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Capitolo 25

Il Cavalier Oreglia a nome di Don Bosco compra una nuova macchina tipografica - Letture Cattoliche - Don Bosco annunzia ai giovani la solenne esposizione delle Quarantore nella chiesa di Maria Ausiliatrice - Sua risposta al Cav. Zaverio Collegno di Provana che lo invita a Cumiana per dare un esame letterario ai suoi figli - Parlate serali agli alunni dell'Oratorio, fatte da qualche superiore in assenza di Don Bosco - Annunzio di una bella offerta per grazia ricevuta da Maria - Giungono a Roma le notizie dell'Ottavario di Valdocco e a Torino quelle di Roma - Invito sacro per le Quarantore: predica Mons. Galletti - Il Vescovo di Casale ringrazia Don Bosco pel dono di una collezione completa delle Letture Cattoliche e di altri libri - D. Bosco accetta due giovani raccomandati dalla direzione delle ferrovie - Non vuole, che nell'Oratorio vi sia spazio non occupato dai giovani - Va a Cumiana - Continuo concorso alla nuova chiesa - Grazie domandate e ricevute - Don Bosco a Fenestrelle per benedire il parroco di Ruà, morsicato da un cane - Predica nella cappella del Puy le glorie di Sant'Anna - Si reca ad Usseaux: suo incontro col giovane Giuseppe Ronchail, che risolve di farsi Salesiano - Don Bosco restituendo la vista a due sorelle di quel giovane, vince l'opposizione del nonno che del nipote voleva fare un negoziante - Mons. Ricci e Padre Guglielmotti nell'Oratorio - Lettera di Don Bosco a Mons. Ricci; lo ringrazia della visita: chiede scusa se ha mancato nell'usargli i debiti riguardi: domanda un'onorificenza pontificia per un benefattore - Malattia gravissima di Don Rua: liete previsioni di Don Bosco: la sua benedizione è seguita dalla guarigione - Antica profezia di Don Bosco sulla vita di Don Rua.


Capitolo 25

da Memorie Biografiche

del 04 dicembre 2006

Nell’Oratorio i meccanici si preparavano a montare una nuova macchina tipografica. Il Cav. Oreglia il 3 giugno aveva comprato per la somma di 8.500 lire dall'avvocato Domenico Fissore una tipografia e legatoria; cioè le macchine e i caratteri e tutti gli accessori; banchi, scaffali e ogni altro attrezzo e mobili depositati dal proprietario nel Ricovero di Mendicità. Si era sobbarcato a questa spesa, perchè crescendo il lavoro in tipografia, non fosse ritardata la pubblicazione delle Letture Cattoliche. Queste infatti procedevano con regolarità.

Il mese di luglio gli abbonati ricevevano l'opuscolo: Storia di alcune celebri conversioni, ove si nota che di tali miracoli è ricca solamente la Chiesa Cattolica. In un'appendice si narra una grazia ricevuta ad intercessione di Maria Ausiliatrice.

Pel mese di agosto era in corso di stampa: Il gran tesoro: guai a chi lo perde. Considerazioni proposte al popolo dal sacerdote Boccalandro Pietro, già Rettore in S. Marco di Genova. È il tesoro della fede, tanto necessario per tutti, specie per la classe innumerevole di quelli che faticano e soffrono. L'operetta descrive la bellezza della fede, la sua certezza, i beni che apporta, il danno della sua perdita, le qualità che la fede deve avere, le cause per cui si perde, i mezzi per conservala.

Pel mese di settembre Don Bosco aveva fissata la Vita del giovane Ernesto Saccardi fiorentino, scritta dal Sac. Giovanni Bonetti, Direttore del Seminario di Mirabello. Saccardi fu un angelico allievo di quel Piccolo Seminario, del quale istituto in appendice all'opuscolo si legge il programma.

Abbiam già visto nella lettera scritta a Don Bonetti, come il Venerabile avesse letto attentamente e fatto correzioni a questa biografia. A un esame di seria critica egli sottoponeva allora ogni scritto de' suoi destinato alle stampe, come voleva che gli scritti suoi fossero esaminati dai suoi figli.

Il 5 luglio, alla sera, radunati tutti i giovani studenti ed artigiani sotto i portici, diceva loro:

 - Il giorno 15 avremo grandi feste. Incominceranno le Quarant'Ore e verrà il Vescovo Mons. Galletti a predicare. Noi in preparazione, guardiamo di non pensare più ad altro, fuorchè alle cose che riguardano i nostri doveri, sia di pietà, sia dì studio o lavoro, ciascuno secondo il proprio stato.

In que' giorni, invitato dal Cav. Zaverio Collegno di Provana a recarsi alla sua villeggiatura di Cumiana per esaminare i due suoi figliuoli sul profitto negli studii, Don Bosco rispondeva:

 

Carissimo sig. Cavaliere,

 

Andremo a fare il professore. La sera del 19 corrente per quello delle 5 sera con D. Francesia andrò, si Domino placuerit, a Cumiana. Se giudica bene, invito il prof. Bacchialoni, ma se lo giudica bene; me lo dica.

Ella però ne ha una da scontare. Venire a Torino con Luigi ed Emanuele e non venire tutti e tre a pranzo con noi, e godere così la provvidenza di Maria Ausiliatrice è un errore da perdonarsi difficilmente. Il Barone Bianco mi dice che si merita una multa di cento napoleoni; ci pensi; io vado a prenderli.

Dio benedica Lei e tutta la sua famiglia; li riverisca con D. Susino tutti caramente nel Signore, e mi creda con gratitudine

Di V. S. Car.ma,

 

Torino, 10 - 7 - 1868,

Obbl.mo Servitore

Sac. Bosco Gio.

 

Noi teniamo qui a ripetere come trovandosi Don Bosco lontano dall'Oratorio o essendo egli occupato, Don Rua, Don Francesia e talora qualche altro prete, parlavano in vece sua tutte le sere agli studenti e agli artigiani che recitavano le orazioni in luoghi diversi. I loro sermoncini trattavano della disciplina, della pulizia, dell'osservanza delle regole di buona educazione, della diligenza in scuola e nello studio, del contegno in chiesa, degli ordini del giorno pel domani e, imitando Don Bosco, non dimenticavano di parlare sovente della Madonna. Si legge nella cronaca:

“ 11 luglio, sabato. - Dopo le orazioni sotto i portici Don Francesia così parlò: - I medici pochi giorni fa avevano dichiarata spedita una povera inferma. L'arte salutare giovava più a nulla. La donna saputa questa sentenza disse: - Don Bosco ha fatto innalzare una chiesa in Valdocco. Là già si ottennero molte grazie segnalate. Dunque la mia famiglia si raccomandi con me a Maria Ausiliatrice ed io prometto di fare un'offerta alla chiesa, appena sarò guarita. - Dopo pochi giorni la grazia era completa ed il marito quest'oggi venne a fare una offerta di 10 biglietti da 100 ”.

Delle feste di Torino e delle grazie della Madonna Don Francesia aveva scritto e scriveva a Roma e là pure ne recava novelle il Cav. Federico Oreglia di S. Stefano, il quale, venuto per le feste della consacrazione della Chiesa, era ripartito da Torino poco dopo finito l'Ottavario. Il Padre Oreglia scriveva a Don Francesia il 14 luglio:

“ Grazie mille. Prosit delle loro belle feste e delle benedizioni che ricevono ogni giorno e per tanto bene che fanno; ed avranno noie e fastidii in proporzione del bene che fanno ..... Qui non si teme nulla per ora d'irregolare, ma la guerra grossa è probabile e nel cui corso anche noi possiamo essere involti. Ma Dio ci aiuterà. Roma ora è deserta e calda e senza novità.

” È finita la questione delle elezioni. Qui ora son tutti contenti di Margotti. Questo incidente ha servito a far capir meglio ciò che qui si pensa... Federico non lo vedo più da varii giorni, gli mandai subito l'acclusa. I miei ossequii a Don Bosco ”

E nuove consolazioni aveva Don Bosco nel suo zelo per la casa di Dio. L'Unità Cattolica del 14 luglio scrive:

Quarant'Ore nella chiesa di Valdocco. - In occasione delle prime Quarant'Ore nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Valdocco in Torino, il Sommo Pontefice concede indulgenza Plenaria a tutti coloro che confessati e comunicati nei giorni 15, 16, 17 visiteranno questa chiesa, pregando secondo l'intenzione del medesimo Sommo Pontefice. La sera vi sarà la predica, fatta da Mons. Vescovo d'Alba.

Nei tre giorni i sacri riti furono celebrati come ne' giorni festivi pi√π solenni; il piccolo clero, i chierici e i sacerdoti si alternarono in rocchetto ai piedi dell'altare in continua adorazione; mentre le classi degli studenti e i singoli laboratorii compivano lo stesso omaggio innanzi alla balaustra. Il popolo accorse numerosissimo, anche per udire la parola del serafico Mons. Galletti.

Il terzo giorno Don Bosco riceveva una lettera del Vescovo di Casale, cui, in ringraziamento della parte che aveva presa alle funzioni dell'Ottavario, aveva mandato in dono una collezione intera e molti fascicoli delle Letture Cattoliche.

 

Rev.mo Signore,

 

Ho ricevuto il grosso pacco di libri edificanti che la S. V. Rev.ma ebbe la bontà di regalarmi. Al vedere quella svariata quantità di preziose operette mi parve di trovarmi in un ricco speciosissimo giardino dove fanno bella mostra di sé i fiori più splendidi ed olezzanti, e in gran copia spandono i nobili loro rami carichi di soavissimi frutti.

Mi congratulo poi seco lei perchè una gran parte di quei libriccini, quanto piccioli di mole altrettanto ricolmi dei più sani ed utili insegnamenti, sono dettati dalla sapienza è dallo zelo onde la S. V. cotanto si distingue. Io farò di giovarmene a mia istruzione ed a vantaggio dei miei diocesani, ai quali avrò il piacere di distribuirli.

Coi sensi della maggior gratitudine e della pi√π grande venerazione me Le professo

 

Casale, li 16 luglio 1868,

Ossequentissimo servitore

PIETRO MARIA, Vescovo.

 

Con la stessa data veniva consegnata a Don Bosco una lettera della direzione delle strade ferrate.

 

Torino, li 16 luglio 1868.

 

Lo scrivente ha l'onore di accompagnarle per quelle determinazioni che crederà del caso, l'unita istanza di Giovanni Cordero, figlio di un operaio di queste Officine, il quale desidera essere ricoverato nell'Oratorio di S. Francesco di Sales, e si è a tal uopo rivolto al sottoscritto per esserle raccomandato.

Colla pi√π distinta stima

Il Direttore dell'Esercizio

P. ARMILHAU.

 

Lo stesso signore il 4 settembre 1868 con lettera N. 8656 raccomandava l'accettazione del giovanetto Ellena, figlio di un defunto agente della Società ferroviaria.

Erano migliaia le domande che ogni anno giungevano a Don Bosco da ogni parte per l'accettazione di poveri giovani. Egli avrebbe desiderato di riceverli tutti. È nota la sua frase ripetuta agli altri Superiori e da noi udita più volte: “ Accettatene quanti più potete. Riempitene la casa e i sottotetti: se non bastano i posti, metteteli nei sottoscala; se anche questi sono occupati, collocateli in mia camera e sotto il mio letto! ”

Egli provava sempre vera gioia quando poteva accogliere un nuovo fanciullo, e vivo dolore quando era costretto a dare una negativa. Ricordava le parole del Divino Maestro: Qui susceperit unum parvulum talem in nomine meo, me suscipit. - Non est voluntas ante Patrem vestrum qui in coelis est, ut pereat unus de pusillis istis. Egli vedeva in ogni giovane un'anima da salvare, e non trascurava ogni pi√π ardua fatica per salvarla.

La sera della domenica 19 luglio, festa di S. Vincenzo de' Paoli, Don Bosco giungeva a Cumiana ove passava un'intiera giornata con quella cara famiglia e co' professori che lo avevano accompagnato. Quante glorie di Maria non ebbe egli a narrare!

Don Rua scriveva nella cronaca il 20 luglio: “ Continua un concorso considerevole di gente a visitare la nuova chiesa e a domandar grazie a Maria Ausiliatrice. Si può dire che non passò giorno senza che arrivino più lettere di persone lontane che si raccomandano a Maria, per mezzo specialmente delle preghiere di Don Bosco e de' suoi figli; come pure puossi dire che non passò giorno senza che se ne ricevessero altre di ringraziamento per grazie ottenute ”.

Una di queste proveniva dall'Austria.

 

Rev.mo Signore,

 

Pochi giorni sono, oppressa dallo spavento, io invocava il soccorso delle preghiere di V. S. a favore del mio genero Carlo Lutzow, ed ora non so con quali espressioni poterla ringraziare; ascolti. Il mio Carlo, dopo seria malattia, era a quel punto che chiamasi l'estremo della vita. Con somma esemplarità ricevette i SS. Sacramenti, e mostrava la rassegnazione e la fortezza del vero cristiano agonizzante. Ma io, mia figlia, e tutti della famiglia, eravamo atterriti al pensiero della perdita di lui. Giunse opportuna la sua lettera che mi invitava a cominciare una novena in onore di Maria Ausiliatrice, unica nostra speranza in quel terribile frangente. Al giorno 18 cominciammo la memorabile novena, e misi al collo dell'infermo la prodigiosa medaglia di Maria Ausiliatrice, che Ella mi aveva regalato passando per Torino. Meraviglia a dirsi! il giorno stesso l'ammalato acquistò tanto aumento di forze, con tale diminuzione di male, che i medici al giorno seguente lo giudicarono fuori di ogni pericolo.

Ringrazii meco il Signore e la santa Vergine Maria, e dopo di essi ringrazio Lei e tutti que' buoni giovanetti che fervorosi si raccolsero nella novella chiesa per invocare il soccorso di colei che sempre accoglie le preci di coloro che col labbro del fervore e della innocenza invocano il suo potente aiuto.

Oggi (26 luglio) il mio Carlo parla, ride, celia, ed ha già potuto ristorarsi con bibite e commestibili di vari generi.

Sia adunque ora e sempre da tutti ed in ogni luogo benedetto, esaltato, invocato il nome di Maria Ausiliatrice. Fra breve riceverà un po' di danaro pei suoi poveri giovanetti. Colla più sincera e durevole gratitudine mi professo,

 

Krawska nell'Austria, 26 luglio 1868,

Obbl.ma Serva

Baronessa LUIGIA GUDNAU.

 

Mentre la Baronessa scriveva questa lettera, Don Bosco si trovava sulle Alpi a Fenestrelle ov'era giunto il sabato 25 luglio. Il Curato di Ruà, sopra Fenestrelle, era stato morsicato da un cane, che i medici giudicarono arrabbiato. L'infermo era così fuori di sé per lo spavento, che a tutti i costi voleva che Don Bosco andasse a benedirlo. Il Servo di Dio si mosse alle preghiere degli amici che lo aspettavano a Pinerolo e fu a Ruà, ove benedisse il povero curato, il quale calmatosi guarì e visse ancora molti anni.

Il domani 26, giorno di domenica e festa di S. Anna, il Venerabile predicò nella cappella del Puy, parrocchia di Fenestrelle.

Il lunedì recavasi a Usseaux. Di questa borgata era il giovanotto Giuseppe Ronchail, che aveva allora terminati gli studii di filosofia, e intendeva proseguire nella carriera ecclesiastica. Ma essendo egli sotto la tutela del nonno, questi aveva deciso di fargli intraprendere la mercatura e già gli aveva trovato un posto in una casa di Lione; anzi gli aveva fissata la partenza pel sabato prossimo, ed egli non osava opporsi. Don Bosco, giunto in paese, era sceso dal parroco. Ciò saputosi, due seminaristi del corso teologico, compaesani di Giuseppe, si recarono presso l'amico e vennero a parlare di Don Bosco. Ronchail non solo non conosceva Don Bosco, ma non l'aveva mai neppur udito nominare. I seminaristi invece, che desideravano ardentemente di vederlo perchè ne avevano sentito dir tanto bene, gli proposero di accompagnarli nella visita che intendevano fare al Servo di Dio quel giorno stesso: ed egli, per compiacere gli amici, li seguì.

Il Venerabile, appena vide entrare i tre giovani, senza badare ai due seminaristi, s'indirizzò subito al giovanotto avviato al commercio, gli fece le migliori accoglienze e prendendolo per mano gli disse: - Ecco qui un bel merlotto che va messo in gabbia! - Queste parole fecero colpo sul cuore di Giuseppe, la sua vocazione per un istante assopita si rianima: chiede al Venerabile un abboccamento particolare, e la sua determinazione di consecrarsi al Signore diventa soda e irremovibilmente stabile; anzi si decide a seguire Don Bosco a Torino.

Restava però a rimuovere il nonno dalla sua decisione, e uno straordinario avvenimento tolse ogni difficoltà. Eccone il racconto fatto da D. Carlo Gros, parroco di Pomaretto, nel 1904, avendo egli compiuto gli ottantadue anni, a D. Pietro, Pestarino di Rossiglione perchè trasmettesse a noi la sua testimonianza.

Don Gros nel 1868, essendo cappellano da quelle parti, un giorno nel quale soffiava un forte vento, incontrò sotto Fenestrelle Don Bosco in vettura con D. Bourlot, che ritornava

da Laux. Ed ecco presentarsi a lui Giuseppe Ronchail con sua madre e due sue giovani sorelle. Bourlot fermò il cavallo e la buona madre prega Don Bosco a voler benedire le figlie. La più grandicella, in età di circa 14 anni, aveva perduta quasi interamente la vista, perchè distingueva appena il giorno dalla notte. L'altra, presa da infiammazione cronica agli occhi, era costretta a tenere chiuse le palpebre non potendo soffrire la luce. Don Bosco consigliò loro una novena a Maria SS. Ausiliatrice, consistente in tre Pater, Ave e Gloria ed una Salve Regina ogni giorno, affidò al giovinotto Giuseppe di guidar la madre e le due sorelle in questa recita, e finì con dar loro la chiesta benedizione. La prima sorella guarì istantaneamente e completamente e non ebbe mai più disturbi di vista; e l'ultimo giorno della novena, appena recitate le preghiere prescritte, anche la seconda, scomparsa l'infiammazione, ricuperò interamente la vista, rimanendole sugli occhi una piccolissima macchietta, quasi ricordo dell'antico male.

Il fratello, testimone di questi prodigi, credé sempre più alle parole del Servo di Dio, persuaso che avesse avuto lumi particolari intorno alla sua vocazione. Egli entrava nell'Oratorio il 10 ottobre di quest'anno, e vedremo quale fosse l'importantissima missione che in Francia a lui riservava il Signore.

Questa narrazione ci fu anche esposta dallo stesso Ronchail.

Il 27 luglio, nota la cronaca, Don Bosco lasciava Fenestrelle. In sul far della sera due ecclesiastici sconosciuti si presentarono nell'Oratorio per parlare col Servo di Dio. Egli non era ancora rientrato in casa e lo aspettarono fino a notte senza voler manifestare il proprio nome. Quando giunse, Don Bosco fece loro mille feste. - Sono Mons. Ricci, aveagli detto uno, Maestro di Camera di Sua Santità. - L'altro era il Padre Guglielmotti, Domenicano, il famoso storico della Marina Pontificia. Accettarono volentieri l'ospitalità che loro offriva Don Bosco e il giorno dopo, visitato l'Ospizio, accompagnati da D. Durando si recarono al Collegio di Lanzo.

Il giorno 29 al mattino ripartirono per Roma. Pare che avessero qualche missione speciale. Questa visita porse occasione a Don Bosco di scrivere una lettera a quel Monsignore: un incarico dato al Cav. Oreglia non era stato mandato ad effetto.

 

A S. E. Rev.ma Mons. Francesco Ricci, Maestro di Camera di Sua Santità. - Roma.

 

Eccellenza Rev.ma,

 

Compio un po' tardi un mio dovere, quale si è di ringraziare V. E. Rev.ma della bontà usata col venire a prendere alloggio nella nostra povera casa; di ciò serberemo la più cara e grata memoria. Ma altro motivo mi doveva spingere a scriverle, era il dimandarle benigno compatimento della mancanza di riguardo cui fummo costretti dalla condizione della nostra casa. Ella però si degni di tirare un velo sopra di tutto e si ricordi soltanto della grande consolazione che ci ha recato e della nostra buona volontà di usarle con atti esterni i più profondi segni di stima e di gratitudine.

Nel partire Ella aveva la bontà di dirmi che si sarebbe impiegato a favore di questa casa e qui ávvi una occasione in cui ho bisogno veramente di Lei.

L'abate Soleri è un insigne benefattore di questa casa e poco fa ci fece una vistosa largizione in bisogno eccezionale. Esso desidera un qualche titolo d'onore dal Santo Padre: Canonico, Protonotario, Cameriere, od altro, che io non so, purchè abbia un segno di benevolenza della Santa Sede. È un buon ecclesiastico, come può vedersi dalla commendatizia dell'Arcivescovo; è ricco e generoso. V. E. faccia.

Attendiamo l'indulgenza plenaria che ci ha fatto sperare, Dio la benedica. Ci dia la sua santa benedizione e mi creda con pienezza di stima

Dell'E. V.

 

Torino, 27 settembre 1868,

Obbl.mo Servitore

Sac. GIOVANNI Bosco.

 

Questi, il giorno 28 luglio, chiesta licenza dagli accennati suoi ospiti illustri, per impegni già presi, recavasi di bel nuovo fuori di città per due giorni forse, a Borgo Cornalense. E in quella breve assenza, Don Rua, dopo parecchi mesi di sofferenze cagionate dalle fatiche eccessive che gli davano l'interna direzione dell'Oratorio e il disbrigo degli affari materiali, e dall'estrema debolezza abituale per l'insufficiente riposo di sole quattro ore di sonno, il 29 luglio cadde gravemente ammalato di peritonite violenta. Piissimo, egli chiese subito gli ultimi conforti della religione, e gli fu portato il S. Viatico. I medici accorsi lo dissero spedito. Il Dott. Fissore che lo curò per il primo, affermò più tardi che quella malattia era di tal genere che su cento infermi appena uno o due sogliono guarire.

S'immagini l'ansietà di tutta quanta la casa. Fu mandato a chiamar Don Bosco, il quale giunse verso sera. Appena pose il piede sulla soglia della porteria, i superiori e i giovani dell'Oratorio furono con maggior premura ed in maggior numero del solito a fargli corona e a raccontargli dell'infermità di D. Rua e del gran pericolo in cui si trovava; e lo pregavano ad andar subito a visitarlo per dargli la benedizione di Maria Ausiliatrice: - Presto! gli ripetevano, vada a vederlo, chè può mancare da un momento all'altro! - Don Bosco senza conturbarsi, senza accelerare il passo, rispose semplicemente, sorridendo: - State tranquilli: io conosco Don Rua; egli non partirà senza il mio permesso!

Quella sera vi erano le confessioni, perchè il mattino seguente, giovedì, si faceva l'esercizio di buona morte; e il Servo di Dio andò subito in confessionale, ove fu trattenuto per un tempo assai lungo.

Uscito di chiesa, il suo segretario Don Berto insistette perchè salisse subito a visitare l'infermo, ma Don Bosco senza punto preoccuparsi andò a cena, dicendo: - Sì, sì; andremo a vederlo. - Com'ebbe cenato, con la solita tranquillità, salì in camera per deporre le sue carte e poi scese al primo piano a visitare D. Rua. Dopo essersi intrattenuto alquanto coll'infermo, questi gli disse con un filo di voce:

 - Oh Don Bosco! Se questa è l'ultima mia ora, me lo dica pure liberamente, perchè sono disposto a tutto.

E Don Bosco:

- O caro Don Rua, non voglio che tu muoia. Hai da aiutarmi ancora in tante cose.

E dopo qualche altra consolante parola lo benedisse.

La mattina seguente, dopo la celebrazione della Messa, risalì dall'ammalato presso il quale si trovava il Dott. Gribaudo, che gli fece rilevare la gravità del caso, soggiungendo che sperava poco in una guarigione: - Sia grave, quanto si vuole, gli rispose il Venerabile, ma il mio D. Rua deve guarire, perchè gli resta ancor tanto da fare.

Era stato deciso di amministrare a D. Rua l'Estrema Unzione e il Servo di Dio vista sopra il tavolino la borsa degli olii santi domandò:

 - E per qual fine l'Olio Santo?

 - Per amministrarlo a D. Rua.

 - E chi fu quel buonomo che pensò di portarlo qui?

 - Sono io, rispose Don Savio. Oh se avesse visto come stava male ieri sera D. Rua... faceva paura... i medici stessi...

 - Siete proprio gente di poca fede, l'interruppe D. Bosco, e: - Fatti coraggio, D. Rua! - aggiunse sorridendo e faceziando: - guarda: se anche ti gettassi giù dalla finestra, ora non moriresti!

Infatti dal momento che Don Bosco lo aveva benedetto, l'infermo aveva incominciato a migliorare, e alcuni giorni dopo contro ogni aspettazione era fuori di pericolo. Condotto all'aria pura di Trofarello, in capo a due mesi si ristabilì perfettamente, in modo da rimanere libero anche dai mali di capo, che prima lo tormentavano gravemente e con molta frequenza.

Un'altra antica profezia assicurava Don Rua, che la sua vita avrebbe ancor durato almeno trentacinque anni. Così attestava egli stesso.

“ Quando nel 1853 si stavano organizzando in Torino grandi feste per il centenario del Miracolo del SS. Sacramento, il nostro buon Padre Don Bosco scrisse un fascicoletto per preparare il popolo alla solenne ricorrenza. Io aveva allora 16 anni e facevo come l'amanuense presso di lui. Qualche mese dopo le feste, un giorno ritornavamo dalla villeggiatura del prezioso nostro amico Prof. D. Matteo Picco, dove Don Bosco soleva ogni anno per qualche giorno ritirarsi per attendere nella quiete della campagna ai suoi lavori di tavolino, approfittando delle vaste cognizioni letterarie, storiche e scientifiche di quel valente professore. Giunti a quel borgo che si chiamava dei SS. Bino ed Evasio, poco lungi dalla Gran Madre di Dio, cadde il discorso sulle feste centenarie di Torino e sulla buona accoglienza e larga diffusione del suo opuscolo. Don Bosco, portando il suo pensiero più avanti, mi disse: Quando nel 1903 si celebrerà il cinquantenario, io non ci sarò Più, ma tu ci sarai ancora: fin d'adesso ti affido l'incarico di ripubblicarlo.

” - Ben volentieri, risposi, accetto sì dolce incarico; ma se la morte mi facesse qualche scherzo e mi togliesse da questo mondo prima di quell'epoca?

” - Sta' tranquillo: la morte non ti farà nessun scherzo, e tu potrai compiere l'incarico che ora ti affido.

” Intesolo parlare con tanta sicurezza, fin d'allora misi in disparte una copia di quell'opuscolo per trarla fuori quando fossevi da farne l'edizione pel 1903 ”.

E la fece premettendovi come prefazione una dichiarazione eguale alla suesposta, ove accennava anche alla sua malattia e guarigione del 1868.

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