News 2

Capitolo 27

La Novena della Natività di Maria SS. - Alcune parlate di Don Bosco: un giovane congedato dalla casa: parabola o sogno; una signora che porge a Don Bosco un libro ove sono notati quei giovani che fanno bene la novena: il fioretto - Una donna morente che si confessa di un peccato taciuto: sincerità in confessione: quietarsi alla parola del confessore - Un'altra persona inferma che è indotta da Don Bosco a ricevere i Sacramenti dopo che ebbe accettata la medaglia di Maria Ausiliatrice: fiducia in Maria e portare indosso la sua medaglia: fioretto - Chiusa dell'anno scolastico: solenne distribuzione dei premi: l'inno di ringraziamento a Dio: le vacanze autunnali - Don Bosco scrive a D. Provera per assegnar preghiere ad alcune inferme: a lui non mancano tribolazioni - Lettere da Firenze a Don Bosco per il notabile miglioramento di un infermo - Guarigione di un epilettico - L'Arcivescovo vuole che gli ordinandi dell'Oratorio prendano parte agli esercizi spirituali in Seminario o presso i Lazzaristi, ma non insiste per le raccomandazioni di Mons. Gastaldi - Il primo corso degli esercizi spirituali a Trofarello - Lettera di Don Bosco al Cavaliere invitandolo al secondo corso di esercizi - Altra alla Marchesa Fassati - Tracce delle prediche di Don Bosco - L'Arcivescovo tiene le Ordinazioni: sue parole a D. Costamagna.


Capitolo 27

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 Era incominciata nella nuova chiesa la novena della Natività di Maria SS. La Cronaca dell'Oratorio, che non fa cenno di moltissimi sermoncini serali tenuti da Don Bosco a' giovani, ne ricorda alcuni da lui pronunciati in questa occasione.

 

 

Riferiamo dalla cronaca:

 

2 settembre 1868.

 

Don Bosco così parlò alla sera dopo le orazioni:

“ Pare proprio impossibile! Quando entriamo in qualche novena vi son sempre dei giovani che vogliono andare via dalla casa, oppure che vogliono essere congedati. Ce n'era uno, il più colpevole di certi disordini, che per varii motivi non si voleva mandar via, eppure quasi spinto da forza misteriosa se ne partì.

” Passiamo ad altro. Supponete che Don Bosco entri in casa per la porteria e che venga avanti fin qui sotto i portici, e veda qui una grande signora, la quale senza che Don Bosco le dica niente tenga un quaderno in mano. Me lo porge, dicendomi: - Prendi e leggi! - Io l'ho preso e lessi sopra la copertina: Novena della Natività di Mario. Apro il primo foglio e vedo scritti i nomi di un numero limitatissimo di giovani in carattere d'oro. Volto il foglio e ne vedo scritto un numero un po' più grande con inchiostro ordinario. Volto ancora e tutto il resto del quaderno è bianco sino al fine. Adesso domando a qualcheduno di voi che cosa voglia dir questo.

” E domandò la spiegazione ad un giovane, aiutandolo a rispondere col dire:

” - In quel libro sono scritti i giovani che fanno la novena. I pochissimi che son scritti in oro sono quelli che la fanno bene e con fervore. L'altra parte è di coloro che la fanno, ma con minor fervore. E tutti gli altri perchè non sono scritti? Chi sa da che cosa provenga questo? Io credo che siano le passeggiate lunghe che hanno distratto tanto i giovani, sicchè adesso non sono più buoni a raccogliersi. Se venisse un po' Savio Domenico, o Besucco, o Magone, o Saccardi che cosa ci direbbero? Esclamerebbero: Oh quanto è cangiato l'Oratorio!

” Dunque per contentar la Madonna facciamo tutto quello che possiamo colla frequenza dei SS. Sacramenti e colla pratica dei fioretti che io o D. Francesia daremo. Per domani ci sia questo fioretto: - Far ogni cosa con diligenza ”.

 

3 settembre 1868.

 

Don Bosco alla sera raccontò di una donna che giunta all'estremo di sua vita, neppure allora osò confessare un peccato che aveva commesso in età di 9 anni. Ma in un eccesso di febbre, disse:

 - Ahi! che vado all'inferno!

 - E perchè mai? la interrogò il confessore che l'assisteva.

 - Perchè ho un peccato che non ho mai osato confessare.

Il sacerdote le fece coraggio e la poveretta si confessò bene. Esempio per noi, o miei cari figliuoli, di non aspettare in quel punto pericoloso per aggiustare gli affari della nostra anima. Ciascuno che

ne avesse bisogno, ordini bene con una confessione generale la sua coscienza, ma quando il confessore dicesse: - Sta' pure tranquillo, non ne hai di bisogno! - vada pure avanti quel tale e lasci ogni responsabilità al padre dell'anima sua.

 

4 settembre 1868.

 

Don Bosco così parlò ai giovani:

” Pochi giorni or sono all'ospedale vi era una donna, inferma gravemente, che non si voleva confessare. Il pericolo di morte cresceva e le proposero di venire a chiamare Don Bosco. Ella rispose: - Venga chi vuole; non mi confesserò.

” Don Bosco andò e là giunto fu detto all'inferma:

” - È arrivato Don Bosco.

” - Quando sarò guarita mi confesserò.

” - Ma Don Bosco ti fa guarire.

” - Mi faccia guarire e allora mi confesserò.

” Allora io tenendo in mano una medaglia di Maria Ausiliatrice con un cordoncino, gliela presentai. L'inferma la prese, la baciò e se la mise al collo. Gli astanti a quell'atto piangevano di commozione. Feci allora allontanare quelle persone; le feci il segno della croce ed essa si segnò; le domandai da che tempo non si era più confessata e fece tutta la sua confessione. Come ebbi finito mi disse: - Come va questo? Mi sono confessata, mentre poco prima non voleva assolutamente! - Era poi contenta.

” Ed io neppure non lo so, le risposi: veda, è la SS. Vergine che la vuol salva. - E la lasciai con tutti i sentimenti di una buona cristiana.

” Mettiamo adunque tutta la nostra confidenza in Maria e chi non ha ancora la sua medaglia indosso, se la procuri; e di notte, e nelle tentazioni, baciamola e ne proveremo un grande vantaggio per l'anima nostra.

” Stassera si è trovato un portafoglio con entro qualche soldo in biglietti di banca e due medaglie inviluppate in carta. Chi l'ha perduto venga a prenderlo. Gli sarà restituito in premio della sua devozione alla Madonna.

” Il fioretto di domani è di fare un'astinenza: per esempio lasciare un minuto la ricreazione per fare una visita a Gesù Sacramentato, o altra cosa simile. ”

 

6 settembre.

 

Fioretto: Raccoglimento in chiesa.

L'8 settembre, dopo le funzioni in chiesa, alle 6 pom. si lessero le promozioni meritate negli esami e si fece la solenne distribuzione de' premi ai giovanetti studenti, migliori per istudio e condotta. Quel giorno, pieno di tante reminiscenze per il bene operato da Don Bosco ai cari suoi figli, finì come al solito con un trattenimento vario di musiche, canti e poesie serie e buffe che resero molto gradevole quella festa anche agli invitati. Ogni anno il discorso di un professore che apriva la festa e la parlata di Don Bosco che la chiudeva, eran sempre degni di considerazione.

Il 9 al mattino, dopo la S. Messa, la predica di Don Bosco che diede gli avvisi per le vacanze, e l'inno di ringraziamento, una gran parte dei giovani studenti partì per le proprie case. Il Servo di Dio aveva loro raccomandato caldamente la divozione alla Madonna e la piena confidenza in Lei nei bisogni spirituali e temporali: quella stessa confidenza che conduceva tanta moltitudini alla chiesa di Maria Ausiliatrice e le incoraggiava a scrivere lettere per raccomandarsi alle preghiere della casa: ed ottenevano le grazie sospirate.

In que' giorni Don Bosco aveva ricevuto uno di tali ricorsi e ne scriveva a Mirabello, mentre dava a quel prefetto notizie dell'Oratorio.

 

Don Provera carissimo,

 

Scrivi a D. Rolandi che le sue raccomandate inferme pel mese di settembre recitino tre Pater, Ave, Gloria al SS. Sacramento, con tre Salve, Regina. Noi preghiamo pubblicamente nella nuova chiesa. Manda una medaglia per caduna.

Tu sei veramente generoso, ma mi mandi danaro cattivo, giacchè non si è fermato un istante nella casa. Avrei bisogno che in ogni nostra casa vi fosse un Don Provera. Noi qui godiamo salute; tribolazioni non mancano. In questo momento ho l'uffizio dell'Alta Polizia col Procuratore del Re in mia camera.

Amami nel Signore e prega che in ogni cosa possiamo fare la santa volontà del Signore.

Dio benedica te, la tua famiglia e tutto il piccolo Seminario. Amen.

 

Torino, 9 settembre 1868.

Aff.mo in G. C.

Sac. Giovanni Bosco.

 

Altra lettera per lo stesso motivo aveva scritto a Firenze, via Ginori, n. 9, al sig. Conte Giovanni Barbolani Montauto, parente colla Marchesa Uguccioni, che si era raccomandato per la guarigione di un fratello.

Il Conte rispondevagli il 14 settembre:

“ Quanta consolazione mi abbia portato la sua carissima lettera, non potrebbe esprimerle il mio cuore. Grazie delle parole di conforto che si è compiaciuto porgermi; ed io eseguirò prima che termini il presente anno la propostami offerta alla Vergine Ausiliatrice, che ho religiosamente invocata nel momento del pericolo e che debbo oggi ringraziare con tutta l'anima. Sì, è stata la Madonna che ha fatto migliorare notabilmente il mio caro fratello e sarà Lei che lo farà completamente guarire, conservandolo ancora lungamente all'affetto vivissimo della nostra famiglia... Fu un prodigio! ...

” Feci le sue parti colla mia moglie e tengo l'incarico di estenarle tutta la sua gratitudine per la premura dimostratale. Essa confida molto nelle di lei preci... continui per carità a pregare l'Altissimo e la Beata Vergine per la mia famiglia... ”.

Altra grazia otteneva dalla Madonna il Servo di Dio colla benedizione sacerdotale, come appare dalla seguente dichiarazione:

 

Nell'autunno dell'anno 1868 Fassio Giuseppe, fratello al D. Michele, era affetto dal male di epilessia. Non potendo coi rimedii dell'arte, tentò la guarigione coi mezzi soprannaturali. Il fratello Giacomo, in allora allievo artigiano di Don Bosco, disse al Giuseppe: - Vieni a Torino, fatti benedire da Don Bosco e guarirai. - Fece subito a piedi il viaggio da Revigliasco a Torino e lo fece a piedi colla fede viva, che tale incomodo del viaggio gli avrebbe più facilmente ottenuta la grazia. Giunto a Torino andò da Don Bosco, il quale accoltolo in sua camera lo interrogò sulla sua condotta, se frequentava i Sacramenti, ecc. Quindi, fattolo inginocchiare, lo benedisse. La benedizione ebbe il suo effetto. D'allora in poi non ebbe più simile male, ed ora che già conta 48 anni di vita, non sente nessun incommodo per cui dice che è Don Bosco che l'ha guarito .....

 

Obbl.mo Servo

NAVONE SECONDO, Prevosto.

 

Revigliasco d'Asti (Alessandria), 3 gennaio 1899.

 

Mentre accadevano i fatti narrati nei precedenti capitoli, alcuni consiglieri avevano suggerito all'Arcivescovo, forse con buon fine, di non tener come validi gli esercizi spirituali che i chierici dell'Oratorio avrebbero fatto a Trofarello in preparazione alle Ordinazioni nelle tempora di autunno. Si voleva che pel ritiro spirituale andassero in Seminario o nella Casa dei Signori della Missione cogli altri chierici della Diocesi. La decisione fu comunicata al Servo di Dio. Trovandosi l'Arcivescovo a Carmagnola Don Bosco gli mandò D. Cagliero acciocchè lo persuadesse a revocare quella dichiarazione. Il Venerabile, anche per ragioni che non potevano esporsi a chiunque, intendeva rimuovere quell'ostacolo. Infatti, nel tempo degli ultimi esercizi tenutisi in Seminario, da taluno erasi tentato, con vive insistenze, di promuovere diserzioni dalla Pia Società.

Monsignore ascoltò D. Cagliero e per simultanea intromissione di Mons. Gastaldi, Vescovo di Saluzzo, e per aver saputo che il Vescovo d'Asti permetteva al Diacono Fagnano di prepararsi in Trofarello all'ordinazione sacerdotale, acconsentì.

Don Bosco quindi, il 13 settembre, festa del SS. Nome di Maria, convocava nella casa di Trofarello una metà de' suoi Salesiani, compresi gli ordinandi, per il primo corso di Esercizi Spirituali. Lo stesso Venerabile predicò le istruzioni e Don Giuseppe Bona di Brescia le meditazioni.

Sommamente desideroso che tutti i Salesiani intervenissero a questo annuale ritiro, scriveva al Cav. Oreglia che tornato da Roma allora si trovava a Guenzate.

 

Carissimo sig. Cavaliere,

 

Noi siamo a Trofarello e compiamo la prima muta di esercizi spirituali. Lunedì 21 comincia la seconda muta e credo ottima cosa se ella vi potrà anche venire, perchè vi sono più cose da trattare, per cui importerebbe assai che ella pure si trovasse. Se farà bisogno, potrebbe ritornare anche dopo a Milano.

Le mando la lettera della Marchesa Villarios sulla morte di Alberto: noi abbiamo già pregato e continueremo a pregare per lui.

Chi sa se la contessa Calderari si farà vedere a Torino almeno per fare un saluto a Maria Ausiliatrice?

Faccia i miei ossequii a tutti e a tutti auguri ogni benedizione celeste e mi creda nel Signore,

 

Trofarello, 16 settembre 1868,

Aff.mo Amico

Sac. Gio.vanni Bosco.

 

PS. - Don Rua è qui; va migliorando, ma adagio.

 

Il venerdì spediva un altro foglio alla Marchesa Fassati a Montemagno. Sempre ammirabile il suo zelo e la sua delicatezza!

 

Torino, 18 settembre 1868.

 

Benemerita Signora,

 

Lunedì prossimo (21) abbiamo la seconda muta di esercizii pei nostri preti, maestri ed assistenti ed avrei piacere che ci venisse anche D. Durando. Ma non sapendo se ciò disturbi la scuola di Emanuele, perciò scrivo a Lei affinchè lo dica o non lo dica al medesimo, secondo ne vedrà la convenienza.

Lunedì può ancora fare la sua scuola al mattino; al sabato della stessa settimana vi si può già di nuovo trovare; giacchè sabato ciascuno riparte di buon mattino per ritrovarsi agli uffizii per la domenica.

La prego di salutare la signora Duchessa e la signora di Lei madre che credo siano tuttora a Montemagno. Io calcolo di far loro una visita lunedì 28; non so se quello che giunge ad Asti alle 9 del mattino coincida coll'omnibus di costà. Se me lo può far dire, l'avrò per favore.

Dio benedica Lei e tutta la nobile brigata; preghi per me e mi creda con gratitudine,

Di V. S. B.

Obbl.mo Servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

Egli intanto predicava e le sue prediche erano di una mirabile efficacia, perchè ricche di dottrina e di unzione spirituale, poggiate sulla Sacra Scrittura e sui Santi Padri, ed illustrate colla storia ecclesiastica, colle vite dei santi, con fatti contemporanei, con similitudini e parabole, tenendo avvinta l'attenzione degli uditori, persuadendoli, accendendo i loro affetti, muovendo la loro volontà ad abbracciare quello stato al quale il Signore li aveva destinati. Non aveva tempo a scrivere tali istruzioni ordinatamente, e ne lasciò poche traccie in qualche foglio; ma chi pendeva dalle sue labbra doveva in fine esclamare:

 - Bene! ex abundantia cordis os loquitur

Noi abbiamo messo in carta il sunto di alcune di esse. Sono proposizioni staccate, come naturalmente accade a colui che in fretta prenda qualche appunto, ma possiamo assicurare che sono autentiche.

 

 

I.

 

Et ducam eam in solitudinem et loquar ad cor eius.

Il nostro Divin Salvatore, dopo d'aver mandato qua e là i suoi apostoli a predicare il regno di Dio che si avvicinava, li chiamò, li radunò e li condusse in un luogo deserto, perchè si riposassero, stessero essi soli in sua compagnia, ascoltassero lontani dalle turbe le sue confidenze e i suoi avvisi.

Così chiamò noi qui a Trofarello, dagli studii, dai lavori, dalle scuole, dai collegi e da qualsivoglia altra occupazione, nella solitudine, perchè il Signore non parla mai in mezzo ai rumori; il Signore parla solamente a quelli che si ritirano dalle cose mondane.

Solo nel silenzio il Signore concede le sue grazie, perciò ciascuno di noi in questi giorni si faccia un impegno di approfittare di questi santi esercizi. Non siamo tutti sicuri di farli un altr'anno!

Pensiamo in questi esercizi a quello che dobbiamo fuggire, acquistare, praticare per l'avvenire.

Guardiamo di osservare il silenzio in ogni tempo, ad eccezione del dopo pranzo e dopo cena.

 

II.

 

Oggi vi dirò quel che dobbiamo praticare come sacerdoti o come aspiranti al sacerdozio; vi dirò che cosa sia il sacerdote e che cosa debba egli essere.

Il sacerdozio è la più alta dignità a cui possa essere innalzato un uomo. A lui, e non agli angeli, fu data la potestà di mutare il pane e il vino nella sostanza del Corpo e del Sangue di N. S. Gesù Cristo; a lui e non agli angeli la facoltà di rimettere i peccati.

È ministro del Dio tre volte santo.....

Or quale dovrà essere la santità di un sacerdote o di un aspirante allo stato sacerdotale? Egli deve esser tale da essere un angelo, ossia un uomo tutto celeste: deve possedere tutte le virtù richieste a questo stato, e specialmente grande carità, grande umiltà e grande castità.

Il sacerdote è la luce del mondo, il sale della terra. Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza, e quindi suo massimo impegno occuparsi degli studii sacri.

Noi esaminiamoci se abbiamo tutte le virt√π necessarie per divenir buoni sacerdoti e se non le abbiamo ancora, almeno facciamoci coraggio per acquistarle e praticarle.

Escludiamo nello stesso tempo dalle nostre intenzioni ogni nostro interesse e scopo non conforme alla volontà di Dio, perchè è il Signore che ci deve eleggere: Non vos me elegistis, sed ego elegi vos.

Il sacerdote deve avere una fede, una carità ardentissima, le quali purtroppo, alle volte, non si trovano, in quel chierico, per non dire in quel sacerdote; e invece si trovano vivissime in quel contadino, in quello scopatore, in quel servo; si trovano in un discepolo, e il maestro che le insegna, che le dovrebbe possedere in un grado assai maggiore, alle volte ne è quasi privo.

Oh! il buon esempio! Ricordiamoci che il sacerdote non va mai all'inferno né al paradiso da solo, ma sempre accompagnato.

 

III.

 

In due classi si dividono gli ecclesiastici. Il Clero secolare e il clero regolare. Per gli ecclesiastici che vivono nel secolo si richiede che abbiano già acquistata una grande perfezione, prima di essere posti al governo delle anime. Lo stato religioso, cioè di quelli che vivono ritirati dalle cose del mondo, è per coloro che aspirano alla perfezione. I primi debbono essere più forti e più perfetti degli altri per i grandi obblighi, che loro incombono, per la responsabilità di centinaia e migliaia di anime e per i grandi pericoli ai quali son esposti.

Oltre a ciò sono distratti dalle cure materiali, dalla propria famiglia, e da tanti altri disturbi che talora rendono più pesante l'esercizio del sacro ministero. E poi per essere liberi di volontà, anche facendo ogni possibile per condurre una vita mortificata, una vita di vero sacerdote, ora un amico li disturba dallo studiare o da far la visita a Gesù in Sacramento, ora l'invito ad un banchetto, e al quale son costretti a intervenire, impedisce le occupazioni di un'intiera giornata, ora liti fastidiose per sostenere i diritti della parrocchia, lotte di partiti avversi, lo angustiano e ne turbano la pace.

E quelli che non sono perfetti, oh quante volte si guadagnano il disprezzo e sono l'obbrobrio di tutti: sono esposti ad ogni momento a perdere la virtù della castità, attaccano il cuore ai beni della terra, accumulano per sé e per i parenti, studiano gli interessi proprii, trascurano quelli delle anime.

Il religioso dunque con minor virtù di un ecclesiastico secolare, se è fedele alla Regola, percorre con più sicurezza una via senza gravi intoppi. Il Superiore gli assegna ufficii adattati al suo carattere, alle sue debolezze, alle sue forze intellettuali e fisiche, perchè sa quid valeant humeri, quidve ferre recusent. Le stesse mura della Casa sono un gran riparo tra lui e le insidie del mondo.....

Chi vive in Congregazione, tronca le battaglie esterne che dovrebbe sostenere coi parenti, cogli amici, coi, beni temporali; le interne sono la superbia, la vanagloria, le tentazioni della carne e del demonio. Ed egli le vince coi tre voti di castità, di povertà, e di obbedienza.

Colla castità noi offriamo a Dio tutto il nostro corpo; e il mondo, e le sue soddisfazioni non sono più per noi.

Colla povertà rinunziamo ai parenti, agli amici, a tutte le ricchezze e mettiamo in pratica ciò che dice il Signore: Vade, vende quae habes et da pauperibus et veni, sequere me.

Coll'obbedienza rinunziamo alla nostra volontà, alla nostra libertà; e insegna lo Spirito Santo che l'obbedienza dà la vittoria.

Qualcuno può dire: - Dunque chi entra in Congregazione è costretto a rinunziare alla libertà?

Rispondo: - Nessuno lo costringe a fare i voti: si tratta di consiglio e non di precetto. Questi li fa ciascuno per propria libera volontà, per piacere al Signore.

I nostri voti sono semplici.

Nel 1858 interrogato da Pio IX che dicessi il mio parere intorno alla maggior convenienza di fare o non fare i voti religiosi, io dissi che sul principio della nostra istituzione propendeva a non far voti, ma una semplice promessa.

 - Oh no! osservò il Papa; perchè questa promessa avrebbe eguale importanza che il voto, ma non avrebbe egual merito avanti a Dio.

Io era però del suo parere .....

I voti vincolano la libertà, ma in certi casi possono essere sciolti: sono riservati alla Santa Sede se perpetui, e anche al Rettor Maggiore se triennali. Dovendo ricorrere alla Santa Sede si vedrà meglio, se vi sono dei motivi abbastanza sufficienti per essere dispensati.

 

IV.

 

Alcuni dicono che le istituzioni religiose sono cose dei giorni nostri, cioè che furono istituite dal Cristianesimo; ma si sbagliano grandemente. Esse incominciarono a manifestarsi fin dai primi tempi del mondo. Era un bisogno dell'anima …..Adamo scacciato dal paradiso terrestre si ritirava alla sera in un luogo solitario presso quel giardino di delizie e colla penitenza e coll'educare i suoi figli nel santo timor di Dio sospirava la venuta del promesso Redentore.

Fra questa il sospiro di tutti i giusti, il fine dei sacrificii di tutti i capi di famiglia.

A mantenere viva questa aspettazione, Iddio fra i discendenti di Giacobbe sceglie la tribù di Levi e l'incarica del culto e di insegnar la legge: una vera società presieduta dal Pontefice Massimo. Molte madri consacrano al Signore i loro bambini e li presentano ai sacerdoti, perchè mentre serviranno nel tabernacolo siano educati nella pietà e nella pratica delle virtù: quindi i Nazareni.

Samuele fu capo di un'adunanza di profeti, che pieni dello Spirito divino si occupavano a cantare le lodi del Signore.

L'idolatria e le discordie straziando i regni di Giuda e d'Israele, il Profeta Elia radunò un gran numero di giovani nel deserto per ammaestrarli nella legge del Signore e perchè si occupassero nella preghiera, nel lavoro, e facessero vita comune.

Ad Elia successe il profeta Eliseo, e il Signore premiò la virtù di amendue con strepitosi miracoli, trasmettendo la loro missione ad altri ed altri profeti.

Tempo dopo, Rechab discendente di Jetro, suocero di Mosé, fu istitutore e capo di una società detta di Rechabiti. Questi vivevano alla campagna sotto le tende colle loro famiglie, menando vita pastorale come i santi Patriarchi. Si astenevano dal vino, non fabbricavano case, non possedevano campi e si occupavano molto nello studio e nella meditazione della divina parola e nel cantare le lodi del Signore. Fu loro merito l'essere stati fedelissimi a queste regole, ed insieme con Elia, Eliseo e i figliuoli dei profeti, furono il modello dei monaci della Chiesa di Gesù Cristo.

Ma gli Istituti religiosi dell'antica Legge cedono il posto a quelli della Nuova, i quali, come i primi, sono ispirazione del Signore. Appare sulla terra il promesso Messia, dicendo: Non veni solvere legem, sed adimplere. Ed egli incomincia a stabilire, coi suoi dodici apostoli ed i settantadue discepoli, la prima Congregazione religiosa del Nuovo Testamento poiché, come sappiano dal Vangelo e dalla tradizione, si obbligavano con voti alla povertà, all'obbedienza, alla castità, sebbene non espressi nella forma che noi ora usiamo. Gesù aveva detto loro sequere me ed essi senz'altro accettarono di fare la sua volontà e Coll'obbedienza accettarono la povertà: Reliquimus omnia et secuti sumus te. Gesù è di essi che diceva: “ Vi sono di quelli che si sono fatti eunuchi da se stessi per amore del regno de' cieli. Chi può capire capisca ”.

E asceso lui al cielo, i suoi Apostoli, i suoi discepoli, sparsero ovunque i consigli evangelici e così si popolarono di monaci i deserti dell'Egitto e della Palestina e sorsero poi i seguaci delle Regole di S. Agostino, i Basiliani, i Benedettini, e gli altri ordini religiosi  che Dio suscitava secondo i bisogni della sua Chiesa. Ad essi è debitore il mondo della conversione dei popoli, dell'incremento dell'agricoltura e delle arti, delle scienze, della civiltà.

Agli Ordini si aggiunsero le Congregazioni, composte esse pure di milioni di anime generose che si ritiravano dal mondo in conventi innumerabili per poter vivere una vita pi√π perfetta e pi√π pura, e per

essere luce del mondo e sale della terra e conforto ed aiuto ai poverelli in ogni miseria.

La nostra Pia Società è una delle ultime Congregazioni religiose, ma come le altre fu suscitata dalla bontà di Maria SS. che di tutte si può dire la fondatrice e la madre, dal Cenacolo fino a giorni nostri. Essa non ha altro scopo che di preparare buoni ecclesiastici e buoni laici per compiere la missione che le venne affidata. Dobbiamo pertanto procurare primieramente la santificazione dell'anima propria e quindi quella degli altri.

E in che modo? mettendo in pratica i consigli evangelici .....

La nostra Congregazione ha di mira la salute delle anime e questo scopo è il più nobile che si possa immaginare, ma prima bisogna cominciare da noi, dall'anima nostra…..Dobbiamo renderci tali da essere atti a compiere fruttuosamente il nostro ministero.

Prima di mandare qualcuno a predicare, ad insegnare, a dirigere, il superiore misura le sue forze come fa la madre di un uccello nel nido. Non lo provoca a volare sino a tanto che non lo vede ben fornito di forti ali, perchè teme non possa fuggire dalle unghie del falco, oppure che cada a terra privo di forze. Così il superiore non dà missione ad alcuno, se non lo vede fornito di penne abbastanza forti per non perdere se stesso e gli altri.

Prima in fatti di andare a predicare, per esempio, la modestia degli occhi agli altri, bisogna che ei l'abbia in grado eminente, del resto non solo non è ascoltato, ma gli si rinfaccerà questo difetto con dirgli: Medice, cura te ipsum. Togli la trave dai tuoi occhi, prima di togliere la pagliuzza dagli occhi altrui.

Come potrebbe un predicatore raccomandare ad altri la frequente confessione, se non la pratica prima lui stesso? E così via discorrendo.

È poi anche indispensabile la scienza di quelle cose che si richiedono all'adempimento del proprio dovere: per esempio allo stesso modo che si richiedono le scienze scolastiche in quelli che debbono far scuola, così debbono istruirsi nelle scienze sacre quelli ai quali viene affidato il sacro ministero della predicazione: la Dogmatica, la Morale, l'Ermeneutica, l'Ascetica, la Storia Ecclesiastica....

Non istanchiamoci nell'adempimento di tutti i nostri doveri. Quelli che si consacrano interamente alla salute delle anime, avranno in cielo quel premio che ebbero già gli apostoli, ai quali Gesù aveva detto:

“ Voi nel giorno del giudizio sederete con me e giudicherete le dodidi tribù d'Israele ”.

Ricordatevi che tutti quelli i quali salvano un'anima, assicurano la salvezza dell'anima propria.

A quelli che non son preti dico: “ Il salvar le anime non tocca solamente ai predicatori, ma a tutti, dall'ultimo degli artigianelli sino al più famoso dei sacri Oratori. E in che modo? Col pregare per la conversione dei poveri peccatori, coll'adempimento esemplare dei proprii doveri, coi buoni avvisi in ricreazione e in chiesa, colla carità per chi si trova in bisogno, col perdonare le offese. Oh quanto bene si può fare da tutti! quante anime si possono salvare col buon esempio!

 

V.

 

Avvertimenti. - Procurate di prendere per frutto di questi santi esercizi l'accettare sempre tutte le correzioni, tutti gli avvertimenti che vi saran dati, sia dai Superiori, che dagli eguali ed inferiori, per poter così esercitare la virtù della pazienza e la rassegnazione.

Abbandonatevi tutti nelle mani della Madonna, affinchè possiate sempre conservare la bella virtù della modestia .....

Raccomandatevi a S. Luigi, affinchè possiate imitarlo nel rispetto e confidenza verso i Superiori, nella pazienza e amore verso gli altri, e in tutte le sue virtù.

 

 

Il sabato delle tempora 19 settembre terminava il primo corso di Esercizi Spirituali. In quel mattino pronunciava i voti perpetui D. Paolo Albera, che aveva già rinnovati i voti triennali l'11 gennaio 1866; i chierici Luigi Lasagna e Giuseppe Bologna li facevano triennali.

L'Arcivescovo teneva le sacre Ordinazioni nella chiesa dell'Episcopio, e il diacono Giacomo Costamagna era partito da Trofarello per essere promosso al sacerdozio. Compiuta la funzione tutti i neo - ordinati del Seminario e di altri Istituti aspettavano di essere ammessi a baciar la mano a Monsignore. Quando venne la volta di Don Costamagna, il Prelato a modo di carezza gli diede un piccolo schiaffo, dicendo ad alta voce: - Ecco uno di quelli che non vogliono riconoscere il loro Arcivescovo!

 - Monsignore! Io rispetto ed amo il mio Arcivescovo, ed amo pure Don Bosco che tengo come padre.

Il Prelato si volse allora a parlare cogli altri. Ciò per Don Costamagna fu una vera umiliazione. Anche i chierici ne furono stupiti, specialmente quelli del Seminario di Susa. Fra essi ve n'erano alcuni, già allievi dell'Oratorio, perfettamente ignari delle divergenze tra Mons. Riccardi e Don Bosco.

D. Giuseppe Fagnano era stato ordinato lo stesso giorno a Casale da Mons. Ferré.

 

 

 

Versione app: 3.13.5.5 (0d94227)