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Capitolo 19

Alleanza del Piemonte colla Francia e coll'Inghilterra contro la Russia - Morte del Duca Ferdinando - La legge sui Conventi è approvata dalla Camera dei Deputati Il Marchese Domenico Fassati catechista in Valdocco Un santo e lieto carnovale nell'Oratorio - Saggia osservazione sugli Oratorii festivi.


Capitolo 19

da Memorie Biografiche

del 28 novembre 2006

Don Bosco ritornava da Villastellone mentre, passati i giorni di lutto, si riaprivano le aule della Camera dei Deputati e del Senato. Un fatto però, di gravissima importanza, interrompeva la discussione sull'incameramento dei beni ecclesiastici e sull'abolizione dei conventi.

  Il Ministro Cavour aveva aderito alla lega colla Francia e coll'Inghilterra contro la Russia, allettato dalla speranza di un futuro ingrandimento di territorio del regno sardo; e il 10 gennaio 1855 sottoscriveva il trattato, riserbandosi di chiederne l'approvazione alle Camere. Era stabilito che per questa impresa in Crimea sarebbero spediti 15.000 soldati, e che tal numero, con rinforzi successivi, sarebbe sempre conservato. Il Piemonte doveva sostenere tutte le spese del suo esercito. Le discussioni nel Parlamento incominciarono il 3 di febbraio, e il 10 febbraio venne approvata l'alleanza. Erasi affrettato questo voto per non perdere tempo nel proseguire a discutere le proposte di Rattazzi.

   Poche ore dopo, nella notte dal 10 all'11, moriva il principe Ferdinando di Savoia Duca di Genova, fratello del Re, nell'età di 33 anni. Così per la terza volta si dovevano sospendere quelle infauste sedute. I funerali del principe ebbero luogo il 14 del mese, e la salma fu portata a Soperga e deposta accanto a quelle degli avi suoi. I chierici dell'Oratorio ne seguirono il feretro.

   Questa incalzante serie di sciagure avrebbe dovuto convincere il Re che da quelle lettere misteriose eragli stata annunziata la volontà di Dio. E per vero, incominciava a riflettervi seriamente. Non era mai avvenuto, nemmeno nelle pestilenze più crudeli, che in meno di un mese si aprissero tre tombe, per accogliervi le salme di principi, così strettamente uniti in parentela col Sovrano. Non pure i cattolici ma molti dei liberali vi scorsero un avvertimento venuto dal Cielo a Vittorio Emanuele dì non proseguire più avanti per la via nella quale si era inoltrato.

   Ma il 15 febbraio con una deplorevole pervicacia, nella Camera dei Deputati si riaperse la discussione sulla legge Rattazzi, che occupò ben diciassette sedute. Si domandava l'approvazione del progetto, perchè il Papa lo aveva condannato!! Intanto il 23 febbraio e il 3 marzo i due solennissimi funerali, celebrati nella Metropolitana per le anime delle due auguste defunte, dovevano ricordare a qualcuno la profezia di D. Bosco; ma il 2 marzo la legge di soppressione era approvata da 117 Deputati contro 36. Rattazzi presentavala allora al Senato, al quale i Cattolici mandavano suppliche firmate da ben 97.700 cittadini perchè la respingesse. Il Governo però di sottomano ne promoveva altre in favore, che ebbero 36.6oo sottoscrittori.

   Mentre gli animi dei cittadini erano contristati riflettendo sulle conseguenze della guerra e della legge anticristiana, l'Oratorio di Valdocco godeva i favori di Dio e degli uomini. D. Bonetti Giovanni ne' suoi Cinque lustri di storia dell'Oratorio Salesiano, scrisse una bella pagina intorno a questo anno 1855, e noi qui la riportiamo:

   “ Se prima di questo tempo molte persone del Clero e del laicato si mostrarono affezionatissime verso l'Oratorio, d'allora in poi i benevoli crebbero e di numero e di zelo. L'opera di carità, l'assistenza prestata dai giovani ai colerosi durante la terribile epidemia, e la pubblica lode tributata dal Municipio di Torino, fecero vie meglio conoscere l'Istituto di D. Bosco, la sua natura e il benefico scopo. Per altra parte la straordinaria, per non dire prodigiosa, preservazione dal primo all'ultimo dei suoi giovani dal morbo fatale, mostrò ad un tempo un tratto di specialissima protezione e benevolenza del Cielo verso l'opera del sant'uomo. Di qui ne venne che gli antichi benefattori continuarono ed accrebbero le loro sollecitudini a pro dei figli suoi poverelli, e molti altri ne imitarono l'esempio.

   ” Avrei qui da registrare varii nomi di persone benemerite, che furono per D. Bosco gli strumenti della Divina Provvidenza; ma riserbandomi di farne parola a luogo più opportuno, ricordo in quella vece il signor Marchese Domenico Fassati. Per più anni nelle feste e in tutti i giorni della Quaresima egli recavasi assiduamente nell'Oratorio a fare il catechismo ad una classe numerosa di poveri artigiani, trasferendo persino ad ora più incomoda la sua refezione. Una volta che vi giunse un po' tardi, e trovò un altro catechista a suo posto, l'umile non meno che nobile signore disse: “ Ho commesso un fallo e ne debbo fare la penitenza ”. Ciò detto si pose a sedere sulla panca tra i ragazzetti, e vi stette insino alla fine ad ascoltare il catechismo come uno di loro.

   ” Singolare era lo zelo, mirabili le industrie che adoperava per rendere i giovani attenti ed assidui, e per farli progredire nella scienza della religione. Assuefatto all'ordine, egli da buon soldato disponeva i suoi giovanetti in modo di averli tutti sotto gli occhi, interrogava or questo or quello alla spicciolata e come all'improvviso, affinchè nel timore di essere domandato a rispondere niuno si divagasse. In un foglio teneva registrato il nome e cognome di tutti i suoi catechizzandi, ne segnava le assenze e la più o meno buona condotta. Di quando in quando distribuiva imaginette, medaglie, libriccini e simili ai più diligenti. Quantunque tenesse coi giovani un aspetto serio e da militare, pure questi lo amavano tanto, che quando lo vedevano giungere in classe ne davano vivi segni di gioia, e difficilmente vi mancavano. Insomma il Marchese Fassati manteneva i fanciulli in sì bell'ordine di disciplina e li ammaestrava sì bene da essere proposto a modello. Desideroso di perfezionarsi ognor più nell'arte d'istruire i piccoli, il nobile uomo non disdegnava di assistere alle conferenze che D. Bosco teneva di tratto in tratto ai suoi catechisti. Soleva poi dire che niuna conversazione, niun convegno, niuna serata anche la più brillante tornavagli di tanta soddisfazione, quanto una mezz'ora di catechismo fatto ai giovani dell'Oratorio. Esempio questo e parole assai edificanti, e ben meritevoli che ne faccia tesoro ogni buon cattolico specialmente nei giorni che corrono.

   ” Nè il sig. Marchese mostrava la sua benevolenza solamente a parole, ma bensì con certi fatti non tanto facili ad essere dimenticati. Uno di questi fu nell'ultimo giorno di carnovale del 1855, nel quale si compieva l'esercizio di buona morte in suffragio delle Anime del Purgatorio. Ciò saputo il Marchese Fassati disse: -I figli di D. Bosco l'ultimo giorno di carnevale sogliono consolare le anime purganti, coll'offrire in loro sollievo la Confessione, la santa Comunione ed apposite preghiere, ed io voglio rallegrare essi medesimi; - e così fece. Era il 20 febbraio. Al mattino oltre un centinaio di giovanetti dell'Ospizio e molti altri dell'Oratorio festivo udirono la Messa, si accostarono ai SS. Sacramenti, risposero alle preghiere della buona morte recitate da D. Alasonatti, ed offersero a Dio per le anime sante non solo quelle pratiche di pietà, ma la pena di un freddo intenso, che intirizziva le membra. Ma all'uscire di Chiesa essi trovaronsi un premio inaspettato; ed erano due buone pagnotte, -accompagnate da una grossa fetta di salame. Pareva che le Anime purganti li ricompensassero, per mano del signor Marchese,del sollievo loro portato coi loro suffragi.

    Ma fuori di ogni usato fu il pranzo allestito in quel giorno medesimo. Il caritatevole signore oltre ad una buona pietanza volle che i giovani fossero serviti di agnellotti. Ne occorrevano oltre a 100 dozzine; onde fu necessario che nella vigilia vi lavorassero attorno la buona mamma Margherita, e parecchi giovani sotto la sua guida. “ Ma gli agnellotti vanno bagnati ”, disse il provvido signore; e quindi spedì all'Oratorio una buona quantità di ottimo vino delle sue vigne del Monferrato.

Si compiacque poi di assistere egli stesso in persona al convito, dicendo: -Voglio vedere cogli occhi miei l'effetto, che producono nei giovanetti due bicchieri di buon vino e il vide e l'udì con sua grande soddisfazione. Dopo cinque minuti che ne avevano bevuto il primo, i giovani non potevano più stare nella pelle; le chiacchiere si mutarono in un passeraio; gli evviva al sig. Marchese si succedevano senza interruzione; era uno spettacolo da carnevale, ma onesto ed innocente. Si trattava di mescere il secondo bicchiere; ma in vista della molta allegria giunta ormai al colmo, D. Bosco domandò al sig. Marchese che gli permettesse di battezzare alquanto quel generoso liquor di Bacco, a fine di premunire i giovani dai suoi fumi e dai capogiri. Se in quel giorno gli orfanelli di D. Bosco, furono arcicontenti, la gioia più soave fu quella del signor Marchese. La pietà, la fede, che guidava tutte le sue azioni, gl'insegnava che aveva rallegrato uno stuolo di poveri giovanetti, i quali avrebbero pregato Iddio ad aprirgli un giorno il seno della sua misericordia, e a dargliene in Cielo un premio adeguato ed imperituro; questo pensiero gli inondava l'anima di consolazione ineffabile. Ed io ritengo che in vista di questa carità il Signore gli abbia data quella pazienza, rassegnazione e fortezza d'animo, che sempre dimostrò nelle molte tribolazioni, colle quali in vita lo venne sovente purificando e preparando pel Cielo e in fine una morte preziosa, quale la divina Bontà suol concedere a' suoi prediletti.

   ” E qui, poichè mi cade in acconcio, giova ripeterlo per norma dei direttori e promotori degli Oratorii festivi. Se si vogliono frequentati dai giovanetti, vi sono indispensabili onesti allettamenti. Senza di questi, la maggior parte dei fanciulli liberi di se stessi, o perchè orfani di genitori, o perchè trascurati dai medesimi, non s'inducono punto ad intervenire alle sacre funzioni e alla istruzione religiosa, che vi s'imparte. Per sua leggerezza e vivacità questa cotal gente rifugge quasi per natura dallo stare ritirata, e dall'assoggettarsi alla sorveglianza. Bisogna quindi attirarvela e prenderla come le mosche, con buoni favi di miele. Quindi affinchè prosperi un Oratorio festivo si richiedono divertimenti, giuochi, trastulli, belle ed amorevoli maniere, e questo sempre; poscia di quando in quando occorrono teatrini, piccole lotterie, regalucci, passeggiatine, colezioni, merenduole e via dicendo. Se vi hanno queste attrattive, si vedranno gli Oratorii gremiti di ragazzi; se no, si avrà il rammarico di vedere nei giorni festivi le piazze, i viali, i dintorni delle città ingombri di monelli, i quali crescono nell'ignoranza della religione e nella scienza di ogni mal fare; si avrà il cordoglio di vedere crescere una generazione senza Dio, senza fede e senza legge; si avrà il dolore di vedere a formarsi famiglie e società, che ripiomberanno il mondo negli orrori del paganesimo e nella barbarie. Se ne veggono fin d'ora luttuosi esempi in molte città d'Italia e di Francia, che non è mestieri di qui segnalare. Si scuotano, adunque i Cattolici più o meno favoriti dì beni di questa terra, e in tanta tristizia di tempi sappiano fare qualche sacrifizio, sappiano privarsi eziandio dei loro onesti piaceri, per attirare al bene tanti scappatelli, per conservarli o ridonarli a Dio, alla patria, al Cielo. Se più si aspetta non saremo più in tempo; chè l'ignoranza, le passioni, le male compagnie faranno di tanti poveri ed incauti giovani le reclute, i gregarii delle società sovvertitrici, i discepoli di coloro, che si gloriano persino di inneggiare a Satana, di raccogliersi a combattere sotto i suoi neri vessilli, gridando: Viva l'inferno.

   ” I signori badino anche a se stessi, e temano che Iddio tardi o tosto non si serva di qualcuno di questi esseri disgraziati, come di un flagello a punirli di quella loro indifferenza, per cui tanta gioventù cresce empia e scellerata; procuriamo tutti almeno colla carità e colla beneficenza nostra di meritarci la misericordia di Dio nel giorno, forse non lontano, nel quale scoppierà la giusta ira sua ”.

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