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Capitolo 16

Il Collegio di Dogliani offerto a D.Bosco - Come la D. Bosco a scegliere il personale che dovrà dirigere un suo Istituto - Non fondar case senza ottener licenza dall'Ordinario diocesano - D. Bosco è soprappensiero - Va a Dogliani: predica alle Domenicane: accetta la convenzione col Municipio per l'apertura di quel collegio - D. Bosco si, reca a Mondovì e recede da quel contratto condiscendendo alle osservazioni di Mons. Ghilardi. - Rispetto di D. Bosco ai Vescovi - Delibera di far stampare le Letture Cattoliche dalla tipografia dell'Oratorio - Benemerenze del Vescovo d'Ivrea verso l'associazione - Il suo rappresentante amministratore di questa in Torino nell'ufficio centrale - D. Bosco intende lasciar erede delle Letture Cattoliche la Pia Società - Nell'Oratorio si dà principio alla stampa dei fascicoli - Lettera scritta a D. Bosco in nome del Vescovo d'Ivrea negandogli il diritto di proprietà su queste Letture - Motivi che ispirano tale lettera - Risposta di D. Bosco in difesa del sito diritto - I primi quattro fascicoli stampati nell'Oratorio - Il pontificato di S. Felice Primo e di S. Eutichiano papi e martiri - Novella amena di un vecchio sgarbato di Napoleone I - L'amministrazione rimane ancor affidata al rappresentante del Vescovo.


Capitolo 16

da Memorie Biografiche

del 01 dicembre 2006

 Don Bosco già nell'anno 1861 aveva preveduto il suo ritiro da Giaveno e sentivasi spinto da un vivo desiderio di stabilirsi in qualche altro collegio del Piemonte. Voleva che i suoi chierici avessero un nuovo campo per esercitare la loro zelante attività. E in buon punto il Municipio di Dogliani, nella Diocesi di Mondovì, invitavalo a prendere la direzione di quel Collegio Convitto Civico e delle Scuole.

Ed ecco come andò il fatto secondo la relazione che ne fece a noi per iscritto il nostro venerato amico Canonico Anfossi. “ L'anno 1861, essendo io chierico, fui dal Sig. Teol. Francesco Reggio, Prevosto di Vigone, condotto ad un piccolo viaggio. Fummo a Dogliani ospiti dell'ottima famiglia Bruno. In que' giorni, si era sul finire di Agosto, il Comune di Dogliani trattava del riordinamento delle scuole e del Collegio - Convitto e non sapeva a qual partito appigliarsi per dargli vita e buon indirizzo. L'Avvocato Bruno, capo della famiglia, nella quale eravamo ospitati io e il mio Prevosto, apparteneva al Consiglio Comunale e parlò delle difficoltà in cui si trovava il Comune. Il Prevosto Reggio disse: - Si rivolgano a D. Bosco e vedranno il loro collegio col ginnasio fiorire per numero e per buoni studii. - Fu accettato il suggerimento e dal Consiglio io fui incaricato a farne parola a D. Bosco. Dopo una gita al Santuario io feci ritorno all'Oratorio e comunicai a D. Bosco l'incarico avuto ”.

“ D. Bosco, sottentra qui all'Anfossi la cronaca di D. Bonetti, gradiva questa domanda appoggiata dal Parroco dei SS. Quirico e Paolo Can. Drochi Alfonso e avviava le pratiche per una convenzione. Una sera sul principio di maggio del 1862, trovandosi in mezzo ai chierici, espresse un gran desiderio di avere il collegio di Dogliani, li assicurò essere quel collegio quasi accettato da lui e che già egli pensava alle persone le quali avrebbe dovuto mandare: - Io prego molto, disse loro, e faccio pregare affine di sapere a quali chierici debba essere affidata tale missione. Ed ecco come mi regolo per determinarmi ad una scelta. Prima penso ad uno di voi; dopo lo scrivo sopra una lista; poi mi rivolgo al Signore; in fine ne parlo con quel tale ogni cosa esaminando per essere sicuro. Quindi

passo ad un altro e così di seguito. Ma ciò non è tutto. Io non voglio nè ora, nè poi aprir casa senza mettermi prima ben d'accordo coll'Autorità Ecclesiastica, andando personalmente a farle visita, o scrivendo; e finchè non abbia il suo esplicito consenso nulla deciderò ”.

Così si regolarono e si regolano i santi per assicurarsi di fare la volontà di Dio.

“ La sera del 26 maggio D. Bosco si raccomandò tanto alle preghiere de suoi giovani, affermando di trovarsi in gravi imbrogli. Non sappiamo bene quali possano essere. Alcuni suppongono che trovi opposizioni e difficoltà nell'accettare il Collegio di Dogliani, insorte per parte del Vescovo della Diocesi. Da un canto D. Bosco avrebbe già dato parola al Municipio; dall'altro non vorrebbe operare con dispiacere del Vescovo. Altri vogliono gli diano fastidio le cose di Giaveno e vi è chi asserisce esservi questioni per l'aria relative alla direzione delle Letture Cattoliche ”.

“ E D. Bosco, ripiglia il Canonico Anfossi, bramoso di espandere l'opera sua, dopo aver temporeggiato per qualche tempo e scambiate varie lettere, presomi insieme, partì per Dogliani. L'Avvocato Bruno si riputò fortunato di accoglierci; il giorno seguente si radunò il Consiglio Municipale; si udirono le proposte dall'una parte e dall'altra, le quali erano abbastanza favorevoli. A D. Bosco, fatte le debite riparazioni, si dava il locale pubblico delle scuole maschili elementari e ginnasiali, e l'edifizio per il Convitto; lire 14.000 annue per il personale assistente ed insegnante, il quale però sarebbe stato nominato da Don Bosco o dal Direttore che egli vi avrebbe stabilito.

” Nel mattino seguente mentre il Consiglio Comunale deliberava, D. Bosco andò nel Monastero delle monache Domenicane, che era in Dogliani Superiore, per celebrarvi la Santa Messa. L'accompagnò il parroco D. Drochi, che godeva stima di santità ed era predicatore valente: io li seguii per servire. Ricordo che dopo la Messa D. Bosco tenne alle suore un bellissimo discorso facendo un confronto tra il loro Monastero e il Paradiso terrestre, quale ci è descritto dalla sacra Scrittura e secondo l'interpretazione dei Santi Padri.

” Discesi quindi in casa Bruno, si ebbe una visita della Giunta che riferì le condizioni colle quali volentieri si sarebbe affidato a D. Bosco il Convitto colle scuole. Egli uditele vi aggiunse alcune osservazioni. Il Sindaco sollecitava D. Bosco ad accettare definitivamente quella direzione; ed egli concluse dicendo: - Accetto: una sola condizione però ancora mi riservo e si è che il Vescovo di Mondovì, Mons. Ghilardi, approvi l'opera mia; perciò intendo di recarmi tosto di qui a lui per averne il parere e l'assenso. - I membri della Giunta, ammirando la prudenza del Servo di Dio, e persuasi della convenienza del suo suggerimento, acconsentirono.

” Senza frappore indugio l'avv. Bruno dispose che si pranzasse e subito dopo si potè partire per Mondovì. Io fui il compagno di viaggio. Monsignore ci accolse molto bene: era grande la stima, che questo insigne e dotto Vescovo sentiva per D. Bosco; ci diede ospitalità, si cenò, si ebbe una bella camera per la notte.

” Ma ora è importante che io ricordi la conversazione relativa allo scopo del nostro viaggio. D. Bosco espose i desiderii del Sindaco e dei consiglieri di Dogliani, e l'intenzione sua d'accettare per avere mezzo di far del bene alla gioventù, principalmente coltivando le vocazioni ecclesiastiche. Monsignore riconobbe che l'opera di D. Bosco sarebbe certamente riuscita bene, conoscendo l'andamento dell'Oratorio di Valdocco, dove non mancava mai di venire ogni qualvolta si recasse a Torno; - ma, continuò, se ella, mio caro D. Bosco, si stabilisce a Dogliani, in pochi anni mi vuota il mio piccolo Seminario! Prenda invece sotto la sua direzione i miei Seminarii; io sono disposto ad affidarglieli; ma per farmi piacere non vada a Dogliani. - D. Bosco osservò rispettosamente che

non ne sarebbe avvenuto alcun danno al Seminario, che anzi prevedeva l'opposto. Ad ogni modo insistendo Mons. Ghilardi nella sua idea, D. Bosco retrocedette dalla convenzione già quasi stabilita col Consiglio Municipale di Dogliani, e incaricò me di scrivere in proposito all'avvocato Bruno. Ignoro se abbia scritto ancor egli. Questo fatto addimostra quanto D. Bosco fosse sottomesso non solo alla volontà, ma anche ai desiderii dei Vescovi sebbene con suo danno.

Di tutto questo fui io testimonio. Can. G. B. Anfossi ”.

D. Bosco infatti ebbe sempre la massima deferenza ed ogni maggior rispetto verso le autorità Ecclesiastiche. Dovendo passare per qualche città Vescovile, fatta una visita al SS. Sacramento in qualche Chiesa, andava subito ad ossequiare pel primo l'Ordinario, e partendo ne implorava in ginocchio e con grande umiltà la benedizione sovra di sè e de' suoi.

Ma questa umile ed affettuosa deferenza non valse a dissipare que' gravi dispiaceri che da parecchio tempo l'angustiavano e pei quali erasi raccomandato alle preghiere de' suoi giovani il 26 maggio. Si trattava delle Letture Cattoliche, che D. Bosco aveva risoluto di far stampare da qui innanzi nella tipografia dell'Oratorio. Di queste per maggior chiarezza è conveniente rifare un po' di storia.

La pubblicazione dei fascicoli era stata fin da principio in grande prosperità per il numero degli associati, che in ogni anno, dal 1853 al 1862, furono oltre a novemila. D. Bosco l'aveva ideata e la riteneva come opera che gli appartenesse; ma essendosi associato con Mons. Moreno, Vescovo d'Ivrea, e di comune accordo avendola fondata, dovette attribuirgli una ingerenza quale richiedeva la dignità vescovile, l'attività, la scienza, l'interesse e l'amicizia della quale da tanto tempo onoravalo quel Prelato. E Monsignore si tenne per confondatore e comproprietario; e ben si meritava di essere per tale riguardato sia per una maggior importanza che dava a quella collezione di fascicoli col proteggerla, sia pel numero di as­sociati raccolti nella sua diocesi. E questo suo titolo dovette dare maggior garanzia all'imprestito di una somma abbastanza vistosa, fatto dal Marchese Birago, per assicurare i fondi necessarii pel bilancio di previsione. Nel 1856 permetteva che si vendesse una sua cartella del reddito di 425 lire in favore delle Letture Cattoliche, riserbando però il suo diritto sul valore di quella cedola: firmava eziandio qualche cambiale. Ma i danari erano da lui somministrati, dietro richiesta, al Canonico onorario della Cattedrale Francesco Teologo Valinotti, al quale era stata affidata la gestione materiale delle Letture Cattoliche. Egli rappresentava il Vescovo d'Ivrea ed era con lui una cosa sola.

L'ufficio delle Letture, come si ricava dal fascicolo di Gennaio 1854, primieramente ebbe la sua sede in Torino, Via Bogino, porta N.3, piano secondo. Dì qui, il primo ottobre 1855, la direzione passava in via S. Domenico, N. II. Quivi si conservavano i cataloghi degli associati e i registri per la riscossione degli abbonamenti. Il Teologo più volte alla settimana veniva in Torino, incassava il danaro, iscriveva i nuovi associati e rispondeva alle lettere. A lui spettavano i contratti coi tipografi, la revisione de' lavori ed i convenuti pagamenti. Per aiuto nello scrivere aveva qualche impiegato. Giuseppe Buzzetti ed altri giovanotti dell'Oratorio andavano per mettere l'indirizzo ai fascicoli e ad aiutare la spedizione.

Il Teologo Valinotti, anche per le firme che era autorizzato dal Vescovo a porre in vece sua, reputavasi che fosse il terzo confondatore e comproprietario e non andò molto tempo che il suo ufficio divenne nel fatto il centro della direzione; ed egli a far da padrone e a credersi tale. Sui programmi e su molte copertine dei fascicoli si leggevano varie avvertenze. “ Le associazioni si ricevono in Torino, all'ufficio via S. Domenico N. Le - I vaglia postali devono essere unicamente intestati al Direttore delle Letture Cattoliche. - Per tutto ciò che riguarda le Letture Cattoliche, lettere, pieghi, reclami ecc. deve essere diretto unicamente alla Direzione delle Letture Cattoliche, via S. Domenico N. II, Torino. Diversamente la medesima reclina ogni responsabilità. - Le domande delle operette già uscite nelle Letture Cattoliche degli anni antecedenti devono essere fatte per lettere affrancate, col vaglia postale del prezzo delle opere richieste unicamente alla Direzione centrale delle Letture Cattoliche, via S. Domenicco N. II, Torino ”.

A questo ufficio il Vescovo e D. Bosco dovevano trasmettere quanto lo riguardava per la regolarità dei conti. Di questi conti il Vescovo mai si era informato ed era ignaro di tutto avendo una confidenza illimitata nel suo rappresentante. D. Bosco, del quale era tutta la fatica, poichè esso preparava i libretti, talvolta chiedeva amichevolmente notizie di questa contabilità, ma ottenne risposta che vi erano serii debiti da pagare e che le spese della stampa superavano le entrate.

D. Bosco per riguardo al Vescovo accettava o pareva accettare simili rendiconti, per non rompere un'amicizia che durava da tanti anni, ed anche perchè odiava ogni discordia, che avrebbe potuto recar danno a quella sua prediletta associazione. Ma nello stesso tempo ei meditava di renderla duratura, lasciandola in eredità alla Congregazione salesiana, e consolidarne in sè la proprietà. Essendo in ordine la sua tipografia aveva intanto deciso che questa avrebbe avuto l'incarico di pubblicare i fascicoli delle Letture Cattoliche. La cosa parlava da sè in suo favore, tuttavia egli con grande prudenza aveva con lettere e con visite cercato di persuadere il Vescovo della necessità di questa risoluzione: in primo luogo per l'occupazione continua che avrebbero avuta i suoi alunni; in secondo luogo per la maggior economia colla quale que' lavori sarebbero eseguiti.

Il Vescovo approvò; quand'ecco nei primi di maggio giungere a D. Bosco una lettera a nome di Monsignore scritta dal Can. Teol. Avv. Pinoli Angelo, Provicario generale, in cui gli si rimproverava l'innovazione eseguita, per far la quale asserivasi mancargli il diritto di proprietario. Che cosa dunque aveva mutato l'animo del Vescovo? Probabilmente chi aveva interesse in questa faccenda. Si ebbe sospetto che D. Bosco facesse un primo passo per sottrarsi ad una tutela non voluta, ma tollerata; si temette che tolto a Paravia l'incarico di quelle stampe, il tipografo avrebbe chiesto per lo meno il pagamento de' suoi crediti, senza più accordar dilazioni; si vide il pericolo di dover presentare un resoconto dell'attivo e del passivo che per varie cause non potevasi in que' giorni determinare e regolare. Per queste ragioni si trovò l'espediente di sostenere presso il Vescovo, che D. Bosco non aveva considerato i suoi diritti, appartenere a lui la proprietà delle Letture Cattoliche; che senza il suo appoggio D. Bosco sarebbe riuscito a poco, e che il cambiamento di tipografia poteva essere pericoloso alle Letture stesse.

Questi furono i motivi che avevano ispirato la lettera del Canonico Pinoli, il quale, essendo amico di D. Bosco, pareva che probabilmente avesse dovuto scriverla mentre altri la dettava.

Il Teol. Valinotti erasi incaricato di mandarla all'Oratorio e D. Bosco faceva la risposta a questo Teologo.

 

Carissimo Sig. Teologo,

 

Non può immaginarsi, sig. Teologo, quale dolorosa sensazione mi abbia cagionato la lettera che mi ha comunicato riguardante le Letture Cattoliche, sia per la materia trattata, sia per la persona cui si riferiva. Più volte ieri mi provai per rispondere, ma l'agitazione me l'ha sempre impedito. Questa mattina soltanto dopo aver celebrato il Sacrificio della S. Messa e raccomandato ogni cosa al Signore, rispondo semplicemente narrando le cose nel reale loro aspetto.

Io non mi sono mai pensato che le Letture Cattoliche fossero proprietà altrui­. Io ho fatto il programma, ho cominciato la stampa, l'ho sempre assistita, corretta colla massima diligenza; ogni fascicolo fu da me composto o redatto a stile e dicitura adattata. Io sono sempre stato responsabile di quanto si stampò. Feci viaggi, scrissi e feci scrivere lettere per la propagazione delle medesime. L'opinione pubblica, il medesimo S. Padre in tre lettere indirizzatemi considera me come autore delle Letture Cattoliche.

Arbitro sempre di quanto faceva, ho sempre lasciato ad altri, con mia dipendenza, che fu però trascurata, la sollecitudine materiale della spedizione e della contabilità.

Vedendo ultimamente il continuo ritardo nella stampa, ho cominciato a far stampare qualche fascicolo alla Tipografia Ferrando; nè potendosi tuttavia ottenere regolarità nella stampa mi sono risolto a provvedere qui una tipografia. Ho fatto fare caratteri, carta, formati, ampiezza della macchina, adattata alle stampe di Paravia. La stampa è cominciata, ho la materia preparata per tutti i fascicoli di quest'anno. Io adunque intendo di continuare la stampa in questa casa e così dar lavoro ai nostri poveri giovani.

Ella stessa signor Teologo, mel disse più volte con queste parole: - Faccia presto, D. Bosco, a mettere una tipografia, affinchè ci togliamo dagli impicci della stampa.

Credo la lettera del sig. avvocato Pinoli non sia stata di consenso con Monsignore, imperocchè esso mi disse più volte ad Ivrea ed anche a Torino queste formali parole: - Da queste Letture non dobbiamo cercare alcun utile materiale; che se ci Verrà qualche vantaggio, sarà buono per l'Oratorio che si trova certamente di averne bisogno. Avrei certamente un bel vantaggio, se dopo aver duramente faticato io anni per queste Letture senza un soldo di corrispettivo, potessi adesso nemmanco aver quello di darle come lavoro ai miei giovanetti! Ma niuno mai mi contrastò la padronanza di una cosa da me cominciata, continuata con tanta fatica e tanto dispendio.

Potrà dirsi: ci sono debiti a pagare. Si paghino. Lavoro da dieci anni e non ho cercato un soldo; nemmeno adesso il voglio, perocchè il sordido interesse non lui guiderà mai nelle cose che si riferiscono alla gloria di Dio.

Io temo molto che il demonio metta la coda in questo affare e che sotto l'aspetto di materiali interessi, riesca a mettere scissura fra gli individui e fare, ciò che lamentiamo in molti, danno a quel poco di bene, che tolto l'impegno e l'interesse, si potrebbe promuovere a vantaggio delle anime.

Ho scritto colla mente molto agitata da quella benedetta lettera dell'avvocato sig. Canonico Pinoli, onde se fosse occorsa qualche espressione che potesse sembrare mordace, non è voluta; anzi posso assicurarlo che non ho scritto altro se non quello che mi sembra di maggiore gloria di Dio e bene delle anime.

Abbia la bontà, signor Teologo, di dare comunicazione della presente al prelodato sig. Canonico Pinoli, e se crede bene allo stesso Monsignor Moreno, che credo comprenderanno ambidue di leggieri, spero, la ragionevolezza delle mie deliberazioni.

Ella poi voglia sempre annoverarmi tra quelli che l'amano nel Signore, mentre con tutta stima e venerazione mi professo di V. S. Carissima

 

Torino, 10 Maggio 1862.

 

Dev.mo Servitore

Sac. Bosco Giovanni.

 

 

 

Scritta questa lettera non desistette dal suo disegno e consegnò a' suoi giovanetti, che incominciavano a comporre per benino, i manoscritti preparati per le Letture Cattoliche che dovevano uscire alla luce dalla Tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales.

Il primo destinato pel mese di Luglio fu: Teofilo ossia il giovane romito, ameno racconto del Canonico Cristoloro Schmid. - Una tempesta getta Teofilo sopra un isolotto disabitato in mezzo al mare. Per tre anni la Provvidenza Divina gli fa trovare mezzi per aiutarsi nelle sue necessità e infine maravigliosamente lo riconduce alla sua spiaggia nativa. Con ciò si dimostra che colui il quale prega conferma il proverbio; che il bene nasce dal male e Dio sa tutto acconciare pel meglio.

Il secondo fascicolo pel mese d'Agosto: - Il Pontificato di S. Felice Primo e di S. Eutichiano Papi e martiri per cura del Sacerdote Bosco Giovanni (M). Si dimostra la visibilità della vera Chiesa. Si descrivono anche i patimenti di varii gloriosi martiri contemporanei. In appendice si narrano i tormenti sopportati da S. Caritone Abate per la fede, le sue virtù, e la fondazione di varie Laure, ossia monasteri d'eremiti da lui fatte nella Palestina.

Il terzo fascicolo che usciva dalla Tipografia dell'Oratorio pel mese di settembre: - La podestà delle tenebre ossia osservazioni dommatiche - morali sopra ali spiriti malefici e gli uomini maledici, seguite dalla relazione di una infestazione diabolica avvenuta nell'anno 1858 in Val della Torre.

Si descrive il potere esterno dei demonii sopra gli oggetti esterni; le loro tentazioni, ossessioni; la magia, il magnetismo, le tavole giranti e scriventi. Autore dell'Operetta è Fra Carlo Filippo da Poirino sacerdote Cappuccino.

Pel mese di ottobre il fascicolo portava il titolo: Le due, orfanelle, ossia le consolazioni nella cattolica religione. È  la storia di una signora inglese ed anglicana, la quale commossa allo spettacolo di una fanciulletta, che si prepara alla prima comunione, tratta a poco a poco dalla grazia celeste con soavità e fortezza alla conoscenza della vera Chiesa, ottiene la conversione del marito morente e fatta anch'essa l'abiura si chiude fra le carmelitane. D. Bosco vi aggiunse tre spaventevoli esempi di castighi divini, i quali colpirono in questi anni gli spregiatori di Dio, del Papa, e dei Vescovi. In ultimo egli pone il regolamento della pia Società delle comunioni mensili pei presenti bisogni di Santa Chiesa, eretta Canonicamente in Roma nella parrocchia di S. Lorenzo in Damaso.

D. Bosco intanto mentre i suoi tipografi incominciavano alacremente la stampa di questi libretti, adoperavasi nell'attenuare i malumori d'Ivrea. Quindi benchè temesse uno sbilancio nell'amministrazione per inettitudine o per negligenza, giudicò opportuno il silenzio sulla contabilità. Il Teologo continuò indisturbato nel suo ufficio come prima tenendo presso di sè tutti i registri, con questa sola innovazione che la Tipografia dell'Oratorio aveva preso il luogo di Paravia nei lavori e negli utili, quantunque all'antico suo tipografo D. Bosco avesse stabilito di dare ancora ordinazioni.

Così procedette la cosa per due anni e i fascicoli continuarono ad annunziare l'ufficio di Via S. Domenico colle avvertenze sopra notate delle edizioni di Paravia.

Le attinenze però di D. Bosco con Mons. Moreno avevano, ricevuta una grave scossa.

 

 

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