaristo sedeva vicino a lui, alla destra. Piuttosto svegliato, e non dei più esemplari, egli rideva delle parole e degli atti di D. Bosco e dei compagni e con una certa aria, quasi di sprezzo, indicava abbastanza quel che pensasse di simili cose. Ad un tratto disse: - D. Bosco io non credo che lei vegga le cose nascoste. Mi dica un po'- e provocava D. Bosco a dirgli non so qual suo segreto.

D. Bosco lo prese in parola, e abbassato il capo al suo orecchio gli sussurrò alcune parole che non furono da noi intese. Ma il fatto si è che quel giovane divenne rosso, tacque, si compose a serietà e più non osò dire che Don Bosco non vedesse o non conoscesse le cose segrete”.

Enria Pietro narrava: - Mi confidò un mio compagno che una volta essendo caduto in una grave colpa non voleva più lasciarsi vedere da D. Bosco. Ma incontratosi a caso con lui sentissi dire con paterna affabilità: - Tu non osi più lasciarti vedere perchè hai commesso un peccato! E glielo specificò. Nessuno al mondo avrebbe potuto venire in cognizione della sua mancanza, ed egli sbalordito e pentito pregò D. Bosco ad ascoltarlo in confessione e cambiò vita. Altre volte di sera mentre facevamo ricreazione D. Bosco si avvicinava a qualcuno, gli diceva qualche parolina all'orecchio, e questi appena terminate le orazioni prima di andare a letto, si recava in sacrestia o saliva alla camera di D. Bosco e là si confessava.

Questo dono fatto dal Signore a D. Bosco di conoscere lo stato spirituale di certi giovanetti, non gli venne a mancare in tutto il tempo della sua vita; sicchè non esitava a quando a quando di ricordarlo agli stessi alunni. Nel 1869 parlando una sera dopo le orazioni a tutta la comunità che numerava 900 persone fra le quali oltre a cento uomini istruiti e di senno diceva: - Io ho ricevuto dal Signore il dono di conoscere gli ipocriti. Quando alcuno di costoro mi si avvicina, sento un non so che di nauseante, che non posso tollerare. Si accorgono essi di questa mia sofferenza, sentono che io li conosco per quelli che sono; e questo è il motivo per cui mi fuggono.

E i fatti continuavano a fargli testimonianza.

Un mattino del 1870 D. Bosco usciva di Chiesa e i giovani appena lo videro gli corsero numerosi intorno. Benchè varii sacerdoti lo avessero coadiuvato nell'ascoltare le confessioni, egli era molto stanco per la moltitudine dei suoi penitenti. Tuttavia parlava grazioso con tutti. A un tratto si volge a un giovanetto e facendogli passare sulla fronte il dito indice della sua mano destra gli dice sorridendo:

- Stamane non ti sei lavata la faccia.

- Ma sì, D. Bosco.

E D. Bosco sempre sorridendo gli replicò:

- Ma nooo, ma nooo, strisciando carezzevolmente sul o. E quindi prese a parlargli all'orecchio e il giovane abbassare il capo, pensieroso. D. Bosco gli diceva che non era andato a confessarsi e che ne aveva di bisogno. Era presente Don Parigi Agostino che ci narrò poi l'accaduto.

Di un altro caso simile noi stessi che scriviamo fummo testimoni.

Negli esercizi spirituali del 1870 un giovane adulto baldanzoso e poco buono, prima di andarsi a confessare vantavasi in mezzo ai compagni che D. Bosco non avrebbe mai saputo i suoi peccati.

Fa la prova, gli dissero gli amici.

- Sì che la faccio, ma son tutte storie ciò che si narra di D. Bosco.

E spensierato, ridendo, entrò in chiesa e s'inginocchìò ai piedi dì D. Bosco. La sua confessione fu abbastanza lunga. I compagni lo attendevano in cortile. Uscì fuori coi capelli scomposti, gli occhi rossi, quasi fuori di sè. I compagni lo circondarono:

- Ebbene, ebbene!

- Lasciatemi stare!

- Che cosa ti ha detto D. Bosco?

- Vi dico che mi lasciate stare.

- Erano storie quelle che ti narravano di D. Bosco?

- Storie? mi ha detto tutto, tutto: anche ciò che mi era dimenticato! Ma lasciatemi solo! - E si mise a passeggiare sotto i portici ripetendo sotto voce: - mi ha detto tutto, tutto.

Costui più tardi quando alcuno metteva in burletta questo dono di D. Bosco, prendendo a spada tratta le difese ripeteva: - Venite dirlo a me che non è vero!

Di questi casi noi potremmo qui riportarne ancora un gran numero, ma essendo collegati con avvenimenti di somma importanza, li esporremo ove lo esige l'ordine dei nostri racconti. Chiuderemo tuttavia, per soprabbondare, i fatti su esposti, ripetendo ciò che una sera del 1871 abbiamo udìto da D. Bosco nel refettorio.

I giovani si erano ritirati e rimasero attorno a lui Don Rua ed altri Superiori, che volsero il discorso su certi mali morali, causa precipua della rovina di tanti giovani. Don Bosco dopo aver ascoltato così esprimevasi: - Certi mali il difficile è conoscerli per poterli curare. Tuttavia il Signore usa una grande misericordia verso i nostri giovani. Io quando mi trovo in mezzo a loro, vi fosse anche un solo immodesto, me ne accorgo per un fetore insopportabile che tramanda; e se si avvicina e mi vien dato di vedere il suo volto, son sicuro di non sbagliare nel mio giudizio.

Gli è per questo che certi giovani, per tema che egli leggesse loro in fronte, si tenevano lontani. E se per qualche ragione, o perchè chiamati dovevano andare al suo cospetto, scoprendosi per riverenza il capo, solevano tenere il berretto innanzi alla fronte o su di essa far scendere i capelli, come se ciò bastasse a nascondere la propria coscienza.

Ciò accadeva specialmente in principio dell'anno scolastico quando gli alunni ritornati dalle vacanze non avevano ancora aggiustati i conti con Dio; sicchè giungendo Don Bosco in cortile, si sentiva come un volo d'uccelli, un fuggi fuggi, e rimanevano con lui solo i buoni che per fortuna erano molti. Fuggivano tutti quelli che avevano la coscienza sporca; - perchè, dicevano, D. Bosco ci fissa gli occhi in fronte e legge tutto. - E quando qualcheduno per es. alla sera sotto i portici dopo le orazioni, era visto dai compagni ritirarsi dietro agli altri, interrogato, perchè non si fermasse al suo posto, rispondeva impacciato: - Perchè D. Bosco mi legge negli occhi i peccati.

Ma D. Bosco tendeva loro le sante sue reti per tirarli a sè e quando riusciva a dir loro una parola la vittoria poteva dirsi sicura. Con frasi prudenti un po' velate faceva la correzione per mancanze occulte; p. e.: -Tu hai conti da aggiustare con Dio. - Altre volte vedendo alcuno melanconico, gli diceva: - Caro mio, bisogna togliere dal cuore il demonio per stare tranquilli. - So di un giovane, diceva D. Bonetti, che avendo commesso un tale peccato, mentre credeva che nessuno lo sapesse, essendo passato una sera presso D. Bosco questi lo chiamò a sè e gli disse sottovoce: - E se muori stanotte che sarà di te?

I1 giovane quella notte non potè prendere riposo, e al mattino corse a fare una buona confessione.

Spesse volte in ricreazione chiamava un giovane vicino a sè, suggerendogli di andarsi a confessare della tale e tale colpa ed il suo suggerimento era di una sorprendente opportunità. E lo ammoniva, lo avvertiva a far senno e lo scongiurava a dar consolazione al cuore misericordioso di Dio.

Quando però non riusciva ad avvicinare certi giovani, allora ricorreva ad altri mezzi per scuotere le coscienze dal letargo. Uno fra questi era mettere una letterina od un biglietto sotto il capezzale di chi ne aveva bisogno. Il colpo che faceva questa carta è indescrivibile.

Da un po' di tempo D. Bosco usava le maggiori e pi√π cordiali sollecitudini ad un giovanetto, che a dispetto di tanta tenerezza manteneva il suo cuore ostinatamente chiuso.

Ora una sera questo fanciullo andando a dormire trovò un biglietto sul letto. Lo prese: era firmato da D. Bosco. Ne conobbe il carattere; lesse: Se stanotte ti accadesse la disgrazia di morire, dove vai?

Il giovanetto restò impietrito; sulle prime stette in piedi vicino al letto agitato e convulso; poi corse alla camera di D. Bosco e bussò. Erano le 10 di sera. D. Bosco venne ad aprire; il giovanetto entrò esclamando: - Ah D. Bosco vuol farmi la carità di ascoltare la mia confessione ? - D. Bosco lo accolse commosso. Il giovanetto cadde in ginocchio e si confessò. - Ciò fatto corse tutto allegro a dormire. Egli stesso al mattino seguente appena alzato ne parlava al giovane Piano Giovanni Battista manifestandogli come realmente si fosse trovato in gran bisogno di confessarsi, e come D. Bosco avesse conosciuto con minuta precisione lo stato di sua coscienza. Ed aggiungeva di aver passate poche notti così tranquille come quella.

Un altro giovane mentre ripiegava l'orlo del lenzuolo prima di coricarsi, si sentì fra le dita una carta! - Oh! esclama ad alta voce! Che siano i numeri del lotto? Preso da curiosità va in mezzo della camerata, sotto il lume, per leggerlo. Quel biglietto era scritto da D. Bosco e non eravi altro che il nome del giovane ripetuto due volte con un punto di esclamazione. Legge e rilegge ed esclama: - Countacc! -

Quindi ritorna presso il letto, infila la giubba che si era già tolta e senz'altro corre a confessarsi.

Da ciò si deduce che D. Bosco conoscendo aver alcuno commesso un grave peccato non poteva assolutamente soffrire che si addormentasse in disgrazia di Dio con pericolo di non più svegliarsi. D. Rua sa di qualche altro che trovò sotto il capezzale un bigliettino con le seguenti semplici parole: - E se tu morissi stanotte? - Oppure: - E se muori questa notte che sarà dell'anima tua? sei sicuro di andare in Paradiso? - Ed anche: - Se dovessi morire saresti tranquillo? - E con altre o simili sentenze li traeva a mettersi all'istante in grazia del Signore.

Qualcuno potrebbe dire, affermò giustamente Mons. Cagliero, prevenendo un'obbiezione, che D. Bosco sarà stato avvertito dagli assistenti delle mancanze di que' giovani; ma io osservo che nei primi tempi dell'Oratorio, cioè per dieci e più anni, non vi erano ancora assistenti fissi; perciò non le poteva sapere da questi. Io posso di più assicurare che quelli stessi che ricevevano tali avvisi, erano persuasi che D. Bosco non conoscesse i loro difetti se non per virtù divina. Lo spirito adunque il quale illuminava D. Bosco nei primi dieci anni, è lo stesso che lo guidò in tutti gli anni seguenti.

Aggiungeremo ancora che non solo i peccati, i dubbi gli scrupoli D. Bosco leggeva in fronte alle persone, ma altresì molti pensieri di vario genere. Sovente dava avvisi ad un alunno secondo il suo bisogno interno, causato da turbamento o dall'esito incerto degli studi, o da affari disgustosi di famiglia. Altre volte dissipava un malumore nascosto proveniente da troppa timidezza, da gelosia, da rancore e da diffidenza. Talora dava all'improvviso un consiglio non chiesto, ma che desideravasi domandare e con una precisione corrispondente in tutto al desiderio.

Di questa sua intuizione servivasi ancora D. Bosco per risolvere o dissuadere i giovani che erano titubanti circa il seguire o non una vocazione che pareva chiamarli allo stato ecclesiastico. A molti che sono salesiani, e fortunati d'esserlo, egli disse francamente: - Se tu vuoi salvarti non hai che a percorrere questa via. Iddio ti chiama per questa.

Anche le persone estranee alla casa parteciparono di tale benedizione. “Molte di queste, ci attestò D. Rua, mi referirono come D. Bosco indovinasse la causa di certe loro pene, arrecando un soave conforto prima ancora che aprissero bocca ”.

Noi qui dovremmo fare punto, perchè inesauribile è l'argomento colle testimonianze di Mons. Cagliero, del Teologo Piano, del Canonico Ballesio, Buzzetti Giuseppe, Villa Giovanni e altri e poi altri. Ma per finire rechiamo ancora un fatto. D. Bosco innanzi ad un certo numero di preti e chierici trattava sul modo di dare pubblicità a certe sue opere.

Era presente un coadiutore di 40 e pi√π anni che aveva per lui la massima venerazione, eppure in quel momento, senza che nulla esternamente palesasse il suo pensiero, disse in cuor suo: - Ciarlatanate! - Come D. Bosco ebbe finito di parlare tutti si ritirarono e rimase quel coadiutore, al quale il buon padre si rivolse sorridendo:

- Dunque tutte ciarlatanate...?

- Ma io!...

- Hai ragione però. D. Bosco è un ciarlatano - e con tutta amorevolezza passò ad altri discorsi molto importanti e di confidenza.

Molteplici furono simili rivelazioni ed una volta vi fu chi notò in sua presenza come niente gli sfuggisse di quanto accadeva dintorno a lui, sebbene tenesse quasi continuamente gli occhi bassi. Ed egli rispose: - Gli è che vedo meglio senza guardare! - Vedeva infatti cogli occhi dello spirito illuminati dalla preghiera.

 

 

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